Nel momento in cui la crisi della Democrazia Cristiana è diventata in maniera lampante il problema principale dell'evoluzione del sistema politico italiano, e da piú parti si levano inviti e si avanzano suggerimenti per una «rifondazione» del partito, è stato giocoforza accorgersi che, al di là di pamphlets giornalistici e analisi di parte, il materiale disponibile su questo partito, sulla sua natura e struttura interna, sui suoi legami con le organizzazioni fiancheggiatrici in Italia e all'estero, sul suo ruolo, è nettamente insufficiente. Nonostante la sua grande e evidente importanza lungo tutti i trent'anni di vita della Repubblica, la Democrazia Cristiana non ha attratto in quantità adeguata l'attenzione degli studiosi, né italiani né stranieri (che, per lo piú, le hanno preferito il PCI) cosicché le analisi esplicitamente dedicatele o sono rapidamente invecchiate o, se recenti, hanno natura giornalistica e non sistematica o, infine, rappresentano attacchi polemici e sfoghi di militanti delusi Resta che le conoscenze attuali sono inadeguate a qualsiasi compito si voglia attendere: ad una rifondazione in senso popolar-progressista di un partito interclassista, alla creazione di un partito conservatore adatto ad una democrazia industriale, ad un recupero di posizioni perdute, alla rottura del blocco di potere coagulato intorno ad essa, senza lo slittamento in senso ieazionario di vasti settori del suo elettorato, oppure infine, alla «semplice» comprensione delle alternative possibili di evoluzione del sistema politico.