Di recente, la ricerca sociologica per lo più quantitativa ha riaffermato l'importanza della religione riguardo all'azione politica e alle politiche pubbliche. Tra i suoi contributi vi sono vari modelli di associazione tra la religione, nella sua variante cattolica, ed una pluralità di esiti politici e di policy. Castles (1994) ha individuato un'evidenza prima facie per cui il cattolicesimo è associato con molti esiti di policy quali la spesa assistenziale, le politiche della famiglia, ed esiti connessi al mercato del lavoro. Misra e Hicks (1994) hanno trovato una relazione positiva tra ciò che essi chiamano «cultura romano-cattolica» e livello di sindacalizzazione. Infine, Wilensky (1981), Esping-Andersen (1990), Huber, Ragin e Stephens (1993), e più recentemente Van Kersbergen (1995) hanno tutti rilevato che i partiti cristiano-democratici sono correlati ad alti livelli di spese sociali. Queste scoperte sono ancor più significative se si considera che sono state fatte nel contesto delle società probabilmente più secolarizzate: quelle dell'Europa occidentale contemporanea. Proprio per questo, gli autori di tali studi sottolineano la portata più ampia delle loro scoperte e reclamano una rinnovata attenzione alla religione, al cattolicesimo, ai partiti cristiano-democratici, affermando che «per gli anni '90 il cattolicesimo dovrebbe fornire una prospettiva fruttuosa per lo studio della political economy così come per gli anni '80 la socialdemocrazia» (Misra e Hicks 1994,319).