La crisi della democrazia è stata una realtà ben presente nel corso di questo secolo e studiata da storici, filosofi, politici, economisti, sociologi e, anche, politologi. Dati gli obiettivi del mio lavoro, questa non è la sede per una valutazione accurata e approfondita della letteratura sull'argomento. Quindi, accennerò solo che i primi e piú attenti analisti della crisi democratica sono stati gli storici delle democrazie europee degli anni venti e trenta. Fra tutti, spicca Bracher, studioso della Repubblica di Weimar, con la sua efficace divisione della crisi in tre fasi: perdita di potere, vuoto di potere, presa di potere. Da questo grande storico tedesco hanno preso le mosse alcuni degli studiosi piú recenti. Tuttavia i due autori che, da ultimo, hanno ripreso a studiare il fenomeno con maggiore rigore ed originalità sono stati Almond, con un suo gruppo di lavoro, e Linz. La differenza principale tra i due lavori sta nel diverso livello di astrazione e di generalità delle rispettive analisi. Almond, Flanagan e il resto del gruppo trattano il mutamento di regime attraverso un'analisi potenzialmente applicabile a tutti i tipi di regime: tradizionale, autoritario, democratico, e via di seguito. Linz tratta solo della crisi del regime democratico, pur non evitando numerosi cenni a temi e problemi sollevati dall'instaurazione di un nuovo regime democratico o autoritario. Dunque, da una parte, si esamina dichiaratamente tutto il fenomeno del mutamento di regime, dall'altra, si analizza soprattutto la crisi del regime; da una parte, si elabora un framework teorico adattabile a tutti i tipi di regime (e forse Almond e il suo gruppo non si sono neanche posti il problema se vi fossero certi regimi non analizzabili con quello schema teorico), dall'altra, si formulano ipotesi esplicitamente valide solo per un tipo di regime, quello democratico.