I nuovi equilibri internazionali i cui riflessi si avvertono negli atteggiamenti dei leaders europei, combinati alle pressanti scadenze comunitarie, vanno aumentando la sensazione che, entro un tempo relativamente breve, il processo di unificazione europea si troverà di fronte ad un bivio consistente o in un salto di qualità o in una stagnazione prolungata. Frattanto, in altre parti del mondo — in Asia, in Africa, in America Latina — un numero crescente di stati cerca di reagire al sottosviluppo economico avviando processi di integrazione regionale che, in prospettiva, nelle intenzioni dei governi, dovrebbero rappresentare una risposta, sia pure piú cauta e realistica degli utopistici disegni panarabisti e panafricani che alimentarono gli entusiasmi post-coloniali, ai problemi imposti dalla frantumazione politica, dalla debolezza economica, dai rapporti con le società industrializzate. La convinzione che la politica internazionale degli anni futuri, a seguito di questi sviluppi, verrà sempre piú a dipendere da rapporti fra « unità » transnazionali piú o meno integrate, ha spostato l’interesse di un numero crescente di cultori di relazioni internazionali verso i problemi dell’integrazione politica alla ricerca di teorie a medio o a largo raggio che permettano di prevedere e, almeno in una certa misura, guidare gli sviluppi che sembrano intravedersi al di là degli stati nazionali.