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Ten Debatable Dante Metaphors

Published online by Cambridge University Press:  02 December 2020

H. D. Austin*
Affiliation:
University of Southern California

Extract

The Lashing Gale.—The description of the gale that torments the carnal sinners, Inf., v, 33, as “whirling and smiting” them suggests that in using gastiga in vs. 51 Dante may have had in mind the figure of a whipping-top. As the wailing and wretched shades approach he asks: “Master, who are those folk that the black air so chastises?” Whipping-tops were a common toy in mediaeval Italy; and in Par., xviii, 42, Dante refers to them specifically, saying of the swift rotation with which the light of Judas Maccabæus responded to his name, in the Cross of Mars: “joy was the whip of the top.”

Type
Research Article
Copyright
Copyright © Modern Language Association of America, 1937

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References

page 1 note 1 “Voltando e percotendo li molesta.”

page 1 note 2 Vs. 50 f.: “Maestro, chi son quelle/genti che l'aura nera sì gastiga?”

page 1 note 3 Vss. 40–42: “E al nome dell'alto Maccabeo/vidi moversi un altro roteandole letizia era ferza del paleo.”

page 1 note 4 Howell's translation, in Temple Classics: Latin Works of Dante. Rajna's Testo critico reads (i. vii. 5): “Sed exsurgens, non hostili scotica, sed paterna, et alias verberibus assueta, rebellantem filium pia correctione, nec non memorabili, castigami.

page 2 note 5 Commentators have noted that Dante once elsewhere uses correggere in a similar sense (Purg., vi, 94 f.): “guarda come esta fiera è fatta fella/per non esser corretta dalli sproni.”—Ps. xcv. 10, “correxit orbem terre” (some early MSS omit “terre”) is quoted as a parallel.

Petrarch uses correggere in this sense, Canzone “Spirto gentil” (liii), 4 f.:“… l'onorata verga/Colla. qual Roma e suoi erranti correggi.”

The much disputed “cor(r)egger” of Par., xi. 138, may possibly have a related connotation, as one of two simultaneously intended meanings.

page 2 note 6 Inf., xxviii, 115–17: “se non che coscienza m'assicura,/la buona compagnia che l'uom francheggia/sotto l'asbergo del sentirsi pura.”

page 2 note 7 “come lo coretto dà franchezza all'uomo di mettersi tra' ferri.”

page 2 note 8 “dice bene l'Auttore che la buona coscienzia l'assicurava, ch' era pura sotto il petto, ch' è sbergo dell'anima.”

page 2 note 9 “perchè tanta viltà nel cuore allette?/perchè ardire e franchezza non hai?”

page 3 note 10 So, in the following quotation, taken from the great Tommasèo-Bellini Dizionario (and the Crusca): “Fuggendo le signorie naturali, addomandano d' essere francheggiati; e poi diventano fanti d' altri vili signori” (Frate Jacopo da Cessole, Volgarizzamento del libro degli uffizi de' nobili sopra il giuoco degli scacchi; Milan, 1829—an anonymous translation made before 1493, from original Latin).

page 3 note 11 In a converse way, compagna was not infrequent for compagnia; and Dante himself uses it thus (in rhyme) in Inf., xxvi, 101.—Semantically analogous to compagnia for compagna would be “famiglia” for famiglio (or famigliare), Inf., xxii, 52.

page 4 note 12 Purg., xxvii, 42: “(… il nome/) che nella mente sempre mi rampolla.”

page 4 note 13 “come d' arco tricordo tre saette.”

page 4 note 14 “… molte volte taglia/più e meglio una che le cinque spade.”

page 4 note 15 “invidia move il mantaco a' sospiri.”

page 4 note 16 Dante uses the same definite metaphor once elsewhere: Egl., iv, 35: “pectoreos cursu rapido sic angere folles.

page 5 note 17 This geometrically precise meaning of appuntarsi is nicely exemplified in Par., ix, 118 f.: “… questo cielo, in cui l'ombra s' appunta/che 'l vostro mondo face. … ”

page 5 note 18 “Allora incominciai: 'Con quella fascia/che la morte dissolve men vo suso.”

page 6 note 19 “quasi animal di sua seta fasciato.”

page 6 note 20 “Non v' accorgete voi che noi siam vermi/nati a formar l'angelica farfalla,/che vola alla giustizia sanza schermi?/Di che l'animo vostro in alto galla,/poi siete quasi entomata in difetto,/sì come vermo in cui formazion falla?”

page 6 note 21 “o gente umana, per volar su nata,/perchè a poco vento così cadi?”

page 6 note 22 Purg., xi, 34–41, “Ben si de' loro atar lavar le note/che portar quinci, sì che, mondi e lievi,/possano uscire alle stellate rote./'Deh, se giustizia e pietà vi disgrievi/tosto, sì che possiate muover l'ala,/che secondo il disio vostro vi lievi,/mostrate da qual mano inver la scala/si va più corto.'”

page 7 note 23 “'Chi è costui che 'l nostro monte cerchia/prima che morte li abbia dato il volo …?'”

page 7 note 24 “ma io scoppio/dentro ad un dubbio, s'io non me ne spiego.”

page 7 note 25 Purg., xvii, 40–45: “Come si frange il sonno, ove di butto/nova luce percuote il viso chiuso,/che fratto guizza pria che muoia tutto;/così l'imaginar mio cadde giuso,/ tosto che lume il volto mi percosse,/maggior assai che quel ch' è in nostro uso.”

page 8 note 26 Rim., ciii, 43: “mi tiene in terra d' ogni guizzo stanco.”

page 8 note 27 Purg., xx, 130–132: “Certo non si scotea sì forte Delo,/pria che Latona in lei facesse 'l nido/a parturir li due occhi del cielo.”

page 9 note 28 See under both -ido and -idi, in Rimarii.

page 9 note 29 Ovid, Metam., vi, 333–336: “… vix erratica Delos/orantem (or: ”errantem“) accepit, tum cum levis insula nabat./Illic incumbens cum Palladis arbore palmae/edidit invita geminos Latona noverca.”

page 9 note 30 Egl., iv, 12 f.: “Tityrus hic, annosus enim, defensus acerna/fronde soporifero gravis incumbebat odori”; and then, when roused by the panting Meliboeus, “… senior viridi canum de cespite crinem/sustulit. …” (vs. 32 f.).

page 9 note 31 The translation in the Loeb Classical Library conveys this same erroneous impression: “… reclining on the palm and Pallas' tree.”

page 9 note 32 The frank and primitive picture is still more clearly brought out by Servius, in his commentary to Aen., iii, 91: “Laurusque dei; aut ideo singulariter, quia in Delo Insula lauras Apollini consecrata est, aut lucum dicit, aut quia traditur, Latonam duas Lauras amplexam Dianam et Apollinem enixam.”

page 10 note 33 Par., xi, 133–139: “Or se le mie parole non son fioche/e se la tua audienza è stata attenta,/se ciò ch' è detto alla mente rivoche,/in parte fia la tua voglia contenta,/perchè vedrai la pianta onde si scheggia,/e vedrai il corregger che argomenta/‘U’ ben s'impingua, se non si vaneggia.'”

page 10 note 34 This would correspond to the “normal” order of the words. If it could ever be determined whether the “vedrai il corregger che argomenta” of the next verse is in “normal” order or not, some help might come from the apparent parallelism of the two phrases; but the case of the “corregger” phrase is fully as desperate as the other, if not more so!

page 11 note 35 E.g., Tommaseo: “Proverbio toscano: La scheggia ritrae dal ceppo. L' uomo tien dall'origine. Ma qui intende il contrario.”

page 11 note 36 Vs. 130 f.: “… quelle che temono 'l danno/e stringonsi al pastor … son … poche”

page 11 note 37 Vs. 33.

page 11 note 38 Vs. 43 f.: “… della scheggia rotta usciva insieme/parole e sangue.”

page 11 note 39 Purg., xx, 61–63: “Mentre che la gran dota provenzale/al sangue mio non tolse la vergogna,/poco valea, ma pur non iacea male.”

page 11 note 40 In Giorn. dant., iii (1896); p. 180 f.; reviewing Filomusi-Guelfi's Qua e là per la divina Commedia.

page 11 note 41 In Bull., N.S., xi; p. 192; reviewing Bertoldi's Lectura Dantis: il Canto XI del ‘Par.,‘ etc.

page 12 note 42 P. 180: “vedrai di qual pianta destinata a buoni frutti (qual è l'ordine domenicano) si cavino schegge da buttare al fuoco.”

page 12 note 43 P. 181: “Qual nesso infatti avrebbe il dire, vedrai che gran santo sia san Domenico, quando Dante ha chiesto di sapere qual era il cammino, nel quale, non vaneggiandosi, s'impinguava?”

page 12 note 44 And agreeing with apparently referring, though he does not quote title, to latter's Di alcuni luoghi etc., Savona, 1889), to whom he gives the credit, that in vss. 137 and 138 “la costruzione è parallela, e la pianta, il corregger, sono … anticipati.”

page 12 note 45 “… vedrai onde si scheggi la pianta (cioè: donde provenga il suo guasto)”—P. Carli published a similar interpretation three years later in a pamphlet, U' ben s' impingua se non si vaneggia; Pisa, 1907; rev. in Bull., N.S., xv (1908), which quotes from it viz. (p. 65): “Vedrai onde, da che parte, viene scemata, per le scheggie che se ne traggono, la pianta; cioè, in che senso vien limitata, per la restrizione che si soggiunge, l'affermazione generale.”

page 12 note 46 Vss. 55–60: “E aggi a mente, quando tu le scrivi,/di non celar qual hai vista la pianta/ch' è or due volte dirubata quivi./Qualunque ruba quella o quella schianta,/con bestemmia di fatto offende a Dio,/che solo all'uso suo la creò santa.” Flamini, Appunti d' esegesi dantesca in Miscellanea di studi critici edita in onore di Arturo Graf (Bergamo, 1903), refers to the “pianta dell' Eden” in this connection; but I am not clear as to whether he compared directly the critical word “pianta” in the two passages, as I have had access only to the quotation by Bertoldi in his n. 122 to his Lectura (v. supra, n. 41): “Scheggiare vale semplicemente togliere schegge, e queste sono i pezzetti di legno che si spiccan via. Scheggiare da una pianta equivarrà pertanto a sciuparla rompendo della scorza, proprio al modo stesso che l‘uccel di Giove sciupò la pianta dell’ Eden (Purg. xxxiii” [sic; error for xxxii], “113–114). I versi 136–37 sono dunque da spiegare cosí: In parte sarà appagato il tuo desiderio, perché vedrai che pianta vien guastata, cioè, fuor di metafora, che santo Ordine viene da suoi ascritti vituperato.”

page 13 note 47 Par., xiii, 127–129.

page 13 note 48 The Casini-S. A. Barbi commentary gives, in support of this interpretation, the similar use of rendere in Purg., xv, 75, and xxix, 68. It should be noted, however, that in each of those passages the exact meaning is specifically indicated by the phrase “come specchio”: the verb rendere, otherwise, is too flexible in meaning for any argument to be made to rest heavily upon its mere appearance in any given passage.

page 13 note 49 As one is astonished to find actually asserted, by Venturi, in his classical work on the similes in Dante, no. 356.

page 13 note 50 Mestica, e.g., notes this, in his commentary.

page 14 note 51 “Scandalo”: it must not be forgotten that this word still retained much of its original sense of “stumbling (block),” and had acquired as yet very little of its modern meaning. Dante uses it only here, in Italian; and in Mon., iii, ix, 13, has the Latin noun and the derived verb: “… cum Christus prenuntiaret scandalum discipulis suis, Petrus respondit: ‘Etsi omnes scandalizati fuerint in te, ego nunquam scandalizabor’.”

page 14 note 52 “guardommi, e con le man s' aperse il petto,/dicendo:‘Or vedi com’ io mi dilacco!/vedi come storpiato è Maometto!/Dinanzi a me sen va piangendo Alì,/fesso nel volto dal mento al ciuffetto./E tutti li altri che tu vedi qui,/seminator di scandalo e di scisma/fur vivi, e però son fessi così./Un diavolo è qua dietro che n' accisma/sì crudelmente, al taglio della spada/rimettendo ciascun di questa risma,/quand' avem volta la dolente strada;/però che le ferite son richiuse/prima ch' altri dinanzi li rivada.' ”

page 14 note 53 E.g., Scartazzini.

page 14 note 54 Scartazzini himself, in his Enciclopedia dantesca, ii (Milan, Hoepli, 1899), 1989, explains the “faccia … torta” of Purg., xxiii, 55–7, by “Deformata per magrezza”; and a similar face in the next canto, 38 f., is said to be murmuring something like “Gentucca” “there where [its owner] was feeling the wound of the justice which so strips them”—which word “wound (piaga),” here, seems to be a figure of the similarity of the slit of the mouth, with its lips unfleshed by the fasting undergone by the penitent gluttons, to a sword-cut, or the like. Piaga is used 13 times by Dante (and the verb piagare twice); and, of the seven cases in which it is used concretely, five (Inf., xxviii, 2; xxix, 1; Purg., iii, 111; ix, 114; xv, 80) are definitely sword wounds. The one time he has the corresponding Latin word, plaga, is in Epist., xi, 4; and it may well be the figure of such a wound there (“… plagam lamentabilem cernere heresium,”) for in the same Epistle, §26, is the “cicatrix” metaphor to be mentioned in the next sentence of the argument.

page 14 note 55 “Emendabitur quidem—quanquam non sit quin nota cicatrix infamis Apostolicam Sedem usque ad ignem, cui celi qui nunc sunt et terra sunt reservati, deturpet—.” This is the Testo critico, which differs greatly from earlier editions.—Cf. also Guittone D'Arezzo, canz. 'Ai lasso, or è stagion de doler tanto' (A Firenze, dopo la rotta di Montaperti), vs. 71 (Monaci, Crestomazia etc., p. 182): “le spade lor con che v' àn fesso i visi”; Cino da Pistoia, son. ‘Tutto ch’ altrui aggrada, a me disgrada,' vs. 5 f. (D'Ancona & Bacci, Manuale etc., i, p. 402): “E piacemi veder colpi di spada Altrui nel viso.”

page 15 note 56 E.g., (Vulg.), II Reg., xxii, 7; Ps., X, 5; Mich., i, 2; Eabac., ii, 20; Apoc., vii, 15; xi, 19; xv, 5, 6, 8; xvi, 1. (In some of these, however, the figure is ambiguous.)

page 15 note 57 “… la bellezza mia, che per le scale/dell'etterno palazzo più s' accende,/com' hai veduto, quanto più si sale”

page 15 note 58 “Ma nel mondo sensibile si puote/veder le volte tanto più divine,/quant' elle son dal centro più remote./Onde, se 'l mio disio dee aver fine/in questo miro e angelico tempio/che solo amore e luce ha per confine,/udir convienmi ancor come l'essemplo/e l'essemplare non vanno d'un modo.”