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CONTENUTI E COMPORTAMENTI LEGISLATIVI NEL PARLAMENTO ITALIANO

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Quale tipo di comportamento e di legislazione caratterizza un Parlamento come il nostro, diviso tra una maggioranza democristiana al potere e un'opposizione comunista agguerrita, disciplinata, e in costante crescita elettorale? Poiché l'egemonia democristiana è fatto ormai trentennale, a un osservatore meno che attento potrebbe sembrare che niente dovrebbe impedire al partito di maggioranza di perseguire un programma governativo di legislatura. Poiché d'altro canto il partito di maggioranza governa quasi sempre in coalizione, e poiché deve fare i conti con l'opposizione permanente di un partito che si definisce comunista e marxista, potrebbe ad altri sembrare che la continuità di maggioranze numeriche di governo non sia sufficiente a garantire una continuità legislativa, e che insomma tutto ciò tenda a bloccare la produzione delle leggi. Ma un'analisi del comportamento parlamentare rivela un quadro che a tutta prima mal si adatta ai due scenari. In un recente saggio pubblicato su questa rivista, Franco Cazzola ha per esempio dimostrato che esistono, almeno in termini quantitativi, notevoli «convergenze» tra maggioranza e opposizione comunista, dato che gran gran parte della legislazione di governo viene approvata col consenso di quest'ultima. Come interpretare questo comportamento? Significa forse che il Parlamento ha ormai adottato un modello di comportamento «consociativo», come migliore via di uscita dai pericoli sempre vivi di un confronto tra le sottoculture marxista e cattolica? La risposta, come Cazzola e altri ben dicono, dipende in buona parte dalla qualità di ciò che il Parlamento è in grado di produrre, e poiché l'ambito delle «nondecisioni» abbraccia le materie piú importanti e scottanti, siamo ben lungi dal poter parlare in maniera definitiva di convergenze consociative.

Type
Saggi
Copyright
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References

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2. Sul concetto di consociazionismo e la sua applicabilità al contesto italiano vedi Pasquino, G., Il sistema politico italiano tra neo-trasformismo e democrazia consociativa , in «Il Mulino», XXII (1973), pp. 549–566; Sartori, G., Il caso italiano: salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 675687.Google Scholar

3. Sartori, G., op. cit.; l'ultimo tra gli innumerevoli contributi di Alberto Predieri allo studio critico della produzione legislativa si trova in Variamento 1975 , in «Comunità», giugno 1975, n. 174, pp. 172.Google Scholar

4. Per una discussione del concetto di efficacia decisionale, come da me formulato, e dei suoi criteri di verifica, vedi di Palma, G., Surviving without Governing: The Italian Parties in Parliament, Berkeley, University of California Press, di prossima pubblicazione, cap. I. Il mio concetto di efficacia è diverso da quello di Morlino, L., Stabilità, legittimità e efficacia decisionale nei sistemi democratici, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1973), pp. 247316.Google Scholar

5. Vedasi la tabella 1.Google Scholar

6. Loewenberg, G., Parliament in the German Political System, Ithaca, Cornell University Press, 1967, p. 270.Google Scholar

7. Blondel, J., e altri, Legislative Behaviour: Some Steps towards a Cross-National Mesaurement , in «Government and Opposition», V (1969–1970), p. 75, tabella 1.Google Scholar

8. Predieri, A., Aspetti del processo legislativo in Italia , in Processo allo Stato, Atti del Convegno sulla Riforma dello Stato, a cura del Centro di Ricerca e Documentazione «Luigi Einaudi», Firenze, Sansoni, 1971, p. 55.Google Scholar

9. Ibidem, p. 77 e Cantelli, F., Mortara, V. e Movia, G., Come lavora il Parlamento, Milano, Giuffré, 1974, cap. 3, L'attività del Parlamento .Google Scholar

10. Queste differenze sono confermate da altri studi comparati sul parlamento. Fatta eccezione per il Congresso americano e per la Quarta Repubblica francese, i progetti parlamentari sono pochi, hanno una media di approvazione che oscilla tra il 5 e il 15 per cento, e rappresentano dal 5 al 10 per cento della legislazione. Si veda Wheare, K. C., Legislatures, London, Oxford University Press, 1968, pp. 101–105; Loewenberg, G., (ed.), Modem Parliaments, Chicago, Aldine-Atherton, 1971, spec. i capitoli 4 e 5; Ameller, M., Parliaments, London, Cassell, 1966, pp. 140–151; Blondel, J., Comparative Legislatures, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1973, pp. 109113; Walkland, S. A., The Legislative Process in Great Britain, London, Allen and Unwin, 1968; Williams, P., The French Parliament (1958–1967), London, Allen and Unwin, 1967, cap. 4; Miller, K., Government and Politics in Denmark, Boston, Houghton Mifflin, 1968, p. 132; van Impe, M., Le Régime présidentiel en Belgique, Bruxelles, Etablissement Emile Bruylant, 1968, p. 214; Daalder, H., Cabinet-Parliament Relations and Party Systems (dattiloscritto, 1967).Google Scholar

11. Calcolato da Loewenberg, G., Parliament in the German Political System, cit., p. 270, e dalla tabella 1.Google Scholar

12. L'eccezione importante è il Partito Comunista. Vedi Predieri, A., Aspetti del processo legislativo in Italia, cit., p. 81, nota 184.Google Scholar

13. L'analisi di basa su una rielaborazione di dati contenuti in Cantelli, F., Mortara, V. e Movia, G., op. cit., tabella V-6, e messi gentilmente a disposizione da Mortara, V. Lo studio di Mortara si serve di un campione stratificato di 942 progetti governativi e 955 progetti parlamentari. Lo studio fa parte di una piú vasta ricerca diretta da Alberto Predieri.Google Scholar

14. I dati per le prime quattro legislature sono presi da Cazzola, , Consenso e opposizione, cit. I dati per la quinta legislatura sono stati calcolati direttamente dal campione impiegato da Cazzola e messi gentilmente a disposizione dell'autore. Il campione contiene meno leggi per la quinta legislatura perché è stato estratto prima della sua fine.Google Scholar

15. Ad eccezione della prima legislatura, quando le elezioni del 1948 dettero alla DC oltre la metà dei seggi alla Camera e i partiti di centro controllavano circa il 64 per cento dei seggi, le coalizioni di governo hanno di solito controllato non piú del 55 per cento dei seggi.Google Scholar

16. Dati simili a quelli delle tabelle 5, 6 e 7 si trovano in Cazzola, , op. cit., tabella 4. Essi però comprendono tutti i progetti e si fermano alla quarta legislatura.Google Scholar

17. Quando i dati alla tabella 4 vengano controllati per la procedura di approvazione troviamo che le maggioranze a favore sono molto elevate anche quando l'approvazione avviene in aula: I II III IV V Totale % % % % % % «Sí» «Sí» «Sí» «Sí» «Sí» «Sí» In Commissione 90,0 91,6 96,2 89,3 84,6 91,0 In Aula 74,6 78,2 84,9 71,6 73,5 76,5 Allum riporta similmente che il 90 per cento di tutta la legislazione approvata in commissione viene approvata all'unanimità, ma non indica la fonte dell'informazione. Vedi Allum, P., Italy - Re public Without Government?, New York, Norton, 1973, p. 133.Google Scholar

18. Vedi in proposito di Palma, G., op. cit., cap. 5, tabella 48.Google Scholar

19. Blondel, J., e altri, op. cit .Google Scholar

20. di Palma, G., op. cit., cap. 2, tabella 12.Google Scholar

21. Blondel impiega quattro criteri per il suo indice di importanza: 1) Il numero di persone su cui un progetto ha effetti; 2) L'ammontare delle risorse distribuite; 3) Il grado di cambiamento nella distribuzione corrente delle risorse; 4) La lunghezza del progetto. Il punteggio totale è da 0 a 10 punti, con 2 o 3 punti al massimo per criterio, a seconda del criterio. Il saggio di Blondel non dà altre informazioni sulle regole di assegnazione dei punteggi. Abiamo tuttavia deciso di tentare il confronto, e, per evitare di favorirci nella direzione dell'ipotesi, abbiamo eliminato l'ultimo criterio, sapendo già che le leggi italiane sono in media piú corte delle altre. Abbiamo poi assegnato da 0 a 3 punti per ognuno dei restanti criteri, in quanto un divario teorico di quattro punti dovrebbe tendere a gonfiare, a nostro sfavore, il punteggio italiano. Mancando però di informazioni sulle regole di assegnazione, ci siamo dovuti servire di 11 giudici, ai quali abbiamo chiesto di assegnare il punteggio per ogni criterio su basi intuitive. Anche questa procedura dovrebbe gonfiare il nostro punteggio verso la media, in quanto l'uso di criteri intuitivi induce i giudici a servirsi di paragoni interni tra le varie leggi. Il pericolo di una mancanza di affidabilità insito in questa procedura è stato tuttavia corretto dal fatto che le leggi sono apparse in grande maggioranza e a prima vista di scarsissima importanza. La interscorer reliability per ciascuno dei tre criteri usati nell'indice è risultata quasi perfetta (rispettivamente 0,93, 0,86, 0,84). I tre coefficienti sono stati calcolati per mezzo di una modifica della formula di affidabilità di Sperman-Brown (Affidabilità = 11r/1 + (11 − 11r)) in cui 11 è il numero dei giudici e «r» è la media dei coefficienti di correlazione tra ogni coppia di giudici. Le leggi di iniziativa governativa impiegate alla tabella 9 provengono da un campione di 200 progetti governativi e 200 progetti parlamentari estratto dall'autore per la quarta e quinta legislatura.Google Scholar

22. Ovvero che il parlamento gliele blocca. Vedremo piú avanti che si tratta delle due cose insieme. Naturalmente, vi è un ambito di decisioni, specie quelle che riguardano gli enti autonomi di gestione, che sfugge spesso al parlamento, ma, in un sistema parlamentare come il nostro, in cui il parlamento continua ancora ad occupare di fatto un ruolo nonostante tutto importante, ciò non basta a spiegare la natura limitata della legislazione.Google Scholar

23. Ciò è dovuto anche al fatto che l'indice di importanza legislativa per ritalia è stato costruito e confrontato con i dati di Blondel in maniera molto sperimentale.Google Scholar

24. Le due obbiezioni sono discusse brevemente ma acutamente in Salisbury, R., The Analysis of Public Policy: A Search for Theories and Roles , in Ranney, A., (ed.), Political Science and Public Policy, Chicago, Markham, 1968, pp. 163164.Google Scholar

25. Dawson, R. e Robinson, J., Inter-Party Competition, Economic Variables, and Welfare Policies in the American States , in «Journal of Politics», XXV (1963), pp. 265–289; Hofferbert, R., The Relation between Public Policy and Some Structural and Environmental Variables in the American States, in «American Political Science Review», LX (1966), pp. 73–82; Cutright, P., Political Structure, Economic Development, and National Social Security Programs, in «American Journal of Sociology», LXX (1965), pp. 537–550: Dye, Th., Politics, Economics, and the Public. Policy Outcomes in the American States, Chicago, Rand McNally, 1966; Sharkansky, I., Economic and Political Correlates of State Government Expenditures: General Tendencies and Deviant Cases, in «Midwest Journal of Political Science», XI (1967), pp. 173192.Google Scholar

26. Guy Peters ha cercato di dimostrare che il livello delle spese per servizi sociali in paesi democratici dipende all'inizio dal livello delle risorse disponibili. Con l'espansione delle risorse, però, le differenze tra paesi si spiegano meglio alla luce di fattori politici: The Development of Social Policy in France, Sweden, and the United Kingdom: 1850–1965 , in Heisler, M. O., (ed.), Politics in Europe, New York, David McKay, 1974, pp. 257292.Google Scholar

27. Tre analisi empiriche che dimostrano l'importanza delle variabili politiche, da sole o con la variabile risorse, nonché la necessità di distinguere tra «policy areas», si trovano in Hofferbert, R., Dimensions of State Politics, Economics, and Public Policy , in «American Political Science Review», LXIII (1969), pp. 867–879; Fry, B. e Winters, R., The Politics of Redistribution, in «American Political Science Review», LXIV (1970), pp. 508–522; Gray, V., Innovation in the States: A Diffusion Study, in «American Political Science Review», LXVII (1973), pp. 11741185.Google Scholar

28. Davis, O., Dempster, M. A. H., e Wildavsky, A., A Theory of the Budgetary Process , in «American Political Science Review», LX (1966), pp. 529548; Sharkansky, I., Spending in the American States, Chicago, Rand McNally, 1968.Google Scholar

29. Braybrooke, D. e Lindblom, Ch., A Strategy of Decision, New York, Free Press, 1963; Lindblom, Ch., The Intelligence of Democracy, New York, Free Press, 1965.Google Scholar

30. Un'importante analisi teorica del rapporto tra tipi di policies (distributive, ridistributive, regolative), tipi di processi politici, e tipi di rapporti tra attori politici si trova in Lowi, Th., American Business, Public Policy, Case-Studies, and Political Theory , in «World Politics», XVI (1963–1964), pp. 677715. Si veda specialmente la tesi di Lowi secondo cui le decisioni distributive a un basso livello di aggregazione evitano l'interferenza tra interessi e pertanto non richiedono neanche un compromesso tra gli stessi (pp. 692–693). Si veda anche, sullo stesso punto, Schattschneider, E. E., Politics, Pressures and the Tariff, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1935.Google Scholar

31. Vedi di Palma, G., op. cit., Appendice.Google Scholar

32. Il 25,7 per cento dei progetti governativi e il 32,4 per cento di quelli parlamentari riguardano, secondo lo studio di Mortara, lo stato giuridico, la carriera, e il trattamento economico dei dipendenti pubblici statali e locali. Vedi Cantelli, F., Mortara, V., Movia, G., op. cit. , p. 142, tabella IV-13.Google Scholar

33. Quest'ultimo risultato è troppo estremo per nn dar adito a qualche dubbio di affidabilità. Può darsi che i giudici abbiano sottovalutato la legislazione sul pubblico impiego per l'abitudine riflessa di ogni cittadino, specie italiano, a considerare tale legislazione automaticamente inutile e senza conseguenze significative per il pubblico. Si noti comunque, a parziale correzione del risultato, che la tabella 15 contiene 28 progetti in meno della tabella 14. I progetti mancanti, come sappiamo, sono tutti progetti che i giudici sono rimasti incerti se classificare come nulli o favorevoli quanto agli effetti esterni.Google Scholar

34. Le tabelle sono adattate e ricalcolate da Cantelli, F., Mortara, V., Movia, G., op. cit. , pp. 138144, tabelle IV-7 a IV-17.Google Scholar

35. di Palma, G., op. cit., cap. 5, e di Palma, G., Institutional Rules and Legislative Outcomes in the Italian Parliament , in «Legislative Studies Quarterly», I (maggio 1976), in corso di stampa.Google Scholar

36. di Palma, G., Surviving without Governing, cit., capp. 3 e 5.Google Scholar

37. Ibidem.Google Scholar