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Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
Scopo di questo articolo è analizzare i processi politici che danno luogo alla formazione delle coalizioni nei sistemi politici locali. Tranne rare eccezioni, le teorie delle coalizioni hanno privilegiato come campo di indagine i governi nazionali, e su di essi ne è stata verificata la capacità predittiva. Le ricerche empiriche fino ad oggi effettuate consentono una valutazione di tali teorie e la individuazione dei punti deboli; restano però, per molti versi, sconosciuti i problemi che pongono i comportamenti coalizionali all'interno delle assemblee elettive locali. In particolare, la domanda che si pone è se esistano problemi specifici, al di là di quelli conosciuti, finora trascurati e, tuttavia, importanti. A questi interrogativi si darà una risposta nel corso di questo articolo applicando la teoria delle coalizioni sulle giunte delle prime tre legislature delle regioni a statuto ordinario.
1 Gli studi sulle coalizioni riguardano soprattutto la descrizione e interpretazione dei processi coalizionali concernenti a) la formazione delle coalizioni b) la distribuzione dei payoffs e, infine, c) la stabilità delle coalizioni. La teoria delle coalizioni ha focalizzato l'attenzione soprattutto sul primo di questi tre aspetti considerandolo spesso la premessa necessaria per la spiegazione degli altri due.Google Scholar
2 Nel modello di indagine proposto da queste teorie gli assunti teorici che ne costituiscono il nucleo centrale hanno il ruolo di determinare ipotesi empiricamente controllabili che consentano di spiegare e prevedere l'esito cui dà luogo il concreto comportamento coalizionale. Per raggiungere questo scopo è necessario fare assunti fattuali che consentono di stabilire una relazione di corrispondenza fra i termini della teoria e i processi politici concreti. Dagli assunti fattuali e da quelli teorici è, infine, possibile derivare un numero di asserzioni di base sulla realtà che consentono di formulare delle previsioni sottoponibili a controllo statistico.Google Scholar
3 Sulle coalizioni governative in Italia vedi Pappalardo, A., Partiti e governi di coalizione in Europa , Milano, Angeli, 1978 e Marradi, A., Italy: From «Centrism» to Crises of the Center-Left Coalitions , in Browne, E.C., Dreijmanis, J. (eds.), Government Coalitions in Western Democracies, New York, Longman, 1982. Inoltre sulle giunte delle regioni a statuto ordinario vedi Zariski, R., Coalition Formation in the Italian Regions, in «Comparative Politics» XVI (1984). Quest'ultimo articolo prende in considerazione il periodo 1970-85 e un «campione» di giunte regionali.Google Scholar
4 Oltre agli autori già ricordati si vedano: Pasquino, G., Per un'analisi delle coalizioni di governo in Italia , in Parisi, A., Pasquino, G. (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia , Bologna, Il Mulino, 1977; Farneti, P., La coalizione monopolistica, in «Biblioteca della Libertà», XVII (1980); Zincone, G., Il puzzle delle coalizioni, in «Biblioteca della Libertà», XVII (1980); inoltre per il livello di governo locale si veda: Cazzola, F., Partiti e coalizioni nei governi locali. Primi risultati di una ricerca, in «Democrazia e diritto», XXII (1982); Graziano, L., Girotti, F., Bonet, L., I partiti come strutture di controllo: il processo di formazione delle giunte, in Le relazioni centro-periferia, Milano, Giuffrè, 1984; Parisi, A., Instabilità conflittualità e alleanze tra i partiti a livello locale, in Parisi, A. (a cura di), Luoghi e misure della politica, Bologna, Il Mulino, 1984; Pridham, G., Parties and Coalitional Behaviour in Italian Local Politics: Conflict or Convergence?, in «European Journal of Political Research», XII (1984).Google Scholar
5 Von Neumann, J. e Morgenstern, O., Theory of Games and Economic Behavior , Princeton, Princeton University Press, 1953 3a ed.Google Scholar
6 Riker, W., The Theory of Political Coalitions , New Haven, Yale University Press, 1962; Gamson, W., A Theory of Coalition Formation, in «American Sociological Review», XXVI (1961) e, dello stesso autore, An Experimental Test of a Theory of Coalition Formation, in «American Sociological Review», XXVI (1961). Ai nostri fini questi due autori possono essere considerati sullo stesso piano.Google Scholar
7 Leiserson, M., Factions and Coalitions in One-Party Japan , in «American Political Science Review», LXII (1968) e Coalition Governement in Japan , in Groennings, S., Kelley, E. W., Leiserson, M. (eds.), The Study of Coalition Behavior, New York, Holt, Rinehart e Winston, 1970.Google Scholar
8 Leiserson, M., Coalitions in Politics: a Theoretical and Empirical Study , tesi di dottorato inedita, New Haven, Yale University Press, 1966.Google Scholar
9 Axelrod, R., Conflict of Interest , Chicago, Markhan, 1970.Google Scholar
10 Le teorie qui presentate assumono che il comportamento coalizionale è guidato da un unico criterio di razionalità e che esso è condiviso da tutti i partiti. Per una critica di tale restrittivo assunto e per un tentativo di uso combinato di più criteri vedi Taylor, M., On the Theory of Government Coalition Formation , in «British Journal of Political Science», II (1972); Taylor, M., Laver, M., Government Coalitions in Western Europe, in «European Journal of Political Research», I (1973).Google Scholar
11 L'utilizzazione dei modelli spaziali di competizione partitica per spiegare il comportamento coalizionale è stato spesso criticata, ma ancor più lo è stata l'utilizzazione di scale ordinali, cfr. Dodd, L., Coalitions in Parlamentary Government , Princeton, Princeton University Press, 1976; Browne, E.C., Gleiber, D.W., Mashoba, C.S., Evaluating Conflict of Interest Theory: Western European Cabinet Coalitions, 1945-1980, in «British Journal of Political Science», XIV (1984), Barry, B., Conflict of Interest and Coalition Formation, in «British Journal of Political Science» I (1971).Google Scholar
12 All'interno dei consigli regionali il numero dei partiti varia nelle tre legislature come segue: n. partiti 1 leg. 2 leg. 3 leg. 5 — 1 1 6 — 2 3 7 3 8 3 8 10 4 6 9 2 — 2 La immissione di nuovi partiti e la scomparsa di quelli esistenti è relativamente bassa e, in ogni caso, riguarda i partiti più piccoli (PLI, PDIUM, DP, PDUP, PSIUP), mentre il numero dei partiti che fanno parte di tutte le situazioni coalizionali è abbastanza elevato (MSI, DC, PSDI, PSI, PCI). Inoltre, la DC è il primo partito del consiglio in 31 casi mentre è il secondo in 13. Al contrario il PCI è il primo partito in 13 casi ed il secondo in 31. In un solo caso DC e PCI hanno lo stesso numero di seggi e sono i primi partiti del consiglio. Il PSI è il terzo partito del consiglio in 43 casi ed il quarto in 2.Google Scholar
13 I maggiori cambiamenti sono avvenuti nel corso della prima e seconda legislatura con lo scioglimento del PSIUP (1972) e la costituzione di Democrazia nazionale in seguito alla scissione avvenuta nell'MSI (1977). In ambedue i casi, però, si è preferito non modificare la situazione coalizionale originaria.Google Scholar
14 È un fenomeno che riguarda soprattutto il PCI.Google Scholar
15 Cfr. Sartori, G., Teoria dei partiti e caso italiano , Milano, Sugarco, 1982, pp. 7–10 e pp. 63-67. Il volume raccoglie saggi e articoli dell'autore scritti in tempi diversi.Google Scholar
16 Il PRI non ha consiglieri solo nella Basilicata (1a, 2a e 3a leg.). Il PLI non ha consiglieri in Abruzzo (2a e 3a leg.), in Basilicata (2a e 3a leg.), in Calabria (2a e 3a leg.), nelle Marche (2a leg.), e in Umbria (1a, 2a e 3a leg.).Google Scholar
17 Il PDIUM ha propri rappresentati solo in Campania e Lazio; il PSIUP è presente in tutte le regioni; DP è presente sia nella prima che nella seconda legislatura solo in Campania, nel Lazio e in Lombardia; il PDUP è presente nella seconda e terza legislatura in Emilia-Romagna, nelle Marche e in Toscana, mentre è presente in Calabria solo nella seconda legislatura e nel Lazio, in Lombardia, in Piemonte e in Puglia solo nella terza legislatura.Google Scholar
18 Le ricerche di Barnes, Sani e Sartori, effettuate in periodi di tempo diversi, indicano che la posizione dei principali partiti italiani lungo il continuum sinistra-destra è rimasta abbastanza stabile almeno fino al 1975, anno in cui è stata effettuata la ricerca di Sartori (Vedi per tutti Sartori, G., Teoria dei partiti e caso italiano , op. cit., p. 297). I risultati a cui giunge Marradi sono, per alcuni aspetti, diversi, ma egli individua la collocazione dei partiti sulla base di due dimensioni. Per quanto riguarda il periodo da noi considerato, Marradi colloca il PSIUP alla sinistra del PCI, ed inoltre il PSDI fra la DC ed il PLI dal 1970 al febbraio 1976, e dall'agosto 1978 al 1980 (Cfr. Marradi, A., Italy: From «Centrism» to Crises of the Center-Lleft Coalitions, op. cit.).Google Scholar
19 Cfr. De Swaan, A., An Empirical Model of Coalition formation as an N-Person Game of Policy Distance Minimization , in Groennings, S., Kelley, E. W., Leiserson, M. (eds.), The Study of Coalition Behavior , cit., p. 424.Google Scholar
20 Cfr. Browne, E.C., Coalition Theories: A Logical and Empirical Critique , London, Sage Publications, 1973, pp. 13–14.Google Scholar
21 Il criterio adottato non crea ambiguità nel caso delle regioni, ma potrebbe essere non sufficiente se si volessero studiare le coalizioni governative nazionali. Come giudicare, infatti, il governo Tambroni? L'appoggio dell'MSI a questo governo non è stato esplicitamente concordato ma era determinante per la sua sopravvivenza. Probabilmente in questo caso sarebbe più corretto considerare come facenti parte della coalizione quei partiti che, pur non avendo concordato l'appoggio esterno, di fatto con la loro condotta sono determinanti per la sopravvivenza del governo.Google Scholar
22 Cfr. Browne, E.C., Coalition Theories: a Logical and Empirical Critique , cit., p. 83.Google Scholar
23 Molte di queste giunte, pur essendo formalmente di minoranza, erano di fatto maggioritarie poiché potevano contare sull'astensione di uno o più partiti che non facevano parte delle coalizioni. Ma le abbiamo, ciononostante, considerate minoritarie perché il criterio di maggioranza adottato in questa ricerca è quello del 51% dei seggi del consiglio.Google Scholar
24 Leiserson, Vedi M., Game Theory and Study of Coalition Behavior , e De Swaan, A., An Empirical Model of Coalition Formation as an N-Person Game of Policy Distance Minimization , cit. Ed inoltre De Swaan, A., Coalition Theories and Cabinet Formations. Google Scholar
25 De Swaan, A., Coalition Theories and Cabinet Formation , cit., p. 88.Google Scholar
26 Ibidem. Google Scholar
27 Cfr. Leiserson, M., Game Theory and Study of Coalition Behavior , cit., pp. 257–259.Google Scholar
28 Le preferenze dei partiti sono relative alle coalizioni delle quali possono far parte, mentre si assume che i partiti sono ugualmente indifferenti a tutte le coalizioni che escludono la loro partecipazione.Google Scholar
29 La scala varia da 1 a 10 e la posizione dei partiti è la seguente: PCI PSI PSDI PRI DC PLI MSI 2.5 3.7 4,7 4.8 5.9 6.5 8.3 La policy distance theory di Leiserson sarà verificata solo sulle situazioni coalizionali che comprendono i partiti indicati in questa scala.Google Scholar
30 Cfr. De Swaan, A., Coalition Theories and Cabinet Formations, op. cit. , pp. 88–109.Google Scholar
31 Sartori, G., Teoria dei partiti e caso italiano, op. cit. , p. 66.Google Scholar
32 Il partito pivotale del consiglio è quello che risulta tale nella coalizione che comprende tutti i partiti del consiglio.Google Scholar
33 De Swaan, A., Coalition Theories and Cabinet Formations, op. cit. , p. 118–119. Per una valutazione critica della policy distance theory di De Swaan vedi Boute, S., On De Swaan's Policy Distance Coalition Theory , in «European Journal of Political Research», X (1982).Google Scholar
34 Putnam, R.D., Leonardi, R., Nanetti, R.Y., La pianta e le radici , Bologna, Il Mulino, 1985, pp. 113–114.Google Scholar
35 Graziano, L., Girotti, F., Bonet, L., I partiti come strutture di controllo: il processo di formazione delle giunte , cit., p. 370.Google Scholar
36 Bin, R., Le crisi di Giunta nell'esperienza della prima legislatura delle Regioni ad autonomia ordinaria , in «Le Regioni», IV (1976), p. 441.Google Scholar
37 Sull'evoluzione del sistema partitico regionale vedi Panebianco, A., I partiti , in Le relazioni centro-periferia, op. cit. Google Scholar
38 Crozier, M., Friedberg, E., Attore sociale e sistema , Milano, Etas Libri, 1978, pp. 33–34.Google Scholar
39 Taylor, M., On the Theory of Government Coalition , cit.Google Scholar
40 Zariski, R., Coalition Formation in the Italian Regions , cit.Google Scholar