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I Sigilli cosiddetti arnaldiani

Published online by Cambridge University Press:  29 February 2016

Graziella Federici Vescovini*
Affiliation:
Universitá degli Studi di Firenze

Extract

Si presenta qui l'edizione critica del breve testo De sigillis attribuito dalla tradizione ad Arnaldo di Villanova. Esso fu pubblicato insieme agli altri suoi scritti per la prima volta nell'Opera omnia Arnaldi a Lione nel 1504.

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Research Article
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References

1 Per un esame del problema, cfr. Perrone Compagni, V., “Abracadabra: Le parole nella magia (Ficino, Pico, Agrippa),” Rivista di Estetica 42 (2002): 105–30; Rosier-Catach, I., La parole efficace, signe, rituel, sacré (Paris, 2004), che mette in luce l'importanza del patto con il diavolo per definire la magia “naturale” di Guglielmo d'Alvergna e lo scritto provocatorio di de Libera, A., “La face cachée du monde,” Critique 59 (2003): 430–48, volume interamente dedicato ai problemi della magia e del pensiero magico. Sebastian Giralt, nella prefazione alla sua edizione critica del De improbatione maleficiorum di Arnaldo, osserva che la distinzione tra magia naturale e magia demoniaca è facile in teoria e difficile in pratica. A parer mio, il discorso deve essere rovesciato, nel senso che è facile in pratica, poiché la descrizione delle operazioni in generale è comune (tranne il patto con il diavolo, che appartiene alla tradizione cristiana), ma difficile in teoria per la confusione introdotta tra filosofia, religione e scienza, da Ficino e Pico, Agrippa, dovuta anche alle dottrine dei testi magici, ermetici-necromantici anche anonimi (cfr. l'opera edita da Kieckhefer, Richard, Forbidden Rites: A Necromancer's Manual of the Fifteenth Century [University Park PA, 1997]). È la teoria, che è difficile da districare, perché dipende dalle commistioni delle diverse posizioni filosofiche, religiose e scientifiche astronomiche che si sono avute nei vari periodi storici. Per il Medioevo ciò riguarda le correnti che l'attraversano: le platonico-agostiniane e poi neoplatoniche, oppure quelle aristotelico-tomiste o meno; riguardava la credenza se i demoni sono creature angeliche decadute e quindi superiori agli uomini comuni, oppure creature naturali ma non intermedie tra Dio e l'uomo, come riteneva il razionalista Witelo nella sua opera De causa primaria poenitentiae in hominibus et de natura daemonum (ed. Paschetto, [Torino, 1978], 89–132; ed. Burchardt, J., List Witelona, Studia copernicana 19 [Wroclaw, 1979], 161–214). Se poi i corpi celesti e i pianeti non erano considerati animati o intelligenti, ma corpi fisici che conferiscono solo luce, calore e movimento, anche la loro influenza non era più magico-demoniaca, ma solo fisico-meccanica naturale.Google Scholar

2 Katinis, T., “Sulla storia di due ‘imagines’ contro i veleni descritte da Ficino,” Hermetism from Late Antiquity to Humanism — La tradizione ermetica dal mondo tardo-antico all'Umanesimo: Atti del Convegno internazionale di studi, Napoli, 20–24 novembre 2001, ed. Lucentini, P., Parri, I., Perrone Compagni, V. (Turnhout, 2003), 613–20; in particolare, Weill-Parot, N., Les images astrologiques au Moyen-âge et à la Renaissance (Paris, 2002), 643–708; si veda anche la mia interpretazione, Federici Vescovini, G., “L'espressività del cielo di Marsilio Ficino, Lo zodiaco medievale e Plotino,” Bochumer philosophisches Jahrbuch für Antike und Mittelalter 1 (1996): 111–26, e in modo più esteso “Marsilio Ficino e lo spirito celeste,” Annali delta Fondazione Ugo Spirito 5 (1993): 71–90. Cfr. anche Couliano, J. P., “Magia spirituale e magia demoniaca nel Rinascimento,” Rivista di storia e letteratura religiosa 17 (1981): 360–468.Google Scholar

3 Weill-Parot, , Les images astrologiques , 477–96, in particolare 492.Google Scholar

4 II testo è collocato tra le opere non datate e spurie da Demaitre, L. E., Doctor Bernard de Gordon Professor and Practitioner (Toronto, 1980), 9697, su due mss: Vienna, Nationalbibliothek 3162, sec. XV, fol. 239r–41r, e Wiesbaden, ms 79, anno 1518, fol. 54v–56r; Shatzmiller, , “In Search of the ‘Book of Figures,”’ Association of Jewish Studies Review 78 (1982–83): 383–407.Google Scholar

5 Rinviamo per il testo attribuito al Bernard all'edizione di Demaitre, Doctor Bernard de Gordon , 98 n. 131, fornendo solo le prime righe del testo: “Libra est signum aureum masculinum cuius figura sit homo habens libram in manibus suis. Et subvenit egritudini matricis, splenis et stomachi, fiat ergo impressio hominis habentis duo manus, tenentis in manibus dextris libram et in sinistram librum e converso. Fiat ex quocumque metallo sole in Libra existente in prima facie ipsius et non sit Venus retrograda et Luna sit in augmento et si sit in Libra erit valde bonum: fiat quoque in die et hora Solis tantum et non aliter percutiendo, vel aliter fiat impressio secundum quod dixit Enoch.” Da qui si evince la descrizione precisa degli aspetti, come la precisione del giorno e dell'ora, che non c'è nei sigilli arnaldiani.Google Scholar

6 Cfr. n. precedente.Google Scholar

7 Pingree, D., “Al-Tabari on the Prayers to the Planets,” Bulletin d'Etudes orientates (Sciences occultes et Islam) 44 (1992 [Damas, 1993]): 105–12.Google Scholar

8 Zambelli, P., The “Speculum astronomie” and Its Enigma: Astrology, Theology and Science in Albertus Magnus and his Contemporaries (Dordrecht-Boston, 1997); Paravicini Bagliani, A., Le “Speculum astronomie” une énigme? Enquête sur les manuscrits, Micrologus Library 6 (Firenze, 2001), in particolare 158–60.Google Scholar

9 Le suffumigazioni sono di rito in questi libri, cfr. Perrone Compagni, V., “Una fonte ermetica, il ‘Liber orationum planetarum,”’ Bruniana e Campanelliana 7 (2001): 189–97, in particolare 197, Suffumigatio lunae ; Shatzmiller, , “In Search of the ‘Book of Figures,”’ 392, che rileva come ho osservato anch'io che queste suffumigazioni sono del tutto assenti nei Sigilli arnaldiani. In particolare Picatrix (ed. Pingree, ), si veda p. 319 sotto la voce suffumigacio, suffumigare. La suffumigatio è la terza operazione da compiersi nella definizione di scienza magica, che comprende tre operazioni per essere perfetta tra cui la suffumigatio (Picatrix 2.5 [p. 46]).Google Scholar

10 “Introductio in librum [Joachim] De semine scripturarum, Allocutio super significatione nominis Thetragrammaton,” in Arnaldi de Villanova Opera Theologica Omnia 3, curante Josep Perarnau (Barcelona, 2004), 116–17. L'astrologia è una delle scienze del quadrivio che permette di conoscere “rota totius temporis seculi huius…. Hic astrologus metitur corporum sfericorum dimensiones, hic octonarium sferarum visibilitus signis enumerat … eclipses luminarium previdet et satagit non sine misterio coniecturare futura” (ibid., 116); da questo passo è chiara la concezione astronomico-fisica dell'astrologia di Arnaldo, comune anche a Pietro d'Abano, di cui condivide il carattere di previsione congetturale, senza nessun possibile riferimento a una astrologia magico-ermetica. E questa visione astrologica del De semine ci pare la stessa dei Sigilli. Per una possibile collocazione cronologica del De sigillis all'interno della successione delle opere di Arnaldo, sappiamo che la discussione è aperta, per cui tanto più ipotetica è la certezza di poter stabilire in che periodo Arnaldo potrebbe averla redatta: dai riferimenti al De parte operativa, alla Reportatio super Vita brevis, alle Parabole, che paiono sviluppare le medesime idee contenute nei Sigilli, all'Allocutio super significatione nominis etc., si potrebbe avanzare l'idea che questa operetta fosse completata alla fine della camera a Montpellier; che non avesse avuto il tempo di prepararla per la pubblicazione e la circolazione, come è successo per le altre opere, che invece sono state sopravvissute in molte copie. Potrebbe essere stata redatta intorno agli anni 1300–1301, dopo il successo della guarigione di Bonifacio VIII per l'applicazione del sigillo del leone: “Arnaldus modo mense iulii preterito dum sol esset in signo Leonis fecit quemdam denarium et quoddam bracale pape, que cum portaret, malum lapidis amodo non sentiret” (Finke, H., Aus den Tagen Bonifaz VIII. (München, 1902), xxix. Non se ne è più occupato e ha lasciato opere incomplete come il De parte operativa, tutto teso a difendersi dai suoi nemici. Cfr. McVaugh, M., “Chemical Medicine in the Medical Writings of Arnau de Vilanova,” in Actes de la II Trobada international d'Estudis sobre Arnau de Vilanova, Barcelona, 30 settembre – 3 octubre 2004 (Barcelona, 2004), 1–24 e dello stesso ed., Arnaldi, Aphorismi de gradibus, 80–82.Google Scholar

11 Arnaldi, De parte operativa , in Opera (Lione, 1520), fol. 127ra .Google Scholar

12 “Omne enim quod sub orbe per artem vel naturam producitur aliquam proprietatem ab orbe recipit patiendi ab alio vel agendi in aliud quamvis illa sit nobis ignota” ( De parte operativa, Opera [Lione, 1520], fol. 127ra). “Patet ratio propter quam multi medicorum vocaverunt proprietatem virtutem occultam. Sed pro tanto dicitur occulta quoniam ea quibus res cognoscitur omnino apud humanam rationem ignota [est] (Speculum medicine, Opera [Lione, 1520], fol. 6vb). Cfr. Giralt, S., “Arnaud de Vilanova. Les propriétés occultes de la magie à la médecine universitaire,” Actas de la V Trobada d'Historia de la Sciencias y de la Tecnica (Barcelona, 2001), 393–98, e il mio studio “La dottrina delle virtù occulte di Pietro d'Abano e Arnaldo di Villanova,” Studi in omaggio di Colette Sirat (Turnhout, in corso di stampa). In particolare, I. Draelens, “La virtus universalis,” Hermetism (n. 2 sopra), 161–64.Google Scholar

13 Ha pesato per l'interpretazione in senso magico della virtus occulta di Arnaldo l'interpretazione di Agrippa, che proprio anche a lui e a Pietro d'Abano si richiama, per cui tali virtù la cui causa è latente dipenderebbero dalle idee della mente divina, trasmesse dall'anima del mondo e che imprime le loro proprietà tramite le immagini celesti. Agrippa, C., De occulta philosophia 1.10 (ed. Perrone Compagni, V. [Leiden, 1992], 105–7): “Nam haec virtutes [occultae] quia multum formales sunt, ideo cum minima materia plurimum possunt; elementalis autem virtus quia materialis est, ut multum agat, multam etiam desiderat materiam. Vocantur autem proprietates occultae, quia causa eorum latentes sunt, ita quod non potest humanus intellectus investigare.” Nel capitolo seguente (1.11 [pp. 108–11]), spiega come “tali virtutes occultae infunduntur in rerum specibus ab ideis per rationes animae mundi stellarumque radiis et quae res hac virtute magis abundant.” È la dottrina rifiutata espressamente da Pietro d'Abano, mentre secondo Agrippa quante sono le “rationes seminales in anima mundi,” tante sono le idee nella mente divina, per cui: “quibus ipsa rationibus aedificavit sibi in coelis ultra stellas etiam figuras impressitque hiis omnibus proprietates. Ab hiis itaque stellis, figuris ac proprietatibus omnes specierum inferiorum virtutes et proprietates dependent, ita ut quaelibet species habeat figuram celestem sibi convenientem, ex qua etiam provenit sibi mirabilis potestas in operando, qualem per rationem anime mundi seminalem propriam ab idea sua suscipit dotem.” Pertanto, le idee non sono tanto causali, essendo di una specie qualunque, non causa di una virtù qualunque che inerisca a tale specie: “sunt enim ideae non modo causae cuiusque virtutis quae tali speciei inest…. Quae quidem virtutes [occultae] sunt idearum operationes” (1.11 [pp. 107–8]). Per i riferimenti di Agrippa ad Arnaldo, cfr. ibid. (pp. 70 e 111).Google Scholar

14 Ringraziamo Emmanuel Poulle per questo chiarimento, in particolare la recensione di Poulle, E. a Borst, Arno, Die karolingische Kalenderreform (Hanovre, 1988) in Bibliothèque de l'École des chartes 161 (2003): 694701.Google Scholar

15 Cfr. Shatzmiller, , “In Search of the ‘Book of Figures,”’ 383406, che ricostruisce questa pratica della terapia medica delle scuole ebraiche di Montpellier confrontando il Surot shneim “asar mazzalot” (Le figure dei dodici segni) del ms Cambridge University, Add. 174, fol. 94v–97v, con la citazione di Abba Mari, il Trattato dei Sigilli di Bernardo de Gordon, quello dei Sigilli arnaldiani e Picatrix, nella controversia che appare nella lettera di Abba Mari di Montpellier (1300) e Rabbi Salomon ben Adereth di Barcellona sull'uso terapeutico di questi sigilli.Google Scholar

16 Cfr. Allocutio, dove riduce il nome del Thetragrammaton di quattro lettere a tre per esprimere la Trinità cristiana. II Thetragrammaton rivela il mistero dell'Incarnazione cristiana. Come rileva Perarnau nell'introduzione alla sua edizione dell'Allocutio (pp. 49 e 53), Arnaldo doveva essere stato introdotto all'alfabeto ebraico dall'ebreo convertito Ramon Marti; cfr. March, J. M., Ramon Martí y la seva Explanatio simboli Apostolorum (Barcelona, 1908), 443–96. Arnaldo, Scrive: “Cum igitur ordine temporis hebrayca lingua precedat latinam, in acceptione Sacre Scripture contemplemur primo figuras litterales quibus in hebreo scribitur illud nomen. Sunt autem he: הדהי, id est god, he, vau, he (Allocutio, p. 151). Ora, nei nostri sigilli ritroviamo queste lettere.Google Scholar

17 Cfr. d'Aquino, Tommaso, Summa theologiae (Bologna, 1985), IIII, qu. 92, art. 1 (p. 291) e qu. 95, art. 4–6 (pp. 317–25).Google Scholar

18 Picatrix 2.12 (ed. Pingree, , p. 82).Google Scholar

19 Per una ricostruzione di questa guarigione per l'applicazione del Sigillo del Leone, cfr. Finke, H., Aus den Tagen Bonifaz VIII. , xxvi, ; Lerner, J. M. P., “The Pope and the Doctor,” Yale Review 78 (1988–89): 62–79; Diepgen, P., “Studien zur Arnald von Villanova, IV: Arnalds Stellung zur Magie, Astrologia und Oneiromantie,” Archiv für Geschichte der Medizin 5 (1911): 88–115, ristampato in Medizin und Kultur (Stuttgart, 1938), 150–72. Su Bonifacio VIII cfr. ora A. Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII (Torino, 1992). “De quo dicti cardinali mirati fuerunt turn de magistro qui se talibus immiscebat et de papa quomodo poterat talia publicare vel etiam sustineri” (Finke, H., Aus den Tagen Bonifaz VIII., xxvi).Google Scholar

20 Pereira, M., “Arnaldo di Villanova e l'alchimia: Un'indagine preliminare,” in Actes de la I Trobada International d'Estudis sobre Arnau de Vilanova , ed. Perarnau, J. (Barcelona, 1995), 95174; e Matton, S., “Hermes dans la littérature alchimique médiévale,” Hermetism (n. 2 sopra), 643–44; Paniagua, J. A., “Notas intorno a los escritos de alchimia atribudos a Arnau de Vilanova,” Estudios y notas sobra Arnau de Vilanova (Madrid, 1963), 56–57.Google Scholar

21 De vinis, in Opera omnia (Basilea, 1585), fol. 263b–264a; su questa citazione, cfr. la nota di Paniagua, J. A., Estudios y notas sobre Arnau de Vilanova, 67 e Ziegler, J., Medicine and Religion c. 1300: The Case of Arnau de Villanova (Oxford, 1998), 40.Google Scholar

22 “In omni enim hora influunt partes orbis aliam et aliam virtutem generabilibus secundum quod requirit figura orbis determinata per oroscopum vel ascendens in hora relata ad generabile vel generatum quecumque sit, sed tamen virtutem quam superiora influunt non suscipiunt nisi corpora disposita vel solum per agentia naturalia vel adminiculo artis, ut ex parte quadam individua cuiuslibet speciei acquirunt aliquam proprietatem que ceteris eiusdem species non convenit (De parte operativa) in Opera omnia (Lione, 1532), fol. 127ra .Google Scholar

23 Cfr. n. 11 sopra. Delle numerose copie manoscritte che attribuiscono ad Arnaldo testi di medicina astrologica, ancora non è chiara la loro attribuzione.Google Scholar

24 Sulla forma specifica di Arnaldo messa in relazione con la dottrina di Avicenna, cfr. Draelens, , “La virtus universalis” (n. 2 sopra), 161–64, e M. McVaugh nell'introduzione alla sua edizione degli Aphorismi de gradibus di Arnaldo, che è stato uno dei primi a mettere in luce come questa dottrina derivi da un passo di Avicenna (McVaugh, M., ed., Arnaldi de Villanova Opera medica omnia 2: Aphorismi de gradibus (Barcelona, 1975), 115–21; cfr. anche Ziegler, , Medicine and Religion, 247, e ora McVaugh, M., “‘Encantationes’ in Late Medieval Surgery,” in Ratio et Superstitio: Essays in Honor of Graziella Federici Vescovini, Textes et études du Moyen Âge 24 (Turnhout, 2003), 334–35.Google Scholar

25 Ringrazio Sebastian Giralt che ha messo a mia disposizione la sua recente edizione critica del “De improbatione maleficiorum,” in Arnaldi de Villanova Opera medica omnia 7 (Barcelona, 2004).Google Scholar

26 Dall' Aforisma 2.32 a 2.41 Arnaldo sviluppa questa idea della differenza della virtus communis, rispetto alla virtus propria, cfr. Arnaldi de Villanova Opera medica omnia 6.2, 6163.Google Scholar

27 In particolare, McVaugh, M., ed., Arnaldi de Villanova Opera medica omnia 2: Aphorismi de gradibus , 115–21. La virtù o forma specifica è distinta in quella comune a tutti gli individui di una stessa specie e in virtus o forma specifica propria, che è quella che risulta in un individuo dalla sua complessione accidentale: ossia è una forma che è propria accidentalmente di quell'individuo perché non l'hanno per esempio tutti gli altri individui di quella medesima erba o pietra (De parte operativa, Opera [Lione, 1520], fol. 127ra). Cfr. su questo problema McVaugh, M., “‘Encantationes’ in Late Medieval Surgery,” 334–35.Google Scholar

28 Cfr. Giralt, S., “De improbatione maleficiorum,” 307 e sgg.Google Scholar

29 Come chiaramente spiega nel Lucidator dubitabilium astronomiae (astrologiae), Pietro d'Abano distingue le immagini astronomiche da quelle magiche e necromantiche. Infatti, secondo la teoria delle “elezioni” dell'immagine del Cielo del momento più favorevole a una impresa qualunque, ad essa è subordinata la scienza sia delle immagini astronomico-astrologiche sia che magiche secondo quanto ne hanno scritto (afferma Pietro d'Abano) Tolomeo, Thebit, e Zahel nel libro dei Sigilli ( Lucidator dubitabilium astronomiae , diff. 1, propter primum, ed. Federici Vescovini, G. [Padova, 1988], 117). Questi autori intendono rendere onesta la loro disciplina sottomettendola all'astronomia, “ut honestentur et defendantur imagines necromantie ac potius malefice, characteres sigillorum et que invocationes demonum etiam sive angelorum in earum expetunt structura suffumigationibusque aromaticis vel fetidis suffumigare. Quales sunt Hermetis Belenus, Thozz greci, Germath babilonensis, Job iudei, arabis Zekel caputque Saturni, necnon Liber Lune, Liberque Veneris et aliorum planetarum … et ceteris huiusmodi quod pertranseo libri satis obsceni ac intellectus depravativi.” La condanna di questi libri necromantici delle immagini demoniache planetarie e dei loro sigilli è fermissima.Google Scholar

30 Conciliator differentiarum medicorum et philosophorum, diff. 156, propter tertium e differenza 64, a proposito dell'azione attiva delle imagines e degli spiriti che agiscono tramite esse: “Propter quod theologizantes dixerunt hoc ex vigore magis contingere demonum actibus implicantium talibus quod dicant simplicibus et precipue mulierculis plus quam prudentibus hinc effectus consurgere, has etiam enim amplius possunt astutioribus decipere. Quia autem hec persuasio a spiritibus sumpta presentis non est methodi, dicendum forsitan magis erit quod materia stellis proportionali suscepta et liquata sic aut aliter ( Conciliator [Venezia, 1476], fol. 208vb–209r). Il corsivo è mio.Google Scholar

31 Agostino, De civitate dei 9.23; 8.14–22; cfr. le osservazioni di Manselli, R., “Le premesse medievali della caccia alle streghe,” in La stregoneria in Europa , ed. Romanello, M. (Bologna, 1975), 41 e sgg. Sulla demonologia di Guglielmo di Alvergna, cfr. in particolare Rosier-Catach, La parole efficace (n. 1 sopra), 115 e sgg.Google Scholar

32 Giralt, S., “De improbatione maleficiorum,” 305–9.Google Scholar

33 Interessante in questo testo è la negazione dell'idea di magia cerimoniale dei gentili e dei filosofi, che tuttavia “est opinio plurimorum”, che nessun uomo o sostanza intellettiva animata, congiunto al corpo può impossessarsi della virtù di Saturno o Giove e mediante essa cacciare i demoni. Se qualcuno potesse farlo, dovrebbe essere uomo perfetto e mondo, mentre coloro che fanno queste invocazioni sono esseri che conducono una vita sordida e spregevole, sono dei puri idioti e le maestre di tali inganni sono delle donne puzzolenti.Google Scholar

34 Conciliator, diff. 135, propter tertium, fol. 192r–v, “Confidentia est species quedam,” la quale “existit anime,” “movet similitudinem rei existentis extra,” altera la mente, la fantasia, il senso e le meditazioni. Su ciò in particolare il mio studio “Pietro d'Abano e Taddeo da Parma sull'immaginazione,” in Intellect et imagination dans la philosophic médiévale: Actes du XI e Congrès de philosophic médiévale, Société internationale pour l'étude de la philosophie médiévale, Porto 26–31 agosto 2002 , 1, ed. Pacheco, M. C. e Meirinhos, J. F. (Turnhout, in corso di stampa).Google Scholar

35 In particolare Pietro d'Abano, Compilatio physionomie (Padova, 1474), in cui è espressa chiaramente questa idea della interrelazione tra psichico e corporeo. Egli inizia questa tradizione fisiognomica con grande autorità, allorché sarà consacrato come un maestro nello Speculum physionomie del medico padovano-ferrarese Michele Savonarola (cfr. il mio studio, “La medicina astrologica dello ‘Speculum phisionomie’ di Michele Savonarola,” In supreme dignitatisPer la storia dell'Università di Ferrara, 1391–1991 , ed. [Firenze, 1995], 415–29).Google Scholar

36 Sulla legatio dovuta alla perturbazione dello spirito e del cervello, parla Arnaldo in Speculum medicine, Opera (Lione, 1520), fol. 5ra: “Sed propter rei alterationem debet corpori applicare suspendendo vel applicando vel alligando secundum formam a sapientibus traditam in Physicis ligaturis specialiter a Galeno et Dioscoride.” Google Scholar

37 “Ego quotusque in multis antiquorum libris legi suspensa collo suffragari cum proprietate non cum natura sui; quod non denego posse fieri propter confortationem mentis ut dixi,” ed. Wilcox, e Riddle, , Medieval Encounters 1 (1995): 34. Su Costa ibn Luqa cfr. Wilcox, J., “Qusta ibn Luqa and the Eastward Diaspora of Hellenic Medicine,” in The Diffusion of Greco-Roman Medicine into the Middle East and the Caucasus , ed. Greppin, J. A. C., Savage-Smith, E., and Gueriguian, J. L. (New York, 1999), 73–128.Google Scholar

38 “Nam cum noticia proprietatum non possit haberi per rationem, sed tantum experimento et revelatione et experientia casuali et revelatio sunt communes vulgo et sapientibus possibile est ut proprietatum noticie primo habeantur a vulgaribus quam ab aliis” ( Reportatio super Vita brevis, Opera [Lione, 1520], fol. 276ra ).Google Scholar

39 Paniagua, J. A., El maestro Arnau de Vilanova medico (Valencia, 1960) ristampato con edizione rivista in Paniagua, Studia arnaldiana, 49–143, e “Abstinencia de carne y medicina,” Scripta theologica 16 (1984): 323–24; cfr. Giralt, S., “De improbatione maleficiorum” (n. 25 sopra), 190–91.Google Scholar

40 Crisciani, C., “Exemplum Christi e sapere: Sull'epistemologia di Arnaldo di Villanova,” in Archives internationales d'histoire des sciences 28 (1978): 245–92; Ziegler, , Medicine and Religion (n. 21 sopra), in particolare 116–17, 126–34, 241 e 246.Google Scholar

41 Sull'experimentum nella medicina di Arnaldo, cfr. anche l'introduzione di McVaugh, M. all'edizione Aphorismi de gradibus (n. 24 sopra), 1–136; cfr. dello stesso McVaugh, M., “The Experimenta of Arnald of Villanova,” Journal of Medieval and Renaissance Studies 1 (1971): 107–18; Agrimi, J., Crisciani, C., “Per una ricerca su ‘experimentum’ – ‘esperimenta,’ iflessione epistemologica e tradizione medica (sec. XIV–XV),” in Presenza del lessico greco e latino nelle lingue contemporanee , ed. Gianni, P. e Mazzini, I. (Macerata, 1990), 9–49.Google Scholar

42 “Effectus autem proprietatis nequit ratione cognosci cum priora sint in eis occulta, nec etiam collegi potest rationabili experimento, scilicet tantummodo casuali. Rationabile enim experimentum semper presupponit determinatum obiectum…. Nisi enim experimento casuali vel aliquo modo revelationis sciretur corallum habere determinatum aspectum ad stomachum, non posset ullo modo ratione cognosci” (Speculum medicine, Opera [Lione, 1520], fol. 6vb ).Google Scholar

43 Aphorismi de gradibus (ed. McVaugh, , p. 199): “Cum ergo dicat hoc esse infallibile, oportet ut ad hoc dicendum moveatur ab aliqua ratione qua secum experimentum vallatur posito quod fuisset expertus.” McVaugh, M., “The Nature and Limits of Medical Certitude at Early Fourteenth Century Montpellier,” Osiris, 2nd serie, 6 (1990): 68.Google Scholar

44 Cfr. n. 41 sopra.Google Scholar

45 Speculum medicine , in Opera (Lione, 1520), fol. 22rb .Google Scholar

46 L'esperienza religiosa non è esclusa dall'attività di medico di Arnaldo. Questo atteggiamento è confermato nelle Medicationis Parabole, in cui egli attesta l'origine divina della conoscenza medica, sulla base non solo di Ecclesiasticus 38, ma anche Giacomo 1:17: “Ogni dono buono e ogni perfetto dono viene da lui, dal Padre delle luci.” “Omnis medela procedit a Summo Bono.” “Sumit autem exordium hic auctor ab Altissimo, scilicet, a primo fonte cuiuslibet boni quod est Summum Bonum.” “Potuit informari a Summo Bono secundum modum influentie particularis in qua Deus propria bonitate dignatur, cum vult imprimere notitiam alicuius veritatis et circa earn illuminare notabiliter mentem eius, ut sit Minister veritatis illius et ut canalis a fonte propinans aquam pilis et alveis aut piscinis” (“Commentum super quasdam parabolas,” in Arnaldi de Villanova Opera medica omnia 6.2, 154, 160 e 282–83). Cfr. Ziegler, , Medicine and Religion , 119–20 e passim e dello stesso, “Steinschneider (1816–1907) Revised,” Medieval Encounters 1 (1997): 96–97, a proposito delle omissioni a causa delle difficoltà incontrate dal traduttore ebreo delle Medicationis Parabole di questi passi che fanno riferimento al Dio dei cristiani. Cfr. anche Ferre, L., “La terminologia medica en las versiones hebreas de textos latinos,” in Miscellanea de estudios arabes y hebraicos 40 (1991): 87–107.Google Scholar

47 Cfr. n. 42.Google Scholar

48 Antidotarium, Opera [Lione, 1520], fol. 243vb .Google Scholar

49 “Et primus est revelatio que prout fit a Deo paucis conceditur, sed prout fit ab homine debet communiter a medicis observari. Nam prudens medicus debet suum patientem diligenter interrogare vel assistentes ut ei proprietas indicetur illius. Tali etiam revelatione humana scilicet multarum medicinarum proprietates individuales multis innotuerunt. Secundus modus est experimentum” (“Commentum super quasdam parabolas,” 160).Google Scholar

50 “Sigillum leonis ab Hermete traditum, si lumbis applicatur, protinus mitigat dolores in calculosis” ( Speculum medicine, Opera [Lione, 1520], fol. 7ra). “Presentia sigilli leonis lumbis appositi non permittit sensum percipere lesionem calculi” (De parte operativa, Opera [Lione, 1520], fol. 127ra).Google Scholar

51 Cfr. n. 36.Google Scholar

52 La sua opera fu condannata dall'Inquisitore Nicolas Eymeric nel suo Directorium inquisitionis, sotto la rubrica: “Herejes condenados en los reinos de Aragon sin mandato expreso del Papa” ( Directorium inquisitorum … cum commentariis Francisci Pegñae, qu. 11 [Roma, 1587], p. 265), con la lista delle proposizioni condannate. Le edizioni dell'Opera di Arnaldo vennero censurate e alcune opere non pubblicate, fra cui il De sigillis, secondo le indicazioni degli Indices Toledanos librorum prohibitorum edito a Madrid, 1612 per Bernardo de Sandoval (cfr. Verrier, R., Etudes sur Arnaud de Villeneuve [1240–1311], 2 vols. [Leiden, 1947, 1949]; Paniagua, J. A., El maestro Arnau de Vilanova, medico [Valencia, 1969], 92). Sul Directorium di Eymeric cfr. ora Jaume de Puig I Olivier, Nicolas Eymeric un inquisidor discutido (a proposito della condanna di Lullo) e Claudia Heinemann, “Quis proprie hereticus est? Nicolas Eymericus' Häresiebegriff und dessen Anwendung auf die Juden,” Praedicatores inquisitores, 1. The Dominicans and the Mediaeval Inquisition: Acts of the 1st International Seminar on the Dominicans and the Inquisition, Roma, 23–25 feb. 2002 (Roma, 2004), rispettivamente 545–93; 595–624. Il riferimento della frase dello Speculum medicine, al sigillo del Leone, in quanto trasmesso da Ermete, è stato amplificato da alcuni studiosi, al punto da ritenere che anche i Sigilli che gli sono attribuiti, siano di magia ermetica. In realtà, come sappiamo da Pietro d'Abano, che applicava questa terapia, i riferimenti a Ermete sono generici e presuppongono una concezione vaga ma complessa e differenziata della tradizione ermetica astrologica, di cui solo in questi ultimi anni gli studi più recenti cercano di districarne le diverse tradizioni. Cfr. gli studi raccolti in Hermetism from Late Antiquity to Humanism (n. 2 sopra) e le ricerche di Vittoria Perrone Compagni. Comunque le distinzioni all'interno della tradizione astronomico-ermetica tra le immagini astronomiche sulla cui base viene costruito il sigillo, introdotte dalla classificazione data sia dall'Autore dello Speculum Astronomie che da Pietro d'Abano sono abbastanza chiare: cioè, esiste per Pietro d'Abano e i medici che applicano l'astrologia del Quadripartito anche un Hermes Tolomeo, che è un astronomo, e non un mago, distinto da un Hermes-Thebit fondatore della magia astrolatrica arabo-sabeana confluita in Picatrix e un Hermes Enoch o Noé fondatore della magia ebraica-salomonica. Cfr. Pietro d'Abano, Lucidator, 116–17, “Nosce quippe Ptolomeus in Quadripartito non tetigit interrogationes neque electiones eo quod, secundum Haly Rodoan ipsum commentantem existimavit ipsas res viles et debiles fore” (Cfr. anche Burnett, C., “The Legend of the Three Hermes and Abu Ma'shar Kitab al Uluf in the Latin Middle Ages,” Journal of the Warburg and the Courtauld Institutes 39 [1976]: 231 e sgg.).Google Scholar

53 Cfr. n. 50 sopra.Google Scholar

54 Shatzmiller, , “In Search of the ‘Book of Figures”’ (n. 4 sopra), 384–85, e dello stesso: “Contacts et échanges entre savants juifs et chrétiens à Montpelliers vers 1300,” Cahiers de Fanjeaux 12 (1977): 334–37.Google Scholar

55 Cfr. Shatzmiller, , “In Search of the ‘Book of Figures,”’ 398.Google Scholar

56 Dal ms. Bernardi de Gordonio Tractatus ad faciendum sigilla et imagines contra infirmitates diversas , Vienna, Nazionalbibliothek, 3162, fol. 239r–241v, e Wiesbaden ms. 79, fol. 54v–56r.Google Scholar

57 Finke, H., Aus den Tagen Bonifaz VIII. (n. 19 sopra), xxvi e Paniagua, J. A., “Notas intorno a los escritos de alchimia atribudos a Arnau de Vilanova” (n. 20 sopra), 63.Google Scholar

58 Aphorismi particulares in Arnaldi de Villanova Opera medica omnia 6.2, 236. Sul manoscritto della Biblioteca Nazionale di Madrid, n 138 (cfr. Inventario general 1 [Madrid 1953], 117) si trova una nota: Aphorismi de Arthetica (incipit) fol. 7v: “conservatio sanitatis in lapsis corporibus,” dopo la enumerazione delle proprietà di erbe curative (“salvia cotta et erebro sumpta” insieme alla verbena), si indica il modo di confezione di un sigillum che dovrebbe essere dei Pesci perché cura i piedi, che termina con le stesse parole di quello degli Aphorismi particulares sopra citato dopo le parole: “pedibus numquam deest robur prosperitatis (?), celeste sigillum dolores pedum effugat in eternum. Explicit etc.” Segue: “Ordinationem presentem dictavit magister Arnaldus de Villanova nobili viro comiti … de virtutibus herbe” (fol. 8r).Google Scholar

59 Cfr. Delmas, B., “Medailles astrologiques et talismanes dans le midi de la France (XIII–XVI siècle),” in Actes du 96 ème Congrès national des Sociétés savants (Toulouse, 1971), Archeologie, t. 2, 437–51, in particolare 450.Google Scholar

60 Cfr. ibid., 450.Google Scholar

61 “Et Hermes dixit, ut Arnaldus et Conciliator testantur quod ymago Leonis sculpta in auro purissimo Sole existente in Leone, Luna, Saturnum non respiciente nec ab eo recedente, in bracali aut in zona de corio vituli marini aut leonis portata, preservat a calculo” (de Caulhiaco, Guigonis, Inventarium sive chirurgia magna [ed. McVaugh, M. (Leiden, 1997), 1.380]).Google Scholar

62 Perarnau, J. y Espelt, “Activitats i Formules supersticioses de guariciò a Catalunya en la primera meitat del Segle XIV,” Arxiu de textos Catalans antics 1 (1982): 66–76.Google Scholar

63 Allocutio , 151.Google Scholar

64 Weill-Parot, , Les images astrologiques (n. 2 sopra), 492 e 803.Google Scholar

65 Rinvio su questo argomento all'introduzione della mia edizione critica del Lucidator dubitabilium astronomiae di Pietro d'Abano, Lucidator , 4346.Google Scholar

66 Come è noto, nel 1346 i suoi scritti, compresi quelli di Pietro Giovanni Olivi, furono bruciati di fronte alla cattedrale di Gerona, anche se ciò riguardava per lo più la sua opera di riforma spirituale. Cfr. per il testo di condanna di Tarragona, , Santi, F., Arnau de Vilanova, L'obra espiritual (Valencia, 1987), 283–89. Cfr. anche Perarnau, J., “Problems i criteris d'autenticitat d'obres espirituals attribuides a Arnau de Vilanova,” in Actes de la I Trobada internacional d'Estudis sobre Arnau de Vilanova (n. 20 sopra), 25–103; cfr. anche Du Plessis d'Argentré, C., Collectio iudiciorum de novis erroribus qui ab initio duodecimi saeculi ad annum 1735 in Ecclesia proscripti sunt et notati (Paris, 1728), parte 1a primi, 268–69; cfr. anche Lerner, R. E., “Ecstatic Dissent,” in Speculum 67 (1992): 33–57.Google Scholar

67 Cfr. Giralt, S., “De improbatione maleficiorum,” introduzione 215–18, che si riferisce a un passo dell'Antidotarium in Opera (Lione, 1520), fol. 244rb, relativo al Serpentario; De parte operativa, Opera (Lione, 1520), fol. 127ra .Google Scholar

68 Giralt, S., “De improbatione maleficiorum,” 207.Google Scholar

69 De parte operativa, Opera (Lione, 1520), fol. 127ra. A questo proposito osservo che egli crede nell'efficacia delle benedizioni e delle orazioni che sono superiori al comune corso della natura, da parte di Dio, donate ai credenti in grazia di Dio: “Deus ultra communem nature cursum non solum rebus, sed etiam virtutum prestat efficaciam vocibus, quamquam Veritas ministeralium gratuita salus nobisque necessaria postulat.” Queste affermazioni fanno ritenere che Arnaldo credeva nell'efficacia sovrannaturale delle benedizioni e delle orazioni consigliate da un medico ispirato e contemplator delle Verità divine, quale egli riteneva di essere, come si può supporre dai presupposti religiosi delle sue opere escatologiche come il De mysterio cymbolorum Ecclesiae e il De tempore adventu Antichristi: “Et licet speculatores ordinari sint prelati … nihilominus etiam speculatores existunt in Ecclesia prophetarum … quicumque scrutantur sacra eloquia, speculatores domini sunt ad populum suo modo…. Unde licet, ad clamandum non sint ex auctoritate ordinaria quia tamen divine veritatis hauriunt cognitionem, per ipsam debitores efficiuntur Deo et proximo, “Tractatus de tempore adventus Antichristi,” ed. Perarnau, J., Arxiu de Textos Catalans Antics 7–8 (1988–89): 67–133. Cfr. anche Mensa, Jaume y Valls, , “Fue Arnau de Vilanova un Profeta apocaliptico?” Bulletin de philosophie médiévale 38 (1996): 129–40.Google Scholar

70 Sulla religiosità di Arnaldo, cfr. Manselli, R., “La religiosità di Arnaldo di Villanova,” Bollettino dell'Istituto Storico italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano 63 (1951): 98, e gli studi di Santi, Arnau de Vilanova, e eadem, Arnaldo di Villanova: Dal potere medico al non potere profetico, in Poteri carismatici e informali (Palermo, 1991), 262–86.Google Scholar

71 Bruno Delmas ha ritrovato due medagliette del segno dell'Ariete e dei Pesci che si ispirano ai Sigilli attribuiti ad Arnaldo nel fondo della Biblioteca Nazionale di Parigi, del XVII secolo l'una e l'altra del XVI secolo.Google Scholar

72 Delmas riporta l'inventario dei beni del nipote di Arnaldo Giovanni Blaise, secondo il quale egli avrebbe posseduto sette immagini in oro del segno del Leone e undici in cuoio. Secondo un'altra testimonianza, cfr. Verrier, , Etudes sur A. de Villaneuve (n. 52 sopra) e Paniagua, J., El maestro Arnau (n. 39 sopra), 71, nell'inventario dei beni di Arnaldo a Valenza, dopo la sua morte, al n. 330 si sarebbe trovata l'indicazione di esemplari di medagliette. (Cfr. qui n. 49.) Cfr. anche Chabas, Roque, “Inventarios de los libros, ropas y dermás efectos de Arnaldo de Villaneuva,” Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos 9 (1903): 1149.Google Scholar

73 Delmas, B., “Medailles astrologiques et talismans,” 451, che ricostruisce la controversia; Gerson, J., De erroribus circa artem magicam, in Opera omnia , ed. du Pin, Ellies, col. 217–19; Boudet, J.-P., “Les condamnations de la magie à Paris en 1398,” Revue international d'histoire et de littérature réligieuse, nouvelle série 12 (t. 73) (2001): 121–57, e Weill-Parot, N., Les images astrologiques, 593–601.Google Scholar