In un passaggio frequentemente citato, Giovanni Sartori definisce il sistema elettorale «il più specifico strumento manipolativo della politica» (1968, 273; 1996, 11). In questo articolo, mi propongo di verificare le più tipiche «manipolazioni» attribuite al maggioritario o alla rappresentanza proporzionale, quelle sul sistema partitico. Al riguardo, è ancor oggi utile partire da Duverger (1954), il quale distingueva oltre cinquanta anni fa effetti psicologici ed effetti meccanici. Gli effetti psicologici entrano in causa prima, o al momento, del voto, condizionando la decisione degli elettori di votare o meno e, in caso affermativo, per quale partito. In questo, evidentemente, ha un plausibile peso la percezione che ogni sistema fornisce incentivi, o pone vincoli, a certi comportamenti, ed esige, quindi, una misura di adattamento alla sua logica di funzionamento. Date le alte soglie di rappresentanza associate ai sistemi maggioritari, l'adattamento si manifesta empiricamente sotto forma di voto strategico, cioè con la tendenza degli elettori a votare «utilmente», disertando i partiti senza possibilità di vincere e concentrandosi sui più forti.