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PER UN'ANALISI DEI RAPPORTI TRA PARTITI SOCIALISTI E COMUNISTI IN ITALIA E FRANCIA
Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
Introduzione
L'attualità del tema generale dei rapporti tra socialisti e comunisti in Italia e Francia risulta evidente semplicemente guardando alla messe dei lavori giornalistici ad esso dedicati in tutte le piú importanti riviste del mondo occidentale. La rilevanza politica di questi rapporti necessita ancor meno di essere sottolineata in un periodo in cui le chances politiche della sinistra nel complesso sono crescenti in entrambi i paesi.
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- Research Article
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- Italian Political Science Review / Rivista Italiana di Scienza Politica , Volume 6 , Issue 3 , December 1976 , pp. 439 - 480
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- Copyright © Società Italiana di Scienza Politica
References
1. Il sorpasso è di fatto già avvenuto nel periodo successivo alle elezioni politiche del 1973. Lo attestano le elezioni cantonali del marzo 1976 — in cui si sono rinnovati metà dei consigli cantonali francesi (936 su 1801) — e un sondaggio IFOP dello stesso periodo. Alle cantonali, rispetto ai risultati del '70 — in cui votavano gli stessi elettori — il PCF è sceso dal 23,84 al 22,80% mentre i socialisti sono passati dal misero 15% a ben il 26,50%. Naturalmente le elezioni amministrative non sono quelle politiche, ma va rilevato che in quest'ultima occasione la competizione elettorale locale è stata particolarmente «politicizzata» e il voto si è diretto prevalentemente sugli schieramenti politici nazionali, rompendo in gran parte la vecchia tradizione francese della marcata differenza nel tipo di allineamento alle politiche e alle amministrative. Questo viene anche indicato dal numero delle astensioni che è calato notevolmente, passando dal 46% del 1973 al 34%, più accettabile rispetto al livello medio francese di astensione alle politiche che si situa sopra il 20%. Il sondaggio IFOP, di poco successivo, chiedeva invece di esprimere le proprie preferenze per un'elezione politica. Il 30% di esse andava al partito di Mitterrand mentre il PCF rimaneva bloccato al 21%.Google Scholar
2. Per una chiara trattazione di questo problema vedi l'Introduzione di Giuliano Urbani al volume da lui curato La politica comparata, Bologna, Il Mulino, 1973, spec. pp. 31–33.Google Scholar
3. La variante italiana della formula dei «resti piú alti» — detta «imperiali» — aiuta i partiti piú deboli abbassando il prezzo dei seggi iniziali. Resta naturalmente il problema della dimensione delle circoscrizioni. La traduzione dei voti in seggi è certamente piú proporzionale in quei paesi che hanno un'unica circoscrizione nazionale, come l'Olanda e Israele; vedi Rae, D. W., The Political Consequences of Electoral Laws, New Haven, Yale University Press, 1971, spec. pp. 19–21 e 34–35.Google Scholar
4. Dato l'intento della modifica della legge elettorale e la grande eterogeneità sociale e geografica delle forze che componevano la coalizione governativa, si dovette ricorrere a una riforma estremamente complessa. Per tutto il paese si adottò una forma di proporzionale che favoriva i partiti piú robusti (o i «blocchi» piú robusti) (Hondt) ma nella regione di Parigi (Seine e Seine et Oise) — dove si concentrava la forza dei comunisti e dei gollisti — si ricorse ad una formula che favoriva stavolta le formazioni piú deboli (resti piú alti). Il tratto saliente della riforma rimaneva in ogni caso l'«apparentamento». Al di fuori della regione di Parigi, i partiti avevano la possibilità di depositare una dichiarazione di apparentamento tra le loro liste a livello di circoscrizione. Le liste apparentate sommavano i suffragi portatisi su ognuna di esse e, se il totale raggiungeva la maggioranza assoluta dei voti nella circoscrizione, si dividevano proporzionalmente tra di loro tutti i seggi di essa. La riforma elettorale italiana del 1953 era identica nello spirito ma diversa nell'applicazione. Essa offriva un premio (il 65% dei seggi) al gruppo di partiti apparentati che, a livello nazionale, avesse superato il 50% dei voti. Ulteriore ma minima differenza è che la legge italiana non introduceva, come quella francese, il panachage. Per la Francia si veda Williams, P., Crisis and Compromise. Politics in the Fourth Republic, London, Longmans, 1964, pp. 310–316; e Milnor, A. J., Elections and Political Stability, Boston, Little Brown, 1969, pp. 53–57. Per l'Italia, Mammarella, G., L'Italia dopo il fascismo, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 237–240; e Ghini, C., Il voto degli italiani, Roma, Editori Riuniti, 1975, pp. 100–127.Google Scholar
5. Nel 1951 con il 26% dei voti espressi ottenne solo il 17% dei seggi. Sull'altro versante, cioè contro i gollisti, la legge elettorale non ebbe gli stessi effetti perché la destra moderata lasciò i gollisti molto meno isolati di quanto non avessero fatto socialisti e radicali con il PCF. La stessa legge elettorale non ebbe invece alcun effetto di rilievo alle elezioni del 1956 perché le forze governative erano già cosí divise che le loro alleanze furono molto poche. Per i diversi tipi di apparentamenti che si verificarono alle elezioni del 1951 e per l'isolamento del PCF vedi Campbell, P., Remarques sur les effets de la loi électorale française du 9 moi 1951 , in «Revue Française de Science Politique», I (1951), pp. 498–502; e Rosenthal, H., Viability, Preference and Coalitions in the French Elections of 1951, in «Public Choice», XXI (1975), pp. 27–39.Google Scholar
6. I rapporti tra proporzionale e doppio turno e gli effetti del secondo sono studiati a fondo da Domenico Fisichella; vedi i suoi Sviluppo democratico e sistemi elettorali, Firenze, Sansoni, 1970; pp. 202–221 e The Italian Experience , in Finer, S. E., Adversary Politics and Electoral Reform, London, Anthony Wigram, 1975, spec. pp. 261–264. Vedi anche il V capitolo e le pagine 108–110 del VI di D. W. Rae, The Political Consequences of Electoral Laws, cit.Google Scholar
7. Chapsal, J., La vie politique et les partis en France depuis 1940, Paris, Les Cours du Droit, 1961, pp. 447–452.Google Scholar
8. Questa frattura rappresenta dunque un prerequisito perché lo scrutinio uninominale di secondo turno favorisca un certo tipo di alleanze, specificatamente quelle di sinistra. Non ci sembra dunque molto convincente la tesi di Milnor secondo cui delle due tendenze alla competizione bipolare — quella di lungo periodo nel sistema politico (gollismo-antigollismo) e quella di breve termine ad ogni secondo turno — sia stata molto piú la seconda a influenzare la prima che viceversa; Elections and Political Stability, cit., pp. 62–63.Google Scholar
9. Questa regola ha funzionato meccanicamente per la prima volta alle elezioni del 1973, quando già la differenza elettorale tra PCF e PSF era minima a livello nazionale. Nelle elezioni degli anni '60 — periodo in cui il PCF era più forte dei socialisti e quindi aveva più probabilità di sopravanzare al primo turno il loro candidato — tale regola fu applicata parzialmente. Numerosi si rivelarono i casi in cui candidati comunisti giunti in testa si ritiravano a favore di un socialista giunto secondo tra i candidati della sinistra, ma piú adatto a rappresentarla tutta e ad attirare anche i voti centristi e indecisi. Nessun socialista giunto in testa al primo turno si è mai ritirato a favore di altri al secondo.Google Scholar
10. Un resoconto preciso dei conflitti interni alla SFIO nel periodo '58–'62 si trova in Ranger, J., La SFIO face à la V République , in «Revue Française de Science Politique», XIV (1964), pp. 526–556. Per il periodo successivo vedi il IX capitolo di H. G. Simmons, French Socialists in Search of a Role 1956–1967, Ithaca, Cornell University Press, 1970.Google Scholar
11. Perché vi sono ammessi solo i due candidati che hanno raccolto il piú alto numero di consensi al primo turno.Google Scholar
12. Alla fine del maggio 1969 la SFIO tenne un congresso definito di «rinnovamento» al quale parteciparono pochissime componenti esterne: qualche Clubs e qualche rappresentante dei CIR di Mitterrand. Inaspettatamente, e forse con l'intento di prevenire una candidatura «esterna» di Mitterrand, il congresso scelse come candidato presidenziale ancora una volta Defferre. Rimasta ferma, come nel tentativo del '64, la pregiudiziale chiusura verso i comunisti, stavolta i defferristi non avevano neanche preparato il terreno per un accordo con il centro. Il risultato di questa iniziativa autonoma fu la completa fragmentazione della sinistra alla competizione presidenziale: i CIR rifiutarono di schierarsi per Defferre, il PSU presentò il suo segretario Rocard, i Radicali scelsero di votare per Poher ed i comunisti presentarono il loro vecchio leader Duclos che raccolse tutto il suo elettorato (21,5%) contro un misero 5,1 per Defferre.Google Scholar
13. Questo giudizio è largamente condiviso nella letteratura, anche se il fenomeno è attribuito a cause diverse. Per il nostro punto di vista vedi Williams, P. M., The French Parliament 1958–1967, London, Allen & Unwin, 1968, specialmente pp. 114–124; e Parliament under the Fifth Republic: Patterns of Executive Domination , in Loewenberg, G. (ed.), Modern Parliaments. Change or Decline?, New York, Aldine-Atherton, 1971, pp. 97–109; Ehrmann, H. W., Politics in France, Boston, Little Brown, 1971, cap. X. Per una posizione diversa che, pur rilevando la rigidità dei rapporti maggioranza-opposizione e la completa esclusione della seconda da ogni posizione di rilievo nell'Assemblea Nazionale, la attribuisce all'incapacità di quest'ultima di adattarsi al nuovo modello di rapporti esecutivo-legislativo introdotto con la costituzione del 1958 vedi Goguel, F., Parliament under the Fifth French Republic: Difficulties of Adapting to a New Role , in Loewenberg, G., op. cit., pp. 81–95.Google Scholar
14. Per alcuni dati quantitativi sulla partecipazione del PCI alla produzione legislativa del Parlamento e, piú in generale, per il significato politico rispetto ai rapporti maggioranza-opposizione che questa partecipazione ha avuto vedi Cazzola, F., Consenso e opposizione nel Parlamento Italiano. Il ruolo del PCI dalla I alla IV legislatura; Predieri, A., Mediazione e indirizzo politico nel Parlamento italiano; Di Palma, G., Contenuti e comportamenti legislativi nel Parlamento italiano, tutti in «Rivista Italiana di Scienza Politica», rispettivamente II (1972), pp. 71–96; V (1975), pp. 407–442; VI (1976), pp. 3–39.Google Scholar
15. Per la straordinaria sottorappresentazione dei comunisti francesi a livello cantonale e municipale in tutto il periodo del dopoguerra e per le complesse e differenziate leggi elettorali locali continuamente riviste per assicurare meglio questa rigida sottorappresentazione, Tiersky, R., French Communism 1920–1972, New York, Columbia University Press, 1974, pp. 186–191.Google Scholar
16. Confronta gli studi compiuti da Tarrow sulle élites locali dei due paesi; Il decentramento impigliato: Italia e Francia a confronto , in «Biblioteca della libertà», XII (1975), n. 4, pp. 71–103; Partisanship and Political Exchange in French and Italian Local Politics: A Contribution to the Typology of Party Systems, London, Sage Publications, 1974, pp. 42–46; Party Activists in Public Office: Comparisons at the Local Level in Italy and France , in Blackmer, D. L. e Tarrow, S. (eds.), Communism in Italy and France, Princeton, Princeton University Press, 1975, pp. 143–172. Quest'ultimo articolo compara direttamente gli orientamenti dei sindaci comunisti italiani e francesi.Google Scholar
17. Vale la pena di sottolineare come, soprattutto durante la V Repubblica, i sindaci abbiano goduto di un maggiore accesso ai centri di decisione amministrativi rispetto ai deputati appunto perché le loro richieste erano considerate piú legittime perché provenienti da «amministratori», anche se del livello più basso. Vedi Suleiman, E. N., Politics, Power, and Bureaucracy in France, Princeton, Princeton University Press, 1974, pp. 365–366.Google Scholar
18. Nel campione utilizzato da Tarrow la percentuale dei sindaci iscritti ad un partito era dell'87,9% in Italia e del 45,3% in Francia. Vedi Tarrow, S., Il decentramento Impigliato, cit., p. 92.Google Scholar
19. Nemmeno i gollisti hanno mai avuto a livello locale un successo simile a quello ottenuto a livello nazionale. Tutti i loro tentativi di sostituirsi alle vecchie élite terzaforziste sono falliti. Per alcuni dati sulla penetrazione locale dei gollisti comparata a quella dei socialisti vedi Kesselman, M., Overinstitutionalization and Political Constraint , in «Comparative Politics», III (1970), p. 36.Google Scholar
20. Confronta Lefranc, J., Les gauches en France, Paris, Payot, 1973, trad. it. Le sinistre in Francia, Milano, Mursia, 1975, pp. 180–191.Google Scholar
21. Un confronto tra la leadership dei due partiti comunisti si trova in Greene, T. H., The Communist Parties of Italy and France: A Study in Comparative Communism , in «World Politics», XXI (1968), pp. 1–38. Vedi specialmente le pp. 25–32.Google Scholar
22. Confronta Tarrow, S., Communism in Italy and France: Adaptation and Change, in Blackner, D. L. e Tarrow, S. (eds), op. cit. , p. 581.Google Scholar
23. Sull'analisi di questi spostamenti strategici e della loro giustificazione teorica è centrato tutto l'ottimo volume di Tiersky, French Communism, cit. Per quanto riguarda il PCI, sotto questo profilo l'opera migliore rimane la Storia del Partito Comunista Italiano di Giorgio Galli, ripubblicato nel 1976 (Milano, Il Formichiere) con un nuovo saggio conclusivo scritto nel 1970.Google Scholar
24. Le coalizioni governative «terzaforziste» della IV Repubblica erano composte fondamentalmente da quattro partiti: socialisti, radicali, cattolici del MRP e conservatori del CNIP. Alle elezioni del 1951 questi partiti avevano rispettivamente il 15,3, 10,1, 13,4 e 13,5 per cento dei suffragi espressi. A quelle del '56 il 15,8, 14,3, 11,3 e 16,8.Google Scholar
25. Galli, Vedi G., Il difficile governo, Bologna, Il Mulino, 1972, pp. 241–244.Google Scholar
26. Bobbio ha mirabilmente sintetizzato il problema socialista negli anni '70: «Credo che i socialisti siano piú che convinti che il loro spazio politico è tanto piú grande quanto meno hanno a ridosso i fratelli nemici. Ma come si fa a mantenere la distanza quando l'altro ti si avvicina e tu rimani fermo? Anzi quando l'altro si avvicina perché tu lo chiami e dici che non puoi fare nulla senza di lui? «. Relazione svolta al convegno organizzato da Mondoperaio il 20–21 luglio a Roma sul tema «La questione socialista dopo il 20 giugno» riprodotto in «Mondoperaio», (settembre 1976), p. 48.Google Scholar
27. Basta citare i vari contributi nel già citato volume di Blackmer e Tarrow e nei due volumi della Fondation National des Sciences Politiques, Le Communisme en France e Sociologie du communisme en Italie, Paris, Colin, rispettivamente 1969 e 1974. Molte note comparative con giudizi in questo senso sono reperibili anche in Blackmer, D. L., Unity and Diversity. Italian Communism and the Communist World, Cambridge, (Mass.), M.I.T. Press, 1968.Google Scholar
28. Vedi in particolare Hellman, S., The PCI's Alliance Strategy and the Case of the Middle Class, in Blackmer, D. L. e Tarrow, S., op. cit. , pp. 373–419.Google Scholar
29. Il «fattore tradizione» come determinante del voto nell'elettorato italiano è stato sottolineato particolarmente in Galli, G. (a cura di), Il comportamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1968, pp. 419 ss. Considerazioni molto simili in relazione al voto della sinistra francese si trovano in McHale, V. E., Electoral Traditions and Opposition Building in France, in «Comparative Politics», III (1971), pp. 499–516.Google Scholar
30. Kriegel, A., Les communistes français, Paris, Seuil, 1970, p. 164.Google Scholar
31. Per un'indagine approfondita della struttura interna del potere nella SFIO mollettiana vedi Simmons, H. G., French Socialists in Search of a Role 1956–1967, cit., pp. 170–200.Google Scholar
32. Sugli sforzi organizzativi di Basso e Morandi vedi Landolfi, A., Il socialismo italiano, Roma, Lerici, 1968, pp. 29–88; Agosti, A., Rodolfo Morandi, Bari, Laterza, 1971.Google Scholar
33. Vedi Cazzola, F., Il partito come organizzazione. Studio di un caso: il PSI, Roma, Edizioni del Tritone, 1970, specialmente pp. 73 e ss.Google Scholar
34. Per il limitato ricambio dei parlamentari cfr. Cazzola, F., op. cit. , pp. 126–131; e per quel che riguarda il passaggio dalla VI alla VII legislatura Pasquino, G., Ricambio parlamentare e rendimento politico , in «Politica del Diritto», VII (1976), tabella 1. Per la persistenza e la parlamentarizzazione dei dirigenti di partito cfr. Cazzola, F., Carisma e democrazia nel socialismo italiano, Roma, Collana di studi e ricerche dell'Istituto Luigi Sturzo, 1967, pp. 25–32; e per le Direzioni elette nel marzo 1976 e nel luglio 1976, Pasquino, G., Pivotal but Declining: The Fate of the Italian Socialist Party, cit. tabella 11. Infine, per una buona presentazione generale della degenerazione oligarchica e della crisi di partecipazione del partito vedi Panebianco, A., Analisi di una sconfitta. Il declino del PSI nel sistema politico italiano, in «Il Mulino», XXV (1976), specialmente pp. 687–696.Google Scholar
35. Lange, Vedi P., La politica delle alleanze del PCI e del PCF , in «Il Mulino», XXIV (1975), pp. 510–512; e Sivini, G., Le parti communiste. Structure et fonctionnement, in AA.VV., Sociologie du communisme en Italie, cit., pp. 59–68.Google Scholar
36. Confronta i dati forniti da Kriegel, A., op. cit. , pp. 272–273.Google Scholar
37. Vedi per il PCF ibidem , pp. 40–42 e p. 274, per il PCI Sivini, G., Le parti communiste, cit., pp. 84–100.Google Scholar
38. Il rapporto tra PCF e intellettuali, particolarmente quelli dissidenti, è studiato a fondo da Johnson, R., The French Communist Party Versus the Students, New Haven, Yale University Press, 1972, capitoli IV e V. Vedi anche il confronto tra l'atteggiamento del PCI e del PCF sullo stesso problema in Greene, T., The Communist Parties of Italy and France, cit., pp. 29 32.Google Scholar
39. Per il PSI abbiamo già detto. Per la SFIO dati e informazioni sulla crisi degli organismi di base — a cominciare dai Groupes Socialistes d'Entreprises — si trovano in Simmons, H., French Socialists, cit., pp. 197–198 e 185–187. Nello stesso volume vedi anche i dati sulla percentuale dei consiglieri comunali sugli iscritti (p. 281), sulla percentuale di deputati che rivestivano la carica di sindaco (p. 284) e sul non rinnovamento e invecchiamento della leadership di partito e parlamentare (p. 202).Google Scholar
40. La storia piú particolareggiata della fase iniziale di questo processo negli anni '60 è quella di Wilson, F., The French Democratic Left 1963–1969, Stanford, Stanford University Press, 1971, anche se il libro è viziato da una marcata preferenza dell'autore per le scelte terzaforziste che sovente lo portano a giudizi discutibili.Google Scholar
41. Per i dati forniti nel testo e altri vedi soprattutto i due articoli di Wright, V. e Machin, H., The French Socialist Party in 1973: Performance and Prospects , in «Government and Opposition», IX (1974), pp. 123–145; e The French Socialist Party: Success and the Problems of Success, in «The Political Quarterly», XLVI (1975), pp. 36–52. Vedi anche i dati sulla composizione generazionale dei delegati al Congresso di Grenoble del giugno 1973 in Cayrol, R., L'univers politique des militants socialistes: une enquête sur les orientations, courantes et tendences du Parti Socialiste, in «Revue Française de Science Politique», XXV (1975), pp. 23–52.Google Scholar
42. Force Ouvrière, il sindacato emerso alla fuoriuscita dei socialisti dalla CGT egemonizzata dai comunisti, non si era mai associato strettamente sul piano politico con la SFIO. Sui nuovi legami tra CFDT e PSF e, piú in generale, sui rapporti tra organizzazioni sindacali e partiti nel dopoguerra vedi Reynaud, J. D., Trade Unions and Political Parties in France: Some Recent Trends , in «Industrial and Labour Relations Review», gennaio 1975, pp. 208–225.CrossRefGoogle Scholar
43. Ammesso, appunto, che il partito sappia sfruttare questa sua risorsa e non la sacrifichi ai calcoli sugli equilibri interni di potere. Il caso del fallimento dei contatti preelettorali tra socialisti e radicali alle ultime elezioni è emblematico delle capacità del PSI in questo senso. Vedi Panebianco, A., Analisi di una sconfitta. Il declino del PSI nel sistema politico italiano, cit., pp. 684–685.Google Scholar
44. Lange, P., La politica delle alleanze del PCI e del PCF, cit., p. 521.Google Scholar
45. Barnes, S. H. e Pierce, R., Le preferenze politiche degli italiani e dei francesi , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», II (1972), p. 351.Google Scholar
46. Lange, P., La politica delle alleanze del PCI e del PCF, cit., p. 504.Google Scholar
47. Converse, P. E., Of Time and Partisan Stability , in «Comparative Political Studies», II (1969), pp. 139–171.Google Scholar
48. Per la Francia vedi il classico lavoro di Converse, P. E. e Dupeux, G., Politicization of the Electorate in France and the United States, originariamente pubblicato in «Public Opinion Quarterly», XXVI (1962), pp. 1–23. Per l'Italia vedi l'analisi di Sani, G., Canali di comunicazione politica e orientamenti dell'elettorato, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IV (1974), pp. 371–386, specialmente i dati delle tabelle n. 5, 6 e 7.Google Scholar
49. Naturalmente esiste anche un feedback. Tanto piú cause esterne portano instabilità tanto piú l'identificazione partitica degli elettori tende a rimanere bassa.Google Scholar
50. Barnes, S. H., Modelli spaziali e l'identificazione partitica dell'elettore italiano , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», I (1971), p. 127.Google Scholar
51. Ascher, W. e Tarrow, S., The Stability of Communist Electorates: Evidence from a Longitudinal Analysis of French and Italian Aggregate Data , in «American Journal of Political Science», XIX (1975), pp. 475–499.Google Scholar
52. La migliore analisi dello scompiglio che l'arrivo di De Gaulle determinò sconvolgendo completamente i classici cleavages sociali, culturali, economici etc. soprattutto del centro e della destra francese è di Cerny, P. G., Cleavage, Aggregation, and Change in French Politics , in «British Journal of Political Science», II (1972), pp. 443–455.Google Scholar
53. Pierce, R. e Converse, P. E., Stability and Change in the Sources of French Electoral Behavior, relazione presentata alla riunione annuale dell'American Political Science Association, Washington (D.C.), settembre 1972, p. 28.Google Scholar
54. Cfr. le acute osservazioni di Sani, G., Mass Constraints on Political Realignments: Perceptions of Anti-System Parties in Italy , in «British Journal of Political Science», VI (1976), spec. pp. 14–15.Google Scholar
55. In generale, per l'immagine globale dei due PC presso l'elettorato vedi Fichelet, M., Fichelet, R., Michelat, G. e Simon, M., L'image du parti communiste français d'après les sondages de l'IFOP, e Lancelot, A. e Weill, P., L'attitude des français à l'égard du parti communiste en février 1968 d'après une enquête de la SOFRES, ambedue in Le communisme en France, cit., pp. 255–279 e 281–303; e Visentini, G., L'image du Parti Communiste, in Sociologie du communisme en Italie, cit., pp. 183–198.Google Scholar
56. Tiersky, R., French Communism, cit., p. 306.Google Scholar
57. Ibidem, pp. 308–309.Google Scholar
58. Cfr. il già citato libro di Johnson, R., The French Communist Party versus the Students. Google Scholar
59. Alcuni altri dati che suggeriscono un'evoluzione dell'opinione pubblica in direzione favorevole al PCI sono in Sani, G., Ricambio elettorale e identificazioni partitiche: verso un'egemonia delle sinistre? , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», V (1975), spec. tabella 10 p. 536.Google Scholar
60. Cfr. Sani, G., La strategia del PCI e l'elettorato italiano , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1973), p. 570.Google Scholar