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DIMENSIONI DELLO SPAZIO POLITICO IN ITALIA

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

In un articolo recentemente pubblicato su questa rivista, Giacomo Sani e Giovanni Sartori confrontano otto democrazie occidentali quanto al grado di polarizzazione su due dimensioni: una propriamente politica (rappresentata dall'autocollocazione dell'intervistato su una scala da sinistra a destra) e una politico-religiosa (rappresentata dal grado di simpatia dell'intervistato per il clero). Le due variabili risultano scarsamente correlate fra loro in alcuni paesi, di piú in altri — Italia e Paesi Bassi specialmente.

Type
Ricerche
Copyright
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References

1 Sani, Giacomo e Sartori, Giovanni, Frammentazione, Polarizzazione e Cleavages: Democrazie facili e difficili, in questa rivista, VIII (1978), n. 3, pp. 339361.Google Scholar

2 Le due citazioni sono da p. 356 e p. 352 dell'articolo citato.Google Scholar

3 Si tratta di una ricerca su insoddisfazione mutamento e protesta nelle società industriali avanzate, cui hanno partecipato équipes austriache, finlandesi, tedesche, britanniche, italiane, olandesi, svizzere e americane, il cui lavoro è stato coordinato da Samuel H. Barnes dell'Università del Michigan. La ricerca italiana è stata diretta da Giovanni Sartori e in seguito da chi scrive. Giacomo Sani ha diretto il lavoro degli intervistatori sul campo e la prima parte della codifica. L'ingente onere finanziario è stato sostenuto da un contratto triennale del CNR, e da un fondo supplementare messo a disposizione dall'Unione Industriale di Torino.Google Scholar

4 Chi scrive sta lavorando da tempo, insieme a Ronald Inglehart dell'Università del Michigan, al problema delle dimensioni dello spazio politico in tutti e otto i paesi della ricerca. Un articolo in merito sarà pubblicato nel volume People and Their Polities, curato da Kerr, Henry (Ginevra) e Pesonen, Pertti (Helsinki), edito dalla Sage.Google Scholar

5 L'intervistatore diceva all'interrogato: «Questa scheda viene chiamata ‘termometro dei sentimenti’ e vorremmo usarla per misurare i suoi sentimenti verso alcuni gruppi. Se lei non è né favorevole né ostile a un gruppo, dovrebbe piazzarlo attorno ai 50 gradi. Se lei è favorevole a un gruppo, dovrebbe collocarlo dai 50 gradi ai 100 gradi, tanto piú vicino ai 100 quanto piú è favorevole. Se non è favorevole a un gruppo, dovrebbe collocarlo tra i 50 e gli 0 gradi, tanto piú vicino a 0 quanto piú è sfavorevole».Google Scholar

6 Su questo argomento, che era il tema centrale della ricerca, è in preparazione del volume curato da chi scrive e edito dal Mulino.Google Scholar

7 Soddisfacenti nella misura in cui può esserlo un campione estratto da un'impresa commerciale di sondaggi, che introduce mille distorsioni rispetto a un'effettiva casualità per ragioni di risparmio, quando non per ragioni politiche. Su quest'ultimo punto, vedi alcune osservazioni in Marradi, , Analisi del referendum sul divorzio, in questa rivista IV (1974), n. 3, pp. 589–644 alle pp. 598601.Google Scholar

8 Vedi ad esempio Tullio-Altan, , Il caso dei giovani fascisti e dei giovani socialdemocratici , in Tullio-Altan, C. e Marradi, , Valori, classi sociali, scelte politiche, Milano, Bompiani, 1976, pp. 159165.Google Scholar

9 Per i sondaggi, vedi ad esempio Parisi, A. e Pasquino, G., 20 Giugno: Struttura politica e comportamenti elettorali , in «Il Mulino», n. 245 (maggio-giugno 1976), pp. 342–386, tab. 7; per i confronti Camera-Senato, vedi Dogan, M., Le Comportement Politique des Italiens, in «Revue Française de Science Politique», IX (1959), n. 2, pp. 383–409 alle pp. 392–397; Colombo, A., Politiche 1972: Analisi di un voto, in «Biblioteca della libertà», n. 37–38 (marzo-giugno 1972), pp. 19–32; Parisi e Pasquino, 20 Giugno, cit., pp. 351–3. Per le critiche a tali confronti, Spreafico, A., Analisi dei risultati elettorali del '76, in «Quaderni dell'Osservatorio Elettorale», 1977, n. 1, pp. 119–153 alle pp. 126–9.Google Scholar

10 Alberoni, F., L'immagine del PSI , in «Mondoperaio», XXIX (1976), n. 3, p. 8; Pasquino, G., Partiti e società nell'Italia che cambia, in La politica nell'Italia che cambia, a cura di Pasquino, G. e Martinelli, A., Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 9–33 alle pp. 21–24.Google Scholar

11 Barnes, S. H., Modelli spaziali e l'identificazione partitica dell'elettore italiano, in questa rivista, I (1971), n. 1, pp. 123–143. La citazione da p. 135.Google Scholar

12 Sani, G., La strategia del PCI e l'elettorato itliano, in questa rivista, III (1973), n. 3, 551–579 a p. 576.Google Scholar

13 Sani, G., La nuova immagine del PCI e l'elettorato italiano , in Blackmer, D.L.M. e Tarrow, S. (a cura di), Il comunismo in Italia e Francia, Milano, Etas, 1976, cap. 10. Il grafico in questione è la figura 4. Il campione è piú ristretto in quanto Sani, al fine di avere un unico campione rappresentativo della popolazione fra i 16 e i 75, elimina ogni forma di sovracampionamento, scendendo da 2503 a 1778 casi.Google Scholar

14 Si perdono infatti circa duecento casi dovendo considerare solo le persone che hanno risposto a tutte le domande sottoposte all'analisi fattoriale.Google Scholar

15 Per ‘curvatura’ intendo il fatto che le due metà dello stesso asse non giacciono esattamente sulla stessa retta. A rigore, quindi, non si potrebbe parlare di asse.Google Scholar

16 Naturalmente, non bisogna trarre da questo fatto alcuna conclusione sostanziale, tipo: quei giovani finiranno per adottare, da grandi, il punto di vista degli attuali adulti. Il fenomeno dipende esclusivamente dalla preponderanza numerica che, per quanto sottorappresentati, gli adulti conservano sui giovani fra i casi sottoposti all'analisi.Google Scholar

17 In realtà i coefficienti vengono usati con precisione al quinto decimale. I punteggi individuali sulle variabili sono ovviamente standardizzati (cioè trasformati in modo da avere media 0 e deviazione standard 1); in questo caso sono anche stati precedentemente ‘deflazionati’, cioè trasformati per eliminare l'effetto dei response sets (vedi Appendice, sezione 3).Google Scholar

18 Naturalmente, il vettore dei factor score coefficients è stato ricalcolato dopo questa eliminazione. Su questo aspetto della procedura, vedi Marradi, A., Die Faktorenanalyse und ihre Rolle in der Entwicklung und Verfeinerung empirisch nützlicher Konzepte , in «Kölner Zeitschrift für Soziologie und Sozialpsychologie», XXX (1978), n. 3, pp. 488513.Google Scholar

19 Vedi Inglehart, R., The Silent Revolution: Changing Values and Political Styles Among Western Publics, Princeton Univ. Press, 1977; Révolutionnarisme post-bourgeois en France, en Allemagne et aux Etats Unis, in «Il Politico» XXXVI (1971) n. 2, pp. 209236.Google Scholar

20 Il testo era: «Molta gente dice di appartenere alla classe lavoratrice, alla classe media o alla classe media-superiore. Dovendo scegliere, si definirebbe di classe lavoratrice, classe media, o media-superiore?» Google Scholar

21 Questa discrepanza fra antagonismo nei comizi elettorali e sostanziale collaborazione, bon gré mal gré, nelle aule parlamentari non è un fenomeno limitato alle recenti maggioranze di unità nazionale. Si veda Cazzola, F., Consenso e opposizione nel parlamento italiano. Il ruolo del PCI dalla I alla IV legislatura, in questa rivista, II, 1 (aprile 1972), pp. 71–96; e Governo e opposizione nel parlamento italiano, Milano, Giuffré, 1974.Google Scholar

22 Le domande sono «Cosa le piace del PCI?» «Cosa non le piace del PCI?» e sono state analizzate da chi scrive in Immagini di massa della DC e del PCI , in Martinelli, A. e Pasquino, G. (a cura di), La Politica nell'Italia che cambia, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 66103.Google Scholar

23 Non mancano esempi di applicazione di tecniche metriche a variabili che non sono neppure ordinali, anche ad opera di ricercatori che passano per grandi metodologi nel, davvero tollerante, mercato americano. Ad esempio, Rummel, R.J., nel suo celebre Applied Factor Analysis, Evanston, Northwestern Univ. Press, 1967, a pag. 203 presenta la seguente equazione di regressione: stile sistemico = 2.15 (+ .36(status costituzionale) −.18 (carattere rappresentativo) −.13 (sistema elettorale) −.12 (libertà dell'opposizione di gruppo) −1.83 (regime non comunista) +.31 (leadership politica) −.22 (distribuzione orizzontale del potere) −.31 (tipo monarchico) +.02 (partecipazione militare) +X (errore statistico). Rummel non si preoccupa minimamente di spiegare come ha ‘misurato’ queste variabili; è però evidente che la maggior parte di esse non possono in alcun caso essere considerate ordinali. Il lettore attento scoprirà inoltre altri gravi errori metodologici in questa equazione, che sembra davvero un compendio degli abusi cui l'ideologia della quantificazione ha portato certi volgar-behavioristi. Per una critica piú ampia di tali abusi vedi Sartori, , La politica comparata: premesse e problemi, in questa rivista, I, 1 (aprile 1971), pp. 7–66 alle pp. 21–37.Google Scholar

24 Una dimostrazione formale di questa tesi richiederebbe molto spazio, e mi limiterò ad accennarne i lineamenti. L'unica differenza fra scale ordinali e scale a intervallo è la mancanza, nelle seconde, di un punto zero. Orbene, una scala misura quantità oppure distanze. Se misura quantità, è concettualmente impossibile che manchi il punto zero; infatti anche il termometro (l'esempio di ‘vera scala a intervallo’ ritualmente citato nei testi di statistica o metodologia) diventa immediatamente una scala cardinale se si fa riferimento allo zero assoluto anziché allo zero apparente (usato per mere ragioni pratiche). Se la scala a intervalli misura distanze fra due punti (poniamo: 8 e 16) si può sempre considerare come la differenza fra due intervalli che partono da zero: 16 − 8 = (16 − 0) − (8 − 0). Ma anche una misura cardinale di distanza è ovviamente un intervallo con origine zero (16 metri = distanza fra il punto 0 e il punto 16). Si consideri inoltre che quasi tutte le tecniche statistiche trasformano i punteggi in scostamenti dalla media, il che vanifica praticamente ogni pretesa differenza fra scale cardinali e scala a intervallo. Stanley Smith Stevens ha proposto il concetto di scala a intervallo in On The Theory of Scales of Measurement ; in «Science», CIII (1946), pp. 677–80.Google Scholar

25 Vedi Likert, R., A Technique for the Measurement of Attitudes, New York, Archives of Psychology, Monograph n. 140, 1932.Google Scholar

26 Lazarsfeld, P.F., Panel Studies , in «Public Opinion Quarterly», IV (1940), pp. 122–28; (con Fiske, Marjorie), The ‘Panels’ as a New Tool for Measuring Opinion, in «Public Opinion Quarterly», II (1938), pp. 596–612; The Logical and Mathematical Foundations of Latent Structure Analysis , in Stouffer, S. A., et al., Measurement and Prediction, Princeton University Press, 1950, pp. 362–412; A Conceptual Introduction to Latent Structure Analysis, in Mathematical Thinking in the Social Sciences, Glencoe, The Free Press, 1954, pp. 349387.Google Scholar

27 Guttman, L. A., A Basis for Scaling Qualitative Data , in «American Sociological Review», IX (1944), pp. 139–150; The Basis for Scalogram Analysis , in Stouffer, , et al., op. cit. , pp. 7090.Google Scholar

28 Gangemi, G., Le misure di associazione tra due dicotomie nella ricerca sociale , in «Rassegna Italiana di Sociologia», XVIII (1977), n. 4, pp. 599628.Google Scholar

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31 Grasso, P.G., Gioventú e innovazione, Roma, A.V.E., 1974, pp. 31–35, riporta molte proteste di intervistati contro la scarsità e rigidezza delle alternative consentite dai questionari. Sui rischi e le conseguenze di risposte distorte a domande dicotomiche, vedi Marradi, A., Metodologia della ricerca sociale, Università di Catania, 1977, pp. 1819.Google Scholar

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33 Questo coefficiente di skewness (asimmetria) è la media dei cubi delle deviazioni standard. Una distribuzione asimmetrica con prevalenza di punteggi bassi avrà una media bassa, e i punteggi alti avranno forti deviazioni positive, che elevate al cubo produrranno un coefficiente positivo. Di converso, una distribuzione asimmetrica verso l'alto avrà un coefficiente negativo. Una curva normale (come ogni curva perfettamente campanulare) ha ovviamente coefficiente 0. Piú il coefficiente si allontana da 0, piú è asimmetrica la distribuzione. Si considera indizio di una buona simmetria un coefficiente che cade nell'intervallo fra −0.1 e +0.1. Ma ciò non esclude affatto, come vedremo, la presenza di sotto-mode.Google Scholar

34 Da questo risultato non intendo affatto trarre il suggerimento di abbandonare la pratica dell'estrazione dei campioni casuali, che presenta il fondamentale vantaggio di ridurre le distorsioni al minimo possibile. Traggo solo la conclusione, suffragata anche dai risultati di analoghi controlli svolti sulle variabili aggregate di un file ecologico, che la pretesa di misurare con esattezza il margine di errore con cui il parametro del campione può essere attribuito all'universo si basa su presupposti praticamente irrealizzabili con le variabili su cui lavorano sociologia e scienza politica. Ragione di piú per ridimensionare tutto il rituale dei tests di significatività a favore di coefficienti che misurano la forza delle relazioni fra le variabili, e soprattutto per dedicare alla specificazione del modello (cioè all'inclusione delle variabili rilevanti, e all'individuazione delle relazioni spurie) tutta l'attenzione che finora è stata dedicata all'inferenza campione-universo. Altre ragioni sono esposte da Capecchi, V., Struttura e tecniche della ricerca , in Rossi, P. (a cura di), Ricerca sociologica e ruolo del sociologo, Bologna, Il Mulino, 1972, pp. 23120, alle pp. 49–55; da Corbetta, P., Sulla utilizzazione nella ricerca sociologica dei tests statistici di significatività, in «Rassegna Italiana di Sociologia» XIII (1972), n. 2, pp. 341–364; da Perrone, L., Metodi quantitativi della ricerca sociale, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 156 e 217–225; e dai saggi riportati nell'eccellente antologia di Morrison, D.E. e Henkel, R.E., The Significance Test Controversy, Chicago, Aldine, 1970.Google Scholar