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IDENTIFICAZIONE PARTITICA, PROGRAMMA POLITICO E PERSONALITÀ DEI CANDIDATI NELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI AMERICANE DEL 1980

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Oltre un anno è trascorso dalle elezioni presidenziali americane del 4 Novembre 1980: e tuttavia il senso di quel risultato elettorale è ancora ben lontano dall'esserci definitivamente chiaro. Anzi, possiamo tranquillamente affermare che la nostra comprensione non è andata molto oltre le prime confuse interpretazioni, quando evidenti erano la sorpresa e l'impreparazione di fronte alla «vittoria a valanga» del candidato repubblicano.

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Ricerche
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References

1 Questo argomento è stato sviluppato in modo assai articolato da Galli, G. in «Panorama», 16 nov. 1981.Google Scholar

2 Cfr. «New York Times», 5 nov. 1980.Google Scholar

3 Dai dati dell'Università del Michigan risulta che votarono Anderson: il 5% dei democratici, il 5% dei repubblicani ed il 15% degli indipendenti; il 10% di coloro che votarono Carter nel 1976 e l'8% di quelli che votarono Ford.Google Scholar

4 Dalla stessa fonte citata nella nota precedente risulta che di coloro che si autodefiniscono «liberali» il 16% ha votato Anderson, contro il 5% dei «conservatori».Google Scholar

5 Calcolo riportato da Galli, G. nell'articolo citato.Google Scholar

6 I sondaggi della CBS/New York Times davano: Reagan in vantaggio nel sondaggio all'inizio di agosto; Carter a metà settembre; di nuovo Reagan a fine settembre e di nuovo Carter a metà ottobre; ancora Carter il 26–27 ottobre; ed infine Reagan, ma col vantaggio di un solo punto percentuale, il 30 ottobre − 1 novembre. Analoghe oscillazioni nell'opinione pubblica sono colte dalla Gallup, dai cui sondaggi risulta Reagan in vantaggio a metà settembre ed a metà ottobre; Carter il 26–27 ottobre; ed infine Reagan, ma col vantaggio di soli tre punti percentuali, fra il 30 ottobre ed il 1 novembre. Per questi dati cfr.: «New York Times», 23 ott. 1980; Mitofsky, W.J., The 1980 Pre-election Polls; a Review of Disparate Methods and Results, presentato all'incontro annuale della American Statistical Association, tenuto a Detroit il 10–13 agosto 1981, e Kohut, A., A Review of the Gallup Pre-election Methodology in 1980, presentato allo stesso incontro.Google Scholar

7 Cfr. Staks, J.F. in «Time», 1 dic. 1980.Google Scholar

8 Ho affrontato questo problema in I sondaggi d'opinione pre-elettorali negli USA , in «Cattaneo», 1981, n. 3.Google Scholar

9 Per completezza d'informazione precisiamo che un terzo e minore panel è stato effettuato nel corso del 1980, con la prima rilevazione ad aprile e la seconda, come le altre, dopo l'elezione a novembre. Tali dati non sono stati da noi utilizzati in quanto rilevati in un periodo differente da quelli del nostro campione. Nel complesso l'indagine effettuata dal Center for Political Studies nel 1980 ha riguardato 3.587 persone per un totale di 8.189 interviste.Google Scholar

10 L'unica differenza consiste nel fatto che mentre nel panel a due stadi le interviste sono tutte personali, nel panel a 4 stadi l'ultima intervista, quella post-elettorale, è stata effettuata tramite telefono. Il fatto comunque non dovrebbe aver introdotto distorsioni nei risultati.Google Scholar

11 Il panel in 4 stadi era inizialmente costituito da un campione di 1.351 soggetti. Di questi ne sono stati intervistati 1.008 la prima volta, 843 la seconda, 769 la terza e 764 la quarta. Il campione del panel in due stadi era costituito da 2.249 persone. Di queste 1.614 sono state intervistate la prima volta e 1.408 la seconda. Lo scarto fra la dimensione del campione ed il numero delle interviste, così come la diminuzione delle interviste nel passare agli stadi successivi al primo, sono da addebitarsi in parte (prevalente) a rifiuti all'intervista, ed in parte ad irreperibilità delle persone.Google Scholar

12 Nei dati che abbiamo utilizzato, l'identificazione partitica è stata misurata mediante una sequenza di tre domande che sono state riportate nella tab. 1. Le tre domande combinate danno luogo a sette categorie: fortemente democratico, debolmente democratico, indipendente-democratico, indipendente-indipendente, indipendente-repubblicano, debolmente repubblicano, fortemente repubblicano.Google Scholar

13 Campbell, A. et al., The American Voter, New York, J. Wiley, 1960, p. 121.Google Scholar

14 Nel 1980 il 40% dell'elettorato si autodefiniva «democratico», il 25% «repubblicano» ed il 35% «indipendente».Google Scholar

15 Cfr. Nie, N.H., Verba, S., Petrocik, J.R., The Changing American Voter, Cambridge (Ma.), Harvard University Press, 1976, p. 48.Google Scholar

16 Cfr. Miller, A.H., Partisanship Reinstated? A Comparison of the 1972 and 1976 U.S. Presidential Elections , in «British Journal of Political Science», VIII (1978), pp. 129152.Google Scholar

17 Confrontando i dati delle ricerche condotte dall'Università del Michigan nel 1972, 1976 e 1980, risulta che poco prima delle elezioni solo il 39% degli intervistati approvava il modo di agire di Carter come presidente, contro il 56% che si dichiarava soddisfatto di Ford appena prima delle elezioni del 76 ed il 65% che approvava Nixon nel '72.Google Scholar

18 In tutte le tabelle da 3 a 9 i dati del 1972 e 1976 sono tratti da Miller, W.E. et al., American National Election Studies Data Sourcebook, cit. Per non appesantire troppo le tabelle non abbiamo riportato il numero degli intervistati che è di 2.705 nel 1972, di 2.870 nel 1976, di 2.383 nel 1980. Quanto alla formulazione delle domande, oltre al testo riportato nelle tabelle esse contenevano anche l'indicazione su quale posizione corrispondeva al punteggio 1 e quale al punteggio 7, e si concludevano con la frase: «Dove vi collochereste su questa scala, oppure non avete idee in proposito?».Google Scholar

19 In tabella, per esigenze di comparazione, anche i dati del 1980, che derivano da una scala a 7 punti, sono presentati in modo compatto. In dettaglio i risultati sono: 1 + 2 = 5%; 3 = 5%; 4 = 15%; 5 = 20%; 6 + 7 = 20%.Google Scholar

20 Precisamente la menzione del problema razziale (4% nel 1972, ma poi la quasi totale sparizione), le posizioni conservatrici sul welfare («meno spese») e quelle «neutrali» in politica estera (pura menzione del problema senza possibilità di catalogazione in «falchi» o «colombe»).Google Scholar

21 Dati tratti da «The Economist», 1925 dic. 1981.Google Scholar

22 L'«indice globale di orientamento politico» è costituito da una scala che va dalle posizioni più progressiste (liberal) a quelle più conservatrici. Esso si basa sulle risposte date dagli intervistati, nelle successive indagini del Center for Political Studies, alle domande sulle tematiche politico-sociali, su problemi e con formulazioni spesso differenti da indagine ad indagine. Tali domande sono state raggruppate in 5 categorie (governo centrale, welfare, integrazione scolastica, economia, politica internazionale), ed i punteggi standardizzati sono stati sottoposti ad una principle component analysis. Ogni fattore dà luogo a un factor score per ogni individuo. La somma di questi cinque punteggi costituisce l'indice globale di orientamento politico. Per ulteriori dettagli cfr. Nie, N. et. al., op. cit., Appendix 2. Quanto alla variabile voto, essa è dicotomica. Per il 1968, a causa della presenza ideologicamente connotata e quantitativamente rilevante della candidatura Wallace, il coefficiente riportato nella figura è la media delle tre correlazioni fra indice politico e Humphrey/Nixon, Humphrey/Wallace e Nixon/Wallace.Google Scholar

23 L'esatta formulazione delle 4 nuove domande era quella che segue. «Alcuni pensano che il governo federale dovrebbe intervenire per ridurre il tasso di inflazione, anche se ciò significa una crescita della disoccupazione. Altri pensano che il governo dovrebbe intervenire per ridurre il tasso di disoccupazione, anche se ciò significa una crescita dell'inflazione». «Alcuni pensano che il governo dovrebbe fornire meno servizi anche in settori quali la sanità e l'istruzione, per ridurre la spesa pubblica. Altri ritengono che sia importante che il governo prosegua nei servizi che sta ora fornendo, anche se ciò significa una mancata riduzione della spesa». «Quale di queste frasi descrive meglio quello che vorreste veder accadere nei prossimi tre anni? Nei prossimi tre anni le tasse federali sul reddito: 1. Non devono essere tagliate; 2. Devono essere tagliate circa del 10%; 3. Devono essere tagliate circa del 20%; 4. Devono essere tagliate circa del 30%; 5. Devono essere tagliate più del 30%». «Alcuni pensano che sia importante per noi cercare molto fortemente (very hard) di andare d'accordo con la Russia. Altri pensano che sia un grave errore insistere troppo nel cercare l'accordo con la Russia».Google Scholar

24 La variabile dipendente «voto» è una variabile dummy dove al voto per Reagan è stato attribuito il valore 1, e 0 a quello per Carter. Abbiamo escluso dall'analisi i voti per Anderson, che avrebbero reso il problema assai più complesso dal punto di vista statistico senza un reale giovamento, dato che abbiamo sempre concentrato il nostro interesse sullo scontro specifico fra Carter e Reagan.Google Scholar

25 Ci riferiamo al valore assoluto dei coefficienti, a prescindere dal segno che in questo contesto non ci interessa. È evidente infatti che avendo attribuito nella variabile dipendente «voto» il valore 1 a Reagan ed il valore 0 a Carter, le correlazioni fra distanza da Reagan e voto sono negative (maggiore è la distanza, minore, cioè più prossimo allo zero — Carter — è il voto), mentre sono positive le correlazioni fra voto e distanza da Carter.Google Scholar

26 Fatta una analisi fattoriale su tutte le issues, sono emersi due fattori. Uno chiaramente definito dai problemi legati alla situazione economica. Il secondo, più eterogeneo e di più difficile definizione, correlato sia con problemi legati alla politica estera (spese militari ed atteggiamento verso l'URSS) sia col problema delle minoranze etniche e quello dell'aborto. Si è pertanto costruito, oltre ad un indice generale relativo alla posizione dell'intervistato su tutti i problemi sollevati, un solo sub-indice relativo ai problemi economici (inflazione-disoccupazione, servizi sociali, riduzione tasse, intervento statale sul lavoro).Google Scholar

27 Per un approfondimento di questa tematica cfr. Pasquino, G., Un caso di ingovernabilità: gli Stati Uniti d'America , in «il Mulino», XXVIII (1979), pp. 805833.Google Scholar

28 La domanda era così formulata: «Pensi a Jimmy Carter (o Ronald Reagan). Le è mai capitato di provare verso di lui — per il suo tipo di personalità o per qualche cosa che ha fatto — un sentimento di rabbia?». E così via per tutti gli altri sentimenti.Google Scholar

29 Un candidato non escludeva l'altro, per cui l'intervistato poteva rispondere di aver provato lo stesso sentimento — negativo o positivo — sia per Carter che per Reagan.Google Scholar

30 Il fatto che un candidato susciti contemporaneamente nello stesso elettore sentimenti positivi e negativi, non deve stupire, data anche la formulazione della domanda («Le è mai capitato di provare verso… un sentimento di…»), che non escludeva che uno avesse provato in un certo momento un sentimento favorevole, ed in un altro della ostilità. A riprova di questo fatto uno studio più approfondito su questa tematica ha mostrato che la correlazione fra sentimenti positivi e negativi è estremamente bassa (quindi l'uno non impedisce la presenza dell'altro). Cfr. Kinder, D.R., Abelson, R.P., Fiske, S.T., Developmental Research on Candidate Instrumentation: Results and Recommendations, mimeo, 1979 (rapporto preliminare alla impostazione del questionario del National Election Study del 1980).Google Scholar

31 L'indice è stato calcolato su tutti i sentimenti, calcolandone poi per ogni individuo un valore medio.Google Scholar

32 Alle singole variabili è stato attribuito il punteggio 1 alla valutazione positiva (cioè presenza di sentimento positivo od assenza di negativo) e zero alla valutazione negativa.Google Scholar

33 Cfr. Miller, A.H., Miller, W.E., Partisanship and Performance: «Rational Choice» in the 1976 Presidential Election, paper presentato al meeting annuale del 1977 della American Political Science Association. Le categorie sono state individuate mediante analisi fattoriale sulle risposte alla domanda «aperta» su che cosa l'intervistato apprezzava o non apprezzava dei candidati.Google Scholar

34 Cfr. Kinder, D. R. et al., Developmental Research, cit., pp. 78. La classificazione dei candidati sugli attributi avveniva mediante una scala a quattro punti: molto, abbastanza, poco, niente.Google Scholar

35 Le singole variabili vanno da punteggio 1 a punteggio 4, dove 1 corrisponde al giudizio più sfavorevole (cioè attributo negativo con risposta «molto» od attributo positivo con risposta «per niente») e 4 al giudizio più favorevole. Avendo la variabile dipendente il valore 1 per Reagan e 0 per Carter, è ovvio che le correlazioni voto-giudizio abbiano segno positivo per Reagan e negativo per Carter.Google Scholar

36 Cfr. su questo punto, Pasquino, G., Un caso di ingovernabilità, cit. Google Scholar

37 Il contributo più completo ed aggiornato su questo tema è dato dal recente libro di Fiorina, M.P., Retrospective Voting in American National Elections, New Haven, Yale University Press, 1981. Anche in questa interpretazione, quanto mai centrata sulle componenti «retrospettive» del voto (il giudizio cioè che l'elettore dà dell'amministrazione uscente), si nega che la decisione di voto sia basata esclusivamente su problemi legati alla passata amministrazione, e si sostiene che «le future aspettative contano e contano molto pesantemente fra gli elettori americani contemporanei… Esse sono così importanti poiché rappresentano il punto terminale della catena, il distillato delle numerose valutazioni ed esperienze che l'elettore ha fatto nel passato» (p. 197).Google Scholar