A trent'anni dal crollo della dittatura fascista si fa oggi particolarmente pressante la questione della possibilità di sopravvivenza del regime che ne è scaturito. Sono infatti alle viste mutamenti che pochi, fino a non molti anni fa, avrebbero dato per probabili (e soprattutto cosí rapidamente). L'esito del referendum sul divorzio, i risultati elettorali del 15 giugno 1975, la crescita del Partito Comunista Italiano sia in termini elettorali che di egemonia nella società civile, la grave crisi di tutti i partiti minori dell'area laica, lo sbandamento e la crisi di leadership del partito di maggioranza relativa, sono altrettanti fenomeni dai quali emerge che certi equilibri all'interno del sistema politico si sono trasformati e che la via è aperta ad ulteriori mutamenti. Ma quali mutamenti? Mutamenti all'interno del regime, che ne trasformerebbero solo la funzionalità (forse in senso migliorativo) oppure, invece, mutamenti del regime che potrebbero addirittura qualificarsi come involuzione o break-down del sistema? Le possibilità sono varie, e non è davvero privo di rilievo che risulti vera l'una o l'altra interpretazione. È importante, quindi, che il dibattito teorico, apertosi su questi temi, sia approfondito e condotto non da una ma da piú prospettive, per coprire tutta la complessità del fenomeno. Tra queste prospettive riveste interesse l'analisi della situazione dell'istituto parlamentare nel trentennio considerato. È questo l'argomento qui affrontato, sulla base dei dati di una ricerca sul personale parlamentare italiano dal 1946 ad oggi.