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Abstract
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- Research Article
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- Italian Political Science Review / Rivista Italiana di Scienza Politica , Volume 4 , Issue 1 , April 1974 , pp. 3 - 4
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- Copyright © Società Italiana di Scienza Politica
References
References
1Questa è una definizione minima. Si può stipulare, in aggiunta, che un rapporto diadico non costituisce ancora un gruppo. Ulteriori proprietà — quali il ≪ sentimento del noi ≫, o l'esistenza di obiettivi condivisi — non sono rilevanti nel mio contesto.Google Scholar
2Per un approfondimento piú sistematico vediCosa è politica, in ≪ Rivista Italiana di Scienza Politica ≫, II (1972), pp. 3–26.Google Scholar
3Cfr.Buchanan, J. M. e Tullock, G., The Calculus of Consent - Logical Foundations of Constitutional Democracy. (Vedi bibliografia in appendice). Questo scritto è largamente debitore della loro opera, pur discostandosene in alcuni punti fondamentali.Google Scholar
5La distinzione è di Buchanan e Tullock; ma è da me modificata. Nel Calculus of Consent il ≪ costo esterno ≫ è un costo che subisce un decidente quando la decisione del gruppo gli è avversa (spec. p. 64). Alla stregua di questa definizione la differenza tra chi è dentro o fuori da un gruppo decidente viene troppo sottovalutata. Né si capisce perché il costo subito dal decidente perdente (in minoranza) debba essere qualificato come ≪ esterno ≫. È un costo di sconfitta, certo: ma di una sconfitta ≪ interna ≫ (e pertanto modificata e, probabilmente, attenuata dalle interazioni di gruppo).Google Scholar
6Infatti la riduzione dei costi-rischi esterni è data soprattutto, in questa ipotesi, dal frazionamento del potere all'interno di un gruppo oligarchico. Ma se un gruppo oligarchico deve — per restare tale — limitare il potere monocratico, non ne consegue, di necessità, che questo ≪ controllo reciproco tra capi ≫ giovi anche ai terzi assenti.Google Scholar
7Da 3 a 30 persone circa. Esistono in proposito moltissimi esperimenti condotti, appunto, sui ≪ piccoli gruppi ≫. Sul punto cfr. Niemi e Weisberg. Piú in generale il rapporto tra dimensioni e democrazia è particolarmente studiato daDahl, R. A. e Tufte, E. R., Size and Democracy, Stanford, Stanford University Press, 1973.Google Scholar
8Per l'esattezza le regole maggioritarie sono quattro, e vengono sovente pasticciate. Vale precisare, pertanto, che una maggioranza non qualificata (metà + 1) viene detta maggioranza semplice. Se questa maggioranza semplice è calcolata in base agli aventi diritto allora è una maggioranza assoluta (metà + 1 dell'universo); se invece è calcolata in base ai votanti o presenti viene sovente detta maggioranza relativa (metà + 1 dei votanti). Purtroppo per maggioranza relativa si intende anche qualsiasi maggioranza (inferiore alla metà). Per evitare questa confusione, nel testo sorvolo sulla base del computo (universo o votanti), e intendo per maggioranza relativa quella al di sotto del 50% (dei votanti).Google Scholar
11Cfr.Luce, e Raiffa, . La paternità dell'approccio è diVon Neumann, J. e Morgerstern, O., Theory of Games and Economic Behavior, (1944), New York, Wiley, 19643.Google Scholar
12È la politica cosí come l'ha teorizzata Carl Schmitt. Vedine ora la raccolta dei maggiori scritti nel vol. Le categorie del politico, Bologna, Il Mulino, 1972, a cura diMiglio, G. e Schiera, P..Google Scholar
13L'ampia letteratura contemporanea sulla politica come bargaining, e cioè come trattativa e compromesso, fa capo aDahl, R. E. e Lindblom, C. E., Politics, Economics and Welfare, New York, Harper, 1953; e una sua raffinata variante è l'≪ incrementalismo ≫ del piú recente Lindblom, di cui vedi, assieme aBraybrooke, D., A Strategy of Decision, New York, Free Press, 1963.Google Scholar
14S'intende che un referendum può investire anche un grappolo di questioni. Ma si tratta sempre di issues discrete, ad ognuna delle quali si può solo rispondere affermativamente o negativamente. Anche alle elezioni siamo investiti, in concreto, da una questione sola: per chi votare. La differenza è tra ≪ questione sostantiva ≫ (referendum) e ≪ scelta di persona ≫ o di partito (elezione).Google Scholar
15È la regola enunciata da Carl J. Friedrich nel 1937. Vedila ora riformulata inMan and His Government. An Empirical Theory of Politics, New York, McGraw-Hill, 1963, cap. 11.Google Scholar
16Il piccolo gruppo in questione non è, beninteso, l'assemblea, che è soltanto una aggregazione occasionale che può dare, a breve periodo, gratificazioni simboliche, ma che non costituisce in alcun modo occasione seria di partecipazione efficace. Il piccolo gruppo è, in questo esempio, quello che sta a monte dell'assemblea, che la indice e ne tira le fila.Google Scholar
17Per la differenza tra maggioranze stabili e fluttuanti vedi in questo fascicoloD'Alimonte, R., Regola di maggioranza, stabilità e equi-distribuzione, par. 3, che la precisa assai bene nella distinzione tra ≪ maggioranza predominante ≫ e ≪ maggioranze controbilancianti ≫. Quando le decisioni, o le alternative, sono discrete (a un colpo solo) la maggioranza è sempre, per definizione, predominante: e dunque la regola maggioritaria è, come tale, a somma nulla. Le maggioranze controbilancianti (lo dice il plurale) presuppongono una pluralità di decisioni, simultanee o diacroniche che siano. In concreto, ad una elezione o ad un referendum corrisponde sempre una maggioranza predominante, mentre un parlamento consente maggioranze controbilancianti, e, quindi, esiti a somma positiva che sono compensazioni tra una serie di somme nulle.Google Scholar
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