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The Position of Ippolito Nievo in The Nineteenth-Century Italian Novel

Published online by Cambridge University Press:  02 December 2020

Nicolae Iliescu*
Affiliation:
Harvard University, Cambridge 38, Mass.

Extract

Of late the interest in the work of Ippolito Nievo has been such as to suggest that this author has finally come into his own. Both in Italy and elsewhere, the name of this writer, who seemed permanently interred under the stern and negative judgment of Benedetto Croce, today reappears almost triumphantly. Recently the publication of Nievo's complete works was begun in Italy (Le confessioni di un italiano has already been printed by Ricciardi and II novelliere campagnuolo by Einaudi), while Le confessioni has been translated into English for the first time, under the title The Castle of Fratta (Boston, 1958). A new translation of this work has also appeared in German (the first German version was published as early as 1877, the year in which another of Nievo's novels, Angelo di bontà, was translated). Notwithstanding the widespread interest in Nievo, a critical study clarifying his position with respect to the nineteenth-century Italian novel as a whole is still lacking. Thus far, purely aesthetic judgments alone have been the concern of most scholars dealing with this author's work.

Type
Research Article
Copyright
Copyright © Modern Language Association of America, 1960

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References

1 Alessandro Manzoni, Opere varie, ed. M. Barbi and F. Ghisalberti (Milano, 1943), p. 631. Page numbers cited in the text refer to this edition throughout.

On this question, v. Amado Alonso, Ensayo sobre la novela historica (Buenos Aires, 1942). Alonso's remarks on / promessi sposi constitute one of the best judgments of Manzoni's novel by a non-Italian critic.

2 As early as 1829 the nature of the differences between Manzoni and Walter Scott was felt and defined with precision by one of the most perceptive minds of Italian romanticism, Giovita Scalvini. In his essay ‘Dei Promessi Sposi di Ales-sandro Manzoni,‘ (Foscolo, Manzoni, Goethe, Torino, 1948), he writes: “La lode principale dello Scott h… una certa qual freschezza, e, come dire, una gioventu d'immaginazione e di affetti;… Ma i fatti sono da lui troppo sovente rap-presentati sotto un aspetto piuttosto meraviglioso che vero, fantastico, anzi che ideale” (p. 215). Moving on to a consideration of Manzoni's novel, he notes: “Non h chi non voglia lodare nei Promessi Sposi un carattere di verita e una forma schietta e severa di bellezza, sovente desiderabili nel novel-liere scozzese. Oltre le quali lodi, da noi principalmente esal-tate nell'opere degli antichi, e ancora nei Promessi Sposi, la sapienza che e particolare pregio dei grandi scrittori cristiani. Le produzioni dello Scott hanno sopratutto quel carattere della letteratura moderna, che pure e espresso con vocabolo di moderno significato; elle sono interessanti; ma sopra quanto ne interessa quaggiu, sopra il mondo materiale, pieno di tenebre e di turbamenti, non veggiamo aprirsi e stare sospeso il mondo intellettuale, ne scendere un raggio che li imisca ambedue in concordia, e faccia suonare in armonia” (p. 216).

This critic then makes a number of profound observations valid not only for an understanding of the nature of the relationship between the two writers under consideration, but also for an understanding of all the so-called manzoniani: “Perd al Manzoni la storia non sara come alio Scott argo-mento di semplice diletto, ma di pensieri alti e sapienti: ei volgera i fatti particolari ad ammaestramento, li fara rispon-dere a verita universali” (p. 217); and: “… ben ci accorgi-amo questo non essere libro scritto come le novelle dello Scott, a semplice fine di conseguir lode o d'apportare diletto. Per esso il Manzoni desta in noi dei pensieri ai quali eravamo disusati, ne fa tornare al dubbio di cose, che credevamo decise; e non possiamo fare a meno di consentire o di dibat-tere. II piu spensierato e piu ritroso dei suoi lettori, simile a Don Abbondio rimproverato dal Cardinale, sta tra i suoi argomenti ‘come un pulcino negli artigli del falco che lo ten-gono sollevato in una regione sconosciuta, in un'aria che non ha mai respirato’ ” (pp. 219–220).

3 Francesco De Sanctis, La scuola cattolica liberals e U romanticismo a Napoli, ed. C. Muscetta and G. Candeloro (Torino, 1953), p. 44.

4 Sansone Uzielli writes: “Non e paradosso chiamare il romanzo vero supplemento della storia” (in Antologia, xxxix, marzo 1824). See also for the period under discussion, Tom-maseo's judgment (“Del romanzo storico,” in Nuovi scritti, Venezia, 1838, v. ii), or Bianchetti's (in N. Tommaseo and Bianchetti, Discord critici intorno al romanzo storico, Treviso, 1832, p. 79).

5 See the essay “Dello scrittore italiano” in Amelia Calani ed altri scritti (Milano, 1868).

6 Voci del passato (Milano, 1909), p. 58. Gioberti had a quite different, and more correct, opinion of Hugo: “Uomo di qualche ingegno, ma di gusto cosi infelice che i nostri secen-tisti (i quali pur d'estro non mancavano) a suo ragguaglio ne perdono” (Pensieri e giudizi di V. Gioberti sulla letteratura italiana e straniera, a cura di Filippo Ugolini [Firenze, 1898], pp. 17–18).

7 “Dello scrittore italiano,” p. 132.

8 F. D. Guerrazzi, Beatrice Cenci (Pissa, 1854), p. 77.

9 De Sanctis, Saggi critici (Milano, 1921), I, 56.

10 Beatrice Cenci, p. 173.

11 Benedetto Croce, however, says: “L'opera maggiore, Le confessioni di un ottuagenario, scritta febbrilmente nei mesi d'intervallo tra le due campagne” (La letteratura delta nuova Italia, Bari, 1914, i, 22). The same is affirmed by Luigi Russo (/ narratori, 1951 ed.), probably inspired by Croce's essay. But in a letter to Bice Melzi dated Mantova, 17 August 1858, Nievo writes: “Ieri alia fine ho terminate il mio romanzo; sono proprio contento di riposarmi. Fu una confes-sione assai lunga.” Therefore, the two campaigns mentioned by Croce have nothing to do with the novel, Nievo having participated in the campaigns of 1859 and 1860–61.

12 On this question see his Studi stdla poesia popolare e civile massimamenie in Italia (1854) and his Frammento sulla rivo-luzione nazionale (1859).

13 “Se mi domandaste s'io son cristiano cattolico, rispon-derei che fui battezzato; del resto non amo ne odio i preti per sistema; li accetto come un fatto esistente, e che esistera an-cora lunga pezza, per quanti rivolgimenti e nuove fortune filosofiche delle religioni si vogliono immaginare temendo o sperando. Dopo ci6 non temo di affermare che quella crociata del liberalismo contro il clero campagnuolo fu una ingiustizia, fu una improntitudine. Ingiustizia contro il clero perche non si tenne alcun conto delle sue qualita buone, e sian pur poche, per avvisare solo le cattive (e sian pur molte); e queste o molte o poche non si scusarono con le condizioni che a forza le svilluppavano, ne se ne cercavano almeno i rimedi, ma si mettevano in luce soltanto come argomento per poter decre-tare ai preti gli auto da fe ch'essi ci avevano regalati alcuni secoli prima. Ingiustizia contro il volgo delle campagne, poiche i curati ed i preti erano i soli rappresentanti della sua intelligenza, i soli che garantissero ad esso una felicita. eterna (vogliamo pure immaginaria), ma la felicitst unica sperabile per lui in ricompensa dei tormenti impostigli in questa vita dal malo ordinamento della nostra societa, e dall'avara non-curanza dei ricchi. Ora, svillaneggiare i suoi preti era svil-laneggiare lui che ci credeva; gridar loro la morte fu lo stesso che attentare alia moralita e alia religione di tutto un popolo” (Frammento sulla rivoluzione nazionale, in Opere, ed. S. Romagnoli, Milano, 1942, p. 1083).

14 Letter dated Mantova, 2 June 1858, reproduced in D. Mantovani, II poeta-soldato, Ippolito Nievo (Milano, 1900), p. 302.

15 Ippolito Nievo, Le confessioni di un italiano (Torino, 1946), p. 3. Page numbers cited in the text refer to this edi tion throughout.

16 With respect to the difficulties presented by the second part of the novel, Italian criticism assumed diverse positions, at times diametrically opposed. Ugo Fleres proposed nothing less than the suppression of the second part (Nuova Anlologia, 16 Nov. 1896); Fernando Palazzi, on the other hand, found everything fine as it stood (introduction to his ed. of the work, Milano, 1931). Between these two poles stand Croce, V. Galati, L. Russo, A. Momigliano and others.

17 La letteratura dell a nuova Italia, p. 131.

18 D. Mantovani, op. cit., p. 72.

19 Some years later such, a necessity was reaffirmed authoritatively by Carducci: “Io per me amo il romanzo di costume e d'argomento moderno a preferenza del racconto storico. Oggi gli spiriti sono piu quieti e certe cose si possono dire. S'intende bene che il romanzo storico avesse una ragione d'esistere in Scozia, la terra delle ballate, la terra ove le tradizioni passano modificandosi di generazione in genera-zione per le leggende dei clan. Ma in Italia… il romanzo pote e potra essere uno sforzo d'ingegni piu o meno felice, non mai un genere di letteratura propriamente nazionale e vivace” (Conversazioni critiche, Roma, 1884, p. 27). But even during the period in which the historical novel was incon-testably the fashion, Niccolo Tommaseo sensed the artificiality of such a genre: “Al fine d'ammaestrare giova che il romanzo sia sovente collocato nel tempo presente; con che si rende il precetto phi facile ad applicare, si vengono a togliere i pericoli delle inesattezze e incoerenze storiche, nelle quali, anche dopo lungamente studiata la storia, i romanzieri non possono non incappare. Collocare la scena nel secolo in cui l'autore vive, e il modo di dare al romanzo verita piena e vita…. Poi descrivendo le cose presenti l'autore ha modo di ottenere chiarezza con meno prolissita. La smania di dipin-gere cose non bene note a' moderni, e il timore di non le dipingere assai vivamente, fa si che le immagini riescano dila-vate in un profluvio di parole, le quali, invece di illustrarle, le appannano…. Perche non nel gravarsi addosso all'eroe o all'eroina del romanzo sta l'arte del ben dipingerlo; e non nell'esagerare di loro una sola qualita sta il carattere, come taluni si pensano, inesperti dell'intima realta delle cose” (Del romanzo in genere, in Nuovi scritti, Venezia, 1838, ii, 183–184).

20 We are referring here not to Angelica as seen in the polemical attitude of Ariosto, but to Angelica as an ideal type of woman pursued by so many knights. In this respect, Ariosto's irony is only a confirmation of the vitality of this type of lady in Italian literature.

21 M. Filograsso, ‘L'umorismo di Ippolito Nievo’ in Annali della R. Scuola Normale di Pisa, xxxix, 99.

22 Contrary to common opinion, S. Romagnoli, in his introduction to Le confessioni (Milano, 1952) asserts that Nievo revised the text of the novel. But—to cite only one example—if Nievo had revised his text closely, he would surely have noticed that one of his characters, Spaccafumo, dies twice within the space of thirty pages. The novel, fur thermore, contains many linguistic and syntactical errors.