Le elezioni del maggio 1972 hanno segnato indubbiamente una svolta nel sistema partitico italiano, anche se gli spostamenti dell'elettorato sono stati piuttosto modesti. Nella sesta legislatura non vedremo piú, né in un ramo né nell'altro del Parlamento, i rappresentanti del PSIUP e del PDIUM. Il primo è scomparso dopo otto anni di vita, per le note vicende elettorali (varie centinaia di migliaia di voti ma nessun quoziente elettorale e quindi nessun eletto) e la conseguente confluenza nel PCI (e in minima parte nel PSI); il secondo per l'accordo e la fusione pre-elettorale con i neofascisti del MSI. D'altra parte l'insuccesso macroscopico dei vari gruppi o partiti nuovi richiamantisi al marxismo leninismo (Manifesto, Partito comunista marxista leninista d'Italia, ecc.) o al cattolicesimo in forme reazionarie (il mini partito di Agostino Greggi) o progressiste (il Movimento Politico dei Lavoratori) ha impedito l'ingresso nell'arena di nuove formazioni politiche. Il sistema partitico all'indomani delle elezioni politiche si presenta quindi semplificato, almeno in sede parlamentare: sette soli partiti (PCI, PSI, PSDI, PRI, DC, PLI, MSI) invece dei nove precedenti.