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ACCESSO AUTONOMO ALLE RISORSE: LE DETERMINANTI DEL FRAZIONISMO

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Nel saggio di Sartori sono stati individuati i punti principali suiquali soffermarsi per analizzare il tema del frazionismo all'interno dei partiti: 1) l'incertezza terminologica, 2) i criteri di classificazione delle frazioni, 3) i caratteri dell'azione da esse svolta all'interno dei partiti e del sistema politico in cui operano, 4) i modi di formazione delle coalizioni che «governano» i partiti, 5) i fattori che favoriscono, ostacolano I'insorgenza e il consolidamento del frazionismo.

Type
Dibattito
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References

1 Mi sembra di poter concordare con Sartori quando nota il carattere eufemistico del termine corrente e la connotazione negativa assunta dal termine fazione. La proposta di adottare il termine frazione mi sembra inoltre adeguata perché rispecchia la terminologia comunemente in uso negli statuti dei partiti (cfr. DC art. 21; PCI art. 19 e.g.). Forse però la differenza, un tempo molto chiara, in termini di linguaggio tra corrente e frazione si va attenuando. Al Congresso di Milano del PSI (marzo 1961) Nenni diceva nella sua relazione introduttiva: «Il frazionismo è stato la malattia interna del Partito da quattro anni in qua, in maniera subdola dal Congresso di Venezia a quello di Napoli, aperta da Napoli in poi. Da Napoli in poi il fatto più impressionante è la rigidità delle correnti tramutatesi in frazioni» (in Landolfi, A., Il socialismo italiano , Roma, Lerici, 1968, p. 119). Mentre agli inizi degli anni 60 le correnti erano ancora accettabili, erano qualcosa di meno preoccupante rispetto alle frazioni; questo forse oggi non è più vero. I liberali ad esempio, hanno modificato il loro statuto all'ultimo Congresso (gennaio 1971); dove prima si diceva «gruppi, tendenze o frazioni organizzate» (art. 39) oggi si dice «correnti organizzate». Perciò anche se il termine frazione mi sembra più appropriato, credo che c'intenderemo anche parlando di correnti, che è del resto la dizione adottata sia da D'Amato che da Sernini nel titolo dei loro lavori.Google Scholar

2 È il caso ad esempio di Ozbudun, E. ( Party Cohesion in Western Democracies: A Causal Analysis , Comparative Politics Series, n. 01–006, Beverly Hills, Sage Pubblications, 1970), di Epstein, L. D. (Cohesion in British Parliamentary Parties, in «American Political Science Review», L [1956], pp. 360–377) e di Ranney, A. (Candidates Selection and Party Cohesion in Britain and United States, in Crotty, W. J., Approaches to the Study of Party Organization, Boston, Allyn and Bacon, 1968).Google Scholar

3 Cfr. Ozbudun, E., op. cit. , p. 305.Google Scholar

4 Per questo fenomeno si è arrivati anche alla elaborazione di indici: il «party vote index» (Lowell, A. L., The Influence of Party upon Legislation in England and America , in Annual Report of the American Historical Association, 1901, Washington D.C., Government Printing Office, 1902), l'«index of party cohesion» o «coefficient of cohesion» (Rice, S. A., Quantitative Methods in Politics, New York, Alfred A. Knopf, 1928), l'«index of party loyalty» (Turner, J., Party and Constituency: Pressures on Congress, Baltimore, Johns Hopkins Press, 1951) sono alcuni dei metodi elaborati per misurare il grado di compattezza nel voto dei gruppi parlamentari.Google Scholar

5 Per un confronto di questo tipo che smitizza la coesione e la responsabilità dei partiti inglesi cfr. Kirkpatrick, E. M., Toward a More Responsible Two-Party System. Political Science, Policy Science, or Pseudo-Science? , in «American Political Science Review», LXV (1971), pp. 965990.Google Scholar

6 Per una trattazione sintetica dei vari casi di indisciplina sia del partito laburista, sia del partito conservatore si veda Richards, P. G., Honourable Membres. A Study of the British Backbenchers , London, Faber & Faber, 1963, pp. 145160.Google Scholar

7 Rose, R., Parties, Factions and Tendencies in Britain , in «Political Studies», XII (1964), pp. 37–8. Nell'occasione Rose fornisce anche una lunga definizione di faction che si basa su quattro caratteristiche: a) la base parlamentare, b) la permanenza nel tempo, c) l'impegno su un arco abbastanza vasto di questioni politiche, d) l'organizzazione cosciente, accompagnata da misure disciplinari, che induce coesione.Google Scholar

8 Leiserson, H., Factions and Coalitions in One-party Japan: an Interpretation Based on the Theory of Games , in «American Political Science Review», LXII (1968), p. 771.Google Scholar

9 Per una distinzione simile, in un contesto diverso, si veda Stokes, D. E., Spatial Models of Party Competition , in «American Political Science Review», LVII (1963), pp. 369–70, 373–74, 375–76.Google Scholar

10 D'Amato, L., Correnti di partito e partito di correnti , Milano, Giuffrè, 1965, p. 110. D'Amato distingue anche tra correnti dei partiti totalitari e correnti dei partiti democratici, per il tipo diverso di comportamento che le prime sono costrette a tenere. A me sembra che in certi partiti non si possa parlare di correnti, se per correnti intendiamo gruppi organizzati allo scopo di modificare la gestione e la linea politica del partito, e che fruiscono di organi di stampa, di sedi, di finanziamenti almeno parzialmente autonomi.Google Scholar

11 Sernini, M., Le correnti nel partito , Milano, Istituto Editoriale Cisalpino, 1966, pp. 1718.Google Scholar

12 Cfr. Rose, R., op. cit. L'autore ritiene che le factions svolgano la positiva funzione di rendere flessibile il sistema bipartitico, attenuando in tal modo il conflitto. Per un giudizio positivo sulle factions in genere vedi Nicholas, R. W., Factions: A Comparative Analysis in Political Systems and Distribution of Power , in Benton, M. (ed.), Political Systems and Distribution of Power , London, Tavistock Pubblications, 1969 2 , p. 47.Google Scholar

13 D'Amato, L., L'equilibrio di un sistema di «Partiti di correnti», Roma, Edizioni di Scienze Sociali, 1966.Google Scholar

14 Cfr. Shubik, M., The Use of Games Theory , in Charlesworth, James C. Contemporary Political Analysis , New York, The Free Press, 1967, p. 250, tr. it., Teorie e metodi in scienza politica, Bologna, Il Mulino, 1971.Google Scholar

15 Caso limite forse, ma certo indicativo, è la legge elettorale, adottata, dopo lunghi patteggiamenti dall'ultimo Congresso del PLI, che è riuscita a dare spazio a tutte le frazioni già esistenti nel partito giocando su margini di pochissimi voti.Google Scholar

16 Per un'analisi della letteratura sul tema cfr. lo stesso Ozbudun, op. cit. , pp. 323325.Google Scholar

17 Cfr., ad esempio, D'Amato, ( Correnti di partito e partito di correnti , cit., p. 19) per il quale l'esistenza di partiti di massa organizzati è una delle principali cause di frazionismo, o Sernini (op. cit., p. 47) che ritiene le eccessive dimensioni del partito responsabili di una perdita di controllo del partito stesso sui suoi aderenti, e quindi le considera un fattore che dispone al frazionamento dei partiti.Google Scholar

18 Lo Statuto della Democrazia Cristiana (art. 15) prevede che non si tenga conto «ai soli fini congressuali», cioè per la assegnazione dei delegati al Congresso, degli iscritti eccedenti il 20% dei voti conseguiti dal partito nella zona. Il che significa dare per scontato che in alcune zone gli iscritti superino (con valori superiori al 20%) i votanti. Del resto chiunque abbia esperienza di milizia di partito conosce la pratica del «cammellaggio», l'iscrizione forzata di amici, parenti, beneficiati e beneficiandi.Google Scholar

19 Eldersveld, S. I., Political Parties. A Behavioral Analysis , Chicago, Rand McNally, 1964.Google Scholar

20 Non è questo il caso del partito laburista inglese, la cui dipendenza dai zione indiretta»), sia per l'elettorato potenziale, sia per i quadri, sia infine sindacati, sia per il numero degli iscritti (per il ben noto fenomeno dell'«iscriper i finanziamenti, è così accentuata da consentire alla frazione di sinistra, che ha rapporti tradizionalmente privilegiati con i sindacati, di determinare molte scelte politiche fondamentali, e di poter assumere con bassi rischi posizioni dissenzienti.Google Scholar

21 Per una documentazione di questa tesi cfr. fra l'altro Galli, G. e Facchi, P., La sinistra democristiana , Milano, Feltrinelli, 1962.Google Scholar

22 Cfr. Ranney, A., op. cit. , pp. 141142, che distingue tra nomination (presentazione in lista) e candidate selection (appoggio del partito al candidato).Google Scholar

23 Cfr. D'Amato, , Correnti di partito e partito di correnti , cit., pp. 2425; Sernini, , op. cit., pp. 47–48. Particolarmente interessante la relazione appartenente a frazioni di sinistra — giovane età, appartenenza a frazioni di destra — socializzazione politica in piccoli centri riscontrate da Spreafico, A. e Cazzola, F. (Correnti di partito e processi di identificazione, in «Il Politico», XXXV, (1970), p. 702). Per un'interessante analisi di una federazione provinciale del PSI si veda G. Bettin, Partito e comunità locale, Bologna, Il Mulino, 1970, cap. IV.Google Scholar

24 Questa è la tesi sostenuta da Ozbudun, E., op. cit. , pp. 363366.Google Scholar

25 Su un tema importante come l'ingresso della Gran Bretagna nel Mercato Comune Jenkins ha clamorosamente rotto la disciplina di partito dichiarando apertamente di votare secondo coscienza, ostacolando così il tentativo del proprio partito di mettere in minoranza il governo.Google Scholar

26 Mi riferisco alla andreottiana Primavera e alla scelbiana Centrismo Democratico discioltesi per entrare in maggioranza, la prima in vista del IX Congresso (Roma, 1964), la seconda dopo aver ottenuto di entrare al governo (Consiglio Nazionale, 3 marzo — 3 aprile 1966).Google Scholar

27 Mi riferisco ai morotei, ai sulliani, alle disciolte Cronache sociali e Politica sociale, alle ormai tradizionali Base e Forze nuove. Scrivo in certi periodi, riferendomi all'iniziale atteggiamento antisocialista di Forze sociali (che è divemuta poi Rinnovamento democratico, e, nel tentativo di unificazione con la Base, ha assunto la sua attuale denominazione di Forze Nuove). Al Congresso di Napoli (26–29/6/1954), ad esempio, Donat Cattin constatava «l'impossibilità effettiva di stabilire un dialogo con i comunisti ed anche con i socialisti nenniani» (in Galli, G. e Pacchi, P., op. cit. , p. 148).Google Scholar

28 I dorotei sono oggi divisi in due frazioni: la vecchia Impegno democratico, la nuova Iniziativa Popolare. Dai dorotei si erano da tempo staccati i tavianei, detti pontieri, per la funzione di collegamento svolta tra dorotei e sinistra, e, piú recentemente, i morotei. I fanfaniani hanno mantenuto la denominazione di Forze Nuove. Google Scholar

29 Un'approfondita analisi sociologica di questi fenomeni in chiave di istituzionalizzazione e di integrazione negativa si ritrova in Roth, G., The Socialdemocrats in Imperial Germany , Totowa, Bedminster Press, 1963, tr. it., I socialdemocratici nella Germania imperiale, Bologna, il Mulino, 1971.Google Scholar

30 Anche il finanziamento pubblico dei partiti e la limitazione delle spese elettorali non sembrano interventi capaci di modificare la situazione. Infatti tali finanziamenti sarebbero utilizzati dai partiti solo come un contributo alle loro spese, e questo non impedirebbe alle frazioni di trovare le loro risorse altrove.Google Scholar

31 Il lettore tenga presente che non è stato possibile analizzare, in questo breve intervento, gli effetti del frazionismo sul funzionamento del sistema politico italiano, sotto il profilo e della rilevanza e della eventuale negatività del fenomeno.Google Scholar