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PARTITI E CLASSE PARLAMENTARE NEGLI ANNI SETTANTA

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

L'opinione che la classe politica è stata ed è centrale nel nostro sistema più che in altre nazioni ha una storia assai lunga, quasi quanto la storia stessa dei partiti, così come una lunga tradizione ha la discussione circa il basso grado di efficienza e di legittimità che caratterizza l'élite politica. La continuità con cui tali problemi paiono connaturati col sistema politico spiega forse la particolare attenzione dedicata in Italia, sia sul piano teorico che su quello della ricerca empirica, al tema delle élites: basti pensare alle riflessioni dei teorici della classe politica o alle numerose ricerche empiriche condotte su questo argomento nel dopoguerra.

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References

1 Si vedano le analisi di Farneti, P. svolte in una serie di saggi, in parte raccolti nel volume: La classe politica italiana dall'Unità ad oggi, in corso di pubblicazione presso l'editore Feltrinelli nonché quelle di: Sartori, G., et al., Il Parlamento italiano, 1946–1963, Napoli, ESI, 1963; Cotta, M., Classe Politica e Parlamento in Italia, 1946–1976, Bologna, Il Mulino, 1979; Spreafico, A., Il Senato della Repubblica: composizione politica e stratificazione sociale , in Dogan, M. e Petracca, O.M., Partiti politici e strutture sociali in Italia, Milano, Comunità, 1968; per gli anni più recenti, si vedano in particolare: Cotta, M., Il rinnovamento del personale parlamentare democristiano, in «il Mulino», XXVII (1978), n. 259; Baldassarre, A., I gruppi parlamentari , in Ilardi, M. e Accornero, A. (a cura di), Il partito comunista italiano. Struttura e storia dell'organizzazione 1921–1979, Milano, Feltrinelli, 1982; i saggi di Zincone, G., Il puzzle delle coalizioni, di Marra, E., Opinione pubblica e riforme, oltre al mio Frammentazione ed omogeneità contenuti nel volume Identikit della classe politica, «Biblioteca della libertà», XVII (1980), n. 79.Google Scholar

2 Sul problema della «centralità» del Parlamento cfr. in particolare Farneti, P., Elementi per un'analisi della crisi del partito di massa , in «Democrazia e diritto», XVIII (1978), n. 5/6; su quello del ruolo dei gruppi parlamentari all'interno dell'organizzazione partito, è utile lo schema interpretativo di Panebianco, A., Modelli di partito, Bologna, Il Mulino, 1982, pp. 318–323.Google Scholar

3 Cfr. Cotta, M., Classe politica e Parlamento in Italia, cit., capitolo V e le osservazioni di Pasquino, G., Ricambio parlamentare e rendimento politico, in «Politica del diritto», I, n. 5, 1976.Google Scholar

4 Cfr. Spreafico, A., Il Senato della Repubblica, cit.Google Scholar

5 Cfr. Cotta, M., op. cit. , pp. 355374 e De Palma, G., Sopravvivere senza governare, Bologna, Il Mulino, pp. 184–198.Google Scholar

6 Per una discussione sui problemi di ricerca e di analisi della classe politica, cfr. Farneti, P., Problemi di ricerca e di analisi della classe politica italiana , in «Rassegna Italiana di Sociologia», VI (1972); Pasquino, G., Le assemblee legislative, in «Scienze sociali», II (1972), n. 2; Cotta, M., op. cit., in particolare cap. 1.Google Scholar

7 Per una rassegna della bibliografia sull'analisi comparata dei partiti dal punto di vista della loro struttura organizzativa, cfr. per tutti Panebianco, A., op. cit. Google Scholar

8 Cfr. Duverger, M., I partiti politici, Milano, Comunità, nell'ed. 1975, pp. 238 e ss.Google Scholar

9 Cfr. Panebianco, A., op. cit. , pp. 123 ss.Google Scholar

10 Su questo punto cfr. Eldersveld, S., Political Parties. A Behavioral Analysis, Chicago, Rand MacNally Co., 1964, pp. 140 ss.; Panebianco, A., cit., p. 124.Google Scholar

11 Utile anche ai nostri fini, il concetto usato a questo proposito di «stratarchia», nell'accezione usata da Eldersveld, , Political Parties. A Behavioral Analysis, cit., e la discussione di Panebianco, A., cit., p. 123.Google Scholar

12 Su questi problemi cfr. anche Putnam, R., The Comparative Study of Political Elites, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1976, pp. 47 ss.Google Scholar

13 Si veda l'analisi condotta sulle carriere politiche da Cotta, M., Classe politica e parlamento in Italia, cit., pp. 124 e ss. e il mio Frammentazione e omogeneità, cit., pp. 77 e ss.Google Scholar

14 Basti pensare all'entità del dibattito intrecciato in Italia a proposito di un'eventuale trasformazione del PCI in partito «pigliatutto». A titolo esemplificativo di posizioni discordanti su questo punto, cfr. in particolare Farneti, P., I partiti politici e il sistema di potere , in Castronovo, V. (a cura di), L'Italia contemporanea, 1945–1975, Torino, Einaudi, 1976, pp. 74 ss., Barbagli, M., Corbetta, P., Partito e movimento: aspetti e rinnovamento del PCI, in «Inchiesta», n. 31, 1978.Google Scholar

15 Cfr. Kirchheimer, O., La trasformazione dei sistemi partitici dell'Europa occidentale , in Sivini, G. (a cura di), Sociologia dei partiti politici, Bologna, Il Mulino, nell'ed. 1979, pp. 243 ss.Google Scholar

16 Per un'ipotesi di questo tipo, cfr. Farneti, P., Partiti, Stato e mercato: appunti per un'analisi comparata, in Graziano, L. e Tarrow, S. (a cura di), La crisi italiana, Torino, Einaudi, 1979, pp. 144 ss. L'autore sostiene che, mentre per quanto riguarda la DC, sarebbe possibile riscontrare il passaggio da una configurazione di «partito a base socialmente e culturalmente eterogenea e con rappresentanza attraverso notabili, propria degli anni cinquanta, ad una di partito a base socialmente e culturalmente omogenea», a rappresentanza attraverso i politici di professione, per quanto riguarda i partiti che si rifanno al filone socialista si potrebbero ravvisare mutamenti nella composizione sociale, mutamenti che implicano una evoluzione da una base socialmente e culturalmente omogenea ad una più eterogenea in cui la rappresentanza burocratico-professionale è mitigata da «notabili delle professioni, dell'intelletto, della tecnica».Google Scholar

17 Cfr. Panebianco, A., op. cit. , pp. 478 ss.Google Scholar

18 Cfr. le analisi di Sebastiani, C., in particolare, Il ceto politico del compromesso storico, op. cit. Google Scholar

19 Cfr. Baldassarre, A., I gruppi parlamentari, cit., pp. 447 ss.Google Scholar

20 Per una ricostruzione di un quadro generale delle dinamiche dei due partiti considerati per gli anni settanta, cfr. Cazzola, F., Il Sistema politico dell'Italia contemporanea, Torino, Loescher, 1978, in particolare Pintroduzione; Pasquino, G., Crisi dei partiti e governabilità, Bologna, Il Mulino, 1980, in particolare cap. II, e Degenerazione dei partiti e riforme istituzionali, Bari, Laterza, 1982; Fattori di trasformazione e crisi del sistema politico italiano , in Baldassarre, A., Cervati, A.A. (a cura di), Critica dello stato sociale, Bari, Laterza, 1982; nel medesimo volume cfr. Elia, L., La forma di governo e il sistema politico italiano. Per un dibattito sugli avvenimenti dell'ultimo decennio, utili i volumi collettanei: Graziano, L. e Tarrow, S. (a cura di), La crisi italiana, cit.; Belligni, S. (a cura di), Governare la democrazia , Milano, , Angeli, F., 1981; Guizzardi, G. e Sterpi, S. (a cura di), La società italiana, crisi di un sistema, Milano, F, Angeli, 1981.Google Scholar

21 I dati sono di Barbagli, M., Corbetta, P., op. cit. , p. 11.Google Scholar

22 Per un'analisi delle vicende della DC in questi anni, si vedano gli studi di Pasquino, G.; oltre a quelli citati alla nota 20, ricordiamo: Recenti trasformazioni nel sistema di potere della democrazia italiana, in Graziano, L. e Tarrow, S. (a cura di), op. cit. Si veda inoltre: Chiarante, G., Ragioni e declino della «centralità» democristiana, in «Critica marxista», 1979, n. 5; Cazzola, F., Anatomia del potere DC, Bari, De Donato, 1979. Per una storia della DC e del suo gruppo dirigente durante gli anni della crisi (1974–1976) cfr. Galli, G., Il Piave democristiano, Milano, 1978.Google Scholar

23 Cfr. oltre agli studi già citati, Pasquino, G., Il PCI nel sistema politico italiano degli anni settanta , in Belligni, S. (a cura di), La giraffa e il liocorno. Il PCI dagli anni '70 al nuovo decennio, Milano, Franco Angeli, 1982.Google Scholar

24 Cfr. nota 22.Google Scholar

25 Da ricordare alcune ipotesi di evoluzione nei modi di funzionamento del sistema avanzate per quel periodo: da quella di Graziano, L., Compromesso storico e democrazia consociativa: verso una «nuova democrazia»? , in Graziano, L., Tarrow, S. (a cura di), La crisi italiana, cit.; al modello del «pluralismo centripeto», avanzata da Farneti, P., Il sistema partitico italiano 1945–1979, Bologna, Il Mulino, 1983; all'interpretazione del caso italiano come esempio di una «democrazia contrattata», avanzata da Rusconi, G.E., in L'Italia è un sistema eccentrico , in Belligni, S. (a cura di), Governare la democrazia, cit., pp. 35–47. Per un'analisi delle elezioni del 1979, che, partendo dall'osservazione dei dati del 3 giugno propone un bilancio complessivo del comportamento elettorale, cfr. Parisi, A., Mobilità non significa movimento, in Mobilità senza movimento, a cura dello stesso autore, Bologna, Il Mulino, 1980.Google Scholar

26 Cfr. il mio Frammentazione ed omogeneità, cit., p. 70.Google Scholar

27 Non entriamo nel merito di un problema già peraltro ampiamente dibattuto. Per un'interessante messa a punto della questione, cfr. Baldassarre, A., I gruppi parlamentari, cit., pp. 450 ss.Google Scholar

28 La necessità di analisi disaggregate su questo piano emerge da una letteratura relativamente copiosa. In riferimento ai parlamentari, cfr. Sartori, G., op. cit. , pp. 8085; in generale, lasciando da parte la letteratura degli anni sessanta e limitandoci a quest'ultimo decennio, l'esigenza di analisi del funzionamento del sistema politico a livello disaggregato per zone territoriali bene è messa in luce da Trigilia, C., Struttura di classe e sistema politico: neocorporativismo o neolocalismo? , in «Inchiesta», X (1980), n. 46–47; Bagnasco, A., Le tre Italie. La problematica territoriale dello sviluppo italiano, Bologna, Il Mulino, 1977; e ancora gli studi di Graziano, L.: citiamo per tutti Clientelismo e sistema politico. Il caso dell'Italia, Milano, F. Angeli, 1980. Per la riaggregazione in zone subculturali, abbiamo adottato quella proposta da Galli, G., Il comportamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1968, p. 75. I dati cui facciamo riferimento nelle note che seguono, concernenti tale disaggregazione territoriale, si riferiscono alla VII legislatura.Google Scholar

29 Cfr. Barbagli, M. e Corbetta, P., op. cit. Google Scholar

30 Il numero dei trentenni è pari al 2,2% dei residenti nella zona rossa: tale percentuale è per contro pari al 7,3% nelle zone industriali del Nord-Ovest e del 10,5% in quelle del Nord-Est.Google Scholar

31 Nella zona bianca il numero di «giovani» (con un'età sotto i quarantanni) è decisamente più alto (34,1%) di quanto si riscontri nella zona del Nord Ovest (25,5%), del Centro (14,2%), del Sud (19,5%).Google Scholar

32 Sarebbe senz'altro utile verificare la peculiarità delle zone subculturali nei processi di reclutamento e di formazione del personale politico ultilizzando altri indicatori. Se tale tipo di analisi è tutt'ora in corso, limitatamente alle informazioni fornite da una fonte quale «La Navicella» particolarmente lacunosa per le informazione circa i processi di carriera dei parlamentari, alcune considerazioni vanno poste all'attenzione: così ad esempio, per quanto riguarda la democrazia cristiana, il rinnovamento nelle zone bianche sembra esser legato ad una cooptazione di elementi esterni al partito: il numero di outsiders cioè di coloro che non provengono da una carriera svolta nel partito, è qui particolarmente elevato, mentre l'osservazione dei patterns di avanzamento politico così come della trafila di cariche per accedere in Parlamento indicano il profilo di un'élite meno professionalizzata e politicizzata di quella proveniente da altre zone. A differenza del PCI, la peculiarità della zona bianca sembra consistere non già nella continuità e vischiosità della tradizione politica, quanto in un maggior rinnovamento in questa zona. Ciò può esser legato in parte allo sfaldamento della subcultura bianca in quest'area, documentato da altri indicatori (si pensi all'esito del referendum sul divorzio), per cui qui più che altrove i tentativi di rilegittimazione del partito è probabile siano passati attraverso la cooptazione di un personale esterno al partito: esso sta comunque ad indicare come la «tradizione» tenda a non costituire più ambito di formazione dell'élite politica democristiana almeno non nelle regioni bianche: al nord altre sono probabilmente le risorse utili per la carriera parlamentare nella DC.Google Scholar

33 Cfr. nota 31.Google Scholar

34 Per quanto riguarda il PCI, la percentuale dei laureati fra il gruppo parlamentare alla Camera è pari al 47,5% al Sud e solo al 29,8% nell'area industriale del Nord Ovest: per la DC gli stessi dati sono rispettivamente 79,1% e 67,6%.Google Scholar

35 Fra i residenti al Sud si riscontra infatti un maggior numero di politici di professione, di coloro almeno che si definiscono tali nella fonte che abbiamo utilizzato per questi dati vale a dire «La Navicella». Si tratta di un numero addirittura doppio di quello che si riscontra in altre regioni: per il PCI 20,5% contro il 9,1% del Nord Ovest; per la DC 10,3% contro il 5,1% nel Nord Ovest.Google Scholar

36 Cfr. Frammentazione ed omogeneità, cit., pp. 78 ss.Google Scholar

37 Cfr. Cotta, M., Classe politica e Parlamento, cit. cap. III e IV.Google Scholar

38 Nella sesta legislatura la percentuale di coloro che non avevano ricoperto cariche nel partito era, anche nel caso della DC ridottissima: il 5%.Google Scholar

39 I parlamentari comunisti, nel '72, infatti, dichiarano di provenire da famiglie non solo politicizzate a sinistra (89%), ma anche di cui uno dei membri (il padre) ha preso parte attiva alla politica (59%) ricoprendo in particolare cariche nei partiti (43,8%) o nelle amministrazioni locali (15,3%), mentre i secondi rivelano non solo un grado di coerenza ideologica famiglia-figli meno elevata (essa si riscontra soltanto nel 61,5% dei casi), ma tendono a configurarsi come un personale politico con tradizioni meno vincolanti alle spalle: il numero di parlamentari che risulta provenire da famiglie il cui padre ha svolto attività politica è molto più ridotto (25%) ed ancor più lo è se si considerano eventuali posizioni di leadership politica ricoperte dai «padri» (9,3%).Google Scholar

40 Per i parlamentari comunisti le strutture di accesso alla politica sono rappresentate dal partito e/o dall'organizzazione giovanile di partito nel 74,6% dei casi, mentre per i democristiani il ruolo di tali strutture appare alquanto ridimensionato (si riscontra soltanto nel 28,6% dei casi), mentre ancora rilevante appare quello giocato dalle associazioni cattoliche (citate dal 65,7% dei casi).Google Scholar

41 Nel '72, risultano essersi iscritti al partito ad un'età inferiore ai 25 anni, 1'89% dei parlamentari comunisti ed il 75,1% dei democristiani.Google Scholar

42 Infatti ben il 61% dei parlamentari democristiani dichiara che in caso di non rielezione tornerebbe ad esercitare la professione, mentre per contro un numero simile di parlamentari comunisti (68%) afferma che continuerebbe a dedicarsi ad una attività politica.Google Scholar

43 Per tale analisi abbiamo utilizzato non già i dati tratti da «La Navicella», bensì le informazioni raccolte attraverso una rilevazione di dati effettuata tramite l'invio di questionari ai membri della Camera e del Senato: essi riguardano 83 casi, pari a circa il 30% dell'universo. L'interesse per questo primo gruppo di risposte consiste nella loro comparabilità con i dati rilevati nel '72, dove il campione di intervistati (cui era stato sottoposto il medesimo questionario) riguardava il 25% dei casi. La rilevazione è stata effettuata tra il giugno e parte del mese di luglio 1982. Per un'analisi più dettagliata di questi dati, cfr. il mio Continuità e trasformazione nel gruppo parlamentare comunista: gli anni settanta , in Belligni, S. (a cura di), La Giraffa e il Liocorno. Il PCI dagli anni '70 al nuovo decennio, Milano, Franco Angeli, 1982.Google Scholar