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LA POLITICA CONSOCIATIVA NELLA DEMOCRAZIA ITALIANA

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Secondo Arend Lijphart, la democrazia consociativa è caratterizzata essenzialmente da una prioritaria cooperazione fra le élites di subculture separate e mutualmente ostili, posta in essere «con il deliberato intento di controbilanciare le tendenze disgreganti insite nei sistemi frammentati». Si tratta, evidentemente, di una definizione che «privilegia gli elementi volontaristici, intenzionali, razionali e contrattuali» del modello consociativo, in armonia con la convinzione che esso può venire adottato con «un atto costruttivo e creativo di libera volontà». Tuttavia, questa convinzione non è condivisa da tutti, o almeno non è per tutti il miglior punto di partenza in termini di metodo. Cosí, per esempio, Val Lorwin ha osservato che «incorporando l'effettiva cooperazione fra le élites nella definizione» si rischia di essere indotti a trascurare «l'esame delle condizioni che favoriscono, ovvero inibiscono o ostacolano, tale cooperazione». E, in effetti, proprio questo è uno dei limiti dell'approccio di Lijphart, il quale dedica bensí ampio spazio alle condizioni storiche, strutturali e culturali della democrazia consociativa; ma lo fa senza il necessario rigore, senza giustificare adeguatamente la scelta di condizioni pur plausibili e mettendole insieme a molte altre, che sono invece dubbie o controproducenti. Comunque, questa difficoltà non è insuperabile perchè a un vaglio piú accurato della letteratura rilevante è possibile scartare quel che va scartato e determinare senza ambiguità che alla riuscita dell'im-presa consociativa in paesi come l'Austria, l'Olanda e il Belgio hanno concorso: 1) la stabilità fra le subculture che le élites rappresentano, e 2) un elevato potere delle élites sul proprio seguito, assicurato dall'inquadramento di questo entro strutture organizzative capillarmente diffuse e altamente centralizzate e da una cultura politica deferente ovvero politicamente acquie-scente.

Type
Saggi
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References

1 Typologies of Democratic Systems , in «Comparative Political Studies», I (1968), p. 21, e Democracy in Plural Societies, New Haven, Yale University Press, 1977, p. 103.Google Scholar

2 Segmented Pluralism: Ideological Cleavages and Political Cohesion in the Smaller European Democracies , in «Comparative Politics», III (1971), p. 144 n.Google Scholar

3 Per un'ampia dimostrazione di questa affermazione cfr. il mio Le condizioni della democrazia consociativa. Una critica logica e empirica , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IX (1979), pp. 367445.Google Scholar

4 Ibidem, pp. 383408, 425–434.Google Scholar

5 Democracy, cit., p. 54.Google Scholar

6 Su tutti questi punti vedi Pappalardo, , op. cit. , pp. 378381, 398–403, 428–430.Google Scholar

7 Democracy, cit., pp. 23.Google Scholar

8 Cultural Diversity and Theories of Political Integration , in «Canadian Journal of Political Science», IV (1971), p. 10.Google Scholar

9 Come dimostra il caso già menzionato dell'Olanda.Google Scholar

10 Come, del resto, riconosce anche Lijphart, , Democracy, cit., p. 54.Google Scholar

11 Typologies, cit., pp. 2224.Google Scholar

12 Che i prerequisiti psicologici e comportamentali delle élites siano spiegati da appropriate condizioni strutturali e/o culturali è già stato argomentato da Nordlinger, E.A., Conflict Regulation in Divided Societies, Harvard University, Center for International Affairs, Occasional Paper n. 29, pp. 6872, al quale attingo largamente nel paragrafo successivo. Tuttavia, la mia trattazione dell'argomento si discosta (o amplia) in piú punti quella di questo autore, e in particolare è del tutto diversa per ciò che concerne il secondo prerequisito.Google Scholar

13 Typologies, cit., p. 22 (corsivo mio).Google Scholar

14 Ibidem. Google Scholar

15 Ibidem, p. 23.Google Scholar

16 Ibidem. Google Scholar

17 Sulle possibili ragioni di questo accresciuto scontento cfr. la successiva analisi del quarto prerequisito.Google Scholar

18 Typologies, p. 23.Google Scholar

19 Ovviamente, è per questo che la teoria consociativa affida solo alle élites le probabilità di stabilità democratica nelle società profondamente divise. Ma la stessa convinzione sta alla base di altri studi che argomentano che questa stabilità dipende da un consenso fra le élites maggiore di quello esistente fra le non-élites. Su di essi vedi Budge, I., Democratic Argument and Democratic Stability, Chicago, Markham, 1970.Google Scholar

20 Cfr. fra gli altri Pellicani, L., Verso il superamento del pluralismo polarizzato? , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 645–673, ora in Pellicani, L., Il centauro comunista, Firenze, Vallecchi, 1979, pp. 9–48; Farneti, P., Una democrazia consociativa in Italia?, in «Biblioteca della Libertà», n. 51 (luglio-agosto 1974), pp. 43–47; Pasquino, G., Il sistema politico italiano fra neo-trasformismo e democrazia consociativa, in «Il Mulino», XXII (1973), pp. 549566; Lombardo, A., Le condizioni istituzionali del compromesso storico. Cooperazione e conflitto tra Dc, Pci e Psi: problemi e prospettive della politica consociativa, relazione alla sessione annuale dell'AISPS, settembre 1978; Lange, P., Il Pci e i possibili esiti della crisi italiana , in Graziano, L., Tarrow, S. (a cura di), La crisi italiana, Torino, Einaudi, 1979, pp. 657–718. Si noti che Lange preferisce parlare di «coalizione semicorporativa modernizzante» in luogo di democrazia consociativa. Ma la differenza è piú terminologica che di sostanza.Google Scholar

21 Concessioni che sono tanto piú ingiustificate in quanto le élites italiane operano in un sistema di pluralismo polarizzato meno suscettibile di essere stabilizzato con metodi consociativi di quanto lo siano le società segmentate come l'Austria, il Belgio e l'Olanda. Sul punto, come è noto, hanno insistito Sartori, G., Il caso italiano: salvare il pluralismo e superare la polarizzazione , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 675–687, Lo scenario del compromesso storico , in La Palombara, J., Sani, G., Sartori, G., Il Pci dall'opposizione al governo. E dopo?, Torino, Quaderni di Biblioteca della Libertà, 1978, pp. 79–108, Parties and Party Sistems: A Framework for Analysis, New York, Cambridge University Press, 1976, pp. 180185; e di Palma, G., Sopravvivere senza governare. I partiti nel parlamento italiano, Bologna, Il Mulino, 1978, pp. 295–338. Tuttavia, in questa sede non mi soffermerò sugli argomenti dei due autori, anche se mi preme sottolineare che li condivido, che la mia analisi si pone in un'ottica diversa ma complementare alla loro e che è intesa a rafforzare la reiezione dell'ipotesi consociativa alla quale essi stessi approdano.Google Scholar

22 Tanto è vero che lo scritto piú sbilanciato a favore dell'ipotesi consociativa è quello di Pellicani, che di condizioni non fa menzione affatto. Piú cauti ed equilibrati, invece, sono Pasquino, Lombardo e Lange, nei quali un'analisi delle condizioni c'è e — nel caso di Lange — affronta con ampiezza e sistematicità punti spesso importanti che peraltro io stesso avevo già messo in evidenza nel mio Partiti e governi di coalizione in Europa, Milano, Angeli, 1978, pp. 90114.Google Scholar

23 Sulla insuperata pervasività delle famiglie spirituali nelle democrazie consociative classiche vedi l'analisi comparata di Lorwin, , op. cit. Sull'Italia ha fatto recentemente il punto Sani, G., Political Traditions as Contextual Variables: Partisanship in Italy , in «American Journal of Political Science», XX (1976), pp. 375405.Google Scholar

24 Sul punto cfr. Sani, G., Le elezioni degli anni settanta: terremoto o evoluzione? , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», VI (1976), ora in Parisi, G., Pasquino, G. (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1977, pp. 79–83. L'autore riassume quanto sappiamo in materia da varie ricerche per concludere che nel dopoguerra oltre l'80% degli elettori ha regolarmente confermato la scelta della precedente elezione nella successiva. Una stima di poco inferiore — che parla di oscillazioni «fra il 70 e l'80%» — è in Barbagli, M. e Altri, , fluidità elettorale e classi sociali in Italia, Bologna, Il Mulino, 1979, p. 118. Oscillazioni «decisamente inferiori» rispetto al 1972–76 si sarebbero infine verificate nel 1979 secondo Parisi, A., Mobilità non significa movimento, in «Il Mulino», XXVIII (1979), spec. pp. 651–658. Si tratta, come si vede, di risultati che, se indicano una situazione decisamente meno statica di quanto alcuni abbiano sostenuto in passato, non contraddicono tuttavia la regola della continuità nel suo complesso.Google Scholar

25 Sani, , Le elezioni, cit., p. 80. Sull'entità di questi spostamenti cfr. i saldi netti calcolati da Urbani, G. (Un anno di elezioni in Urbani, G. (a cura di), 1978: elezioni con sorpresa, Torino, Quaderni di Bdl, 1979, pp. 25–26), i quali ne danno una misura indicativa anche se grossolana, in quanto soggetti «a ignorare quegli elettori che trasmigrano da un partito all'altro “incrociandosi” e perciò annullando la possibilità di veder contabilizzati i reciproci spostamenti» (p. 26). Come tali — è stato giustamente osservato — detti saldi sono al piú una misura della stabilità del seguito elettorale dei partiti, alla quale potrebbe corrispondere un'assai minore stabilità (o una maggiore fluidità) del comportamento di voto individuale. Tuttavia, gli autori che formulano questa opportuna distinzione (e applicano tecniche atte a distinguere le due dimensioni in una ricerca su Bologna) approdano poi ugualmente alla conclusione che «la percentuale di elettori che passano da un'elezione all'altra da un partito (o da uno schieramento) a quello antagonista è straordinariamente esigua», sia in assoluto che in percentuale sul totale dei fluttuanti. Cfr. Barbagli e altri, op. cit., p. 121. Per un'analoga conclusione riguardo alle elezioni del 1979 cfr. Parisi, , op. cit. , pp. 653658.Google Scholar

26 Sani, G., La composizione degli elettorati comunista e democristiano , in Martinelli, A., Pasquino, G. (a cura di), La politica nell'Italia che cambia, Milano, Feltrinelli, 1978, p. 117 e ss.; Bartolini, B., Insediamento subculturale e distribuzione dei suffragi in Italia, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», VI (1976), ora in Parisi, , Pasquino, , op. cit. , pp. 103–144.Google Scholar

27 Tanto piú se si tiene conto di due fatti: che in futuro arriveranno alle urne leve meno numerose di giovani, mentre il ciclo di uscita delle leve piú numerose della popolazione anziana non è ancora cominciato; e che fra i giovani il centro-destra sembra aver recuperato qualche spazio nel 1979, anche se in misura assai limitata e disomogenea. A questo proposito cfr. Rossi, M., Veri sconfitti e finti vincitori: la Dc e il centro-destra , in «Il Mulino», XXVIII (1979), pp. 669693.Google Scholar

28 Anzi, le prime analisi globali e parziali di queste ultime elezioni rivelano un flusso modesto ma significativo di rientri nella Dc di elettori che nel 1975 e nel 1976 l'avevano lasciata per il Pci. Cfr. Mannheimer, R., Un'analisi territoriale del calo comunista, pp. 709711, e Cornetta, P., Novità e incertezze nel voto del 3 giugno: analisi dei flussi elettorali, entrambi in «Il Mulino», XXVIII (1979), pp. 727–732, 735–741.Google Scholar

29 Mi riferisco in particolare al processo di espansione del voto di opinione a spese del voto di appartenenza che per Parisi, A. e Pasquino, G. (Relazioni partiti-elettori e tipi di voto, in Parisi, Pasquino, op. cit. , pp. 215249) si sarebbe già manifestato nel 1974–1976 e dovrebbe diventare sempre piú rilevante in futuro, provocando una crescente mobilità elettorale. Tuttavia, a giudizio degli stessi autori, «questo non significa però che gli orientamenti di fondo possano essere messi radicalmente in discussione… L'aumento del voto di opinione significa anzi che [essi] dovrebbero essere confermati», mentre piú incerta e variabile dovrebbe rivelarsi la «specifica direzione partitica che all'interno [degli opposti schieramenti] prenderanno le varie correnti di mobilità» (pp. 243–244). Si tratta, in parte, di ciò che è accaduto il 3 giugno 1979, che ha confermato la mobilità assai ridotta fra gli schieramenti (ma non un'aumentata mobilità intra-area che, pur restando nettamente maggioritaria, è anzi diminuita secondo Parisi, op. cit., p. 658). Comunque, è chiaro che sono state cosí deluse le attese e le spiegazioni pur molto prudenti di Urbani (op. cit.), il quale aveva ipotizzato (o non aveva escluso) una piú ampia affermazione delle diverse tendenze rivelate dalle amministrative del 1978. Infatti, sia queste amministrative, sia le altre consultazioni precedenti o successive (referendum, europee, regionali sarde, ecc.) sembrano far fede (per ora) solo di un uso differenziato del voto che, per quanto importante, non è però incompatibile con i risultati che si continuano a registrare nelle elezioni politiche.Google Scholar

30 Cfr. Palma, Di, op. cit. , pp. 135–180, e Risposte parlamentari alla crisi del regime: un problema di istituzionalizzazione, in Graziano, Tarrow, op. cit. , pp. 370379.Google Scholar

31 Come è stato osservato, infatti, «le tematiche centrali della “via italiana” …non potrebbero essere comprese se si dimenticasse la prospettiva essenziale difensiva e pessimistica da cui esse traggono origine». Cfr. Hellman, S., La strategia delle alleanze del Pci e la questione dei ceti medi , in Blackmer, D.L., Tarrow, S. (a cura di), Il comunismo in Italia e Francia, Milano, Etas Libri, 1976, p. 253.Google Scholar

32 Cfr. fra gli altri Hellman, , op. cit. , pp. 251292; Tarrow, S., Il comunismo in Italia e in Francia. Adattamento e trasformazioni, Blackmer, D., Continuità e mutamento nel comunismo italiano del dopoguerra , Lange, P., L'applicazione della strategia del Pci a livello locale, tutti in Blackmer, Tarrow, op. cit., pp. 357–398, 15–55, 159–196; Blackmer, D., Unity in Diversity: Italian Communism and The Communist World, Cambridge, MIT Press, 1968; Tarrow, S., Partito comunista e contadini nel mezzogiorno, Torino, Einaudi, 1972; Timmerman, H., I comunisti italiani, Bari, De Donato, 1974.Google Scholar

33 Su questa incertezza cfr. da ultimo Hellman, S., The Longest Campaign: Communist Party Strategy and the Elections of 1976 , in Penniman, H.R., (ed.), Italy at the Polls, Washington, American Enterprise Institute for Public Policy Research, 1977, p. 166.Google Scholar

34 Ibidem, pp. 166167.Google Scholar

35 Ibidem, pp. 160161.Google Scholar

36 Ibidem, p. 167.Google Scholar

37 Ibidem, p. 168.Google Scholar

38 Berlinguer, E., Riflessioni sull'Italia dopo i fatti del Cile , ora in La questione comunista, Roma, Editori Riuniti, 1975, p. 633.Google Scholar

39 Relazione al C.C. del giugno 1974, ora in La questione comunista, cit., pp. 758759.Google Scholar

40 Berlinguer, E., Lavorare per l'unità di tutte le jorze popolari, ora in La questione comunista, cit., p. 653. Per una recente riaffermazione dello stesso concetto cfr. Fare emergere tutta la forza innovatrice della nostra politica di austerità e di rigore, in «L'Unità», 26 maggio 1978.Google Scholar

41 Vacca, G., Perchè stupirsi per il voto Dc? , in «Rinascita», 16 luglio 1976; Hellman, , The Longest Campaign, cit., pp. 175–178; la strategia consociativa del Pci nel corso della settima legislatura è analizzata in dettaglio da Lombardo, op. cit. Google Scholar

42 di Palma, G., Christian Democracy: The End of Hegemony?, in Penniman, , op. cit. , pp. 147148.Google Scholar

43 Le piú autorevoli conferme comuniste di questi punti sono in Berlinguer, E., Relazione e Replica al C.C. , in «L'Unità», 4 e 7 luglio 1979, e Il compromesso nella fase attuale, in «Rinascita», 24 agosto 1979. Come è noto, quest'ultimo articolo in particolare ha stimolato il rilancio della strategia del «confronto» da parte della segreteria democristiana.Google Scholar

44 Sani, G., La composizione, cit., p. 123; Marradi, A., Immagini di massa della Dc e del Pci , in Martinelli, , Pasquino, , op. cit. , pp. 66–103; Sani, G., The Italian Electorate in the Mid-1970s: Beyond Tradition?, in Penniman, op. cit. , pp. 98–109.Google Scholar

45 Sani, , La composizione, cit., p. 122.Google Scholar

46 Cfr. Sani, G., La strategia del Pci e l'elettorato italiano , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1973), pp. 576577.Google Scholar

47 Sani, , La composizione, cit., p. 123. Si noti che le autocollocazioni dell'elettorato italiano sul continuum destra-sinistra presentano una divergenza massima se comparate con le distribuzioni di altri paesi. Cfr. Sani, G., Sartori, G., Frammentazione, polarizzazione e «cleavages»: democrazie facili e difficili, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1978), pp. 339–361.Google Scholar

48 Cfr. Typologies , cit., e The Politics of Accommodation: Pluralism and Democracy in the Netherlands, Berkeley, University of California Press, 1975 2 , pp. 78, 103–104.Google Scholar

49 Cfr. la fonte citata alla n. 4.Google Scholar

50 Cfr. Pasquino, G., Crisi della Dc e evoluzione del sistema politico , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», V (1975), p. 460.Google Scholar

51 Tale è il giudizio di G. Pasquino, che è l'unico finora ad essersi occupato con qualche sistematicità di questi problemi. Cfr. i suoi Recenti trasformazioni nel sistema di potere della Democrazia cristiana, in Graziano, Tarrow, op. cit., pp. 609–656, e La Democrazia cristiana: trasformazioni partitiche e mediazione politica, in Martinelli, Pasquino, op. cit. , pp. 124143.Google Scholar

52 Come ha giustamente osservato Pasquino, , Recenti trasformazioni, cit., pp. 644645.Google Scholar

53 de Carolis, Cosí M., La Democrazia cristiana oggi , in «Il Mulino», XXVI (1977), p. 439.Google Scholar

54 Ibidem, p. 438.Google Scholar

55 Naturalmente, questo non è esattamente ciò che dicono i rappresentanti dello schieramento in parola, i quali si preoccupano anzi di sottolineare il proprio intento di democratizzare la vita del partito per via del suo rafforzamento organizzativo. Cfr. Galloni, G., Una evidentissima tendenza al cambiamento investe il partito nelle piú intime strutture , in «La Discussione», 4 aprile 1977. Ma simili giustificazioni sono appunto la copertura consueta di ogni tentativo di irreggimentazione della base finché esso non sia riuscito.Google Scholar

56 Cfr. Bozzo, G. Baget, Requiem in memoria della sinistra Dc , in «La Repubblica», 14 marzo 1978. L'autore sottolinea l'irrigidimento del blocco moderato che si rispecchia nel governo Andreotti del 12 marzo 1978.Google Scholar

57 Cfr. Lijphart, , Democracy, cit., p. 102.Google Scholar

58 Su questi punti vedi per tutti, Pizzorno, A., I sindacati nel sistema politico italiano , in «Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico», XXI (1971), pp. 1510–1559, e Cella, G.P., L'azione sindacale nella crisi italiana, in Graziano, Tarrow, op. cit. , pp. 271301.Google Scholar

59 Cella, , op. cit. , p. 287.Google Scholar

60 Ibidem, pp. 288292. Alcune delle prese di posizione moderate di Lama sono sintetizzate e commentate criticamente da Fisichella, D., Quel Giano bifronte del Pci, Milano, Editoriale Nuova, 1979, cap. VI.Google Scholar

61 Cfr. per esempio Foa, V., Sindacalismo responsabile e sindacalismo militante , in «Prospettiva sindacale», VII (1976), pp. 128135, e Manghi, B., Declinare crescendo. Note critiche dall'interno del sindacato, Bologna, Il Mulino, 1977.Google Scholar

62 Cella, , op. cit. , p. 288; Foa, V., Sindacati e classe operaia , in Castronovo, V. (a cura di), L'Italia contemporanea, Torino, Einaudi, 1975, p. 262.Google Scholar

63 Cfr. per esempio gli interventi del leader comunista e del segretario dell'Flm Pio Galli al XV Congresso del partito, in «L'Unità», 2 e 3 aprile, 1979.Google Scholar

64 Barbagli, M., Corbetta, P., Partito e movimento: aspetti e rinnovamento del Pci , in «Inchiesta», VIII (1978), p. 11.Google Scholar

65 Ibidem, Tab. 2, per i dati del 1977. I dati del 1978 sono stati da me calcolati in base alle cifre fornite dal Supplemento all'almanacco Pci '79, a cura della Sezione centrale di stampa e propaganda del Pci. Al momento in cui scrivo (novembre 1979) mancano informazioni complete e ufficiali sull'ultimo tesseramento, anche se la stampa quotidiana ha indicato una cifra (1.775.000 iscritti) che farebbe pensare a un anno di ristagno.Google Scholar

66 Barbagli, , Corbetta, , op. cit. , p. 40 e fig. 8.Google Scholar

67 Ibidem, pp. 2021.Google Scholar

68 Ibidem, p. 21, fig. 2 e tab. 19; Supplemento, cit.Google Scholar

69 Le stime piú affidabili sull'entità di questo riorientamento sono quelle di Sani, G., del quale vedi da ultimo, Ricambio elettorale, mutamenti sociali e preferenze politiche, in Graziano, Tarrow, op. cit. , pp. 303328.Google Scholar

70 Barbagli, Corbetta, op. cit. , pp. 1011.Google Scholar

71 Ibidem, pp. 4041.Google Scholar

72 Cfr. Barbagli, M., Corbetta, P., Una tattica e due strategie. Inchiesta sulla base del Pci , in «Il Mulino», XXVII (1978), pp. 924938.Google Scholar

73 Cioè nel caso che il Pci assumesse responsabilità di governo in una coalizione con la Dc. Come dimostrano i dati di Barbagli e Corbetta (ibidem , pp. 947950), questa coalizione è approvata da gran parte degli iscritti. Tuttavia, essi ne hanno una concezione strumentale, la considerano uno strumento per accelerare la crisi della Dc e favorire un decisivo cambiamento dei rapporti di forza fra i partiti per abbreviare la strada dell'alternativa di sinistra (pp. 951–957). Il che significa che la «concezione che hanno del compromesso storico il gruppo dirigente e la base del partito è profondamente diversa» perchè «per il gruppo dirigente il compromesso storico non è una tattica, ma una strategia, una linea di lungo periodo», mentre «per gli iscritti è vero esattamente l'opposto» (p. 951). E l'uno e gli altri sarebbero quindi sicuramente destinati ad entrare in piena collisione su questo punto.Google Scholar

74 Ibidem, pp. 943944.Google Scholar

75 Ibidem, p. 947. Che l'insoddisfazione della base sia tornata a crescere dalla primavera (cioè dalla formazione della maggioranza programmatica) è una ragionevole inferenza tratta da me in base all'esito negativo del tesseramento 1978.Google Scholar

76 Barbagli, , Corbetta, , Partito e movimento, cit., p. 41.Google Scholar

77 Ciò in considerazione del fatto che la massa degli elettori è molto meno politicizzata e gelosa della purezza ideologica dei partiti di quanto lo siano gli iscritti e specialmente gli iscritti attivi. Cfr. sul punto Converse, P., The Nature of Beliefs Systems in Mass Publics , in Apter, D., (ed.), Ideology and Discontent, New York, The Free Press, 1964, pp. 206–261; MacRae, D. Jr., Parliament, Parties and Society in France 1946–1958, New York, St. Martin's Press, 1967, pp. 299302.Google Scholar

78 Cfr. i sondaggi riportati da Sani, G., La nuova immagine del Pci e l'elettorato italiano, in Blackmer, Tarrow, op. cit. , p. 348, e L'elettorato comunista: tendenze e prospettive , in Palombara, La, Sani, Sartori, op. cit., p. 62. Si noti però che le maggioranze pro-compromesso storico si formano su domande del tipo «favorevoli o contrari», cioè su domande non in batteria con soluzioni diverse come l'alternativa di sinistra. Quando invece anche questa formula è menzionata, l'elettorato Pci la preferisce nettamente, come risulta da ultimo dai sondaggi Doxa-L'Espresso, in «L'Espresso», 21 gennaio 1979 e 20 maggio 1979.Google Scholar

79 Cfr. n. 73. Che almeno alcuni elettori comunisti considerino il compromesso storico una tattica di breve periodo (come fanno gli iscritti) risulta dalle interviste commentate da Marradi, , op., cit. , pp. 9395.Google Scholar

80 Cfr. i sondaggi Doxa-L'Espresso citati alla n. 78, dal secondo dei quali si evince che solo 37 comunisti su cento erano per la formula «sinistre con Dc» nell'aprile 1979 e 50 su cento per la formula «sinistre senza Dc».Google Scholar

81 Barbagli, , Corbetta, , Una tattica, cit., p. 943.Google Scholar

82 I quali sono voti perduti o non dati al Pci dai nuovi elettori e confluiti in grande maggioranza sui radicali, sul Pdup, su Nsu, su un partito ostile al compromesso storico come il Psi e nelle astensioni di protesta. Cfr. Mannheimer, , op. cit. , p. 710; e Corbetta, , op. cit. , pp. 727–735.Google Scholar

83 In altre parole, non mi pare sia mutato niente da quando Lange congetturava che «la natura dell'elettorato Pci è tale da far pensare» che una politica di intese dirette con la Dc «non otterrebbe il consenso degli elettori comunisti». Cfr. Il Pci, cit., pp. 687–688. Anzi, gli eventi piú recenti non fanno che avvalorare questa previsione, consigliando di continuare ad attenervisi.Google Scholar

84 Cfr. Bartolini, , op. cit. , p. 126.Google Scholar

85 Sani, , L'elettorato comunista, cit., pp. 6667.Google Scholar

86 Nonostante l'assenza di ricerche rigorose sul punto, credo infatti si possa affermare tranquillamente che il 3 giugno il Pci ha pagato il deperimento della sua forza organizzata che, se è piccolo in sé, diventa assai piú grave a petto delle accresciute esigenze poste dai successi del 1975 e 1976. Cosí anche Pasquino, G., Suggerimenti scettici agli ingegneri elettorali , in «Il Mulino», XXVIII (1979), pp. 752753.Google Scholar

87 Su questa posizione della leadership Pci cfr. Fisichella, , op. cit. , pp. 7587.Google Scholar

88 Ibidem, pp. 21, 17–41, 49. Sulle contraddizioni e le ambiguità ideologiche del Pci insistono anche Cavalli, L., Italia promessa, Bologna, Il Mulino, 1976; Diaz, F., La ricerca dei presupposti della «scelta democratica» del Pci, in AA. VV., Egemonia e democrazia, Roma, Ed. di Mondoperaio, 1977; e Pellicani, , op. cit., spec. pp. 71–87.Google Scholar

89 Cfr. «La Repubblica», 2 agosto 1978, e «L'Unità», 18 settembre 1978.Google Scholar

90 Come documenta Fisichella, , op. cit. , pp. 5056.Google Scholar

91 Ibidem, p. 59.Google Scholar

92 Nella quale i comunisti hanno riottenuto solo la presidenza della Camera con una maggioranza tuttaltro che consociativa.Google Scholar

93 Sopravvivere, cit., p. 180.Google Scholar

94 Ibidem, p. 139.Google Scholar

95 E le élites italiane sono particolarmente inclini ad assecondarla condividendo in maggioranza una concezione «partitico-populista» della rappresentanza nella quale la soddisfazione della volontà della propria base fa premio sull'attitudine alla reciprocità e al compromesso. Ibidem, pp. 228–235. La citazione nel testo è il commento di un leader comunista locale al rovescio subito dal Pci nelle amministrative di Castellamare di Stabia. Cfr. «Il Corriere della sera», 20 aprile 1977.Google Scholar

96 Sull'insoddisfazione verso le politiche delle amministrazioni comuniste, accusate di muoversi con eccessiva timidezza per non turbare la strategia consociativa del partito, esistono parecchie testimonianze sulla stampa quotidiana e periodica e pochi studi scientifici. Fra questi, cfr. le relazioni di Nanetti, R., Leonardi, R., Betting on Cities: The Urban Strategy of the Italian Communist Party (Pci), e Seidelman, R., The Pci and Municipal Decentralization: The Case of Florence, entrambe presentate al seminario permanente sull'Italia, Center for European Studies, Harvard University, novembre 1977; Ferraresi, F., Tosi, A., Crisi della città e politica urbana, in Graziano, Tarrow, op. cit. , pp. 559605.Google Scholar

97 Su tutti questi punti vedi i miei le condizioni, cit., e Partiti, cit., p. 105 ss.Google Scholar

98 Il Pci, cit., p. 677.Google Scholar

99 Ibidem, p. 678.Google Scholar

100 Tale è il caso di Graziano, L., Compromesso storico e democrazia consociativa: verso una «nuova democrazia»?, in Graziano, Tarrow, op. cit. , pp. 719767.Google Scholar

101 Relazione al C. C., del luglio 1971, Relazione al C. C. del novembre 1974, e Relazione al C. C. del dicembre 1974, ora tutte in La questione comunista, cit., pp. 332–383, 919, 929–930.Google Scholar

102 Contra Berlinguer vedi Graziano, op. cit., per il quale il fatto che il Pci riesca a spostare a sinistra la Dc è al piú «un'incognita»; e, benché dichiarata «centrale», appare invece marginale nel suo saggio, che vi dedica solo due righe e mezzo (a pag. 760) su una cinquantina di pagine Google Scholar

103 Lange, , Il Pci, cit., p. 678.Google Scholar

104 Ibidem, p. 698.Google Scholar

105 Ibidem, p. 700.Google Scholar

106 Fisichella, D., Le contraddizioni dei comunisti , in «Il Tempo», 13 settembre 1977, ora in op. cit. , pp. 121123.Google Scholar

107 Lange, , Il Pci, cit., pp. 700–701. Per un giudizio negativo sull'attuale capacità di elaborazione programmatica del Pci (e della Dc) in confronto al «fervore di attività e di studi, di progetti e di riflessioni» del centro-sinistra cfr. Pasquino, , Recenti trasformazioni, cit., p. 648.Google Scholar

108 Cosí per esempio Pasquino, , Recenti trasformazioni, cit., pp. 638639.Google Scholar

109 Oppure per effetto del passaggio alle sinistre delle amministrazioni delle grandi città verificatosi nel 1975. Da questo, infatti, sembra eccessivo dedurre «una repentina caduta del fazionismo di convenienza» nella Dc, come fa di Palma, , Christian Democracy, cit., p. 133.Google Scholar

110 Lange, , Il Pci, cit., pp. 701707.Google Scholar

111 Barbagli, , Corbetta, , Partito, cit., pp. 1430.Google Scholar

112 Ibidem, pp. 28, 30. Vedi anche Lange, , Il Pci, cit. pp. 702–704.Google Scholar

113 Perché meno quadri operai e contadini? , in «Rinascita», 10 giugno 1977 p. 8. A riprova della rilevanza dei problemi sollevati dall'articolo di Berlinguer e della preoccupata attenzione con cui li si segue nel partito, si veda l'ampio dibattito fra dirigenti e iscritti ad essi dedicati nei numeri successivi della stessa rivista.Google Scholar

114 Su tutti questi punti cfr. Barbagli, , Corbetta, , Partito, cit., p. 30 ss.Google Scholar

115 Mi riferisco, per esempio, alla soluzione di Fisichella, , op. cit. , pp. 141146, il quale auspica una ritrovata autonomia dal Pci delle forze di centro e di centro-sinistra (anche se non si fa molte illusioni in proposito). Per altri, invece, la stabilizzazione politica del paese passa primariamente per la via delle riforme elettorali e/o istituzionali, nonostante che a loro sfavore deponga una collaudata impraticabilità. Cfr. gli interventi di Farneti, P., Urbani, G. e altri in Le ricette dei politologi , in «Biblioteca della libertà», XVI (1979). Infine, una soluzione ancora diversa è quella di Sartori, Il caso italiano, cit., che sarebbe risolutiva ma richiede tempi lunghi.Google Scholar