Published online by Cambridge University Press: 23 December 2013
Il frammento è conosciuto, ma non è altrettanto conosciuto come sia entrato, uscito e ritornato nella collezione vascolare del Museo. Ne mancano inoltre riproduzioni a base fotografica complete nel diritto e nel rovescio. A queste lacune intende riparare lo scritto dedicato qui alle onoranze di un maestro insigne, che allo studio della ceramica antica, nelle sue innumerevoli manifestazioni grandi e piccole, ha dedicato una parte cospicua della sua attività scientifica. Esso appartiene ad uno stamnos del Museo Gregoriano-Etrusco, descritto dal Helbig nel I° volume del Führer (ed. 3̂, p. 313, n. 503), che si trova ora nella sala VI, vetrina K, n. 22, e che misura cm. 38,4 di altezza e cm. 16,6 di diametro alla bocca.
In una delle facce, quella secondaria, si vedono due figure ammantate ritte ed affrontate; quella a destra è un giovinetto in ascolto, quella di sinistra, forse un maestro di palestra, ha i capelli annodati con un semplice nastro e stringe un alto bastone a nodi con manico ricurvo. Vedi Fig. 1. Nell'altra faccia, la principale, si vede Eracle con le mani protese in avanti verso una donna in atto di fuggire, la quale doveva tenere con la destra uno scettro. Vedi Fig. 2. Ma la scena, così come risulta ora, è opera prevalentemente di restauro moderno. Nell'originale alla figura di Eracle dovevano mancare le mani ed anche la clava, se pure questa esisteva; e della seconda figura rimaneva ben poco: la parte inferiore della persona, da sopra le ginocchia in giù, e la testa nel tratto superiore alla bocca, tanto che, invece di una donna fuggente, il Beazley (loc. cit.) vi ravvisa Nereo; e al loro posto, nella curvatura tra il collo e la pancia dello stamnos, fino dall'antichità era stato inserito un frammento di tazza attica, contrassegnato col nome di Douris e fermato al corpo del vaso con quattro grappe di bronzo, di cui sono ben visibili i fori. Vedi Figg. 2, 3, 4.
1 Questo stamnos oltrecchè dal Helbig (loc. cit.) fu studiato da altri. Beazley, Vedi, Attische Vasenmaler des rotfigurischen Stils (1925), p. 157Google Scholar, n. 15, il quale definisce la scena principale come lotta tra Eracle e Nereo.
2 L'uno di essi viene a trovarsi a sinistra, al centro della tazza che l'etera tiene con la destra protesa; il secondo in un piede del trapezoforo in basso; il terzo è presso l'orlo superiore a destra; il quarto presso la zampa estrema del trapezqforo posto davanti alla kline.
3 E' questa l'ipotesi più probabile; ma i documenti d'archivio che riguardano la formazione del Museo-Gregoriano-Etrusco non danno descrizioni precise; e perciò potrebbe darsi benissimo che il nostro stamnos provenisse dalla raccolta di vasi, che fino dal secolo XVIII erano posti sopra gli armadi della Biblioteca Vaticana ad ornamento delle sale, e dei quali furono scelti i migliori per arricchire il nuovo Museo.
4 Auserlesene griechische Vasenbilder (Berlino 1840–1858) n. 145.
5 Nessun nome e nessuna data si trova nell'archivio dei Musei che possa illuminare lo studioso sui particolari del restauro. Si può solo congetturare che il restauratore appartenesse alla famiglia Pennelli. Un Pennelli infatti era stato il restauratore preferito dal Marchese Campana per la sua famosa raccolta, e quando questa fu acquistata dal Louvre, egli emigrò con essa a Parigi e svolse colà la sua attività di restauratore. Ma un altro Pennelli lavorava ancora privatamente in Roma, noto per la sua abilità, nei primi anni del secolo corrente, e veniva, all'occorrenza, chiamato a prestar l'opera sua nei Musei Vaticani, i quali mancavano a quei tempi di laboratori di restauro loro propri.
6 Teodoro Reinach, storico e filologo insigne ai suoi tempi, nato nel 1860 e morto a Parigi nel 1928. La notizia della vendita Branteghem e dell'acquisto fatto dal Reinach è nel Répertoire des vases peintes di Salomon Reinach, tom. II, p. 75, n. 8–9. Il Catalogo della collezione Branteghem porta la data del 1892.
7 Del Catalogo, che fa parta della Collezione Monumenti Vaticani di Archeologia e di Arte, Vol. 2, sono stati pubblicati sette fascicoli di pp. 214 complessive, con 70 tavole in fototip.
8 Vedi, Rendiconti della Pont. Acc. Rom. di Archeologia, vol. X (1934). p. 165.Google Scholar
9 Non è possibile stabilire, se la frattura in tre pezzi sia di data antica o recente; ma crederei poterla attribuire al lavoro fatto, quando il pezzo fu estratto dallo stamnos. I tre pezzi infatti non sono indicatinel disegno del Gerhard. Vedi Fig. 3.
10 E così, sul disegno del Gerhard, fu riprodotto da P. Hartwig, Die griechischen Meisterschalen des strengen rotfig. Stils; tav. LXVII, 3, ecc.
11 Beazley, Vedi J., op. cit. Attische Vasenmaler, pp. 199–208.Google Scholar Cf. Attic red-figured Vases: in questa seconda edizione, Oxford, 1942, il nostro frammento porta il n.° 51.
12 Vedi per es. Hoppin, J. Clark, A handbook of Attic red-figured Vases (Cambridge, Harvard Univ. Press, 1919), vol. I; pp. 215, 241, 255.Google Scholar