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ANALISI ECOLOGICA DEL VOTO DEL MSI-DN ALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 20 GIUGNO 1976

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

L'elemento che piú di ogni altro ha caratterizzato la consultazione elettorale del 20 giugno 1976 è stato il forte aumento della polarizzazione dei suffragi intorno ai due partiti principali, DC e PCI, e, soprattutto, la forte avanzata del secondo che in una sola tornata elettorale ha registrato un incremento di poco inferiore alla somma di quelli registrati tra il 1946 e il 1972. Di conseguenza, l'attenzione dei commentatori che in questi ultimi tre anni si sono occupati dell'argomento è andata quasi esclusivamente a questi due protagonisti della vita politica italiana, e poco agli altri partiti.

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Ricerche
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References

1 In «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV, (1976), n. 3, pp. 481–414 e successivamente ripubblicato in Parisi, A. e Pasquino, G. (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1977, pp. 103144.Google Scholar

2 Capecchi, V., Goni Polacchini, V., Galli, G., Sivini, G., Il comportamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1968, p. 61.Google Scholar

3 Le analisi ecologiche sono state molto criticate per quanto riguarda i rapporti tra livello aggregato e livello individuale. Il dibattito su questo problema fu particolarmente acceso negli anni cinquanta e ha messo in luce la necessità, sia da parte di chi scrive che di chi legge, di avere ben chiari i limiti impliciti nella natura dei dati. Dai dati aggregati possiamo trarre solo indizi e non certezze sul comportamento individuale: si può cioè dire con certezza che determinati contesti socio-economici creano per il partito X condizioni piú favorevoli che non altri contesti; ma possiamo solo «congetturare» su chi siano realmente gli elettori del partito X. La certezza, ad esempio, che in Italia la classe operaia voti in maniera prevalente per il Partito Comunista l'avremo solo quando un'adeguata proporzione di operai dichiarerà di votare per questo partito. Sulla base dei dati ecologici si può però affermare che il voto comunista è piú alto nei collegi con alta presenza di operai, e questa è di per sé un'informazione utile. Come nota Marradi, «la sociologia si interessa raramente all'individuo come tale, ma piuttosto come appartenente ad una determinata categoria (donna, giovane, borghese, agricoltore) che a sua volta è una modalità di una certa variabile (sesso, età, classe, occupazione)… meno una variabile è distribuita in modo omogeneo sul territorio, piú i dati ecologici si prestano a congetture circa il comportamento degli appartenenti a categorie diverse di quella variabile. In pratica, quindi, il baratro epistemologico tra dati individuali e dati ecologici si riduce molto. Dai dati individuali si risale a conclusioni circa aggregati non territoriali (le donne, i giovani); dai dati ecologici (relativi cioè ad aggregati territoriali) si traggono congetture circa aggregati non territoriali, con tanto maggior fondamento quanto meno è omogenea la distribuzione di tali aggregati sul territorio». Marradi, A., Tecniche cartografiche e tecniche statistiche nello studio della dinamica elettorale: PCI, DC e PSI in Toscana negli anni settanta , in «Quaderni dell'Osservatorio Elettorale», febbraio 1978, n. 2, pp. 5–52, a p. 12. Per quanto concerne il dibattito sul problema dell'inferenza tra livelli di aggregazione diversi si veda: Robinson, W.S., Ecological Correlation and the Behavior of Individuals, in «American Sociological Review», XV, (giugno 1950), pp. 351–357; Menzel, H., Comment on Robinson's Ecological Correlation and the Behavior of Individuals, in «American Sociological Review», Vol. XV, ottobre 1950, p. 647; Eulau, H., Recent Developments in the Behavioral Study of Politics, rapporto presentato al meeting della North California Political Science Association, University of Francisco, S., 13-5-1961. Per un contributo piú aggiornato si vedano inoltre Hammond, L.H., Two Sources of Error in Ecological Correlation, in «American Sociological Review», XXXVII dicembre 1973, pp. 764–777; Hannan, , Aggregation and Disaggregation in Sociology, Lexington Books, D.C. Heath and Company, Lexington Massachusetts, 1971; Alker, R.H. Jr., A Typology of Ecological Fallacies , in Dogan, M. and Rokkan, S. (a cura di), Quantitative Ecological Analysis in the Social Sciences, Boston, MIT Press, 1969, pp. 6982.Google Scholar

4 Le province di Aosta e Bolzano sono state escluse dall'analisi a causa del prevalere di liste locali, il che comporta notevoli problemi di comparazione con le altre.Google Scholar

5 Si noti che le altre tre grandi città del Sud: Palermo, Bari e Foggia si trovano poco al di sotto della retta d .Google Scholar

6 «dei trenta seggi che l'U.Q. si aggiudicò nella Costituente uno solo veniva da un collegio elettorale del Nord, 29 erano invece di provenienza meridionale. In particolare punti di forza del partito erano Napoli, la Puglia, Roma e la Sicilia». Rosembaum, P., Il nuovo fascismo. Da Salò ad Almirante, Milano, Feltrinelli, pp. 41–51, a p. 48.Google Scholar

7 Cfr. ibidem, p. 40; e Sassoli, D., La destra in Italia, Roma, 1959.Google Scholar

8 Cfr. Barnes, S., Modelli spaziali di identificazione partitica , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», (1971), n. 1 pp. 123–143, a p. 134.Google Scholar

9 Si noti che è proprio nella Zona Bianca che gli incrementi della DC sono piú frequenti. Cfr. Insediamenti subculturali…, cit., p. 493.Google Scholar

10 A Ravenna la percentuale della DC è la piú bassa d'Italia dopo quella di Livorno.Google Scholar

11 Il fatto che le relazioni, nulle nel contesto italiano, tendano a diventare significative nelle singole zone subculturali era già stato notato nell'articolo Insediamenti subculturali…, cit., p. 483.Google Scholar

12 Cfr. Banfield, E., The Moral Basis of a Backward Society, Glencoe, The Free Press, 1958, trad. It. Le basi morali di una società arretrata, n.c., Bologna, Il Mulino, 1976 (prima edizione 1966).Google Scholar

13 Nella fig. 3 come nella 4, la bisettrice a non sembra dividere l'angolo in due parti uguali; ciò dipende dal fatto che abbiamo dovuto adottare due scale diverse per ascisse e ordinate. Se avessimo utilizzato una scala unica, infatti, i punti sarebbero stati troppo schiacciati sull'asse delle ascisse e la figura sarebbe risultata poco chiara.Google Scholar

14 I coefficienti di correlazione tra i voti riportati nelle elezioni 1972–76 risultano piuttosto alti per tutti i partiti, ma quello del MSI-DN è inferiore solo a quello del PCI +.99. Cfr. Insediamenti subculturali…, cit., p. 114.Google Scholar

15 Il valore del coefficiente di regressione indica che per ogni punto percentuale nel 1972 c'è stata nel 1976 una perdita media unitaria di circa 0,3 punti percentuali; questo collima perfettamente con la perdita, a livello nazionale, di circa il 30% dei suoi voti.Google Scholar

16 Tali città erano situate nel grafico 2 nell'area dove il rapporto di forze tra MSI-DN e DC era relativamente piú favorevole al primo.Google Scholar

17 La tendenza a perdere di piú (o a crescere di meno) nelle zone di maggiore forza e simmetricamente a perdere di meno (o a crescere di piú) nelle zone di maggiore debolezza era stata rilevata anche per DC, PCI e PSI. Sembra quindi si tratti di una tendenza generale di tutti i partiti, determinata probabilmente «oltre che da un fenomeno di saturazione di certe aree anche dal fatto che là dove sono forti i partiti partecipano alla gestione del potere locale, o magari la monopolizzano. Questo fa sí che in quelle province gli elettori ancora da conquistare costituiscano un terreno di caccia piú difficile in quanto non fanno piú riferimento soltanto all'immagine ufficiale del partito, ma ne sperimentano direttamente le carenze operative, e ne subiscono le eventuali decisioni in contrasto con le loro vedute o interessi». Insediamenti subculturali…, cit., p. 119.Google Scholar

18 Per il 1968 abbiamo aggiunto le percentuali del PDIUM a quelle del MSI, dato che nelle successive elezioni i monarchici si presentarono nelle liste del MSI.Google Scholar

19 Si tratta di una particolare versione della piú conosciuta regressione multipla; rispetto a questa essa offre però al ricercatore il vantaggio di non dover predeterminare completamente e arbitrariamente quali variabili debbano entrare nell'equazione di regressione. Nella procedura stepwise, infatti, viene presentata al calcolatore una lista piuttosto ampia di variabili indipendenti tra le quali il calcolatore sceglierà quelle da inserire nell'equazione. Il criterio di selezione consiste nell'introdurre per prima la variabile che ha con la dipendente il piú alto coefficiente di correlazione semplice; nei passi successivi vengono quindi introdotte, una dopo l'altra, le variabili indipendenti che spiegano la quota maggiore di varianza addizionale (cioè di varianza non spiegata dalle variabili già presenti nell'equazione) si prosegue in questo modo finché certi parametri non scendono al di sotto di certe soglie opportunamente predeterminate dal ricercatore. La versione stepwise della regressione multipla fornisce i parametri sotto forma di coefficienti di regressione parziali standardizzati, i cosiddetti beta weights (pesi beta), i cui valori, per effetto della standardizzazione, sono svincolati dalle unità di misura delle variabili; e rende in tal modo lecito e possibile il confronto tra i contributi delle diverse variabili indipendenti. Per maggiori informazioni sulla regressione multipla si veda Alker, H.R., Statistics and Politics , in Lipset, S.M., (ed.), Politics and the Social Sciences, New York, Oxford University Press, 1969, pp. 244313.Google Scholar

20 Una relazione tra due variabili viene detta spuria quando non è dovuta al rapporto realmente esistente tra queste, ma alle relazioni che ambedue hanno con terze variabili.Google Scholar

21 Questo procedimento è già stato collaudato nell'analisi del voto di PCI, DC e PSI in Italia e per l'interpretazione delle elezioni del 1976 in Toscana. Cfr. Insediamenti subculturali…, cit.; e Bartolini, B., Analisi ecologica del voto del 1976 in Toscana. Studio delle relazioni tra contesto socio-economico e voto dei partiti, in «Quaderni dell'Osservatorio elettorale», I (1978), n. 2, pp. 55114.Google Scholar

22 La densità di abitanti è eccezionalmente alta a Napoli, circa 2.300 abitanti per chilometro quadrato, e a Trieste dove non esiste retroterra.Google Scholar

23 Tale variabile individua in particolar modo la forza a Napoli, Roma e Palermo dove raggiunge i valori massimi: a Napoli circa il 5% della popolazione attiva è in una tale condizione.Google Scholar

24 I braccianti sono numerosi in tutto il Sud, soprattutto in Puglia, Calabria, e Sicilia orientale. La percentuale di occupati nella Pubblica Amministrazione rispecchia anche la forza missina nella capitale e a Trieste dove i burocrati rappresentano una forte quota della popolazione in quanto la città manca totalmente di retroterra. La maggiore o minore presenza di questa categoria sociale è infatti connessa, a parità di altre condizioni, al grado di importanza aniministrativa dei comuni che di solito va di pari passo con il livello di urbanizzazione.Google Scholar

25 Cfr. Insediamenti subculturali, cit. La somiglianza tra le configurazioni sociologiche dell'elettorato democristiano e di quello missino era stata rilevata anche relativamente alle elezioni del 1963 e del 1968. Cfr. Capecchi, V. et al., op. cit. , p. 247; Galli, G., Il difficile…, cit., p. 209 e dello stesso autore Dal bipartitismo imperfetto alla possibile alternativa, Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 107–108.Google Scholar

26 Secondo Sidney Tarrow il voto neofascista esprimerebbe nel Nord una generica e diffusa opposizione al comunismo, mentre nel Sud sarebbe invece legato ai gruppi dei proprietari terrieri e alle loro clientele. Un indicatore di questo legame tra voto di destra e schemi di tradizionale clientela politica starebbe proprio, a suo avviso, nella concentrazione dei voti di estrema destra nei centri urbani e piú in generale nei capoluoghi di provincia. Tarrow, S., Peasant Communism in Southern Italy, New Haven, Yale University Press, 1975, trad. it. Partito Comunista e contadini nel Mezzogiorno, Torino, Einaudi, 1972, pp. 110115.Google Scholar

27 Sylos Labini, P., Sviluppo economico e classi sociali in Italia , in «Quaderni di sociologia», XXI, (1972), n. 4, pp. 371433 a p. 388 «È bene ricordare che per i salariati che lasciano le campagne l'edilizia costituisce una specie di sala d'attesa: l'intento è di trovare un impiego nell'industria manifatturiera. Se l'edilizia entra in crisi (come sta succedendo da diversi anni a questa parte), molti di coloro che lavoravano in tale attività ritornano nelle campagne o vanno a popolare, come sottoproletari, le bidonvilles o i quartieri poverissimi delle città (molti sottoproletari, comunque, vivono tra occupazioni saltuarie nell'edilizia e piccoli traffici di vario genere)».Google Scholar

28 Spreafico, A., Risultati elettorali ed evoluzione del sistema partitico , in Caciagli, M. e Spreafico, A. (a cura di), Un sistema politico alla prova, Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 25–83, e pp. 5051.Google Scholar

29 Ibidem, p. 51: «per aver un'idea delle condizioni di queste città basta riflettere su alcuni dati. A Napoli nel 1971, 475 aziende hanno chiuso i battenti, oltre 10.000 operai sono stati licenziati. Gli occupati rappresentano solo il 27% della popolazione, il comune ha 12.000 dipendenti (contro i 6.000 di Mosca e i 4.000 di New York). Nel 57% delle abitazioni, di cui il 30% è costituito da un solo vano o basso, esiste un indice di affollamento di quattro persone per stanza. Per ridurre tale indice ad un abitante per vano, il fabbisogno è di 865.000 stanze. Un bambino su venti muore prima di aver raggiunto un anno di età. Il 60% degli alunni abbandona la scuola per motivi economici. I protesti cambiari sono in un anno di 1.057.766, per una somma complessiva di oltre 71 miliardi. A Catania che aveva sognato di essere la «Milano del Sud», l'unica industria di qualche rilievo è l'edilizia. Il furto e la violenza dilagano: vi è uno scippo ogni dieci minuti e in un anno sono stati compiuti 1.329 furti da minorenni. Reggio Calabria è la quart'ultima città d'Italia come reddito, 3.000 famiglie vivono in tuguri, mancano 15.000 alloggi e gli indici di affollamento sono di 3–4 persone per stanza. Negli ospedali c'è un posto letto ogni 1.000 abitanti (contro 4,4 nel resto del Mezzogiorno), il 28% degli occupati dipende dal comune. In questa situazione, le cifre già stanziate per costruire case, scuole e strade, ma che non si riescono a spendere per l'eccessiva macchinosità delle procedure burocratiche (i passaggi di una pratica di finanziamento sono piú di quindici ed è stato calcolato che in Basilicata per costruire una scuola o un ponte occorrono sei anni) sono dell'ordine di centinaia di miliardi. In Calabria agli inizi del 1972 erano fermi 80 miliardi e mezzo di residui passivi, in Campania 51 e in Sicilia 56».Google Scholar

30 Cfr. Dogan, M., Political Cleavage and Social Stratification in France and Italy , in Lipset, S.M. e Rokkan, S., (ed.), Party System and Voter Alignments: Cross National Perspectives, New York, The Free Press, 1967, pp. 129–195 a p. 144.Google Scholar

31 Cfr. ibidem, si veda anche Dogan, M., Il voto delle donne in Italia e in altre democrazie , in «Tempi Moderni», gennaio-febbraio 1959, pp. 621–644 e dello stesso autore Le donne in Italia tra cattolicesimo e marxismo, in Elezioni e comportamento politico in Italia , Milano, , Comunità, 1962, pp. 475494.Google Scholar

32 Cfr. Ghini, C., Il terremoto del 15 giugno, Milano, Feltrinelli, 1975, pp. 246–251; e anche Parisi, A. e Pasquino, G., 20 giugno: struttura politica e comportamento elettorale , in Parisi, A. e Pasquino, G. (a cura di) Continuità e mutamento elettorale in Italia, cit., pp. 1165.Google Scholar

33 Spreafico, A., Analisi dei risultati elettorali del 1976, in «Quaderni dell'Osservatorio Elettorale», I (1977), p. 132.Google Scholar

34 «Noi non abbiamo bisogno che di essere amministrati e quindi ci occorrono degli amministratori, non dei politici. Ci vogliono strade, mezzi di trasporto, viveri, una moneta modesta ma seria, una polizia rispettabile che ci renda sicuri dello scarso bene rimasto e ci incoraggi a crearne dell'altro liberandoci dal timore di poterne essere spogliati da nuovi brigantaggi di stato-partito. Per fare questo basta un buon ragioniere: non occorre né Bonomi, né Croce, né Selvaggi, né Nenni, né il pio Togliatti, né l'accorto De Gasperi. Un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio, che se ne vada il 31 dicembre, e che non sia rieleggibile per nessuna ragione». Cfr. «L'Uomo Qualunque», I (1944), n. 1, citato da Rosembaum, P., op. cit. , pp. 4546.Google Scholar

35 Cfr. Spreafico, A., Risultati elettorali ed evoluzione del sistema partitico, cit.Google Scholar

36 Per un'analisi dei rapporti tra piccola borghesia e fascismo si veda Poulantzas, N., Fascismo e dittatura, Milano, Jaca Book, 1975, pp. 242272.Google Scholar

37 Sylos Labini, P., Sviluppo economico e classi sociali in Italia, cit., pp. 396397 e dello stesso autore Saggio sulle classi sociali, Bari Laterza, 1976.Google Scholar

38 Ibidem, pp. 399400;Google Scholar

39 Cfr. Spreafico, A., Risultati elettorali ed evoluzione del sistema partitico, cit., p. 56.Google Scholar

40 Cfr. Ignazi, P. e Panebianco, A., Inchiesta sui militanti radicali: primi risultati , in «Argomenti Radicali», I (1977), n. 9, pp. 53–63, a pp. 5658.Google Scholar

41 Cfr. Parisi, A. e Pasquino, G., 20 giugno…, cit., p. 20.Google Scholar

42 Cfr. D'Amico, R., Le elezioni del 1972 nella storia elettorale della città di Catania nel secondo dopoguerra, in Caciagli, e Spreafico, , op. cit. , p. 368.Google Scholar