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CRISI DELLA DC E EVOLUZIONE DEL SISTEMA POLITICO
Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
Introduzione
Nel momento in cui la crisi della Democrazia Cristiana è diventata in maniera lampante il problema principale dell'evoluzione del sistema politico italiano, e da piú parti si levano inviti e si avanzano suggerimenti per una «rifondazione» del partito, è stato giocoforza accorgersi che, al di là di pamphlets giornalistici e analisi di parte, il materiale disponibile su questo partito, sulla sua natura e struttura interna, sui suoi legami con le organizzazioni fiancheggiatrici in Italia e all'estero, sul suo ruolo, è nettamente insufficiente. Nonostante la sua grande e evidente importanza lungo tutti i trent'anni di vita della Repubblica, la Democrazia Cristiana non ha attratto in quantità adeguata l'attenzione degli studiosi, né italiani né stranieri (che, per lo piú, le hanno preferito il PCI) cosicché le analisi esplicitamente dedicatele o sono rapidamente invecchiate o, se recenti, hanno natura giornalistica e non sistematica o, infine, rappresentano attacchi polemici e sfoghi di militanti delusi Resta che le conoscenze attuali sono inadeguate a qualsiasi compito si voglia attendere: ad una rifondazione in senso popolar-progressista di un partito interclassista, alla creazione di un partito conservatore adatto ad una democrazia industriale, ad un recupero di posizioni perdute, alla rottura del blocco di potere coagulato intorno ad essa, senza lo slittamento in senso ieazionario di vasti settori del suo elettorato, oppure infine, alla «semplice» comprensione delle alternative possibili di evoluzione del sistema politico.
Summary
The crisis of Italian Christian Democrats is analyzed with reference to the diminishing support given to the party by the three major external actors which were instrumental in its ascent to unchallenged power in the forties, fifties and early sixties. The contribution of these actors — the Church and Catholic organizations, entrepreneurial bourgeoisie and the USA — in terms of militants, financial support and international legitimacy, are singled out and evaluated.
Fanfani's attempt to make the party autonomous from them was never completely successful and by the late fifties the party was fragmented into several competing factions drawing support from additional sectors such as Small Farmers, CISL and the public sector of the economy. In the meantime, channels of recruitment, always controlled by Catholic organizations, were becoming clogged and party leadership crystallized and unable to be responsive to new demands within and outside the party (following the Vatican Council).
In comparative perspective, the present crisis of the DC can be usefully analyzed with reference to the crises of 'Some predominant parties such as the Indian Congress Party and the Japanese Liberal Democratic Party. In terms of the impact of its solution - a broad coalition including the DC the Communist party or ascent to power of a leftist coalition - we should look at European experiences and particularly to France and the future of Spain.
- Type
- Saggi
- Information
- Italian Political Science Review / Rivista Italiana di Scienza Politica , Volume 5 , Issue 3 , December 1975 , pp. 443 - 472
- Copyright
- Copyright © Società Italiana di Scienza Politica
References
1. Per un primo tentativo di comparazione cfr. Einaudi, M. e Goguel, F., Christian Democracy in Italy and France, Notre Dame, University of Notre Dame Press, 1952. Ormai superati sono i volumi di Godéchot, T., Le parti démocrat e chrétien italien, Paris, Librairie Générale de Droit et de Jurisprudence, 1964, e di Chassériaud, J. P., Le parti democrat e chrétien en Italie, Paris, Colin, 1965. Di natura giornalistica, ma contenenti utili informazioni i saggi di Tamburrano, G., L'iceberg democristiano, Milano, Sugarco, 1974 e Pansa, G., Bisaglia, una storia democristiana, Milano, Sugarco, 1975. Analisi di militanti delusi, ora in campi diversi, Baget-Bozzo, G., Il partito cristiano al potere. Da Dossetti a De Gasperi 1949/1954, Firenze, Vallecchi, 1974, 2 voll., e Menapace, L., La Democrazia Cristiana. Natura, struttura e organizzazione, Milano, Mazzotta, 1974. Utili spunti si possono trovare in AA.VV., Tutto il potere della DC, Roma, Coines, 1975. Infine, anche se invec chiati restano fondamentali i volumi curati rispettivamente da Poggi, G., L'organizzazione partitica del PCI e della DC, Bologna, Il Mulino, 1968, e da Manoukian, A., La presenza sociale del PCI e della DC, Bologna, Il Mulino, 1968.Google Scholar
2. Per un'acuta analisi del ruolo dell'Azione Cattolica e dei condizionamenti subiti cfr. Poggi, G., Il clero di riserva, Milano, Feltrinelli, 1963.Google Scholar
3. Aderisco qui all'interpretazione di fondo formulata da Galli, G. e sottesa a tutta la sua analisi de I partiti politici, Torino, UTET, 1974, vol. VII della Storia della società italiana dall'unità ad oggi. Google Scholar
4. Poggi, G., La Chiesa nella politica italiana , in Woolf, S. J. (a cura di), Italia 1943–1950. La ricostruzione, Bari, Laterza, 1974, nota che il grande disegno operativo della Chiesa in questo periodo fu: «la creazione indiretta di un unico partito di massa, operante in base alle norme di fondo del gioco democratico, non ufficialmente caratterizzato come un partito confessionale, ma i cui esponenti erano uomini formati entro la ‘sottocultura cattolica’, e che dipendeva elettoralmente soprattutto dall'abilità del clero e delle organizzazioni religiose di laici di fornirgli il voto cattolico e di collaborare ad indirizzare verso di esso altri settori dell'elettorato borghese moderato» (p. 275), e piú oltre ne esamina la strategia nella chiave da me sintetizzata.Google Scholar
5. Su questo punto la penetrante sintesi di Meynaud, J., Rapport sur la classe dirigeante italienne, Lausanne, Etudes de Science Politique, 1964, tr. it. Rapporto sulla classe dirigente italiana, Milano, Giuffré, 1965, pp. 65–87.Google Scholar
6. Cfr. Kogan, N., The Politics of Italian Foreign Policy, New York, Praeger, 1963, e Hughes, H. S., The United States and Italy, Cambridge Mass., Harvard University Press, 1965 (2a ed. riveduta).Google Scholar
7. Cfr. Mammarella, G., L'Italia dopo il fascismo: 1943–1973, Bologna, Il Mulino, 1974, Parte Terza, cap. IV.Google Scholar
8. Cfr. L'organizzazione partitica del PCI e della DC, cit., pp. 216–224.Google Scholar
9. Su questo punto utile è l'analisi di Collidà, A., L'Intersind , in AA.VV., La politica del padronato italiano, Bari, De Donato, 1972, pp. 85–127.Google Scholar
10. Per una prima approfondita analisi di queste lotte cfr. Galli, G. e Facchi, P., La sinistra democristiana, Milano, Feltrinelli, 1962.Google Scholar
11. Una valutazione di questo fenomeno e della sua incidenza sui processi di policy making si trova negli scritti di Sartori, G., Zincone, G. e Pasquino, G., in Correnti, frazioni e fazioni nei partiti politici italiani, Bologna, Il Mulino, 1973.Google Scholar
12. Contra Cazzola, F., Partiti e sottogoverno. Note sul sistema politico italiano , in «Rassegna Italiana di Sociologia», XV (1974), p. 354.Google Scholar
13. Cfr. su questo punto la discussione di Tarrow, S. G., Peasant Communism in Southern Italy, New Haven, Yale University Press, 1967, tr. it. Partito comunista e contadini nel Mezzogiorno, Torino, Einaudi, 1972, cap. 9, e per un case study molto indicativo Allum, P. A., Politics and Society in Post-war Naples, Cambridge, Cambridge University Press, 1973, tr. it. Potere e società a Napoli nel dopoguerra, Torino, Einaudi, 1974, spec. parti III e IV. Molto interessante anche l'analisi di Fried, R. C., Planning the Eternai City. Roman Politics and Planning Since World War II, New Haven and London, Yale University Press, 1973.Google Scholar
14. LaPalombara, J., Interest Groups in Italian Politics, Princeton, Princeton University Press, 1964, tr. it. Clientela e parentela. Studiò sui gruppi di pressione in Italia, Milano, Comunità, 1967.Google Scholar
15. Documentazione e interpretazione si trovano in Cazzola, F., Consenso e opposizione nel Parlamento italiano. Il ruolo del PCI dalla I alla IV legislatura , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», II (1972), pp. 71–96; e Governo e opposizione nel Parlamento italiano, Milano, Giuffrè, 1974.Google Scholar
16. Il concetto di integrazione negativa è stato elaborato da Roth, G., The Socialdemocrats in Imperial Germany, Totowa, Bedminster Press, 1963, tr. it. I socialdemocratici nella Germania imperiale, Bologna, Il Mulino, 1971. La prima interpretazione è sostenuta da Putnam, R. D., Politica e ideologia dei dirigenti comunisti italiani, in «Il Mulino», XXIII (1974), pp. 178–218, e da Pellicani, L., Verso il superamento del pluralismo polarizzato?, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 645–673. La seconda è quella degli extraparlamentari di sinistra. L'ultima osservazione è avanzata da Sartori, G., Il caso italiano: salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 675–687. Peraltro, senza una migliore precisazione di quali siano i messaggi delegittimanti e se essi debbano essere considerati tali se diretti a qualsiasi componente del sistema — cruciale è, a questo proposito, la distinzione fra outputs, autorità e regime — la tesi di Sartori rimane ancora non sufficientemente specificata per poter essere accettata come prova di una non-integrazione del PCI nel sistema italiano, soprattutto se confrontata con i risultati delle ricerche di studiosi di impostazione e provenienza diversa.Google Scholar
17. Sul primo aspetto cfr. Tamburrano, G., L'iceberg democristiano, cit., pp. 108–126. Sul secondo i saggi di Galli, G. e Nannei, A., La base sociale dell'economia bloccata; Borghesia burocratica e industria chimica; e Borghesia burocratica e Montedison, tutti in «Tempi Moderni», rispettivamente gennaio-marzo, aprile-giugno, e luglio-settembre 1974.Google Scholar
18. Se ne veda una prima documentazione giornalistica in «Panorama», 17 aprile 1975, pp. 116–121.Google Scholar
19. Galli, G., Dal bipartitismo imperfetto alla possibile alternativa, Bologna, Il Mulino, 1975, spec. cap. IV «I partiti e le classi».Google Scholar
20. Pizzorno, A., Elementi di uno schema teorico con riferimento ai partiti politici italiani , in Sivini, G. (a cura di), Partiti e partecipazione politica in Italia, Milano, Giuffrè, 1972 2 , p. 22.Google Scholar
21. Ibidem, p. 35.Google Scholar
22. Qui sta il pregio della intuizione di LaPalombara, J., ma anche il suo limite. Cfr. Il «declino delle ideologie»: un dissenso e una interpretazione (il caso italiano) , in Sivini, G. (a cura di), Partiti e partecipazione politica in Italia, cit., pp. 77–102.Google Scholar
23. Su questo problema, lungi dall'essere trattato in maniera soddisfacente nella letteratura, cfr. Menapace, L., La Democrazia Cristiana. Natura, struttura e organizzazione, cit., cap. X.Google Scholar
24. Anche se utili indicazioni possono trovarsi in Marradi, A., Analisi del referendum sul divorzio , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 589–644, e soprattutto in Parisi, A., Questione cattolica e referendum: l'inizio di una fine, in «Il Mulino», XXIII (1974), pp. 410–438.Google Scholar
25. Purtroppo, anche su questo punto la documentazione sistematica è carente ed è necessario ricorrere a materiale tratto da varie riviste, in particolare da «Quaderni di Azione Sociale» e da «Relazioni Sociali».Google Scholar
26. Cfr. Ruffolo, G., Rapporto sulla programmazione economica, Bari, Laterza, 1973, e Hayward, J. e Watson, M., (eds.), Planning, Politics and Public Policy. The British, French and Italian Experience, Cambridge, Cambridge University Press, 1975.Google Scholar
27. In via indicativa, cfr. Cella, G. P., Manghi, B. e Piva, P., Un sindacato italiano negli anni sessanta. La FIM-CISL dall'associazione alla classe, Bari, De Donato, 1972.Google Scholar
28. Per un'analisi piú approfondita di questi concetti, cfr. Pasquino, G., Modernizzazione e sviluppo politico, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 47–62.Google Scholar
29. Il cui consenso elettorale e politico viene acquisito come descrive acutamente Pizzorno, A., I ceti medi nei meccanismi del consenso , in Cavazza, F. L. e Graubard, S. R. (a cura di), Il caso italiano, Milano, Garzanti; 1974, pp. 314–337.Google Scholar
30. Non è il caso di entrare nella vastissima letteratura in materia. Le due migliori analisi sono l'interpretazione di Linz, J. J., Michels e il suo contributo alla sociologia politica in Michels, R., La sociologia del partito politico, Bologna, Il Mulino, 1966, soprattutto pp. LXXIX–XCII, e la voce di Sartori, G., Representational Systems, in International Encyclopedia of the Social Sciences, New York, Macmillan-Free Press, 1968, vol. XIII, ora in appendice al suo volume Democrazia e definizioni, Bologna, Il Mulino, 19693 , pp. 352–378.Google Scholar
31. Il caso del PSI è esaurientemente analizzato da Cazzola, F., Carisma e democrazia nel socialismo italiano, Roma, Istituto L. Sturzo, 1967, e Il partito come organizzazione, Roma, Edizioni del Tritone, 1970. Quello del PCI da Sivini, G., Le Parti communiste: Structure et fonctionnement, in AA.VV., Sociologie du communisme en Italie, Paris, Colin, 1970, pp. 55–141.Google Scholar
32. Per una previsione pessimistica, in questo senso, basata su ricerche comparate, cfr. Pasquino, G., Contro il finanziamento pubblico di questi partiti , in «Il Mulino», XXIII (1974), pp. 233–255.Google Scholar
33. Per una valutazione degli effetti e dei costi di una grande coalizione, rimando a quanto scrive Steiner, K., Politics in Austria, Boston, Little, Brown and Co., 1972, pp. 423–424: «una democrazia si distingue da altri sistemi, almeno sul piano normativo, per la nozione che il dissenso effettivo è auspicabile poiché è un prerequisito di una significativa partecipazione politica, della ricettività del sistema, e della sua apertura al mutamento. Contrariamente alla stabilità, questi sono valori ultimi di un sistema democratico». Se le cose stanno cosí, evitare il conflitto politico e la risultante instabilità può avere come prezzo una ridotta vitalità del sistema e una sua limitata capacità di mobilitare le energie e le risorse della popolazione. Ma anche a prescindere dal fatto che rimane dubbio che «evitare i conflitti possa fornire un obiettivo che soddisfi permanentemente una società», appare plausibile affermare che «l'insoddisfazione può sorgere semplicemente perché la strategia di evitare i conflitti è indirizzata essenzialmente ai conflitti di ieri, che possono diventare meno rilevanti col mutare delle generazioni. A confronto, le sfide del futuro, che possono essere radicalmente diverse dal passato e dal presente, rimangono ampiamente sconosciute e inespresse». Ne emerge una società spoliticizzata e almeno parzialmente alienata. Per una discussione della letteratura sulla democrazia consociativa e delle sue condizioni di applicazione cfr. Daalder, H., The Consociational Democracy Theme, in «World Politics», XXVI (1974), pp. 604–621. Per una prima impostazione nel caso italiano cfr. Pasquino, G., Il sistema politico italiano tra neo-trasformismo e democrazia consociativa, in «Il Mulino», XXII (1973), pp. 549–566.Google Scholar
34. Sostenendo che i sistemi citati funzionano bene, Sartori rileva che vi è «assenza di alternanza … in Norvegia dal 1935 al 1965, e poi con interruzioni; in Svezia dal 1932 ad oggi (con interruzione 1951–1957); in Irlanda dal 1932 al 1973 (con interruzione 1948–1957); in Giappone dal 1955 ad oggi; in India dal 1952 ad oggi», Il caso italiano: salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, cit., nota 4, p. 676, e piú estesamente Rivisitando il «pluralismo polarizzato», in Il caso italiano, cit., pp. 196–221. Ho l'impressione, anzitutto, che le «interruzioni» siano piú significative di quel che ritiene Sartori; in secondo luogo, che l'aspettativa dell'alternanza abbia inciso in maniera importante sul comportamento di governo e opposizione e, infine, che i due casi di partiti predominanti al potere senza interruzioni debbano affrontare problemi di mancata ricettività, diminuita efficienza e corruzione simili a quelli della DC. Inoltre, la mera durata al potere non può di per sé rendere conto dell'intreccio di fattori — tradizione democratica, pluralismo di centri di potere, e cosí via — valutabile solo in base a conoscenze piú approfondite di ciascuno dei sistemi e che incide anche in maniera decisiva sul funzionamento del sistema stesso.Google Scholar
35. Scoppola, P., Appunti sulla questione democristiana , in «Il Mulino», XXIII (1974), pp. 859–860. Cfr. anche l'intervento nel dibattito di Parisi, A., ne «Il Mulino», XXIV (1975), pp. 408–421.Google Scholar
36. Per un'elaborazione di questo aspetto si veda il cap. I di Galli, G., Dal bipartitismo imperfetto alla possibile alternativa, cit.Google Scholar
37. Scoppola, P., op. cit., p. 864. Il supporto empirico di questa affermazione potrebbe essere fornito dal fortunato volume di Sylos Labini, P., Saggio sulle classi sociali, Bari, Laterza, 1974. Fra le varie contro-analisi a cui ha dato luogo si veda il saggio di Maitan, L., Dinamica delle classi sociali in Italia, Roma, Savelli, 1975.Google Scholar
38. Cfr. l'interessante dibattito in questa chiave del «Manifesto», Spazio e ruolo del riformismo, Bologna, Il Mulino, 1974, in cui vi sono spunti, ancorché grezzi, per un'impostazione alternativa.Google Scholar
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- Cited by