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LE TRASFORMAZIONI DELL'ATTUALE SISTEMA ECONOMICO

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Qualche anno fa, accingendomi ad analizzare la crisi del sistema elettivo-rappresentativo, e quindi le contraddizioni che avrebbero poi condotto il sistema politico italiano alla sua presente autodissoluzione, presi le mosse da una constatazione del tutto empirica: il vago presagio di un mutamento, grave e sempre meno lontano, che si manifestava nell'inquietudine dell'uomo della strada.

Summary

Summary

The essay starts from the assumption that, historically, the market economy and the command economy replace each other in a cyclical way, without ever proceeding to a reciprocal destruction. The deep roots of this dualism are identified in two original and unreconcilable patterns of relationships, and the mechanism which regulates the transition from the predominance of the first to the other's is then described.

In the light of this assumption, the issues of the expansion of the petty bourgeoisie, of eurocommunism and the role of the parties in the Italian economic system are analyzed. Afterwards, the author suggests an interpretation of the function of trade union leaders in advanced industrial systems and formulates a series of hypotheses on their evolution as a «political class».

Finally, the attention is devoted to some corporatist and federalist aspects of the new pattern of socio-economic relationship whose structure might be characterized by a substantial slackening of market relationships and by a recovery of a certain degree of stability.

Type
Saggi
Copyright
Copyright © Società Italiana di Scienza Politica 

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References

1. Le trasformazioni dell'attuale regime politico , in «Jus», XVI (1965), pp. 3049. Può darsi che qualcuno si soffermi — come accadde già in passato — sul ricorrere, anche nel presente mio scritto, del termine «trasformazione» (Il ruolo del partito nella trasformazione del tipo di ordinamento politico vigente, in La funzionalità dei partiti nello Stato democratico, Atti del I Congresso nazionale di Dottrina dello Stato, Milano, La Nuova Europa, 1967, pp. 35–54, 201–207; La trasformazione delle Università e l'iniziativa ‘privata’, in «Il Mulino», XIX (1970), n. 210, pp. 71–94). Al di là dell'influsso che potrebbe essermi derivato dalla lettura di Léon Duguit e di Vilfredo Pareto, il mio interesse per le mutazioni strutturali rientra probabilmente nella piú generale inclinazione a costruire una teoria dinamica — o meglio: puramente ‘tendenziale’ — delle regolarità politiche. Fortunatamente per il lettore questo non è il luogo in cui si possa toccare un tale argomento di metodologia scientifica.Google Scholar

2. Nella Nota complementare allo scritto Le trasformazioni dell'attuale regime politico, cit., c'è un passo (pp. 4849) in cui si parla degli effetti distruttivi che, a mio avviso, l'avanzamento della ricerca scientifica, nei campi della psicologia e della logica, sta esercitando su buona parte delle impalcature ideologiche tuttora utilizzate. Alcuni colleghi hanno trovato quel passo un po' sibillino. Preciso qui che, per quanto riguarda lo sviluppo della psicologia (e della psico-logica), mi riferivo alle ricerche etologiche: oggi che Die Rückseite des Spiegels di Konrad Lorenz (uno dei libri piú importanti del nostro secolo, non fosse altro perché ha risolto il problema dell' ‘induzione’, e ha dato una poderosa e forse determinante spinta al positivismo scientifico) è sotto gli occhi di tutti, non è difficile rendersi conto dell' “avanzamento” al quale alludevo. Per quanto concerne poi il riferimento alle difficoltà della “dottrina materialistica della Società e dello Stato” mi riferivo all'anello decisivo che, nella teoria marxiana, segna il passaggio dalla scienza alla compromissione ideologica: è la teoria del “feticismo delle merci e del capitale”, e della produzione capitalistica come “realtà stravolta, a testa in giù”, dove si fa appello ad una verità ‘immediata’, ‘intuitiva’. Tutti sanno che, nel ‘comune buonsenso’, si nascondono, contemporaneamente, conoscenze di ‘regolarità’ che hanno superato infinite prove di ‘falsificazione’ (e sono dunque ‘verità’ scientifiche, almeno temporaneamente) e patetici pregiudizî. Sfortunatamente per Marx quella ‘verità intuitiva’ era soltanto un infondato pregiudizio: perché muoveva da una evidente compromissione valutativa: la concezione antropocentrica. Nobilissima quanto si vuole, ma scientificamente non ‘falsificabile’, e quindi, dal punto di vista conoscitivo, inesistente.Google Scholar

3. Schumpeter Joseph, A., Capitalism, Socialism and Democracy, London, 1942 (trad. it. Milano, , 1954).Google Scholar

4. Penetrante e documentato è su questo argomento il saggio di Colletti, Lucio, in Il futuro del Capitalismo. Crollo o sviluppo?, Bari, Laterza, 1970.Google Scholar

5. Richard, Gill, Evolution of Modern Economics, New York, Prentice-Hall, 1967 (trad. it. Bologna, Il Mulino, 1969, pp. 150, 152).Google Scholar

6. Langellé, M., La révolution tertiaire, Paris, Génin, 1966; Praderie, M., Ni ouvriers, ni paysans: les tertiaires, Paris, Ed. du Seuil, 1968. Langellé ha il merito di aver tentato una breve storia delle teorie sulla divisione delle attività economiche, da Platone a Colin Clark e a Fourastié. Mi sbaglierò, ma mi sembra che questo problema — dalla cui soluzione dipende la legittimità del concetto di “terziario” — sia ancora molto lontano dall'aver ottenuto almeno una impostazione soddisfacente dal punto di vista scientifico. Ad ogni modo è stato Paolo Sylos Labini, con il suo Saggio sulle classi sociali (Bari, Laterza, 1974, ma la prima stesura è del 1972, cioè anteriore al libro The Class Structure of the Advanced Societies, London, Hutchinson, 1973 — trad. it. Bologna, Il Mulino, 1975 — con cui Anthony Giddens ha cercato di affrontare il problema in modo sistematico) fu Labini, dicevo, a porre il problema politico della moderna ‘piccola borghesia’. Le prospettive contenute in questo libro hanno suscitato ampie polemiche: non mi sembra però — tanto per fare qualche esempio — che la discussione svoltasi su «Rinascita» durante il 1975, o il contemporaneo volumetto di L. Maitan (Dinamica delle classi sociali in Italia, Roma, Savelli, 1975) abbiano spostato molto i termini della questione; meno che mai è riuscito a ‘distruggere’ il problema il libro di Baudelot-Establet-Malemort (La petite bourgeoisie en France, Paris, Maspero, 1974): una commovente mistura di ingenuità e di dogmatismo. Certo piú serio — ma ancora a tratti desolantemente dogmatico — è: Poulantzas Nicos, Les classes sociales dans le capitalisme aujourd'hui (Paris, Edit. du Seuil, 1974; trad. it.: Milano, Etas Libri, 1975): una testimonianza, non solo di quanto imbarazzante sia il problema della ‘piccola borghesia’ per i marxisti ortodossi, ma anche di quali fatiche disumane debba sopportare chi affronta problemi come quelli del ‘terziario’ e dei ceti improduttivi, ignorando volutamente l'approccio politologico, e gli strumenti dell'analisi psicologica; tanto piú che su questi temi (come è noto) Marx non ha fatto a tempo a prendere esplicitamente posizione, ed ha lasciato ai disorientati pupilli soltanto osservazioni provvisorie e contraddittorie. Tanto Praderie che Sylos Labini insistono sulla eterogeneità della ‘piccola borghesia’, e si rifiutano di considerarla una vera e propria ‘classe’; il problema è di metodo ed è piuttosto complesso: a me sembra che, proprio perché ‘composita’, la ‘piccola borghesia’ si contrapponga storicamente alla ‘società per classi (tradizionali)’ (e costringa a ripensare la ‘classe generale’ di hegeliana memoria, o la “classe media” di cui parla Euripide nelle Supplici). Una considerazione parallela va fatta a proposito della ‘ambiguità’ e della ‘instabilità’ politiche della ‘piccola borghesia’, rilevate ancora da Labini: proprio perché protagonista di una grande sintesi politica, questa vasta quasi-classe non ha coloritura ideologica: nel Sessantaquattro scrivevo: “‘Destra’ e ‘sinistra’, ‘conservazione’ e ‘innovazione’, sono categorie che acquistano valore soltanto nelle fasi di transito da una antica ad una nuova classe politica: quando quest'ultima si è veramente consolidata, esse scompaiono e rimane soltanto l' ‘amministrazione’, cioè il vero ‘governo’” (Le trasformazioni dell'attuale regime politico, cit., p. 37).Google Scholar

7. National Economic Planning , in Haley, B. F. (ed.), A Survey of Contemporary Economics, II, Homewood, Irwin, 1952, pp. 355 ss. Giancarlo Mazzocchi ne ha tradotto una parte in Aspetti politici della piena occupazione, Milano, Celuc, 1975.Google Scholar

8. Poulantzas, N. (Op. cit. , pp. 131 s. della trad. italiana) ha criticato la distinzione fra “piccolo capitale, non monopolistico” e “capitale monopolistico” in cui si radica l'‘eresia’ dei partiti comunisti occidentali favorevoli alla conservazione delle piccole e medie imprese ‘private’. Ho l'impressione che questa critica, dogmaticamente corretta dal punto di vista marxista, diventi molto meno persuasiva se si risale all'autonomia strutturale dell'economia ‘di mercato’ (e alla sua distinzione dal fenomeno capitalistico).Google Scholar

9. Op. cit. , pp. 374377.Google Scholar

10. Il ruolo del partito, etc., cit., pp. 4849.Google Scholar

11. Sebbene siano in relazione molto stretta con la piú recente esperienza italiana, presentano sul tema notazioni spesso interessanti due scritti: Pizzorno, A., I sindacati nel sistema politico italiano. Aspetti storici , in «Rivista trimestrale di diritto pubblico», XXI (1971), pp. 15101559; Tarello, G., Teorie e ideologie nel diritto sindacale. L'esperienza italiana dopo la Costituzione, Milano, Edizioni di Comunità, 1972. Questo secondo autore merita attenzione anche perché è fra i pochi che discutano di modelli ‘corporativi’ freddamente e senza farsi venire le convulsioni. Anche qui tuttavia siamo sempre lontani dall'intravvedere una teoria generale ‘politica’ del fenomeno sindacale. Osservazioni utili si trovano nel saggio di G. Sartori, Il potere del lavoro nella società post-parificata (Un futuribile sindacale), ora nel Quaderno della «Rivista Italiana di Scienze Politiche» curato da G. Urbani, Sindacati e politica nella società post-industriale, Bologna, Il Mulino, 1976, pp. 77–127.Google Scholar

12. Sani, Giacomo, in una recentissima analisi, acuta come poche altre, delle prospettive di ‘ricambio’ nel sistema politico italiano ( Ricambio elettorale e identificazioni partitiche: verso una egemonia delle sinistre? , in «Rivista italiana di scienza politica», V (1975), pp. 515544) sostiene che l'ormai imminente accesso delle sinistre al potere, darà luogo ad uno stabile predominio di quelle — corrispondente all'altro, precedente, dei moderati — e non ad una rotazione al potere di partiti o blocchi di partiti diversi; e fornisce una spiegazione abbastanza convincente delle ragioni di tale previsione.CrossRefGoogle Scholar

13. Galgano, F., Partiti e sindacati nel diritto comune delle associazioni , in «Rivista di diritto civile», XII (1966), pp. 507 ss.; Tarello, G., op. cit. , pp. 137140. A Francesco Galgano si deve anche un vivace libro su Le istituzioni dell'economia capitalistica. Società per azioni, Stato e classi sociali, Bologna, Zanichelli, 1974, che ha suscitato molte discussioni (si veda per esempio il dibattito in “Sociologia del diritto”, II (1975), pp. 143–159, 387–410). A parte le forti implicazioni ideologiche, questo libro ha il merito di rendere ancora piú acuto il bisogno di una analisi finalmente e puramente politologica della ‘società per azioni’.Google Scholar

14. La trasformazione delle Università, etc., cit., pp. 8586.Google Scholar

15. Mi riferisco a: Pike, F. B. e Stritch, T. (eds.), The New Corporatism, Notre Dame, Univ. Press, 1974, che contiene un tentativo di Philippe C. Schmitter di stabilire la tipologia del ‘corporativismo’ (Still the Century of Corporatism?). Un altro scritto ricco di osservazioni apprezzabili è quello di Stein Rokkan, I voti contano, le risorse decidono, in «Rivista italiana di scienza politica», V (1975), pp. 166–176. Sui “gruppi di interesse” una rassegna bibliografica, molto aggiornata, si trova in appendice alla traduzione italiana del libro con lo stesso titolo di Grahan Wootton (Bologna, Il Mulino, 1975). Sulle strutture clientelari recente è l'antologia Clientelismo e mutamento politico, curata da L. Graziano, Milano, F. Angeli, 1974. Per i rapporti fra struttura ‘corporativa’ e ‘rappresentanza’ degli ‘interessi’, è sempre fondamentale: J. H. Kaiser, Die Repräsentation organisierter Interessen, Berlin, Duncker & Humblot, 1956. Se in questo settore dell'indagine politologica si nota una imbarazzante carenza di modelli interpretativi scientificamente fondati, ciò dipende anche dal fatto che, come ben sanno gli storici, malgrado le sterminate ricerche di Emile Lousse, dei suoi allievi e della «Commission internationale pour l'histoire des Assemblées d'états», il meccanismo della «società d'antico regime» (che costituisce il ‘precedente’ piú importante per l'argomento) non è stato ancora affatto chiarito.Google Scholar

16. È strano che Kaiser, Joseph H. ( Op. cit. , pp. 18, 22) accenni appena fugacemente ai rapporti fra strutture ‘corporate’ e ‘federalismo’. In uno scritto recentissimo, Antonio Papisca (Europa '80. Dalla Comunità all'unità europea, Roma, Bulzoni, 1975, pp. 96–98) si chiede perché io non includa nelle mie previsioni ‘federalistiche’ anche un livello metanazionale. È semplice: perché una volta inteso il ‘federalismo’ come contrattazione pura, l'attuale assetto della comunità internazionale è già ‘in asse’ con gli sviluppi che mi sembra di vedere. Ad ogni modo, quando parlo di ‘sistema economico totale’ sono ben lontano dal considerarlo legato alla dimensione ‘nazionale’.Google Scholar

17. Ho toccato l'argomento nello scritto La conferenza di Crimea trent'anni dopo, in «Historia», settembre 1975, n. 213, p. 23.Google Scholar

18. Mayhew, D. R., Congress. The Electoral Connection, New Haven, Yale University Press, 1974.Google Scholar

19. Le trasformazioni dell'attuale regime politico, cit., p. 44.Google Scholar

20. La notizia è stata riportata dai quotidiani qualche mese fa. Fra i politologi che si attendono una crescita di ‘autorità’, c'è Huntington, Samuel P., Political Order in Changing Societies, New Haven, Yale University Press, 1968 (trad. it.: Milano, F. Angeli, 1975) e La politica nella società postindustriale, in «Rivista italiana di scienza politica», IV (1974), pp. 489–525. Giacomo Sani (Op. cit., p. 544) calcola in almeno un ventennio la durata di una futura egemonia delle sinistre in questo paese.Google Scholar

21. Il ruolo del partito etc., cit., p. 53.Google Scholar