Hostname: page-component-586b7cd67f-tf8b9 Total loading time: 0 Render date: 2024-11-22T00:30:31.194Z Has data issue: false hasContentIssue false

Maiores di pietra. L'immagine della famiglia nei monumenti sepolcrali della Regio X

Published online by Cambridge University Press:  18 October 2023

Luca Scalco*
Affiliation:
Università degli studi di Padova
Rights & Permissions [Opens in a new window]

Resumen

L'articolo indaga le immagini di famiglia sui monumenti funerari della Venetia, concentrate per lo più nel corso dell'età giulio-claudia, anche incrociando le informazioni epigrafiche e integrando l'analisi con elaborazioni quantitative. Si registra una certa codificazione del significato parentale, che emerge dallo schema iconografico e viene ribadito dai gesti, mentre abiti e oggetti aiutavano a caratterizzare il singolo ritratto. Non si riconosce una consistente alterazione del significato dell'immagine in base al contesto sociale o alla premorienza di alcuni membri della famiglia. L'analisi permette di comprendere quali fossero le tendenze trasversali su cui la committenza agiva per ritrarre il proprio nucleo domestico, dialogando con il contesto geografico e culturale di appartenenza e sintetizzando la realtà familiare del mondo dei vivi per creare un modello iconico per la comunità dei morti.

Abstract

Abstract

This article investigates the images of families on the funerary monuments of Venetia, mostly dating to the Julian-Claudian period, cross-referencing epigraphic data and integrating quantitative analysis. On these monuments, a certain codification of the significance of parentage can be identified, which emerges from the iconographic scheme and is reaffirmed by the gestures of the figures depicted, while clothes and objects help to characterize individual portraits. It is not possible to recognize consistent alterations to the meaning of the images depending on social context or the fact that some of the family members had already died at the point the monument was erected. This analysis allows us to understand the widespread trends that determined how clients portrayed their own domestic nuclei, in dialogue with the geographic and cultural contexts that they belonged to and synthesizing the family reality of the world of the living, to create an iconic model for the community of the dead.

Type
Article
Creative Commons
Creative Common License - CCCreative Common License - BYCreative Common License - NCCreative Common License - ND
This is an Open Access article, distributed under the terms of the Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives licence (https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/), which permits non-commercial re-use, distribution, and reproduction in any medium, provided the original work is unaltered and is properly cited. The written permission of Cambridge University Press must be obtained for commercial re-use or in order to create a derivative work.
Copyright
Copyright © The Author(s), 2023. Published by Cambridge University Press

Introduzione: il ritratto di famiglia e i territori della Regio X

La raffigurazione della famiglia in ambito funerario ha interessato gli studi degli ultimi decenni, che, a partire dai lavori di Paul Zanker e Diana Kleiner sul campione urbano, si sono allargati all'ambito centritalico e poi provinciale nell'indagarne gli aspetti iconografici e sociali.Footnote 1 Su questo tracciato si sviluppa il contributo di Michele George sulla raffigurazione della famiglia nell'Italia romana, che presenta una panoramica sintetica delle iconografie e rileva come le immagini presentassero caratteristiche diverse nelle varie aree della penisola e nei tipi sepolcrali che più contribuivano all'autorappresentazione del defunto, ossia rilievi e stele.Footnote 2 Tra i vari studi che poi si sono dedicati al tema, soprattutto nei suoi aspetti sociali, il lavoro di Jason Mander sui ritratti infantili, comprensivo di altari, ha ribadito il punto, evidenziando come dietro a pratiche commemorative comuni si celassero differenze di carattere regionale.Footnote 3

La definizione dei confini di queste tendenze artistiche muta, evidentemente, in funzione del fenomeno analizzato e della scala di osservazione. Non sfugge alla norma anche l'area Cisalpina che, seppur unitaria sotto molti aspetti, mostra al suo interno alcune difformità stilistiche e iconografiche, come evidenzia la diffusione del ritratto funerario. La Venetia et Histria costituisce il campione più numeroso: già lo studio di Pflug sulle stele a ritratti rilevava che due terzi del materiale raccolto provenivano proprio dalla Regio X,Footnote 4 mentre le altre regioni, come le aree piemontesi, si mostrarono meno ricettive a questo costume, sviluppando piuttosto diversi modelli.Footnote 5

Proprio il ritratto funerario costituisce l'ossatura dell'iconografia della famiglia per il periodo romanoFootnote 6 e più del 60% della documentazione cisalpina di ritratti di famiglia, immagini in cui cioè erano compresenti almeno due persone, proviene dal territorio della sola Venetia, che pertanto è qui oggetto di attenzione specifica.

I dati iconografici – schemi, vesti, attributi e gesti – vengono associati alle informazioni riportate dalle iscrizioni compresenti sugli stessi monumenti funerari, per indagare il senso da attribuire all'immagine osservando le parentele, l'estrazione sociale, la committenza e la premorienza di alcuni individui. Tali informazioni, schematizzate in diversi parametri, vengono elaborate quantitativamenteFootnote 7 e sintetizzate per conoscere quali fossero le caratteristiche dell'immagine di famiglia della Venetia, come essa venisse strutturata e quale modello familiare trovasse spazio sui monumenti per ricordare i legami personali modificati dal lutto.

Complessivamente è possibile ascrivere al soggetto iconografico 213 monumenti, che raccolgono almeno 602 singoli ritratti e che si distribuiscono in tutta la regione, e principalmente nei centri della pianura e nei territori lungo l'arco adriatico (infra fig. 4).Footnote 8 I tipi monumentali interessati sono quelli più canonici per la Cisalpina e le immagini vi si distribuiscono trasversalmente, con soluzioni variamente articolate che risentono, nella loro impostazione, della dimensione e strutturazione del supporto: sono sviluppate generalmente in verticale sulle stele, in orizzontale sui rilievi, sui lati brevi in molti altari monumentali.Footnote 9

Struttura e distribuzione dell'iconografia

Lo studio condotto dal gruppo di Francesca Ghedini sulle immagini mitiche ha proposto di classificare le iconografie su base formale-compositiva in insiemi e sottoinsiemi gerarchici, che vanno dal più generale soggetto, ai più specifici temi ed infine agli schemi, cioè la strutturazione specifica dell'immagine.Footnote 10 Il ritratto di famiglia, pur se contraddistinto da una maggiore iconicità, può essere classificato in maniera analoga e pertanto si possono riconoscere diversi esiti, distinguibili per numero, genere, età e posizione reciproca dei ritratti all'interno del registro figurato.Footnote 11 Sulla base di ciò, la varietà iconografica del campione veneto può essere riassunta in 38 schemi iconografici: essi, ad ogni modo, non sono omogeneamente diffusi sul territorio e se alcuni mostrano una distribuzione più capillare nei vari contesti, altri sono noti da attestazioni sporadiche.

Se si considera, in particolare, che ogni esito iconografico è dato dalla giustapposizione delle medesime unità minime, ossia la sequenza di ritratti maschili o femminili, di individui più giovani o più maturi, si nota che solo 12 schemi si ripetono frequentemente, tanto da rappresentare di per loro l’80% delle evidenze monumentali (Fig. 1).Footnote 12 Ciò indica una marcata codificazione dell'immagine, che consentiva di raffigurare tre tipi-base di famiglia: la coppia di coniugi, la coppia con figli e i nuclei parziali. Ciascuno di essi era materializzato sul monumento sepolcrale da diverse soluzioni iconografiche (Fig. 2).

Fig. 1. Distribuzione quantitativa degli schemi iconografici, dal più al meno frequente. Sigle identificative degli schemi da Scalco Reference Scalco2022. (Elaborazione dell'Autore).

Fig. 2. Gli schemi iconografici in uso nella Regio X, suddivisi nei diversi gruppi indicati in testo. L'elaborazione grafica semplifica in maniera del tutto schematica i tipi ritrattistici e, nel caso dei ritratti infantili e di giovani, anche il genere, privilegiando quello maschile. Nel caso di varianti (v.), sono indicate con 1 se è attestato anche lo schema coniugale inverso (donna-uomo e non uomo-donna e viceversa), o 2 se gli schemi a più registri prevedono associazione di diversi schemi lineari (ad esempio, il Q2a vede sia il 2Ac nel registro inferiore, sia il 2Bc). (Elaborazione dell'Autore da Scalco Reference Scalco2022.)

Lo schema coniugale, che associa un'effigie femminile ad una maschile, da solo copre circa la metà dei monumenti con schema iconografico riconoscibile ed è documentato in due versioni: la prima è data dalla sequenza di un ritratto maschile a sinistra e di un ritratto femminile a destra (2Aa); la seconda è invece resa con la sequenza di ritratto femminile a sinistra e maschile a destra (2Ab). La diversa impaginazione della coppia coniugale ritorna anche in schemi in cui essa è affiancata da altri ritratti di adulti (5%) e negli schemi di triadi con figli (25%), che di conseguenza possono essere contraddistinti da soluzioni speculari.

I giovani membri della famiglia sono spesso ritratti ai lati della donna (3Cb, 3Cc), in mezzo ai membri più maturi (3Cf) oppure possono essere separati dalla coppia e collocati sul coronamento del segnacolo (T1b), ben più raramente in basso (T2a). Considerata la tipologia dei monumenti utilizzati, che vede l'assoluta predominanza di segnacoli a sviluppo verticale come stele e altari, la presenza di molti ritratti in un solo registro figurato è evenienza piuttosto rara e le raffigurazioni di nuclei domestici più numerosi trovavano posto, semmai, in stele a piani.Footnote 13 Gli schemi più semplici, a due o tre figure, diventavano così le unità costitutive di queste disposizioni più complesse: gli schemi coniugali potevano essere associati ad un registro con ritratti di membri più giovani (Q2a), ad un'altra coppia (Q2b) o a una triade (Q2d).

I nuclei parziali, invece, raggruppano le occorrenze iconografiche in cui o sono raffigurati più adulti, ma dello stesso sesso, o sono ritratti dei ragazzi da soli o accompagnati da un solo adulto e non da una coppia (16%). Rispetto ai gruppi precedenti, questi schemi sono meno frequenti ma non rari, specialmente nel caso di registri con ritratti di due individui adulti di sesso maschile (2Ac) o di una donna che accompagna un giovane o un bambino (2Cb).

A partire da queste disposizioni più frequenti traevano origine gli altri schemi, meno attestati, attraverso dinamiche che, oltre alla menzionata adozione di pose speculari, possono essere riassunte in tre processi distinti: per giustapposizione di più disposizioni archetipiche, come nel caso della 4Ab, in cui uno schema 2Aa è seguito dal 2Ab; per aggiunta di un singolo ritratto, ad esempio il 3Af è il 2Ab con inserimento di un'effigie femminile sulla destra; per sostituzione di un tipo ritrattistico con un altro – il 3Cg sostituisce il ritratto della donna con un ulteriore ritratto maschile, portando così lo schema ad avere tre ritratti virili, di cui uno, quello centrale, più giovane degli altri.

La scarsa frequenza di questi schemi riflette pertanto da un lato la presenza di un sistema iconografico stabile e coerente, dall'altro il margine d'azione del committente per creare un'immagine “su misura” per la specifica situazione familiare. A fianco della stele opitergina di Cespius Optatus, dove il tipo ritrattistico della donna anziana è stato inserito al posto di quella adulta per ritrarre l’avia e non la madre del committente,Footnote 14 il caso più evidente di tale modus operandi è la stele dei Barbii di Trieste, in cui lo schema iconografico Q3c è un unicum nella regione, costruito però adottando i processi sopra delineati per ritrarre una famiglia ugualmente inconsueta per l'orizzonte monumentale della Regio X (Fig. 3).Footnote 15 Una liberta eresse un monumento per sé, per i quattro figli, per i due patroni e per un'estranea; decise quindi di porre nel registro superiore i patroni – padre e figlio – ed il proprio giovane figlio ingenuus, nel registro centrale raffigurò se stessa attorniata da due figli liberti e nel registro inferiore collocò invece i ritratti della figlia liberta e di una donna con diverso nomen di cui non è specificato il rapporto parentale (Fig. 4). Per venire incontro a tali esigenze, nel primo registro adottò lo schema a due ritratti maschili, aggiungendone un terzo, e nel secondo utilizzò quello di un genitore con il figlio, inserendone un altro.Footnote 16

Fig. 3. La stele dei Barbii da Trieste, con uno schema molto complesso per ritrarre una famiglia particolare nel panorama regionale. (Concessione del prof. O. Harl.)

Fig. 4. Distribuzione geografica delle evidenze, in punto; se la provenienza è imprecisa o incerta, è riferita al centro principale. Gli areogrammi indicano per ciascun centro la ripartizione degli schemi, se derivati dal 2Aa, 2Ab o se non presentano la coppia uomo-donna (Altro). La linea marca la divisione tra le aree est ed ovest in riferimento allo schema base. (Elaborazione dell'Autore su immagine da Google Maps.)

La distribuzione dei segnacoli rivela una certa omogeneità territoriale, con due nuclei distinti all'interno della medesima regione. I centri del Veneto centro-orientale, del Friuli e dell'Istria prediligono nettamente la disposizione della coppia donna-uomo (2Ab), anche negli schemi più complessi; al contrario, il Veneto occidentale e i territori lombardi della Regio X prediligono la disposizione contraria, uomo-donna (2Aa), che, similmente alla precedente, viene ripresa anche in schemi con più ritratti.Footnote 17 Il discrimine è abbastanza netto e, pur considerando la diversa distribuzione dei monumenti, con i territori adriatici che hanno restituito più del triplo delle evidenze note per le aree gardesane e padane (163 vs. 50), la ripartizione percentuale dell'uso della coppia nelle due aree è del tuttosimile: 83% per la coppia 2Ab a est; 87% a ovest.Footnote 18 Analogamente a quanto osservato per la struttura dell'immagine, si registra comunque una certa flessibilità interna, e le eccezioni a questa suddivisione geografica si circoscrivono da un lato alle aree più prossime al confine tra i due comparti territoriali, dall'altro a centri di un certo rilievo storico ed economico, che, forse anche come conseguenza di questa importanza commerciale, hanno restituito un numero di evidenze più cospicuo:Footnote 19 Verona a ovest e la costa adriatica di Patavium, Altinum, Concordia e Aquileia (Fig. 4).

Non è automatico individuare le ragioni alla base di questi scarti dalla norma iconografica, imputabili a diversi fattori di cui si dirà in seguito. Pare ad ogni modo possibile escludere una motivazione trasversale di carattere cronologico: è solo Aquileia, che tra i centri considerati fu tra i primissimi ad ottenere la cittadinanza romana al principio del I secolo a.C., che evidenzia una cesura netta tra l'età augustea, con la sola attestazione dello schema 2Aa, e il periodo successivo, quando invece si diffonde il 2Ab. Gli altri centri, invece, mostrano una coesistenza dei due schemi e in generale circoscrivono lo sviluppo del costume iconografico al I secolo d.C. L'assoluta maggioranza dei monumenti (91%), infatti, si colloca in questo torno di tempo, con un picco nei decenni centrali del secolo, mentre solo il 5%, proveniente quasi solo da Aquileia, può essere datato in un periodo successivo all'età flavia.Footnote 20

Il ritratto di famiglia, pertanto, è un fenomeno che si sviluppa nell'arco di circa tre generazioni, che per lo più si collocano in un periodo successivo a quello delle deduzioni coloniarie della seconda metà del I secolo a.C., con poche eccezioni puntuali e provenienti soprattutto dall'area patavino-euganea (Fig. 5).Footnote 21 La Venetia, dunque, sviluppa la moda del ritratto di famiglia in maniera piuttosto omogenea, assimilando il costume diffuso a Roma a partire dall'inizio del I secolo a.C. e nei territori centritalici dall'età triumvirale-primo augustea. Allo stesso tempo, tale evoluzione sottende due dinamiche complementari.

Fig. 5. Distribuzione cronologica degli schemi, approssimata al quarto di secolo. La campitura chiara indica l'attestazione, quella più scura indica la maggiore o minore frequenza dello schema nei vari quarti di secolo. La lunghezza della barra scura è ponderata sul singolo schema, non sull'intero campione. (Elaborazione dell'Autore.)

In primo luogo, i centri che dimostrano una più precoce ricettività di questa moda funeraria sono quelli che erano stati contraddistinti da un consolidato processo di romanizzazione, come Padova e Altino,Footnote 22 o interessati dalle dinamiche militari di conquista e consolidamento dei confini alpini. È indicativo, al riguardo, il rilievo dalla Val Trompia, da considerare come la più antica attestazione del territorio di Brixia, eretto dalla moglie del princeps Triumplinorum, ricordato nell'iscrizione come legatus pro pretore in Vindelicia sub Vibio Pansa e che quindi morì negli ultimi anni del I secolo a.C.Footnote 23 Seppur pesantemente danneggiato, tanto che la ricostruzione con un uomo barbato al centro – tipo sostanzialmente estraneo alla ritrattistica del tempo e all'immagine dei CeltiFootnote 24 – e due ragazzi ai lati lascia dei dubbi sull'aspetto generale del monumento, esso presenta importanti tangenze nell'impaginazione con i molti Kastenreliefs urbani del I secolo a.C. e confermerebbe la ricezione della moda del ritratto di famiglia direttamente da quella fonte.Footnote 25

In secondo luogo, pur considerando che la datazione dei monumenti è condotta spesso su base stilistica ed è quindi da intendere con una certa flessibilità, si registra una certa evoluzione dell'iconografia familiare nel corso del tempo. Se nelle prime fasi si raffiguravano soprattutto schemi con adulti oppure famiglie con molti figli, anche attraverso esiti iconici singolari e quasi sperimentali come la stele dei Barbii e dei Cespii sopra ricordate, con l'avanzare dell'età giulio-claudia si entra in una fase più matura del soggetto iconografico, centrata sulle triadi nucleari e completata da nuclei parziali con un solo adulto o, più spesso, da schemi complessi per numero di ritratti e di registri figurati. Nella seconda metà del I secolo d.C. ciò porta ad inserire gli schemi in ambientazioni meno iconiche, come le scene di banchetto o compianto funebre, e a favorire la rappresentazione dei membri più giovani della famiglia, specialmente se da soli o accompagnati da un solo adulto, soluzioni che diventano tipiche dal II secolo in poi (schemi 2Bd, 2Cb, 2Cc).

L'evoluzione si apprezza sulla raffigurazione degli individui meno maturi poiché gli altri – e soprattutto le coppie – sono costantemente presenti e predominanti, al punto che rappresentano più del 75% delle singole effigi. Poco spazio è dato ai bambini, anche in termini stilistici e iconografici, e il tipo ritrattistico utilizzato è molto spesso quello del giovane. Anzi, in non poche occorrenze non risulta particolarmente agevole distinguere l'individuo meno maturo da quello più anziano: a causa di una riproposizione generica dei modelli delle iconografie imperiali e di una concezione dei volumi piuttosto disegnativa, quando mancano evidenti difformità formali nella resa delle rughe o dell'architettura del volto la differenza è data da un leggero sottodimensionamento del ritratto più giovane o dall'adozione di particolari iconografici, come il capo velato, la foggia della veste o l'acconciatura, che consentono di ipotizzare uno scarto di età tra gli individui raffigurati.Footnote 26 Risulta di conseguenza piuttosto raro il tipo ritrattistico del bambino, che tanto ebbe fortuna nella Roma degli ultimi decenni del I secolo d.C. e poi anche nella vicina Regio VIII, nelle stesse cronologie della documentazione veneta.Footnote 27 Noto fin dall'età augustea nella stele patavina dei Cartorii (Fig. 8), il ritratto infantile si diffuse capillarmente nella regione soprattutto a partire dai decenni centrali del I secolo d.C.: non sempre, però, esso denota organicità compositiva,Footnote 28 e più spesso è contraddistinto da una resa sommaria.Footnote 29 Analogamente a quanto già sottolineato per le province centro-occidentali da Mander,Footnote 30 la documentazione veneta mostra che i membri più giovani della famiglia erano commemorati preferibilmente se di sesso maschile: solo il 38% dei ritratti giovanili raffigura ragazze o bambine, raramente da sole,Footnote 31 più spesso assieme a sorelle e soprattutto fratelli.Footnote 32

Parentele e dimensione sociale dell'iconografia

La codificazione nell'uso degli schemi si accompagna ad una certa omogeneità del significato parentale attribuito all'immagine, suggerito sì dall'iconografia, ma meglio inquadrato dall'iscrizione che accompagna i ritratti. Pur considerando la non perfetta tangenza tra i due codici comunicativi,Footnote 33 il 35% dei monumenti presenta un testo iscritto associato all'immagine che indica le parentele delle persone ritratte: il campione non è dunque del tutto esaustivo, ma aiuta a delineare delle linee interpretative, soprattutto se letto alla luce del più ampio panorama di iconografie. Sono attestati coniugi, concubini, genitori, figli, fratelli, patroni, liberti, nonni e zii e si nota una certa corrispondenza tra queste parentele e specifici schemi, anche con associazioni ripetitive.Footnote 34 La combinazione tra il dato iconografico e quello epigrafico suggerisce che il tipo di famiglia alluso dall'immagine per lo più coincide con quanto indicato dall'iscrizione: di conseguenza, i due nuclei portanti su cui si costruisce l'immagine funeraria in area veneta sono coppie di coniugi, da un lato, e famiglie con figli, dall'altro, con i diversi esiti iconici che si distribuiscono in un ventaglio di nuclei domestici piuttosto articolato e non privo di sovrapposizioni (Fig. 6).

Fig. 6. Analisi Cluster del rapporto tra schemi e singole parentele riportate dalle epigrafi associate. Pur in presenza di una certa polisemia del singolo schema e di più schemi che descrivono uno stesso tipo di parentela, l'analisi consente di distinguere quindici cluster e di raggrupparli poi in gruppi con coppie (1), con nonni (6); con patroni e famiglie non canoniche (5), quello dei fratelli (2) e infine quelli dei figli singoli (3) o numerosi (4), con diversi cluster interni per numero di genitori, fratelli e coppie coniugali. (Elaborazione dell'Autore.)

Gli schemi coniugali, di fatto, ritraggono mariti e mogli (77%) e tale notazione viene ripresa anche in quegli schemi in cui più coppie sono compresenti sul monumento. A fianco delle unioni legittime, comunque, sono note anche relazioni non legalmente valideFootnote 35 o raffigurazioni di liberte coi propri patroni:Footnote 36 le iscrizioni conservate non esplicitano l'avvenuta unione a seguito di manumissio matrimonii causa,Footnote 37 ma la provenienza da due territori vicini (Padova ed Este), l'appartenenza degli effigiati alla stessa gens Fannia – se non proprio a due generazioni del medesimo nucleo – e i trascorsi militari degli uomini non escludono che dietro all'indicazione del solo patronato si celassero necessità giuridiche o desideri specifici della singola committenza, forse legati a mode familiari (Fig. 7).

Fig. 7. La stele dei Fannii, da Este, con la liberta committente che affianca il patrono, con trascorsi nell'esercito, nello schema 2Ab. (Foto Inst.Neg.Rom. 2184 e concessione del Comune di Verona, Museo Archeologico al Teatro Romano, 22654.)

Fig. 8. La stele dei Cartorii da Padova, di schema Q2f. Una liberta ritrae il marito e i suoi quattro figli, di cui tre ancora vivi, marcando la diversa età attraverso le fattezze dei volti ritratti. (Concessione Comune di Padova – tutti i diritti di legge riservati.)

In assenza di specifiche menzioni di libertae et uxores, note in altre regioni,Footnote 38 non è comunque da escludere che tali monumenti ritraessero semplicemente padroni con le ex-schiave,Footnote 39 dato che immagini di patroni e liberti non sono ignote nella Venetia, anche se non abbondanti (9%) e di norma inserite in schemi più complessi assieme a figli, fratelli o mogli. È il caso di una stele frammentaria da Tornata, nei pressi di Cremona, in cui un uomo è ritratto assieme alla propria uxor nel registro superiore e a due uomini meno maturi, collocati invece in quello inferiore: non si conserva il testo iscritto associato a questi ritratti, ma l'appellativo di patronus dell'uomo raffigurato assieme alla moglie, liberta ma di diversa famiglia, lascia ben intendere che questi altri fossero i suoi ex-schiavi.Footnote 40

Ritratti di fratelli non sono ignoti nella Venetia, sia adulti sia giovani,Footnote 41 ma raramente compaiono da soli e non inseriti all'interno di una famiglia nucleare assieme al ritratto dei genitori. La raffigurazione del rapporto filiale è ben attestata e contraddistinta da una marcata varietà iconografica: nelle numerose composizioni esso ritorna in metà dei monumenti con iscrizione informativa associata all'immagine e su due terzi degli schemi attestati. Nella maggior parte dei casi entrambi i genitori accompagnano le generazioni più giovani della famiglia: spesso viene ritratta una triade con un solo figlio, ma sono attestati anche segnacoli che invece raffigurano due o più ragazzi assieme ai parentes, fino a raggiungere un massimo di quattro fratelli. La scelta di raffigurare individui di età giovanile, più che infantile, porta ad avere anche monumenti in cui i figli erano sufficientemente cresciuti da essersi già sposati al momento dell'erezione del sepolcro: in alcuni casi, infatti, il segnacolo ritraeva la coppia di genitori e un figlio con la moglie, talvolta affiancati da un secondo figlio, fratello o sorella dell'altro.Footnote 42 La vicinanza tra genitori e giovani è poi evidenziata anche da quelle, poche, evidenze in cui un solo genitore accompagnava i figli nel ritratto funebre: se non mancano riferimenti alla presenza di bambini piuttosto piccoli,Footnote 43 è ugualmente attestata la presenza di figli già cresciuti: un rilievo cremonese mostra, infatti, una madre affiancata dalla prole, due femmine a destra, un maschio, militare e committente del monumento, a sinistra.Footnote 44

Zii e nonni, infine, sono presenti nelle iconografie, anche se sporadicamente (5%, il 3% considerando i singoli ritratti). Costituisce l'anello di congiunzione tra le diverse sfere l'edicola dei Volumni, un unicum nel panorama della Venetia che raffigurerebbe, secondo una probabile ricostruzione dei ritratti e dell'epigrafe, piuttosto frammentari, tre generazioni di un nucleo allargato: qui i nonni si dispongono nel pannello centrale per accompagnare la famiglia di un figlio, oltre ad un'altra figlia e una nipote verosimilmente sposate; zii e generi, invece, si collocano su quelli laterali, a incorniciare i registri figurati e completare la fisionomia di questa “gens” atestina.Footnote 45 La dislocazione dei ritratti obbedisce ai vincoli di impaginazione imposti dal supporto, ma è da sottolineare che la committenza ebbe un importante peso nella creazione di questo monumento eccezionale e che pertanto scelse di privilegiare la sequenza agnatizia discendente sul lato frontale e di spostare i rami collaterali sui lati brevi, per l'appunto a fianco del troncone principale della famiglia.Footnote 46

La legittimazione gentilizia ostentata da questa edicola è comunque allusa, pur se in maniera meno evidente, anche dagli altri segnacoli. Già le raffigurazioni di viri e uxores lasciavano intendere che la formazione della coppia legittima avrebbe garantito la prosecuzione del nomen, ma sono soprattutto i ritratti di triadi, nucleari o allargate, che puntano a mettere in evidenza il senso di successione agnatizia, come ben esemplificato dai monumenti in cui i ritratti dei genitori accompagnano quelli del figlio e della rispettiva consorte. L'attenzione al dettato giuridico e al concetto di legittimazione non è estranea al soggetto iconografico, anzi a partire dall'analisi di Paul Zanker sui Kastenreliefs essa è stata più volte ripresa nella discussione delle immagini di famiglia,Footnote 47 ma nella Venetia assume connotati peculiari. A fianco della presenza di ritratti di “bambini” già cresciuti, che per le stime demografiche potrebbero quasi figurare come potenziali nuovi patresfamilias,Footnote 48 la differenza emerge nel momento in cui si considera il diverso ambito sociale dei committenti di questa immagine sepolcrale. Se a Roma, ad esempio, il ritratto funerario policonico era caratteristico dei liberti – che quindi celebravano l'ottenimento della cittadinanza, del benessere economico e di una vita familiare legittima – nella Venetia il quadro è opposto e gli ex-schiavi sono decisamente meno rappresentati: essi costituiscono circa il 22% degli individui di cui è noto lo status, senza particolari differenze tra i territori occidentali, con iconografie impostate sullo schema uomo-donna (2Aa), e quelli orientali, con iconografie invece derivanti dalla coppia donna-uomo (2Ab).Footnote 49

La situazione non muta contando le poche unioni intercetoFootnote 50 e non è dunque possibile riscontrare una correlazione evidente tra l'estrazione degli individui e l'uso di uno specifico schema iconografico coniugale.Footnote 51 Anzi, specialmente nei periodi di maggior diffusione di monumenti con ritratti emergono pure alcuni sporadici schiavi, che si adeguano al lessico funerario in voga.Footnote 52 Gli schemi erano di conseguenza comuni ai diversi gruppi sociali, a riflesso di un sentire commemorativo trasversale ai vari comparti del “ceto medio” che utilizzava questi segnacoli, come indicano due stele della Venetia centrale. Il monumento dei Cartorii da Padova, di età augustea, ritrae la liberta committente assieme al coniux, ex-schiavo e forse colliberto, e a quattro giovani, la cui onomastica li indica come figli legittimi della coppia (Fig. 8); di poco successiva, dei primi decenni del I secolo d.C. è una stele altinate, in cui è ritratta una coppia di ingenui, e non di liberti, con quattro ragazzi, i cui nomi non sono conservati, in quanto erano verosimilmente iscritti sulla perduta urna di base della stele, ma che sono facilmente integrabili come quelli dei figli della coppia.Footnote 53 In entrambi i casi l'immagine sottolinea l'importanza dell'essere genitori in ottica di rappresentazione funebre, tanto che quest'ultima – più difficilmente l'altra per la cronologia più alta – può essere considerata assieme all'edicola dei Volumni come un'attestazione dello ius liberorum e della celebrazione dei vantaggi connessi.Footnote 54

Alcuni casi puntuali, comunque, non escludono che certe eccezioni alla norma geografica dello schema coniugale fossero giustificate dalla non perfetta legittimità della coppia, che quindi sarebbe stata dichiarata non solo nell'iscrizione, ma anche nell'immagine.Footnote 55 È evidente, in tal senso, il monumento dei Cervonii da Concordia, in cui un uomo ricorda sul sepolcro sia l’uxor di nascita libera, ritratta a sinistra come da norma regionale e riconoscibile perché indossa una collana, sia la concubina di dubbia estrazione sociale, ritratta invece sulla destra e priva di specifici attributi.Footnote 56

Altri casi non mancano, ma sono più dubbi. Ad esempio, per una contubernalis della pianura veronese, collocata sulla sinistra e non sulla destra, come invece sarebbe stato coerente con la provenienza del segnacolo nella Venetia occidentale, la lettura è incerta non solo perché vi sono indizi di lavorazione della stele in due momenti e perché lo schema 2Ab è attestato pure in altre stele di ingenui dal medesimo territorio, ma anche poiché il termine contubernalis non riprende appieno il significato giuridico delle unioni con schiavi:Footnote 57 l'onomastica della filia Caecilia Maeciana, modellata correttamente sul nomen Caecilius del padre e col cognomen sul gentilizio della madre Maecia Gemella, suggerisce che fossero liberi, per quanto incerti e forse liberti.Footnote 58 Simili perplessità ritornano per una stele da Padova, in cui pure era usato lo schema contrario a quello più in voga nel territorio, e in cui un ingenuus è ritratto assieme ad una uxor di cui è riportato il solo cognomen, di origine venetica:Footnote 59 se tale particolarità ha fatto etichettare il ritratto come quello di un matrimonio misto,Footnote 60 quindi forse privo di ius conubii,Footnote 61 è da notare che la cronologia di età tiberiano-claudia attribuibile su base stilistica colloca il monumento in un periodo più tardo rispetto a quello di romanizzazione e che quindi la presenza di un'unione mista sia da etichettare come residuale o mossa da diverse dinamiche. Inoltre, l'iscrizione conservata non è completa e doveva verosimilmente correre anche sull'urna al di sotto della stele, visto che la bambina ritratta sul coronamento non è menzionata nel testo conservato.Footnote 62

Le poche e dubbie evenienze fanno dunque supporre che la definizione dell'importanza sociale è demandata, più che alla successione di imagines in sé, alla presenza di indicatori professionali e di status. Il ceto che utilizzava queste iconografie era piuttosto variegato e comprendeva magistrati locali e sacerdoti, decurioni o seviri;Footnote 63 militari, alcuni in servizio altri veterani,Footnote 64 e professionisti e artigiani di vario tipo, come l’aurifex, il medicus, il turarius, il dolabrarius, il produttore di vino o il macellaio.Footnote 65 Tali notazioni professionali non sembrano modificare il ritratto di famiglia e aiutano semmai ad individuare le caratteristiche peculiari del singolo individuo e ad evidenziarne il ruolo all'interno della comunità. Più in generale, vesti e attributi non riflettono particolari significati familiari né si associano a specifici status sociali. È il caso, tra i vari oggetti raffigurati, del volumen, che è estesamente diffuso e concentrato specialmente lungo l'arco adriatico, e che pertanto non aiuta a decodificare il significato familiare dell'iconografia: adulti e anziani si vedono così ritratti come cives, mentre per i più giovani l'oggetto simboleggia la cultura o la futura dimensione di uomo con diritti.Footnote 66 Attributi più semantici mancano o non possono essere considerati efficaci indicatori iconici di una parentela, come la bulla, che, pur essendo tipica dei ragazzini di nascita libera, nella Venetia assume una sfumatura di moda locale, dal momento che si circoscrive a pochi ritratti dall'opitergino.Footnote 67

In parte diverso è il quadro per le immagini femminili, che se da un lato mostrano attributi significativi più per lo status economico che quello familiare, come molti gioielli, dall'altro insistono maggiormente sul raggiungimento del ruolo di donna sposata o con figli: anelli all'anulare sinistro e capo velato, su tutti, diventano in molti casi spie per identificare la materfamilias, suggerendo l'unione coniugale o differenziando le signore dalle ragazze della domus. Footnote 68 Si tratta di piccole accortezze, che completano il significato familiare già alluso dallo schema iconografico: non è pertanto problematico riscontrare solo di rado l'attenzione al ruolo più topico della matrona lanifica, che nella Venetia ritorna nel solo caso dell'altare di Regia Ommonta.Footnote 69 Diametralmente opposta, dunque, è una seconda ara monumentale con contubernalis, una compagna di fatto che è sì ritratta secondo lo schema usuale, ma con particolari che si discostano dal comune stereotipo della matrona rispettabile. La donna non porta la palla, infatti, ma è vestita della sola tunica, che le evidenzia le forme del corpo,Footnote 70 e reca in mano un vistoso flabello, oggetto del mundus muliebris che è noto nelle immagini sepolcrali, ma che è di fatto assente in questo soggetto iconografico:Footnote 71 l'insieme dei due aspetti, congiuntamente all'iscrizione, lascia intendere che l'immagine fosse funzionale più a mostrare l'eleganza e la bellezza della donna, che a rappresentarne il ruolo domestico della compagna univira.

Vesti e attributi, pertanto, ribadiscono quanto suggerito dagli schemi iconografici e definiscono il ritratto di famiglia in area veneta come una raffigurazione di possessori di diritti legali o morali. Allo stesso tempo, comunque, essi davano profondità al significato dello schema iconografico, come ben evidenziato dalla stele di Optata dall'ager aquileiese, che costituisce, di fatto, una summa dei modi dell'autorappresentazione femminile (Fig. 9).Footnote 72 Delle due donne ritratte, entrambe anziane e con papaveri e frutti in mano, l'una porta collana e anello all'anulare sinistro, l'altra orecchini, anello, stolaFootnote 73 e mantello sul capo: sono due modi complementari per raffigurare le matrone delle domus del tempo, con vesti e attributi che delineano un orizzonte familiare più ampio di quello tratteggiato dalla sequenza di due ritratti femminili.

Fig. 9. La stele di Optata, da S. Canzian d'Isonzo, con due donne anziane vestite e ornate come matrone. (Concessione del Ministero della Cultura, Direzione regionale musei del Friuli Venezia Giulia, inv. 51459, foto O. Harl. Divieto di ulteriore riproduzione e duplicazione con qualsiasi mezzo, nonché quello di download e di successiva manipolazione.)

Rapporti personali e commemorazione funebre

I ritratti di queste donne mostrano che il ritratto non è solo uno strumento per mostrare il successo personale raggiunto, ma anche un espediente per rivelare una dimensione personale, costituita da rapporti di vario tipo e intensità. Pure le raffigurazioni delle unioni non legittime o di individui pertinenti ai ceti meno attivi socialmente aiutano a individuare quest'ambivalenza dell'immagine sepolcrale di famiglia, che palesava il desiderio di ricordare su pietra una relazione affettiva stabile.Footnote 74 Tale attenzione emerge con più forza nei periodi di maturità del costume funerario, come nel caso delle contubernales sopra menzionate, e nelle fasi cronologiche più avanzate, ormai successive alle intenzioni autorappresentative più tipiche della tarda-repubblica ed età augustea.Footnote 75 Così, ad esempio, si può leggere una stele probabilmente di III secolo d.C. da Padova, in cui due giovani defunte sono ricordate dai genitori: i ritratti non sono conservati e la resa stilistica è ben più scadente rispetto ai modelli di I secolo d.C., ma non si apprezza nell'immagine una sostanziale differenza tra le due ragazze, che il committente nell'iscrizione identifica come filiae, specificando però che l'una è “filia ingenua”, l'altra è “alumna”, forse schiava, forse adottata.Footnote 76

Questa componente relazionale è resa iconicamente dai gesti scolpiti, che si documentano in più della metà dei monumenti raccolti (55%): essi ordinavano il registro figurato raggruppando gli individui più efficacemente di quanto non facesse lo schema iconografico.Footnote 77 La centralità delle coppie uomo-donna nella costruzione dell'immagine di famiglia e la loro presenza capillare anche in monumenti con molti ritratti rendevano queste diadi i destinatari privilegiati della raffigurazione del gesto. Come per indumenti e attributi, tuttavia, anche qui non si registra una diretta corrispondenza tra azione e tipo di parentela raffigurata, tanto che per le coppie coniugali si trovano diverse soluzioni prossemiche. Se la dextrarum iunctio, ben nota nel soggetto iconografico e per cui si è sottolineato da tempo un certo legame con l'unione matrimoniale, anche se non esclusivo,Footnote 78 non è così frequente nella Venetia e si rintraccia quasi solo lungo l'arco adriatico (17%),Footnote 79 il gesto più diffuso è lo scambio degli sguardi, reso attraverso una leggera torsione dei busti o dei soli volti degli individui ritratti (66%, gli sguardi in totale assommano al 77%). Pure l'unione marcata dal gesto può essere di diverso tipo e se il rapporto legittimo è in assoluto il più attestato, le iscrizioni conservate non mancano di ricordare altre forme di unione.Footnote 80 Anche le disposizioni più complesse utilizzavano questo strumento iconico: da un lato gli schemi a tre ritratti presentano spesso le effigi laterali convergenti verso il centro, sia che fossero impersonate dai genitori negli schemi 3Ce o 3Cf,Footnote 81 sia che si riferissero al padre e al figlio nei 3Cb e 3Cc;Footnote 82 dall'altro quando sono presenti più registri si moltiplicano coerentemente anche i gesti, duplicando gli sguardi o affiancando ad essi le dextrarum iunctiones per distinguere le coppie o i genitori dai figli.Footnote 83

L'unione di più gesti, allora, arricchisce il messaggio iconico al punto da riflettere, quasi come una successione per punti, una gerarchia interna al colpo d'occhio. La stele dei Silii dall'opitergino, ad esempio, ritrae i genitori con un figlio, fratello della committente che non è raffigurata e che ricorda i familiari sull'urna posta a base dell'edicola: se lo sguardo scambiato tra quest'ultimo e il padre unisce l'intero nucleo familiare, la dextrarum iunctio tra i genitori mette in maggior evidenza i due membri più anziani della famiglia, lasciando il figlio su un piano di poco retrostante (Fig. 10).Footnote 84

Fig. 10. La stele dei Silii, da Cessalto, di schema 3Cc. Padre e figlio ai lati del registro si scambiano lo sguardo, mentre i genitori sono in dextrarum iunctio. (Su concessione del Ministero della Cultura; riproduzione vietata.)

Emerge quindi una certa attenzione a distinguere i più giovani della domus anche in questo caso, tanto che le scarse attestazioni di contatti fisici (meno del 10% degli sguardi) si ritrovano prevalentemente associate a ritratti di ragazzi o bambini.Footnote 85 È evidente in tal senso la stele aquileiese di Aurelius Aplus, che fa ben trasparire l'affetto dei genitori ed il rammarico per la mors acerba del loro unico figlio, legato alla madre da un abbraccio e ritratto come un bambino, anche se è ricordato come diciannovenne nell'iscrizione.Footnote 86

La relativa eccezionalità di tale gesto trova riscontro anche in altri esiti iconografici particolari. Ad Altino si ha una delle rare rappresentazioni di imago, con una donna abbastanza giovane, abbigliata con una pesante tunica, che poggia la mano sul busto di una matrona velata, collocato su una mensola e probabilmente riferibile, in assenza di iscrizione, ad un'antenata della ragazza, forse la stessa madre.Footnote 87 Ad Aquileia il recinto dei Trebii ospitava un inusuale gruppo scultoreo con matrona e Psiche, riferibili ad una madre ed una figlia separate dalla morte, raffigurate in un abbraccio reciproco.Footnote 88 La soluzione più singolare è però data dalla stele veronese di Octavia Exorata, conservata in stato frammentario:Footnote 89 datata agli ultimi decenni del I secolo d.C., essa riadatta le scene di compianto funebre note a Roma in quel torno di tempo e poi nei sarcofagi urbaniFootnote 90 e raffigura i parenti della defunta stesa sulla kline, indicati precisamente dall'iscrizione come il patruus, il pater e la mater, che toccano il letto o il corpo della giovane deceduta (Fig. 11).

Fig. 11. Stele di Octavia Exorata, da Verona, in cui patruus, pater e mater attorniano la defunta in una scena di compianto modulata sullo schema 4Cb. (Concessione del Comune di Verona, Museo Maffeiano, inv. 28286.)

L'aspetto comune a questi monumenti è la separazione anche iconica tra i defunti e viventi. Di fatto, l'immagine sepolcrale aveva la funzione di perpetuare la memoria dei cari scomparsi ai membri superstiti della famiglia e viene naturale estendere tale considerazione alle iconografie qui analizzate. È tuttavia altrettanto noto che non tutte le persone raffigurate sul monumento fossero defunte al momento dell'erezione del segnacolo: alcune iscrizioni indicano lo stato biografico, con casistiche numerose ma non sempre certe, che consentono di approfondire criticamente l'analisi per il 12% di effigi, in cui sostanzialmente compaiono il theta nigrum o il v(ivus).Footnote 91

Il campione è poco significativo, ma non lascia ipotizzare che la disposizione dei ritratti venisse alterata in maniera consistente dalla premorienza di alcuni individui, per cui diventa semmai suggestivo riconoscere negli schemi con il ritratto isolato in basso (T2a) o sul coronamento (T1b, T1d) un modo per separare l'effigie del defunto da quella dei membri ancora in vita della relativa famiglia, come documentato, ad esempio, nei monumenti dei Fadieni dal delta ferrarese.Footnote 92 Resterebbe la stele concordiese dei Cornelii a conferma di tale ipotesi, dato che il committente è ritratto sul coronamento e non assieme ai genitori come invece accade per il fratello nello schema T1d, costituito da un ritratto sovrapposto ad un registro con triade: egli realizzò il sepolcro per volontà testamentaria ed è quindi da ritenere defunto, forse l'unico del nucleo familiare.Footnote 93 Da questa situazione piuttosto fluida si ricava piuttosto che i monumenti ricomponevano le immagini di famiglie segnate dal lutto, mescolando parenti defunti ed altri ancora viventi. Al proposito, non si rintracciano differenze sostanziali nella forma o in altre caratteristiche del loro ritratto, e non risulta possibile leggere nei busti privi di vesti la raffigurazione di individui defunti, anche e soprattutto considerando che l’imago di matrona raffigurata sulla stele altinate sopra menzionata è panneggiata.Footnote 94 È una stele aquileiese, ora a Copenhagen, che forse lascia intravvedere una ripresa del costume aristocratico delle imagines maiorum nei busti nudi dei soli pater e mater, più forse per nobilitare i membri anziani della famiglia, e di riflesso la generazione del figlio committente ritratto in dextrarum iunctio più sotto, che per dichiararne la dipartita.Footnote 95

Il ritratto di famiglia tra committenze, disponibilità iconografiche e culture del tempo

I testi stringati degli epitaffi consentono solo in pochi casi di ipotizzare l'evento che portò all'erezione del monumento con ritratti, che poteva essere la scomparsa prematura di un figlio, oppure quella di un coniuge o di genitori anziani, e non informano sul più ampio contesto familiare che esisteva dietro agli esiti iconici, ambivalenti nel ritrarre nuclei ridotti e domus allargate, in cui l'apertura a diverse generazioni o rami collaterali supera il modello della coppia o della triade.Footnote 96 Ciò si fa evidente in quelle occorrenze in cui sono menzionati individui in più rispetto alle imagines o in cui il committente non è raffigurato e ritrae solo una parte del nucleo domestico d'appartenenza. Una stele da Brescia, ad esempio, presenta una coppia di coniugi definiti come parentes, fatto che induce a ritenere che questi avessero almeno un figlio, quello ricordato come committente anche se non raffigurato, che fosse sufficientemente cresciuto da allestire la sepoltura per i genitori.Footnote 97

L'attenzione era dunque posta sui nuclei minimi delle familiae del tempo, per cui coppie e triadi alludevano alla solidità dell'unione e alla discendenza, anche frustrata da mortes acerbae. Footnote 98 La componente maschile della famiglia risulta dunque predominante in quelle immagini, specialmente quando è relativa alle generazioni più giovani, ma il ridotto numero di ritratti infantili e la scelta di raffigurare il figlio maschio, erede del titolo di paterfamilias, con la moglie suggerisce che l'immagine funeraria non solo suggerisse una discendenza, ma anche fornisse un modello visivo del ruolo dei maiores e delle relative potestà familiari.

La disparità di genere emerge anche a livello di committenza:Footnote 99 mariti e padri sono i casi più frequenti (65%), e pure i figli o i fratelli, committenti del 13% delle evidenze, sono di norma maschi.Footnote 100 Non è ignota la controparte femminile, ma mogli e madri sono molto meno attestate (13%) e legate ad iconografie più semplici: si rintraccia, però, la tendenza delle donne a focalizzare l'attenzione sulla prole e due in particolare, Barbia Philostrata e Cartoria Ampelio sopra menzionate, risultano eccezionali, visto che ritrassero due tra i nuclei domestici più numerosi e complessi.Footnote 101 Svincolano dal quadro i più rari liberti e patroni, di norma maschi: se il rapporto personale è già poco diffuso nelle iconografie, lo è anche a livello di committenza (9%), con i padroni che raffiguravano i propri ex-schiavi assieme ai familiari e con le liberte che solitamente, invece, trascuravano i propri affetti e si ritraevano solo con i patroni, forse per adempiere ai propri obblighi.Footnote 102

Gesti e ritratti delineavano già come le immagini si focalizzassero sui membri più maturi di una famiglia; a ciò e al profilo di committenza si aggiunge il fatto che spesso i figli occupavano una posizione meno centrale rispetto ai parentes e non di rado subordinata, sul lato opposto rispetto al padre o nei registri inferiori o più piccoli.Footnote 103 Con tale tendenza, comunque, dialogano attivamente alcuni monumenti, in cui i filii ritratti sono ormai cresciuti e in certi casi ricordati come soldati.Footnote 104 È il caso della famiglia dei Cluttii, dalla campagna centuriata veronese non distante dal confine con l'ager atestino, ritratta su una stele a più registri di schema Q2d. L'iscrizione al di sotto del primo registro ricorda il committente e la moglie, sotto a quello inferiore, invece, il pater, la mater e la soror (Fig. 12). La struttura del segnacolo e la sequenza di imagines coerente con il testo iscritto fanno attribuire i volti nella prima nicchia in alto al committente, figlio ormai adulto che ha realizzato il sepolcro, e quelli della sottostante ai genitori alla sorella. L'enfasi sul committente inverte così il senso di lettura più gerarchico, con confronti, comunque, nell'edicola dei Volumni e in alcune stele dal milanese, area in cui (come nella più vicina Este) a queste cronologie era diffuso l'uso dello schema donna-uomo e non uomo-donna (2Ab e non 2Aa).Footnote 105

Fig. 12. La stele dei Cluttii, da Correzzo, di schema Q2d. Il committente ricorda sé con la moglie, la sorella e i due genitori. (Concessione del Comune di Verona, Museo Maffeiano, 28268.)

Alla luce di quanto osservato, il sistema di creazione e lettura dell'immagine risulta essere comunque piuttosto trasversale e quindi condiviso: la stele dei Cluttii è uno dei tanti esempi che mostrano i modi con cui le unità minime di due o tre ritratti, individuate nel primo paragrafo e coerenti con la descrizione di coppie e figli, potevano essere gestite dalla committenza per ritrarre nuclei familiari individuali. L'adattamento dello schema per ordinare il registro figurato o evidenziare specifiche persone poteva allora portare con sé anche un adattamento del significato parentale. Nella stele dei Rufellii, ad esempio, per ritrarre il piccolo nepos il committente inserì un ritratto in più rispetto a quello previsto dallo schema 3Cf:Footnote 106 se già la figlia presentava dei tratti fisiognomici più freschi e un'acconciatura più aggiornata rispetto alla madre, il nipote è stato inserito come piccolo busto vicino al proprio genitore, per sfruttare al meglio lo spazio e rimarcare, con le dimensioni ridotte e il volto tondeggiante proprio del tipo del bambino, lo scarto generazionale intercorrente con gli altri individui.

L'esito poco naturalistico di questo monumento induce a ritenere che parte di questa codificazione fosse dovuta alla circolazione di modelli figurativi fissi, se non proprio di segnacoli pre-lavorati ad uno stadio più o meno abbozzato.Footnote 107 Una stele dalla Padova giulio-claudia mostra che in origine erano previsti due ritratti, entrambi quasi completati a giudicare dalla resa delle vesti e del piano di fondo, di cui però uno venne asportato già in antico, poiché è iscritto il nome solo al di sotto del busto conservato e non di quello mancante.Footnote 108 Anche se pare probabile che ciò sia avvenuto per indicazione della committenza quando la stele era già quasi finita, non si può escludere che la fabbricazione del segnacolo prevedesse diverse fasi, e forse specialisti, e che quindi solo alcune parti vennero completate.

L'analisi di questi processi realizzativi necessita di un inquadramento più ampio di quanto qui affrontato; tuttavia, la distribuzione degli esiti iconografici lascia supporre che la serialità delle immagini riflettesse una produzione codificata alla pari del sistema di lettura.Footnote 109 Stile, tipi monumentali e decorazioni accessorie (e pure i litotipi, su cui però rimangono incerte molte identificazioni) adombrano l'esistenza di officine con un raggio d'azione soprattutto locale, come evidente nel caso di Emona o dell'Istria, che tuttavia condividevano modelli di più ampia circolazione, di ascendenza urbana e centritalica, se non egea, la cui più antica documentazione si data almeno con mezzo secolo d'anticipo su quella veneta.Footnote 110 Quanto enucleato nel primo paragrafo, sulla struttura delle iconografie, suggerisce che circolassero schemi di base, soprattutto semplici, che avrebbero potuto facilmente essere predisposti su stele a diversi stadi di lavorazione, ma che avrebbero anche potuto essere modificati o integrati in segnacoli di varia forma su indicazione della committenza, come visto per la stele dei Rufellii. Footnote 111

Con tutte le cautele imposte dal campione conservato, si registrano dinamiche che si adeguano a tale incontro tra offerta circoscritta di modelli iconografici e domanda della committenza, tanto che se in una prima fase si documentano pochi segnacoli ed esiti tipologici e iconografici particolari,Footnote 112 in una successiva, circa coincidente con l'età giulio-claudia, si registra una maggior standardizzazione del lessico funerario, contestualmente alla diffusione capillare della moda iconografica nella regione. Alla luce del più generale andamento della monumentalizzazione delle necropoli cisalpine, ciò lascerebbe inferire un certo aumento della richiesta di monumenti con ritratti di famiglia e, al contempo, una produzione adattata a soddisfare l'esigenza commemorativa di buona parte della committenza. Contemporaneamente, però, nel contesto necropolare sempre più popolato di immagini non mancano segnacoli che riflettono invece il desiderio di creare esiti individuali: in questo processo si colloca verosimilmente un monumento opitergino frammentario e poco conosciuto, che si data nella matura età giulio-claudia o flavia e che modula due triadi nucleari per riproporre, a circa mezzo secolo di distanza, la successione generazionale ritratta nel pannello centrale dell'edicola dei Volumni (schema Q2g).Footnote 113

La scelta dello schema coniugale di base, se 2Aa o 2Ab (cioè se uomo-donna o donna-uomo), rientra in questo processo. L'omogeneità geografica riflette un senso di lettura inverso e suggerisce l'uso di modelli speculari nei due comparti territoriali, aspetti compatibili con una produzione piuttosto “standardizzata” del segnacolo.Footnote 114 Allo stesso tempo, però, si registrano tendenze che superano questa griglia, con poche eccezioni imputabili, quindi, a spinte personali più che omogeneamente trasversali. Seppur un liberto bresciano ammetta che la resa del suo monumento è dovuta alle limitate disponibilità finanziarie,Footnote 115 i dati raccolti non consentono di affrontare riflessioni di carattere economico, se cioè i committenti adattassero forzatamente le proprie esigenze commemorative a modelli già predisposti, anche quando non accettati dal più ampio contesto di fruitori, oppure se investissero risorse proprio per emergere differenziandosi, attirando l'attenzione dell'osservatore attraverso una discrepanza rispetto al colpo d'occhio più consueto.

Di conseguenza, a fianco delle notazioni di carattere biografico e sociale sopra discusse, resta da valutare il fatto – possibile almeno in linea teorica – che l'uso della disposizione inversa fosse un modo per suggerire l'esistenza di una parentela differente rispetto a quella più canonica o stereotipata, ma che prevedeva una simile giustapposizione di tipi ritrattistici e generi.Footnote 116 È però complesso riconoscere estensivamente tale motivazione e le poche occorrenze che potrebbero essere dovute a ciò richiedono una contestualizzazione specifica e non agile. Come esempio di tale complessità, una stele da Padova dispone un uomo e una donna secondo lo schema opposto a quello in uso nella Venetia orientale, cioè il 2Aa e non il solito 2Ab, e indica nell'iscrizione che un uomo fece da vivo il sepolcro per sé, per la uxor e per il frater. L'immagine, dunque, non raffigura tutte le persone menzionate, e questa sinteticità fa sì che dei due uomini uno soltanto sia ritratto, mentre l'altro è ricordato dal solo testo iscritto: questo può essere il fratello, se sono raffigurati i coniugi, come spesso proposto in letteratura, o il committente, se i cognati. Entrambe le casistiche si ritrovano sui monumenti sepolcrali e non di rado è il committente che trascura la propria effigie per ricordare i membri defunti:Footnote 117 se ciò è il caso anche di questa stele, la raffigurazione dei due cognati potrebbe essere stata ulteriormente marcata dall'uso intenzionale di uno schema non consueto per il territorio, per segnalare un rapporto personale diverso da quello più tipico coniugale.Footnote 118

La difficoltà e l'ambiguità della lettura sono confermate dal confronto col circa coevo rilievo degli Oppii, sempre da Padova (Fig. 13), in cui sono raffigurate le coppie dei genitori e di un figlio, che commissionò il sepolcro per volontà testamentaria realizzata poi dal fratello, ricordato nel solo testo iscritto e senza ritratto.Footnote 119 Anche in questo caso si registrano una coppia con disposizione non congrua con la norma regionale ed un parente solo menzionato; ciò però non evidenzia parentele meno comuni, bensì ordina il registro con ritratti: con lo schema 4Ab, infatti, il committente affiancò i volti femminili per giustapporre le coppie, così che una era raffigurata con la sequenza più consueta per il contesto geografico, l'altra con quella inversa.

Fig. 13. Rilievo degli Oppii da Padova in cui la coppia del pater e quella del filius, entrambe legittime, sono impostate sui due diversi schemi coniugali per favorire la leggibilità del registro figurato. (Concessione del Comune di Padova – tutti i diritti di legge riservati.)

Il rilievo in questione, dunque, esemplifica come in questi monumenti la scelta dello schema iconografico fosse anche utile ad enfatizzare la leggibilità dell'esito iconico, e non è da escludere, pertanto, che tale esigenza visuale fosse sentita anche nei sepolcri che ospitavano più stele figurate: nel sepolcro dei Truttedii, dal veronese, la semantica familiare del rilievo patavino viene riproposta non su un unico supporto, ma su due stele distinte, di cui una con la coppia dei genitori e una con quella del committente, una con lo schema canonico, una con quello inverso.Footnote 120

Le scarsissime informazioni sul contesto originario dei monumenti analizzati consentono di valutare l'ipotesi solo in casi fortunati come questo. Similmente, anche la provenienza degli individui è desumibile molto raramente e di conseguenza è difficile confermare se questa difformità dell'esito iconico nascesse dalla volontà di richiamare un diverso modello culturale, alluso attraverso l'immagine e comprensibile in ambito funerario, che è piuttosto conservativo e tradizionale.Footnote 121 La lettura è almeno in parte giustificata dal fatto che tali differenze si palesano in centri con vocazione commerciale, aperti alla circolazione di persone e così di modelli culturali diversi. Forse proprio a queste esigenze è imputabile la sequenza di ritratti della stele del medicus ariminensis, verosimilmente seppellito a Concordia; la disposizione uomo-donna adottata è sì quella inversa per il territorio, ma era quella in uso in quel periodo nella Regio VIII, a cui apparteneva il centro di Rimini da cui proveniva il medico.Footnote 122

Conclusioni

Il tradizionalismo funerario richiama il tema del radicamento della moda del ritratto di famiglia che, se non sempre è imputabile direttamente a quei movimenti di coloni occorsi nel I secolo a.C., mostra comunque un'interazione di lunga durata tra l'arrivo di un lessico iconografico alieno, italico o greco, e la popolazione locale, di cui vi è traccia nell'onomastica per vari decenni.Footnote 123 È il rapporto con il sostrato che potrebbe indirizzare nella ripartizione geografica della versione base dello schema coniugale, con l'area di diffusione del 2Ab che richiama i confini di quella di insediamento dei Veneti antichi e delle popolazioni carniche-istriane e quella del 2Aa con quelle celtiche, cenomani in particolare.

La divisione geografica rimane in conclusione utile per impostare il problema della comprensione delle immagini: che ciò equivalga ad una diversa direzionalità nella lettura,Footnote 124 alla preesistenza di modi di rappresentazione funerariaFootnote 125 o a diverse strutture socioculturaliFootnote 126 è difficile da riconoscere in questi monumenti – di fatto più tardi, ma rimane comunque suggestivo pensare che queste immagini offrissero alle familiae della Venetia un modo per inserire le proprie tradizioni nel sistema di valori, iconografici e socio-giuridici, pienamente romano.Footnote 127

Di fatto, la presenza di modelli diversi nei comparti territoriali suggerisce che il rapporto tra scalpellini e committenza si basasse su modelli invertiti, ma che fosse comune, di fatto, l'esigenza per cui si investivano risorse nell'immagine funeraria. Essa, mescolando descrizioni di persone e allusioni alla loro dimensione relazionale, diveniva un exemplum iconico centrato sulla solidità della coppia, modello per le nuove generazioni che frequentavano il sepolcro.

Footnotes

1 Zanker Reference Zanker1975; Kleiner Reference Kleiner1977, 22–46 in particolare. Per l'ambito urbano e italico si ricordano ad esempio Frenz Reference Frenz1985; Kockel Reference Kockel1993, 10, 38, 67–70; per l'ambito provinciale Edmondson et al. Reference Edmondson, Basarrate and Trillmich2001 (in particolare Nogales Basarrate Reference Nogales Basarrate, Edmondson, Nogales Basarrate and Trillmich2001, 56–58); Boppert Reference Boppert2005, 41 specialmente, Boatwright Reference Boatwright and George2005 e Von Hesberg Reference Von Hesberg, Bell and Hansen2008.

3 Mander Reference Mander2013, 54, 69, 98, 105.

7 Drennan Reference Drennan2009. Si sono utilizzati i software MS Excel e Statgraphics.

8 Le elaborazioni statistiche si basano sui dati editi in Scalco Reference Scalco2022, 358–428, nn. 346–556, a cui per completezza sono state aggiunte due evidenze più incerte (Tozzi Reference Tozzi2017, 90–91, n. L46; Tirelli Reference Tirelli, Mascardi, Tirelli and Vallicelli2023, 23–25, studiata solo dopo la consegna delle bozze, cfr. Scalco 2022, 89), mentre gli altri monumenti troppo frammentari sono esclusi. Non è conteggiata, infine, la ventina di pezzi da Emona (raccolti principalmente in EDR e Lupa), ben diversi per stile, tipi e cronologie, poiché la pertinenza alla Regio X nella prima età imperiale non è del tutto sicura (Cortés Bárcena Reference Cortés Bárcena2015; Šašel Kos Reference Šašel Kos2016; Horvat et al. Reference Horvat, Lazar and Gaspari2020). EDR e Lupa la inseriscono in Italia, EDCS in Pannonia anche se Mander Reference Mander2013, 214, n. 242 la pone in Italia. Ad ogni modo, pur se esclusi dalle elaborazioni quantitative, se ne tiene conto a livello di confronto.

9 Rosada Reference Rosada2002; Dexheimer Reference Dexheimer1998; Dell'Acqua Reference Dell'Acqua2020, 453. Per quanto continuino tradizioni figurative più antiche, non vengono considerati i sarcofagi, perché le loro iconografie si limitano essenzialmente ai ritratti di coniugi e perché sono molto meno frequenti e distribuiti nei territori cisalpini rispetto agli altri tipi monumentali (Gabelmann Reference Gabelmann1973; Rebecchi Reference Rebecchi1978; Di Filippo Balestrazzi Reference Di Filippo Balestrazzi2012, 118, n. 142). Vi sono poi anche produzioni non locali, che però sfuggono al soggetto in esame (Ciliberto Reference Ciliberto, Slavazzi and Maggi2008; sulle diverse esigenze comunicative dei sarcofagi, però modulate sul campione urbano, Meinecke Reference Meinecke, Birk and Poulsen2012; Birk Reference Birk, Birk and Poulsen2012; sulla raffigurazione della familia nell'Urbe George Reference George2000; Leisner Reference Leisner, Porod and Koiner2015).

11 Scalco Reference Scalco2022, 72–76. A tale classificazione rimandano anche le sigle utilizzate in questa sede: in generale gli schemi su singolo registro o lineari si classificano in base al numero di ritratti (2, 3, ecc.); quelli delle stele a piani in base all'unione di più schemi a singolo registro e alla conseguente conformazione generale (Q, T).

12 L’11% dei monumenti è in stato frammentario o con schema non riconoscibile.

13 Pflug Reference Pflug1989, 32.

14 Mander Reference Mander2013, 212, n. 228.

15 Pflug Reference Pflug1989, 187–88, n. 79.

16 La rilavorazione in età medievale non consente di accertare le fattezze originarie dei vari ritratti, ma per quanto riguarda il primo registro lo schema di base è noto già a queste cronologie (Rossi Reference Rossi2014, 406, n. N29) e ampiamente in uso a Roma già nel I secolo a.C. (Kockel Reference Kockel1993, 95–96, n. B2); lo schema derivato era noto nei territori centritalici (Mander Reference Mander2013, 201, n. 189). Per il secondo registro la versione di base è attestata a Ravenna in cronologie analoghe (Pflug Reference Pflug1989, 149, n. 1) mentre quello derivato è noto più tardi nella Venetia (Dell'Acqua Reference Dell'Acqua2020, 294, n. 140). Diversa invece la soluzione della stele emoniense EDR129070, con i ritratti impaginati verticalmente e non orizzontalmente.

17 La discrepanza è stata già notata in Pflug Reference Pflug1989, 107–8.

18 Il campione, al netto dei monumenti in cui non è presente la coppia o troppo frammentari (32% del totale), è significativo oltre il 99,99% (X2 = 50.16, .001 > p) e la correlazione è piuttosto forte (V = 0.59).

20 Su Aquileia e la scultura del medio-impero Verzár Bass et al. Reference Verzár Bass, Mian, Casari, Ciliberto, Ghedini, Bueno and Novello2009, 203–4, 207, 209, 212–13, 216–17. Diverso invece il caso di Emona, che ha monumenti databili soprattutto al II–III secolo, come Norico e Pannonia (Boatwright Reference Boatwright and George2005; Pochmarsky Reference Pochmarsky2007).

21 Sul legame tra deduzione coloniaria e lessico monumentale Ghedini Reference Ghedini and Bosio1984, 52–53; Compostella Reference Compostella1996, 70–71, 296. Non mancano in altre zone monumenti di età augustea, ma non sembrano essere così vincolati al processo di assegnazioni viritane noto, ad esempio, ad Este (Bonetto Reference Bonetto2009, 33, 102 e per il rapporto col monumento funerario Ghedini Reference Ghedini and Bosio1984, 55 ripreso anche successivamente, ad es. Compostella Reference Compostella1996, 238–39).

22 Sulla romanizzazione dei due centri Bonetto Reference Bonetto2009, 34.

23 Garzetti Reference Garzetti and Brescia1994, 54–58; sul tema dibattuto del diritto matrimoniale e della cronologia Valvo Reference Valvo2010, 224, n. 1133 con bibliografia.

24 Le falere di Manerbio, rinvenute in territorio cenomane e attribuibili alla prima metà del I secolo a.C., mostrano infatti le têtes coupées con baffi, non con barba: sebbene di probabile produzione alloctona, non presentano caratteri particolarmente difformi dalle altre – scarse – evidenze figurate dei popoli celtici padani e alpino–orientali (Verzár Bass Reference Verzár Bass, Slavazzi and Maggi2008, 31–35).

25 Per la definizione del tipo monumentale Kockel Reference Kockel1993.

26 Una visione complessiva sul problema in Pflug Reference Pflug1989, 72–77.

27 Rawson Reference Rawson2003, 23–31; Mander Reference Mander2013, 202–6.

28 Pflug Reference Pflug1989, 209, n. 131; Mander Reference Mander2013, 211, n. 230.

29 Pflug Reference Pflug1989, 240–41, n. 214; Mander Reference Mander2013, 212, n. 233.

30 Mander Reference Mander2013, 119.

31 Mander Reference Mander2013, 207, n. 209.

32 Mander Reference Mander2013, 207, n. 207.

34 Sul punto, Scalco Reference Scalco2022, 71–73, 101–3 alla luce delle riflessioni di Saller, Martin ed Edmondson. 25 schemi consentono la lettura incrociata; di questi 10 hanno più di un'attestazione con epigrafia associata (13, se si considerano le disposizioni speculari a queste). Solo quattro schemi sono utilizzati per più parentele e, se si escludono il Q2a, a più registri, che attesta sia patroni e liberti, sia genitori con figli (nota 40; Mainardis Reference Mainardis2008, 203–4, nn. 104–5), ma il primo con immagini di adulti e il secondo di giovani; e il 3Cf, in cui però vengono adottati diversi tipi ritrattistici per indicare la contubernale o la nonna (note 14, 58), sono solo i frequenti schemi coniugali (2Aa e 2Ab) che sono polisemici.

35 Come Tramunto Reference Tramunto2009, nn. 548, 662.

36 Bassignano Reference Bassignano2016a, 214–15, n. 2951, forse Bassignano Reference Bassignano1997, 61–62, n. 2502. A Brescia, inoltre, è nota una stele con scena di banchetto, in cui un decurione è ritratto assieme al fratello e alla liberta, di cui non viene menzionato altro rapporto familiare (Valvo Reference Valvo2010, 207, n. 255).

37 Per le iconografie Davies Reference Davies, Larsson Lovén and Strömberg2010; Scalco Reference Scalco2022, 172, 207, 215. Sugli aspetti legali della manomissione per matrimonio Fayer Reference Fayer2005b, 126–33; Perry Reference Perry2014, 91; Huemoller Reference Huemoller2020.

38 Ad esempio, a Milano, Sartori e Zoia Reference Sartori and Zoia2020, 62, n. 36.

39 Perry Reference Perry2014, 111.

40 Pflug Reference Pflug1989, 263, n. 269; cfr. la stele di Longidieno da Ravenna (Pflug Reference Pflug1989, 152–53, n. 7).

41 Pflug Reference Pflug1989, 196, n. 99; Rosada Reference Rosada2002, 354, fig. 15.

42 Pflug Reference Pflug1989, 188, n. 80; 255–57, n. 250. Non è da escludere che il fratello fosse ancora celibe e che vivesse ancora coi genitori (sul rapporto tra età e committente Saller Reference Saller1994, 25–35; Scheidel Reference Scheidel2007, 390–92).

43 Mander Reference Mander2013, 208, n. 218.

44 Slavazzi and Volonté Reference Slavazzi and Volonté2009, 127–32, n. 23 (M. Cadario). Tale evidenza consentirebbe di estendere la lettura a quei rilievi a cassetta bresciani in cui sono raffigurati un uomo e una donna maturi attorniati da due giovani togati (Cavalieri Manasse Reference Cavalieri Manasse and Mirabella Roberti1997, 251).

45 Compostella Reference Compostella1996, 258; Bassignano Reference Bassignano1997, 137–38 con bibliografia.

46 La divisione dei gradi di parentela in forma di albero è esemplificata in Manfredini Reference Manfredini1991, 116–25, in relazione alla successione; sull'evoluzione storica di questa, in particolare ab intestato, Puliatti Reference Puliatti2016, 11–22, 64–76.

47 Zanker Reference Zanker1975, 285. Ad esempio, Huskinson Reference Huskinson, Cohen and Rutter2007, 327; Huskinson Reference Huskinson and Rawson2011, 527; Leisner Reference Leisner2014, 152–53.

48 Scheidel Reference Scheidel2007, 394–97.

49 Per una più ampia disamina della distribuzione degli status Pflug Reference Pflug, Boschung and Queyrel2019, 298. Alcune prime riflessioni sul valore nella commemorazione familiare in George Reference George and George2005, 65–66.

50 Pflug Reference Pflug1989, 188–89, n. 81, 223, n. 169, 263, n. 269; molto probabile 256, n. 252.

51 Il campione è ridotto per ritenere significativa la differenza tra schema iconografico e legittimità dell'unione, sia per ingenui sia per liberti (X2 = 0.612, .50 > p > .20), ma la correlazione è comunque molto bassa (V = 0.12).

52 Tirelli Reference Tirelli2002; dubbi Pflug Reference Pflug1989, 229, n. 187 e EDR071606; più antico Ventura Reference Ventura, Slavazzi and Maggi2008, 81–84, fig. 10.

54 Fayer Reference Fayer2005a, 285–95.

55 Coerentemente con la generale distribuzione dello status, sono rare le unioni illegittime, che si limitano al 3% del campione.

56 Sandon and Scalco Reference Sandon and Scalco2020, 175, fig. 12.

57 Sul termine riferito alle unioni illegittime Fayer Reference Fayer2005b, 13–27; Tramunto Reference Tramunto2009, 51–72, 83–98.

58 CIL V 3524 con la prima lettura esaustiva in Franzoni Reference Franzoni1955–1956, 169. Non è da escludere completamente, per il cognomen con suffisso –anus, che si tratti di una figlia adottata (Buonopane Reference Buonopane2009, 148), forse nata in circostanze non chiare o del tutto legittime e poi regolarizzata.

59 Sulla maggior importanza del termine uxor rispetto a coniux, pur con le distorsioni evidenziate nell'uso epigrafico Corbier Reference Corbier, Le Bohec and Roman1998, 108; Tramunto Reference Tramunto2009, 101–6.

61 Fayer Reference Fayer2005a, 390.

62 Sulla caratteristica di questi sepolcri e sulla sinteticità delle iscrizioni Cresci Marrone e Tirelli Reference Cresci Marrone and Tirelli2010, 139–40. Un'altra unione mista, che denuncia l'illegittimità ma che non inverte lo schema coniugale, è nota in Pflug Reference Pflug1989, 264, n. 270; più incerta la lettura in 264, n. 271.

63 Pflug Reference Pflug1989, 191–92, n. 89; Pflug Reference Pflug1989, 253, n. 243; Inscr. It. X 5 255.

64 Inscr. It. X 5 979; Pflug Reference Pflug1989, 108–9, n. 103. I militari in servizio sono di norma ritratti come figli o fratelli. I veterani noti, sopra ricordati, non sempre esplicitano l'avvenuta unione con la donna ritratta, anzi talvolta lasciano l'indicazione dell'unione illegittima (CIL V 4923; CIL V 2505). Sul diritto al matrimonio ai soldati Phang Reference Phang2001, 117–33; Allison Reference Allison and Rawson2011.

65 CIL V 908; CIL V 1910; CIL V 2184; CIL V 2882; CIL V 4593; Rossi Reference Rossi2014, 406, n. N29. Vi sono poi più dubbie evidenze di vetrai (Starac Reference Starac2006, 90–91, n. 56); oltre ad alcune di archipendoli e squadre dal significato non necessariamente legato alla professione (Buonopane Reference Buonopane and Lafer2016).

66 Per l'area veneta Pflug Reference Pflug1989, 93–94; Sperti Reference Sperti, Busana and Basso2012, 519.

67 Pflug Reference Pflug1989, 204, n. 116; Mander Reference Mander2013, 211, n. 230. Una stele da Monselice ritrae un ragazzo con una collana priva della scatola circolare tipica della bulla: l'attributo è inusuale, tanto che, assieme al volumen retto dalla donna a fianco, ha fatto ipotizzare una rilavorazione (Compostella Reference Compostella1996, 261, fig. 111). Sulla bulla Backe Dahmen Reference Backe Dahmen2006, 81–82.

68 Di Filippo Balestrazzi Reference Di Filippo Balestrazzi2012, 103–4, n. 85. Il tipo statuario della Pudicitia è noto, ma troppo raro per poter riconoscerne uno specifico significato parentale nella Venetia (Pflug Reference Pflug1989, 245–46, n. 226).

69 Sperti Reference Sperti, Cenerini and Rohr Vio2016, 200, fig. 6. Sulla lanifica in ambito funerario Larsson Lovén Reference Larsson Lovén, Busana, Rossi and Francisci2022 e per l'area veneta Busana e Rossi Reference Busana, Rossi, Busana, Rossi and Francisci2022, 66–67.

70 Simile situazione si ritrova in alcuni ritratti dell'Urbe, soprattutto di II secolo d.C., in cui l'uso di drappeggi non tipici del mantello matronale evidenzia la sensualità della donna, assimilandola così a Venere.

72 Il rapporto familiare non è chiaro (Pflug Reference Pflug1989, 193, n. 91; Lettich Reference Lettich2003, 111, n. 128; Ciliberto Reference Ciliberto, Novello and Tiussi2017a, 111–12, n. 21), forse patrona e liberta (come a Modena, Pflug Reference Pflug1989, 174, n. 50), madre e figlia, sorelle o, più dubitativamente, cognate (confronto in Bertinetti Reference Bertinetti2016, 324, n. 5334), forse legate ad alcuni dei Vallii ricordati nel diverso testo al di sotto della tabella corniciata (Lupa 14144).

73 Veste tipicamente matronale, è un unicum per l'iconografia della famiglia nella Venetia, ben riconoscibile per lo scarto di piano con la tunica, lo scollo a V e l’instita delineata su entrambe le spalle (Pflug Reference Pflug1989, 100; Fejfer Reference Fejfer2008, 331).

74 Si vedano ad esempio, per la Regio VIII, le riflessioni di Cenerini Reference Cenerini2010 e Reference Cenerini, Dondin-Payre and Tran2016.

75 In particolare, per Aquileia, il cambio intorno alla metà del I secolo d.C. è stato sottolineato da Ortalli Reference Ortalli, Cuscito and Verzár Bass2005.

76 Sugli alumni Brancato Reference Brancato2015.

77 Scalco Reference Scalco2022, 174.

79 Eccezione, nel bresciano, è la stele Pflug Reference Pflug1989, 268, n. 280.

80 Ad esempio CIL V 902.

81 Mander Reference Mander2013, 212, n. 235; Tirelli Reference Tirelli2002.

82 Pflug Reference Pflug1989, 253, n. 244, 224–25, n. 173.

83 Pflug Reference Pflug1989, 216, n. 152, 219–20, n. 160.

85 Eccezione è una stele da Concordia, in cui il marito viene abbracciato dalla moglie (Di Filippo Balestrazzi Reference Di Filippo Balestrazzi2012, 103–4, n. 85).

86 Mander Reference Mander2013, 208, n. 217. Il monumento è adattato alle esigenze del committente, in quanto privo di confronti precisi nel territorio contermine fino ad almeno il Norico orientale (Cigaina Reference Cigaina2009, 386–90).

87 Cresci Marrone e Tirelli Reference Cresci Marrone, Tirelli, Bonetto, Busana, Ghiotto, Salvadori and Zanovello2016. Pare abbastanza stringente il confronto con un altare urbano, di fine del I secolo d.C. in cui una donna poggia la mano su un’imago clipeata in corso di realizzazione (Fejfer Reference Fejfer2008, 129).

88 Ventura e Giovannini Reference Ventura, Giovannini and Alexandrescu2015, 345; Ciliberto Reference Ciliberto, Voutiras, Papagianni and Kazakidē2017b. Simile è una stele romana, di cronologia analoga in cui sono ritratti madre e figlio, legati dal gesto e col bimbo ritratto in forma di erote (Fittschen e Zanker Reference Fittschen and Zanker2014, 135, n. 146).

89 Moreau Reference Moreau and Auvray-Assayas1998, 295; EDR142830.

90 Davies Reference Davies2018, 257–58, fig. 83; Ghedini Reference Ghedini2022, 276–79.

91 Carroll Reference Carroll2006, 86–87; Buonopane Reference Buonopane2009, 207–8 con bibliografia.

93 Di Filippo Balestrazzi Reference Di Filippo Balestrazzi2012, 103–4, n. 85. A parità di schema, tuttavia, una stele da Zambrattia mostra una diversa situazione biografica (Zaccaria Reference Zaccaria1992, 263, n. 24).

94 Attribuzione già esclusa tra gli altri da Pflug Reference Pflug1989, 88; Kockel Reference Kockel1993, 23; George Reference George and George2005, 61.

95 Pflug Reference Pflug1989, 191, n. 87. Sulle imagines maiorum in generale Flower Reference Flower1996, sulla rivalutazione in età imperiale ad es. Pucci Reference Pucci and di Giacomo2012 e Dasen Reference Dasen, Beaumont, Dillon and Harrington2021, 113–15 per i bambini.

96 Huskinson Reference Huskinson and Rawson2011, 533; Scalco Reference Scalco2022, 218–22.

97 Pflug Reference Pflug1989, 268, n. 280. Similmente anche EDR134931, da Lubiana o Ig.

98 Sul tema della morte prematura Lindsay Reference Lindsay, Beaumont, Dillon and Harrington2021, 523–26.

99 Il 38% del campione consente di conoscere il realizzatore del sepolcro.

100 Salvo un caso di fatto unico in cui una giovane donna ritrae la propria sorellina (Mander Reference Mander2013, 213, n. 240).

101 Le riflessioni in Bassignano Reference Bassignano2016b, 153 sulla stele patavina possono essere estese anche a quella triestina.

102 Più ampiamente sulle casistiche Perry Reference Perry2014, 108–10. Si veda un caso da Lodi, con la liberta ritratta col patrono su una stele e menzionata assieme al marito, un uomo diverso, su di un'altra (Tomasi Reference Tomasi2013, 293–94, nn. 6361, 6364).

103 Per il peculiare caso urbano Huskinson Reference Huskinson, Cohen and Rutter2007, 327–30. In una prospettiva più ampia del ritratto, sull'evoluzione del ruolo del paterfamilias si vedano ad esempio Fayer Reference Fayer1994, 127–51, 274–88; Cantarella Reference Cantarella and Schiavone2010, 158–62.

104 Oltre alla menzionata stele di Concordia, cfr. anche a Cremona (Slavazzi and Volonté Reference Slavazzi and Volonté2009, 127–32, n. 23); Torino (Mercando e Paci Reference Mercando and Paci1998, 145–46, n. 72); forse Milano (Tocchetti Pollini Reference Tocchetti Pollini1990, 101–2, n. 46).

105 Tocchetti Pollini Reference Tocchetti Pollini1990, 69–70, n. 23; forse 97–98, n. 44.

106 Starac Reference Starac2006, 99, n. 153. Schema 4Ch.

107 Carroll Reference Carroll2006, 114–15; Huskinson Reference Huskinson and Rawson2011, 534.

108 CIL V 3008, Bassignano Reference Bassignano2016a, 239–40. Altro esempio a Ravenna (Mander Reference Mander2013, 206, n. 205).

110 Per una lettura del processo di trasferimento di modelli iconografici, Ghedini Reference Ghedini and Bosio1984; Compostella Reference Compostella1996; Verzár Bass Reference Verzár Bass, Cambi and Koch2013; per le province ad esempio Nogales Basarrate Reference Nogales Basarrate, Edmondson, Nogales Basarrate and Trillmich2001, 58. Riflessioni su modelli e centri locali in Boppert Reference Boppert2005, 40–41 in relazione alla stele di Blussus.

111 Come la sopra ricordata stele di Aurelius Aplus, in cui la nicchia con ritratto è stata aggiunta dopo una riquadratura preliminare di una nicchia mai realizzata (nota 86), o un coronamento di altare in cui sono eccezionalmente inseriti due ritratti (Scalco Reference Scalco2020, 88–90, n. 5).

112 Oltre all'edicola dei Volumni, si ricordano un blocco con quattro ritratti maschili e decorazioni fitomorfe e gli altari cilindrici a ritratti altinati (Compostella Reference Compostella1996, 171, 173, 178, 295–98; Bolla Reference Bolla2014, 147).

114 Sul problema del senso della lettura più ampiamente Ghedini Reference Ghedini2022, 213, 221, 231, 281.

115 CIL V 4593.

116 Si veda in particolare Sena Chiesa Reference Sena Chiesa1960, 7, n. 2 che già attribuiva un valore semantico parentale alla disposizione dei ritratti. Situazione simile è nota, ad esempio, in Emilia (Scalco Reference Scalco2022, 78–79).

117 La presenza o meno di ritratti in rapporto al momento di realizzazione è stata discussa per i sarcofagi urbani con un'accezione di attesa dell'effettivo decesso (Borg Reference Borg2013, 204).

118 Simile esigenza contraddistingueva verosimilmente una stele da Faenza (CIL XI 636).

119 Bassignano Reference Bassignano2016a, 236–37.

120 Scalco Reference Scalco2020, 94–95.

121 Si vedano per l'area veneta Ghedini Reference Ghedini and Bosio1984, 52; Compostella Reference Compostella1996, 292 e, con diverso focus, Cassini Reference Cassini2021. Simile lettura anche, ad esempio, per alcune stele slovene (Šajn Reference Šajn, Cambi and Koch2013, 226, 229).

122 Scalco Reference Scalco2022, 78. I materiali da Rimini per questa cronologia sono rari e frammentari, ma il quadro regionale è delineato in maniera netta, con abbondanti confronti dai centri della costa (anche nelle regioni VI e V) e dell'entroterra.

123 Come CIL V 461 (Zaccaria Reference Zaccaria1992, 214); CIL V 579 (Zaccaria Reference Zaccaria1992, 224); CIL V 1865 (Mainardis Reference Mainardis2008, 205–7, n. 106); CIL V 1918 (Di Filippo Balestrazzi Reference Di Filippo Balestrazzi2012, 102); AE 1981 441 (Scarfì Reference Scarfì, Scarfì and Tombolani1985, 147); CIL V 4891 (peregrina per Gregori Reference Gregori1990, 252–53); Inscr. It. X 5 862.

124 Schifter Reference Schifter2015, 253; Marinetti Reference Marinetti2020, 374. Spunti da Small Reference Small1987.

125 Ad esempio, la stele di Ostiala Gallenia (Verzár Bass Reference Verzár Bass2010, 63; Bassignano Reference Bassignano2016b, 147–48, 163).

127 Sui tempi della romanizzazione, dilatati e diversi nei vari contesti, ad es. Bonetto Reference Bonetto2009, 30–34. L'importanza dell'iconografia familiare in ottica di romanizzazione è stata sottolineata, con esiti diversi, per la Pannonia o la Germania (Boatwright Reference Boatwright and George2005, 293, 300; Von Hesberg Reference Von Hesberg, Bell and Hansen2008, 262–66).

References

Riferimenti

Allison, P. 2011. “Soldiers’ families in the early Roman empire.” In A Companion to Families in the Greek and Roman Worlds, ed. Rawson, B., 161–82. Chichester: Wiley-Blackwell.Google Scholar
Backe Dahmen, A. 2006. Innocentissima aetas: Römische Kindheit im Spiegel Literarischer, Rechtlicher und Archäologischer Quellen des 1. Bis 4. Jahrhunderts n. Chr. Mainz am Rhein: Von Zabern.Google Scholar
Bassignano, M. S. 1997. “Regio X–Venetia et Histria. Ateste.” Supplementa Italica 15: 11376.Google Scholar
Bassignano, M. S. 2016a. “Regio X–Venetia et Histria. Patavium.” Supplementa Italica 28: 9476.Google Scholar
Bassignano, M. S. 2016b. “Monumenti patavini ‘al femminile.’” Epigraphica 78: 145–68.Google Scholar
Berti, F. 2006. “Le stele dei Fadieni.” In “Mors inmatura”. I Fadieni e il loro sepolcreto, ed. Berti, F., 919. Firenze: All'Insegna del Giglio.Google Scholar
Bertinetti, M. ed. 2016. Supplementa italica – imagines, Roma (CIL, 6), 5. Collezioni urbane dei palazzi storici. Roma: Quasar.Google Scholar
Birk, S. 2012. “Sarcophagi, self-representation, and patronage in Rome and Tyre.” In Patrons and Viewers in Late Antiquity, ed. Birk, S. e Poulsen, B., 107–34. Aarhus: Aarhus University Press.CrossRefGoogle Scholar
Boatwright, M. T. 2005. “Children and parents on the tombstones of Pannonia.” In The Roman Family in the Empire. Rome, Italy, and Beyond, ed. George, M., 287318. Oxford: Oxford University Press.CrossRefGoogle Scholar
Bolla, M. 2014. Verona Romana. Verona: Cierre Edizioni.Google Scholar
Bonetto, J. 2009. Veneto. Archeologia delle regioni d'Italia 4. Roma: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.Google Scholar
Boppert, W. 2005. Römische Steindenkmäler aus dem Landkreis Mainz-Bingen. CSIR Deutschland II, 14. Mainz: Verlag des Römisch-Germanischen Zentralmuseums.Google Scholar
Borg, B. 2013. Crisis and Ambition. Tombs and Burial Customs in Third-Century CE Rome. Oxford e New York: Oxford University Press.Google Scholar
Brancato, G. 2015. Una componente trasversale nella società romana: gli alumni. Inscriptiones latinae ad alumnos pertinentes commentariumque. Roma: Artecom.Google Scholar
Buonopane, A. 2009. Manuale di epigrafia latina. Roma: Carocci.Google Scholar
Buonopane, A. 2016. “Fra epigrafia e iconografia. Le raffigurazioni di utensili sui monumenti funerari della Venetia.” In Römische Steindenkmäler im Alpen-Adria-Raum. Neufunde, Neulesungen und Interpretationen epigraphischer und ikonographischer Monumente, ed. Lafer, R., 309–27. Klagenfurt e Celovec: Mohorjeva.Google Scholar
Busana, M. S., e Rossi, C. 2022. “Strumenti tessili in sepolture romane dell'Italia nord-orientale (Regio X).” In Lanifica: Il ruolo della donna nella produzione tessile attraverso le evidenze funerarie, ed. Busana, M. S., Rossi, C., e Francisci, D., 5389. Padova: Padova University Press.Google Scholar
Cadario, M. 2021. “Ricezione e adattamento dei modelli urbani in Cisalpina. Osservazioni sui tipi statuari usati nella ritrattistica virile.” In Appropriation Processes of Statue Schemata in the Roman Provinces, ed. Lipps, J., Dorka Moreno, M., e Griesbach, J., 4769. Wiesbaden: Reichert.Google Scholar
Cantarella, E. 2010. “Persone, famiglie, parentela.” In Diritto privato romano. Un profilo storico, ed. Schiavone, A., 157212. Torino: Einaudi.Google Scholar
Carroll, M. 2006. Spirits of the Dead. Roman Funerary Commemoration in Western Europe. Oxford: Oxford University Press.CrossRefGoogle Scholar
Cassini, F. 2021. “Gens, Gentilitas, Gentilis. Appunti su lessico e archeologia funeraria nella Venetia romana.” ScAnt 27, no. 2: 215–28.Google Scholar
Cavalieri Manasse, G. 1997. “Note sull'edilizia funeraria romana di Brescia e Verona.” In Monumenti sepolcrali romani in Aquileia e nella Cisalpina, ed. Mirabella Roberti, M., 243–73. Antichità Altoadriatiche 43. Trieste: Editreg.Google Scholar
Cenerini, F. 2010. “La rappresentazione della maternità: alcuni confronti fra carmina e imagines su pietra nella Regio VIII.” Ostraka 19: 117–25.Google Scholar
Cenerini, F. 2016. “La rappresentazione epigrafica dell'infanzia servile nella Regio ottava: alcuni esempi.” In Esclaves et maîtres dans le monde romain. Expressions épigraphiques de leurs relations, ed. Dondin-Payre, M. e Tran, N., 227–41. Rome: École française de Rome.Google Scholar
Cigaina, L. 2009. “Alcuni aggiornamenti archeologici ed epigrafici sulle stele funerarie di Aquileia.” AquilNost 80: 381408.Google Scholar
Ciliberto, F. 2008. “I sarcofagi dell'Italia settentrionale.” In La scultura romana dell'Italia settentrionale. Quarant'anni dopo la mostra di Bologna, ed. Slavazzi, F. e Maggi, S., 153–68. Firenze: All'Insegna del Giglio.Google Scholar
Ciliberto, F. 2017a. “Aquileia.” In Volti di Palmira ad Aquileia, ed. Novello, M. e Tiussi, C., 108–12. Roma: Gangemi.Google Scholar
Ciliberto, F. 2017b. “A proposito di un gruppo scultoreo funerario da Aquileia.” In Bonae Gratiae. Essays on Roman Sculpture in Honour of professor Theodosia Stefanidou-Tiveriou, ed. Voutiras, E., Papagianni, E., e Kazakidē, N., 129–37. Thessaloniki: University Studio Press.Google Scholar
Claridge, A. 2015. “Marble carving techniques, workshop and artisans.” In The Oxford Handbook of Roman Sculpture, ed. Friedland, E. A. e Sobocinski, M. G., con Gazda, E. K., 107–22. New York: Oxford University Press.Google Scholar
Compostella, C. 1996. Ornata sepulcra: le “borghesie” municipali e la memoria di sé nell'arte funeraria del Veneto romano. Firenze: La Nuova Italia.Google Scholar
Corbier, M. 1998. “Epigraphie et parenté.” In Epigraphie et histoire: acquis et problèmes, ed. Le Bohec, Y. e Roman, Y., 101–52. Paris: De Boccard.Google Scholar
Cortés Bárcena, C. 2015. “Riflessioni del cippo di confine di Bevke (AEp 2002, 532) alla luce di termini tra comunità appartenenti a province diverse.” Epigraphica 77: 117–32.Google Scholar
Cresci Marrone, G., e Tirelli, M. 2010. “Gli altinati e la memoria di sé: scripta e imagines.” Ostraka 19: 127–46.Google Scholar
Cresci Marrone, G., e Tirelli, M. 2016. “La donna-antenato nella stele Bacchini da Altino.” In I mille volti del passato. Scritti in onore di Francesca Ghedini, ed. Bonetto, J., Busana, M. S., Ghiotto, A. R., Salvadori, M., e Zanovello, P., 135–44. Roma: Quasar.Google Scholar
Dasen, V. 2021. Roman childhood revisited.” In Children in Antiquity. Perspectives and Experiences of Childhood in the Ancient Mediterranean, ed. Beaumont, L. A., Dillon, M., e Harrington, N., 105–20. London: Routledge.Google Scholar
Davies, G. 2007. “Idem ego sum discumbens, ut me videtis: Inscription and image on Roman ash chests.” In Art and Inscriptions in the Ancient World, ed. Newby, Z. e Leader-Newby, R., 3859. Cambridge: Cambridge University Press.Google Scholar
Davies, G. 2010. “Viewer, I married him: Marriage and the freedwoman in Rome.” In Ancient Marriage in Myth and Reality, ed. Larsson Lovén, L. e Strömberg, A., 184203. Newcastle upon Tyne: Cambridge Scholars Publishing.Google Scholar
Davies, G. 2018. Gender and Body Language in Roman Art. Cambridge e New York: Cambridge University Press.Google Scholar
Dell'Acqua, A. 2020. La decorazione architettonica di Brescia romana: edifici pubblici e monumenti funerari dall'età repubblicana alla tarda antichità. Costruire nel mondo antico 2. Roma: Quasar.Google Scholar
Dexheimer, D. 1998. Oberitalische Grabaltäre. Ein Beitrag zur Sepulkralkunst der römischen Kaiserzeit. BAR International Series 741. Oxford: Archaeopress.CrossRefGoogle Scholar
Di Filippo Balestrazzi, E. 2012. Sculture romane del Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro. Collezioni e Musei Archeologici del Veneto 46. Roma: Giorgio Bretschneider.Google Scholar
Drennan, M. C. 2009. Statistics for Archaeologists: A Common Sense Approach. Dordrecht: Springer.CrossRefGoogle Scholar
EDCS = “Epigraphik-Datenbank Clauss-Slaby,” consultato in data 18 Aprile 2023. http://www.manfredclauss.de.Google Scholar
Edmondson, J. E., Basarrate, T. Nogales, e Trillmich, W.. 2001. Imagen y Memoria. Monumentos funerarios con retratos en la colonia Augusta Emerita. Madrid: Real Academia de la Historia.Google Scholar
EDR = “Epigraphic Database Roma,” consultato in data 18 Aprile 2023. http://www.edr-edr.it/default/index.php.Google Scholar
Fayer, C. 1994. La familia romana. Aspetti giuridici e antiquari. Roma: “L'Erma” di Bretschneider.Google Scholar
Fayer, C. 2005a. La familia romana. Aspetti giuridici e antiquari. Parte seconda. Sponsalia, matrimonio, dote. Roma: “L'Erma” di Bretschneider.Google Scholar
Fayer, C. 2005b. La familia romana. Aspetti giuridici e antiquari. Parte terza. Concubinato, divorzio, adulterio. Roma: “L'Erma” di Bretschneider.Google Scholar
Fejfer, J. 2008. Roman Portraits in Context. Berlin e New York: De Gruyter.CrossRefGoogle Scholar
Fittschen, K., e Zanker, P.. 2014. Katalog der römischen Porträts in den Capitolinischen Museen und den anderen kommunalen Sammlungen der Stadt Rom, IV. Kinderbildnisse. Nachträge zu den Bänden 1.-3. Neuzeitliche oder neuzeitlich verfälschte Bildnisse. Bildnisse an Reliefdenkmälern. Boston e Berlin: De Gruyter.Google Scholar
Flower, H. I. 1996. Ancestor Masks and Aristocratic Power in Roman Culture. Oxford: Oxford University Press.CrossRefGoogle Scholar
Franzoni, L. 1955–1956. “Ritrattistica funeraria in Verona romana.” Atti e Memorie dell'Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti, parte III, Classe di Scienze morali 68: 161–78.Google Scholar
Frenz, H. G. 1985. Römische Grabreliefs in Mittel-und Süditalien. Rome: Giorgio Bretschneider.Google Scholar
Gabelmann, H. 1973. Die Werkstattgruppen der Oberitalischen Sarkophage. Bonn: Rheinland-Verlag.Google Scholar
Garzetti, A. 1994. “Epigrafia figurata bresciana.” In Scritti in onore di Gaetano Panazza, ed. Brescia, Ateneo di, 4967. Brescia: Gheroldi.Google Scholar
George, M. 2000. Family and familia on Roman biographical sarcophagi.” RM 107: 191207.Google Scholar
George, M. 2005. “Family imagery and family values in Roman Italy.” In The Roman Family in the Empire. Rome, Italy, and Beyond, ed. George, M., 3766. Oxford: Oxford University Press.CrossRefGoogle Scholar
Ghedini, E. F. 1984. “La romanizzazione attraverso il monumento funerario.” In Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano. Il caso veneto, ed. Bosio, L., 5271. Modena: Panini.Google Scholar
Ghedini, E. F. 2011. “Ovidio sommo pittore? Le Metamorfosi tra testo e immagini.” Eidola 8: 179–98.Google Scholar
Ghedini, E. F. 2022. Lo sguardo degli antichi. Il racconto nell'arte classica. Roma: Carocci.Google Scholar
Ghiotto, A. R. 2016. “Le città della Venetia et Histria.” In Paesaggi delle Venezie. Storia ed economia, ed. Brogiolo, G. P., Leonardi, A., e Tosco, C., 247–59. Venezia: Marsilio.Google Scholar
Gregori, G. L. 1990. Brescia Romana. Ricerche di prosopografia e storia sociale. I documenti. Roma: Quasar.Google Scholar
Hersch, K. 2010. The Roman Wedding: Ritual and Meaning in Antiquity. Cambridge: Cambridge University Press.CrossRefGoogle Scholar
Horvat, J., Lazar, I., e Gaspari, A., eds. 2020. Manjša rimska naselja na slovenskem prostoru, Minor Roman settlements in Slovenia. Ljubiana: Inštitut za arheologijo.CrossRefGoogle Scholar
Huemoller, K. P. D. 2020. “Freedom in marriage? Manumission for marriage in the Roman world.” JRS 110: 123–39.Google Scholar
Huskinson, J. 2007. “Constructing childhood on Roman funerary memorials.” In Construction of Childhood in Ancient Greece and Italy, ed. Cohen, A. e Rutter, J. B., 323–38. Princeton: American School of Classical Studies at Athens.Google Scholar
Huskinson, J. 2011. “Picturing the Roman family.” In A Companion to Families in the Greek and Roman Worlds, ed. Rawson, B., 521–41. Chichester: Wiley-Blackwell.Google Scholar
Kleiner, D. 1977. Roman Group Portraiture. New York: Garland.Google Scholar
Kockel, V. 1993. Porträtreliefs Stadtrömischer Grabbauten. Mainz am Rhein: Von Zabern.Google Scholar
Larsson Lovén, L. 2010. “Coniugal concordia: Marriage and marital ideals on Roman funerary monuments.” In Ancient Marriage in Myth and Reality, ed. Larsson Lovén, L. e Strömberg, A., 204–20. Cambridge: Cambridge Scholars Publishing.Google Scholar
Larsson Lovén, L. 2022. “From royal ladies to female slaves: Roman women and spinning.” In “Lanifica”. Il ruolo della donna nella produzione tessile attraverso le evidenze funerarie, ed. Busana, M.S., Rossi, C., e Francisci, D., 287–95. Padova: Padova University Press.Google Scholar
Leisner, N. 2014. “Von familia zu domus – Familiendarstellungen in Rom.” Hephaistos 31: 149–67.Google Scholar
Leisner, N. 2015. “Familiendarstellungen auf stadtrömischen Sarkophagen.” In Römische Sarkophage, ed. Porod, B. e Koiner, G., 164–79. Graz: Dravski tisk.Google Scholar
Lettich, G. 2003. Itinerari epigrafici aquileiesi. Guida alle iscrizioni esposte nel Museo Archeologico Nazionale di Aquileia. Antichità Altoadriatiche 50. Trieste: Editreg.Google Scholar
Lindsay, H. 2021. “Death of a Roman child.” In Children in Antiquity. Perspectives and Experiences of Childhood in the Ancient Mediterranean, ed. Beaumont, L. A., Dillon, M., e Harrington, N., 519–32. London: Routledge.Google Scholar
Lupa = “Ubi Erat Lupa,” consultato in data 18 Aprile 2023. http://lupa.at/.Google Scholar
Mainardis, F. 2002. La componente autoctona nei ceti medi transpadani dei primi secoli dell'Impero.” In Ceti medi in Cisalpina, ed. Sartori, A. e Valvo, A., 153–66. Milano: Grafiche Serenissima.Google Scholar
Mainardis, F. 2008. “Iulium Carnicum”: Storia ed epigrafia. Trieste: Editreg.Google Scholar
Mainardis, F. 2016. “Epigrafia e iconografia. Relazioni e rapporti nella documentazione romana dell'Italia nord-orientale. In Römische Steindenkmäler im Alpen-Adria-Raum. Neufunde, Neulesungen und Interpretationen epigraphischer und ikonographischer Monumente, ed. Lafer, R., 283303. Klagenfurt, Celovec: Mohorjeva.Google Scholar
Mander, J. 2013. Portraits of Children on Roman Funerary Monuments. Cambridge: Cambridge University Press.Google Scholar
Manfredini, A. D. 1991. La volontà oltre la Morte. Profili di diritto ereditario romano. Torino: Giappichelli.Google Scholar
Marinetti, A. 2020. “Venetico.” Palaeohispanica 20: 367401.Google Scholar
Meinecke, K. 2012. “Invisible sarcophagi: Coffin and viewer in the late imperial age.” in Patrons and Viewers in Late Antiquity, ed Birk, S. e Poulsen, B., 83106. Aarhus: Aarhus University Press.CrossRefGoogle Scholar
Mercando, L., e Paci, G.. 1998. Stele romane in Piemonte. Monumenti Antichi – Accademia Nazionale dei Lincei 57. Roma: Giorgio Bretschneider.Google Scholar
Moreau, P. 1998. “L'impossible representation de la parenté.” In Images romaines, ed. Auvray-Assayas, C., 285–97. Études de littérature ancienne 9. Paris: Presses de l’École normale supérieure.Google Scholar
Nogales Basarrate, T. 2001. “La imagen del difunto y su evolución en el tiempo.” In Imagen y Memoria. Monumentos funerarios con retratos en la colonia Augusta Emerita, ed. Edmondson, J. E., Nogales Basarrate, T., e Trillmich, W., 3760. Madrid: Real Academia de la Historia.Google Scholar
Ortalli, J. 2005. “Simbolo e ornato nei monumenti sepolcrali romani: il caso aquileiese.” In Aquileia dalle origini alla costituzione del Ducato Longobardo. La cultura artistica in età romana (II secolo a.C. – III secolo d.C.), ed. Cuscito, G. e Verzár Bass, M., 245–86. Antichità Altoadriatiche 61. Trieste: Editreg.Google Scholar
Perry, M. J. 2014. Gender, Manumission and the Roman Freedwoman. Cambridge: Cambridge University Press.Google Scholar
Pflug, H. 1989. Römische Porträtstelen in Oberitalien: Untersuchungen zur Chronologie, Typologie und Ikonographie. Mainz am Rhein: Von Zabern.Google Scholar
Pflug, H. 2019. “Porträtstelen in Oberitalien. Überlegungen zur Selbstdarstellung der Mittelschicht im Grabmonument.” In Das Porträt als Massenphänomen / Le portrait comme phénomène de masse, ed. Boschung, D. e Queyrel, F., 257318. Paderborn: Fink.Google Scholar
Phang, S. E. 2001. The Marriage of Roman Soldiers (13 B.CA.D. 235): Law and Family in the Imperial Army. Leiden: Brill.CrossRefGoogle Scholar
Pochmarsky, E. 2007. “Werkstätten von Porträtreliefs aus Flavia Solva.” Römisches Österreich 30: 91105.Google Scholar
Pucci, G. 2012. “Ritratto, monumento e memoria nella cultura di Roma antica.” In I volti della memoria, ed. di Giacomo, G., 209–24. Milano e Udine: Mimesis.Google Scholar
Puliatti, S. 2016. De cuius hereditate agitur: il regime romano delle successioni. Torino: Giappichelli.Google Scholar
Rawson, B. 2003. Children and Childhood in Roman Italy. Oxford: Oxford University Press.CrossRefGoogle Scholar
Rebecchi, F. 1978. “I sarcofagi romani dell'arco adriatico.” In Aquileia e Ravenna, 201–58. Antichità Altoadriatiche 13. Udine: Arti Grafiche Friulane.Google Scholar
Rosada, G. 2002. “Le stele funerarie a pseudoedicola (pseudoarchitettoniche) in area padano-adriatica. Ancora sul problema della trasmissione del tipo.” Histria Antiqua 8: 347–58.Google Scholar
Rossi, C. 2014. Le necropoli urbane di Padova romana. Antenor Quaderni 30. Padova: Padova University Press.Google Scholar
Russell, B. 2020. “Roman sculptors at work: Professional practitioners?” In Skilled Labour and Professionalism in Ancient Greece and Rome, ed. Stewart, E., Harris, E., e Lewis, D., 243–65. Cambridge: Cambridge University Press.CrossRefGoogle Scholar
Šajn, M. 2013. “Clothing of the deceased portrayed on the Roman gravestones found on the territory of Slovenia.” In Funerary Sculpture of the Western Illyricum and Neighbouring Regions of the Roman Empire, ed. Cambi, N. e Koch, G., 223–52. Split: Književni Krugg.Google Scholar
Saller, R. 1994. Patriarchy, Property and Death in the Roman Family. Cambridge: Cambridge University Press.CrossRefGoogle Scholar
Sandon, T., e Scalco, L.. 2020. “More than mistresses, less than wives: The role of Roman concubinae in light of their funerary monuments.” PBSR 87: 151–84.Google Scholar
Sartori, A., e Zoia, S. 2020. Pietre che vivono. Catalogo delle epigrafi di età romana del Civico Museo Archeologico di Milano. Faenza: Fratelli Lega.Google Scholar
Šašel Kos, M. 2016. “Boundary between Aquileia and Emona reconsidered.” Epigraphica 78: 221–34.Google Scholar
Scalco, L. 2020. “Aggiornamenti sui monumenti sepolcrali con ritratti di famiglia della Regio X.” Eidola 17: 79100.Google Scholar
Scalco, L. 2022. Ritratti funerari di famiglia tra Roma e le Alpi. Costruire la memoria personale nell'Italia romana. Antenor Quaderni 53. Padova: Padova University Press.Google Scholar
Scarfì, B. M. 1985. “Altino romana. La necropoli.” In Altino preromana e romana, ed. Scarfì, B. M. e Tombolani, M., 103–58. Quarto d'Altino: Comune di Quarto di Altino.Google Scholar
Scheidel, W. 2007. “Roman funerary commemoration and the age at first marriage.” CP 102, no. 4: 389402.Google Scholar
Schifter, D. 2015. “Keltische Schriftsysteme.” Historische Sprachforschung 128: 236–59.Google Scholar
Sena Chiesa, G. 1960. “Le stele funerarie a ritratti da Altino.” In Memorie dell'Istituto veneto di Scienze, Lettere ed Arti 33, no. 1: 164.Google Scholar
Slavazzi, F., e Volonté, M.. 2009. Museo Civico Ala Ponzone. Sculture materiali architettonici e di arredo delle raccolte archeologiche di Cremona. CSIR Italia, Regio X, Cremona. Milano: ET.Google Scholar
Small, J. P. 1987. “Left, right and center. Direction in Etruscan art.” OpRom 16: 125–36.Google Scholar
Sperti, L. 2012. “Un altare funerario con scena di filatura dal territorio friulano.” In La lana nella Cisalpina romana. Economia e società. Studi in onore di Stefania Pesavento Mattioli, ed. Busana, M. S. e Basso, P., 513–22. Antenor Quaderni 27. Padova: Padova University Press.Google Scholar
Sperti, L. 2016. “Monumenti funerari con ‘matrone’ filellene tra Aquileia, Roma e le province.” In Matronae in domo et in re publica agentes: spazi e occasioni dell'azione femminile nel mondo romano tra tarda repubblica e primo impero, ed. Cenerini, F. e Rohr Vio, F., 193215. Trieste: EUT.Google Scholar
Starac, A. 2006. Reliefni prikazi na rimskimnadgrobnim spomenicima u arheološkom muzeiu Istre u Puli =Depictions in Relief on Roman Funerary Monuments at the Archeological Museum of Istria at Pula. Pula: Tiskara Nova.Google Scholar
Starac, A. 2007. “Workshop of the Roman Marmorarii in Pola.” In Die Selbstdarstellung der römischen Gesellschaft in den Provinzen im Spiegel der Steindenkmäler, ed. Walde, E., Kainrath, B., e Slawich, A., 299306. Innsbruck: University Press.Google Scholar
Starac, A. 2009. “Stone mason's workshops in Istria.” In Les ateliers de sculptures régionaux: techniques, styles e iconographies, ed. Gaggadis-Robin, V., Hermary, A., Reddé, M., e Sintes, C., 199206. Arles: Musée départemental Arles antique.Google Scholar
Tirelli, M. 1991. “Cessalto. Il monumento funerario dei Silii.” Quaderni di Archeologia del Veneto 7: 5874.Google Scholar
Tirelli, M. 2002. “Lente Viator Ave… … Immagine e messaggio nei monumenti funerari romani.” In Akeo. I tempi della scrittura. Veneti antichi. Alfabeti e documenti, 139–46. Cornuda: Museo di storia naturale e archeologia di Montebelluna.Google Scholar
Tirelli, M. 2023. “Spolia dalla necropoli opitergina: monumenta.” In La necropoli di “Opitergium.” Atti della giornata di studi intorno alla mostra “L'anima delle cose” (Oderzo, 25 maggio 2021), ed. Mascardi, M., Tirelli, M., e Vallicelli, M. C., 1130. Venezia: Edizioni Ca'Foscari.Google Scholar
Tocchetti Pollini, U. 1990. Stele funerarie romane con ritratti dai municipia di Mediolanum e Comum. CSIR Italia, Regio XI, Mediolanum-Comum 2. Milano: Comune di Milano.Google Scholar
Tomasi, P. 2013. “Regio IX-Transpadana. Laus Pompeia.” Supplementa Italica 27: 237332.Google Scholar
Tozzi, G. 2017. Le iscrizioni della collezione Obizzi. Roma: Quasar.Google Scholar
Tramunto, M. 2009. Concubini e concubine nell'Italia romana. Fabriano: Fabriano Edizioni.Google Scholar
Valvo, A. 2010. “Regio X–Venetia et Histria, Brixia–Benacenses–Valles supra Benacum–Sabini–Trumplini–Camunni.” Supplementa Italica 25: 141325.Google Scholar
Ventura, P. 2008. “Recenti acquisizioni e riletture dal territorio nord-orientale di Aquileia.” In La scultura romana dell'Italia settentrionale. Quarant'anni dopo la mostra di Bologna, ed. Slavazzi, F. e Maggi, S., 7389. Firenze: All'Insegna del Giglio.Google Scholar
Ventura, P., e Giovannini, A.. 2015. “Sorelle, spose, madri. Il mondo al femminile nei monumenti funerari di Aquileia.” In Cult and Votive Monuments in the Roman Provinces, ed. Alexandrescu, G., 343–58. Cluj-Napoca: Mega Publishing House.Google Scholar
Verzár Bass, M. 2005. “Le stele funerarie piemontesi e i loro rapporti con le provincie settentrionali.” In Studi di archeologia in memoria di L. Mercando, ed. Sapelli Ragni, M., 245–63. Torino: Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo antichità egizie.Google Scholar
Verzár Bass, M. 2008. “Il cosiddetto ‘celtismo’ nella scultura della Cisalpina.” In La scultura romana dell'Italia settentrionale. Quarant'anni dopo la mostra di Bologna, ed. Slavazzi, F. e Maggi, S., 3140. Firenze: All'Insegna del Giglio.Google Scholar
Verzár Bass, M. 2010. “I monumenti dei Fadieni e i primi sviluppi delle stele romane in Italia Settentrionale.Ostraka 19: 6377.Google Scholar
Verzár Bass, M. 2013. “Stele funerarie romane con rappresentazione di figure intere.” In Funerary Sculpture of the Western Illyricum and Neighbouring Regions of the Roman Empire. ed. Cambi, N. e Koch, G., 157–78. Split: Književni Krug.Google Scholar
Verzár Bass, M., Mian, G., Casari, P., e Ciliberto, F.. 2009. “La scultura.” In Moenibus et portu celeberrima. Aquileia: storia di una città, ed. Ghedini, F., Bueno, M., e Novello, M., 199220. Roma: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.Google Scholar
Von Hesberg, H. 2008. “The image of the family on sepulchral monuments in the northwest provinces.” In Role Models in the Roman World. Identity and Assimilation, ed. Bell, S. e Hansen, I. L., 257–72. Ann Arbor: The University of Michigan Press.Google Scholar
Zaccaria, C. 1992. “Regio X. Venetia et Histria. Tergeste, Ager Tergestinus et Tergesti adtributus.” Supplementa Italica n.s. 10: 139283.Google Scholar
Zanker, P. 1975. “Grabreliefs römischen Freigelassener.” JdI 90: 267315.Google Scholar
Figure 0

Fig. 1. Distribuzione quantitativa degli schemi iconografici, dal più al meno frequente. Sigle identificative degli schemi da Scalco 2022. (Elaborazione dell'Autore).

Figure 1

Fig. 2. Gli schemi iconografici in uso nella Regio X, suddivisi nei diversi gruppi indicati in testo. L'elaborazione grafica semplifica in maniera del tutto schematica i tipi ritrattistici e, nel caso dei ritratti infantili e di giovani, anche il genere, privilegiando quello maschile. Nel caso di varianti (v.), sono indicate con 1 se è attestato anche lo schema coniugale inverso (donna-uomo e non uomo-donna e viceversa), o 2 se gli schemi a più registri prevedono associazione di diversi schemi lineari (ad esempio, il Q2a vede sia il 2Ac nel registro inferiore, sia il 2Bc). (Elaborazione dell'Autore da Scalco 2022.)

Figure 2

Fig. 3. La stele dei Barbii da Trieste, con uno schema molto complesso per ritrarre una famiglia particolare nel panorama regionale. (Concessione del prof. O. Harl.)

Figure 3

Fig. 4. Distribuzione geografica delle evidenze, in punto; se la provenienza è imprecisa o incerta, è riferita al centro principale. Gli areogrammi indicano per ciascun centro la ripartizione degli schemi, se derivati dal 2Aa, 2Ab o se non presentano la coppia uomo-donna (Altro). La linea marca la divisione tra le aree est ed ovest in riferimento allo schema base. (Elaborazione dell'Autore su immagine da Google Maps.)

Figure 4

Fig. 5. Distribuzione cronologica degli schemi, approssimata al quarto di secolo. La campitura chiara indica l'attestazione, quella più scura indica la maggiore o minore frequenza dello schema nei vari quarti di secolo. La lunghezza della barra scura è ponderata sul singolo schema, non sull'intero campione. (Elaborazione dell'Autore.)

Figure 5

Fig. 6. Analisi Cluster del rapporto tra schemi e singole parentele riportate dalle epigrafi associate. Pur in presenza di una certa polisemia del singolo schema e di più schemi che descrivono uno stesso tipo di parentela, l'analisi consente di distinguere quindici cluster e di raggrupparli poi in gruppi con coppie (1), con nonni (6); con patroni e famiglie non canoniche (5), quello dei fratelli (2) e infine quelli dei figli singoli (3) o numerosi (4), con diversi cluster interni per numero di genitori, fratelli e coppie coniugali. (Elaborazione dell'Autore.)

Figure 6

Fig. 7. La stele dei Fannii, da Este, con la liberta committente che affianca il patrono, con trascorsi nell'esercito, nello schema 2Ab. (Foto Inst.Neg.Rom. 2184 e concessione del Comune di Verona, Museo Archeologico al Teatro Romano, 22654.)

Figure 7

Fig. 8. La stele dei Cartorii da Padova, di schema Q2f. Una liberta ritrae il marito e i suoi quattro figli, di cui tre ancora vivi, marcando la diversa età attraverso le fattezze dei volti ritratti. (Concessione Comune di Padova – tutti i diritti di legge riservati.)

Figure 8

Fig. 9. La stele di Optata, da S. Canzian d'Isonzo, con due donne anziane vestite e ornate come matrone. (Concessione del Ministero della Cultura, Direzione regionale musei del Friuli Venezia Giulia, inv. 51459, foto O. Harl. Divieto di ulteriore riproduzione e duplicazione con qualsiasi mezzo, nonché quello di download e di successiva manipolazione.)

Figure 9

Fig. 10. La stele dei Silii, da Cessalto, di schema 3Cc. Padre e figlio ai lati del registro si scambiano lo sguardo, mentre i genitori sono in dextrarum iunctio. (Su concessione del Ministero della Cultura; riproduzione vietata.)

Figure 10

Fig. 11. Stele di Octavia Exorata, da Verona, in cui patruus, pater e mater attorniano la defunta in una scena di compianto modulata sullo schema 4Cb. (Concessione del Comune di Verona, Museo Maffeiano, inv. 28286.)

Figure 11

Fig. 12. La stele dei Cluttii, da Correzzo, di schema Q2d. Il committente ricorda sé con la moglie, la sorella e i due genitori. (Concessione del Comune di Verona, Museo Maffeiano, 28268.)

Figure 12

Fig. 13. Rilievo degli Oppii da Padova in cui la coppia del pater e quella del filius, entrambe legittime, sono impostate sui due diversi schemi coniugali per favorire la leggibilità del registro figurato. (Concessione del Comune di Padova – tutti i diritti di legge riservati.)