Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
Il tema dei rapporti governo-parlamento è stato spesso all'ordine del giorno della discussione sia politica che accademica nell'Italia del secondo dopoguerra. Nell'ultimo quindicennio poi questo interesse si è ulteriormente sviluppato fino a cristallizzarsi in una serie di proposte di ingegneria costituzionale che dovrebbero, nelle intenzioni dei proponenti (operatori politici o studiosi che siano), ovviare alle disfunzionalità del sistema politico italiano.
1 King, Anthony, Modes of Executive-Legislative Relations: Great Britain, France and West Germany , «Legislative Studies Quarterly», I (1976), pp. 11–36.CrossRefGoogle Scholar
2 Sul tema del party government gli interventi sono molteplici, ma si vedano in particolare Rose, Richard, The Variability of Party Government: a Theoretical and Empirical Critique , in «Political Studies», XVII (1969) e dello stesso The Problem of Party Government, London, Macmillan, 1974, nonché il recente saggio di Katz, Richard S., Party Government: A Rationalistic Conception , in Castles, Francis G. e Wildenmann, Rudolf (a cura di), Vision and Realities of Party Government, Berlino, de Gruyter, 1986, vol. I, pp. 31–71.Google Scholar
3 L'eccezione principale è la costituzione portoghese frutto della «rivoluzione dei garofani».Google Scholar
4 Il libro di Glum, Friedrich, Das parlamentarische Regierungssystem in Deutschland, Grossbritannien und Frankreich , Muenchen, C.H. Beck, 1965 ricostruisce efficacemente nelle sue linee fondamentali questa tradizione di pensiero. Di Adhémar Esmein si vedano gli Eléments de droit constitutionnel français et comparé, Paris, Sirey, 1909 (5a ed.); di Léon Duguit, il Traité de droit constitutionnel, Paris, Fontemoing, 1911; di Maurice Hauriou il Précis de droit constitutionnel, Paris, Sirey, 1923; di Georges Burdeau si veda Le régime parlamentaire dans les constitutions européennes d'après guerre, Paris, Les Editions internationales, 1932 (tr. it. Il regime parlamentare, Milano, Comunità, 1950). Per le posizioni di Preuss che ebbero un ruolo fondamentale nella formulazione della costituzione di Weimar si veda il resoconto che ne fa Glum, op. cit., cap. 7.Google Scholar
5 Redslob, Robert, Die parlamentarische Regierung in ihrer wahren und in ihrer unechten Form , Tuebingen, 1918.Google Scholar
6 Il tema dell'equilibrio ricorre continuamente in questa letteratura. Per citare un autore italiano si veda ad es. Brunialti, Attilio, Il diritto costituzionale e la politica nella scienza e nelle istituzioni , Torino, UTET, 1900, vol. II, p. 319. Cfr. Esmein, , op.cit., p. 573; Hauriou, , op.cit., p. 413; Burdeau, , op.cit., pp. 17, 105, 174-176 e 191-192. Si veda anche Loewenstein, Karl, Political Power and the Governmental Process, Chicago, The University of Chicago Press, 1957, pp. 87 ss.Google Scholar
7 Si veda per esempio quanto dice Esmein, , op.cit. , pp. 138 e 671.Google Scholar
8 Cfr. ad es. Hauriou, , op.cit. , p. 414.Google Scholar
9 Per un'ampia ricostruzione di questa fase, sia sul piano dei fatti politici che su quello delle concettualizzazioni con le quali quelli sono stati interpretati, si veda Klaus von Beyme, , Die parlamentarischen Regierungssysteme in Europa , Muenchen, Piper, 1970. Per un tentativo di inserire questo processo in uno schema esplicativo globale che raccorda i processi di formazione statale e quelli di democratizzazione cfr. Rokkan, S., Nation-Building, Cleavage Formation and the Structuring of Mass Politics, in Citizens, Elections, Parties, Oslo, Universitetsforlaget, 1970 (tr. it. Cittadini, Elezioni, Partiti, Bologna, Il Mulino, 1982).Google Scholar
10 Un opportuno richiamo a non sottovalutare la persistenza del sistema di potere dll'ancien régime durante l'avvio e lo sviluppo dei processi di democratizzazione (e parlamentarizzazione) viene dal libro di Mayer, Arno J., The Persistence of the Old Regime. Europe to the Great War , New York, Pantheon Books, 1981 (tr. it. Il potere dell'ancien régime fino alla I guerra mondiale, Bari, Laterza, 1983).Google Scholar
11 E non è neppure un caso che nel paese che ha conosciuto il minore sviluppo di una statualità di tipo monarchico-burocratico si sia fatta tradizionalmente meno sentire l'esigenza di una contrapposizione dualistica tra esecutivo e legislativo e sia stato più agevole accettare i partiti come perno degli equilibri politico-costituzionali (in proposito si veda ad es. Bagehot, Walter, The English Constitution , London, Oxford University Press, 1958, pp. 14 ss. e 125 ss.; già nel 1867, quando scriveva, questo autore parlava di fusione tra legislativo ed esecutivo ed introduceva la nozione di party government).Google Scholar
12 Cfr. Glum, , op.cit. , pp. 164 ss.Google Scholar
13 Sui rischi che discendono dalle formule presidenzialistiche di stampo dualista per la stabilità dei regimi democratici si vedano le osservazioni di Juan Linz, J., in The Breakdown of Democratic Regimes: Crisis, Breakdown and Reequilibration , Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 1978 (tr. it. La caduta dei regimi democratici, Bologna, Il Mulino, 1981, pp. 145 ss.).Google Scholar
14 Il caso francese della Quinta Repubblica, per esempio, difficilmente può essere presentato come un buon modello di equilibrio tra esecutivo e legislativo: la sua specificità è semmai quella di realizzare un netto squilibrio a svantaggio del parlamento.Google Scholar
15 Non si può per esempio fare a meno di rilevare la quasi completa assenza di riferimenti al fenomeno dei partiti ed al loro ruolo centrale per i meccanismi di governo (e non solo in sede di espressione dell'opinione pubblica) nelle carte costituzionali e nelle dottrine giuspubblicistiche fino a tempi assai recenti.Google Scholar
16 Può sembrare singolare la riproposizione che una parte della sinistra italiana sta facendo negli ultimi anni di accenti antipartitocratici che in passato erano stati patrimonio della destra. Meno incomprensibile diventa tutto ciò quando lo si colleghi all'interesse di queste forze politiche ad un indebolimento del rapporto tra governo e base parlamentare di maggioranza. Questo può essere realizzato, infatti, affermando la preminenza dei vincoli istituzionali (e il dualismo governo-parlamento) sui vincoli partitici.Google Scholar
17 In proposito si vedano ad es. le osservazioni di Carré de Malberg, R., Contribution à la théorie générale de l'Etat , Paris, Sirey, vol. II, pp. 68–80 e 104-7; e di Mirkine-Guetzévitch, B., Les nouvelles tendances du droit constitutionnel, Paris, Giard, p. 18.Google Scholar
18 Per queste critiche cfr. tra i tanti Burdeau, , op.cit., specie parte II. Vedi anche Barthélemy, J., Le gouvernement de la France , Paris, 1924, p. 89.Google Scholar
19 Per esempio, tanto nella preparazione della costituzione italiana che di quelle francesi della Quarta Repubblica la contrapposizione tra modello monistico e dualistico è stato uno dei temi dominanti della discussione.Google Scholar
20 Per la ricostruzione della meccanica di questa trasformazione cfr. Sartori, G., Parties and Party Systems , Cambridge, Cambridge University Press, 1976, pp. 18 ss.Google Scholar
21 Naturalmente non bisogna dimenticare che anche quando ci riferiamo ai partiti come soggetti o attori della vita politica stiamo usando una metafora antropomorfica. Anche i partiti non sono entità unitarie ma sistemi complessi di interazioni (per una approfondita trattazione del punto cfr. Panebianco, A., Modelli di partito , Bologna, Il Mulino, 1982). Tuttavia, in termini di approssimazione, e salvo che in alcuni casi per i quali, come vedremo più avanti, è necessario introdurre dei soggetti subpartitici, i partiti sono le entità che, a maggior titolo, nelle democrazie contemporanee si possono trattare come i soggetti dell'azione politica.Google Scholar
22 La riformulazione più esplicita del concetto di democrazia in questa direzione è naturalmente quella schumpeteriana (Schumpeter, J., Capitalism, Socialism and Democracy , London, Allen & Unwin, 1954; tr. it. Capitalismo, socialismo, democrazia, Milano, Etas Kompass, 1964).Google Scholar
23 Questa aggiunta è necessaria per tener conto della prassi assai frequente in alcuni paesi del ricorso a governi di minoranza (cfr. Strom, K., Governi di minoranza e democrazie parlamentari , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», XV (1985), pp. 167–204).Google Scholar
24 In proposito si veda soprattutto l'analisi che ne fa King, Anthony, op.cit. , pp. 12–21.Google Scholar
25 Dolf Sternberger parla in proposito di una sostituzione della separazione dei poteri tradizionalmente intesa come separazione di istituzioni con una forma nuova di separazione dei poteri che si realizza attraverso la presenza di una pluralità di partiti che si pongono come alternative di governo ( Gewaltenteilung und parlamentariche Regierung in der Bundesrepublik Deutschland , in «Politische Vierteljahresschrift», I (1960), pp. 22–37).Google Scholar
26 Le caratteristiche strutturali e funzionali di questo modello e le condizioni che esso presuppone sono state discusse dall'ampia letteratura sul consociazionismo nell'ambito della quale va segnalato in particolare Lijphart, A., The Politics of Accomodation: Pluralism and Democracy in the Netherlands , Berkeley, University of California Press, 1968. Per un'ampia rassegna si rinvia ad Pappalardo, A., Partiti e governi di coalizione in Europa, Milano, Angeli, 1978.Google Scholar
27 Si vedano i dati relativi in Lijphart, A., Democracies , New Haven, Yale University Press, 1984, p. 81.CrossRefGoogle Scholar
28 In questo senso si esprime lo stesso Lijphart in Democracies, op.cit. , pp. 79 ss.Google Scholar
29 Per un'analisi di lungo periodo dei dati relativi alle modalità di deposizione dei governi si veda von Beyme, , op.cit. , pp. 876 ss. e, per il periodo postbellico Colliard, Jean Claude, Les régimes parlamentaires contemporains , Paris, Presses de la Fondation Nationale des Sciences Politiques, pp. 259 ss.Google Scholar
30 Cfr. Colliard, , op.cit. , p. 270.Google Scholar
31 Per una attenta analisi e critica delle analoghe correnti antipartitocratiche che tanto peso hanno avuto nella cultura tedesca tra le due guerre si vedano le pagine di Dolf Sternberger, in Grund und Abgrund der Macht , Frankfurt, Insel Verlag, 1962, pp. 214 ss. In Italia manca invece un'analisi seria delle radici culturali degli orientamenti antipartitocratici pur così diffusi.Google Scholar
32 Un buon esempio di ripresa, «da sinistra» e quasi senza variazioni, di posizioni antipartitocratiche (e di fatto antipartitiche) che in passato erano state proprie della destra si trova in Baldassarre, A., Le «performances» del parlamento italiano nell'ultimo quindicennio in Pasquino, G. (a cura di), Il sistema politico italiano , Bari, Laterza, 1985, pp. 304–344.Google Scholar
33 Per chi volesse accertare che tipo di cultura giuridico-politica abbia dato la sua impronta a questa discussione, sarebbe particolarmente istruttiva la lettura della rivista «Democrazia e diritto», che negli anni 1975-78, ne è stata forse il principale portavoce.Google Scholar
34 È interessante notare come in passato un atteggiamento favorevole al rafforzamento dell'esecutivo era stato proprio soprattutto degli ambienti accademici (cfr. ad esempio il resoconto di proposte di riforma istituzionale avanzate da autorevoli costituzionalisti negli anni settanta in Cotta, M., La riforma delle istituzioni: note su un recente dibattito , in «Diritto e società», I (1973), pp. 443–48). In anni più recenti si devono segnalare soprattutto le proposte formulate dal cosiddetto «Gruppo di Milano» guidato da Gianfranco Miglio: cfr. Miglio, G. (a cura di), «Gruppo di Milano». Verso una nuova Costituzione, Milano, Giuffrè, 1983). Negli ultimi anni però si fà strada anche in ampi strati della classe politica, tradizionalmente assai tiepida su questo piano, un orientamento più favorevole all'esecutivo. Cfr. ad es., per le varie posizioni politiche, le relazioni di maggioranza e minoranza della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali (La «Commissione Bozzi»).Google Scholar
35 In larga parte tributaria della cultura dualistico-istituzionale è stata la ricorrente diatriba sul carattere «parlamentare» o «extraparlamentare» delle crisi di governo.Google Scholar
36 Si è avuta cioè soltanto la «rotazione semiperiferica» di cui parlava Sartori nella messa a fuoco del «pluralismo polarizzato» (cfr. Teoria dei partiti e caso italiano , Milano, Sugarco, 1982, specie pp. 31 ss.).Google Scholar
37 Sulla «debolezza» della maggioranza di governo in parlamento nell'ambito del processo legislativo la letteratura è ampia. Si vedano in particolare Cazzola, F., Governo e opposizione nel Parlamento italiano , Milano, Giuffrè, 1974; Cazzola, F. e Morisi, M., L'alluvione dei decreti. Il processo legislativo tra settima e ottava legislatura, Milano, Giuffrè, 1981; Di Palma, G., Sopravvivere senza governare, Bologna, Il Mulino, 1978; nonché Motta, R., L'attività legislativa dei governi, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», XV (1985), pp. 255-292.Google Scholar
38 Un segno del minor controllo delle correnti sul personale parlamentare o, quantomeno, di equilibri diversi che in sede di partito-organizzazione è il fatto che, a più riprese nella storia della DC, i candidati della segreteria partitica abbiano trovato difficoltà ad essere accettati dai gruppi parlamentari come loro presidenti.Google Scholar
39 Una serie di elementi in questo senso si ricavano da Cazzola, F., Struttura e potere del Partito Socialista Italiano , in Pasquino, G., Il sistema politico italiano , cit., pp. 169–207.Google Scholar
40 Questo è il senso di buona parte dell'analisi di Palma, Di, op. cit., specie cap. 2.Google Scholar
41 È interessante segnalarne alcune: il segretario del PSI ha sempre escluso una propria partecipazione personale ad un governo non guidato da lui e cioè in veste di semplice ministro; inoltre ha fatto ricorso ad un espediente giornalistico (lo pseudonimo «Ghino di Tacco») per poter «sdoppiare» in qualche modo ruolo di capo del governo e ruolo di guida del partito; infine, ultimo elemento, il partito ha fatto ricorso ad un canale decisionale non di governo (quello referendario) per poter far emergere una propria posizione differenziata rispetto a quella della maggioranza.Google Scholar
42 Per il concetto di sub-government applicato al caso americano, cfr. Rose, R., Government Against Sub-Governments: A European Perspective on Washington , in Rose, R. e Suleiman, E.N. (a cura di), Presidents and Prime Ministers , Washington, American Enterprise Institute, 1980, specie pp. 294 ss.Google Scholar
43 Cfr. su questo punto Calise, M. e Mannheimer, R., Governanti in Italia , Bologna, Il Mulino, 1982.Google Scholar
44 La difficoltà verificatasi alla fine del governo Craxi di dar seguito ai patti intercorsi tra i partiti di governo per una alternanza nel ruolo di guida dell'esecutivo (la cosiddetta «staffetta») sono dovute anche al rafforzamento, prodottosi negli ultimi tempi, del ruolo personale del capo del governo che ha reso la posta in gioco dell'alternanza molto più alta.Google Scholar
45 Cfr. Cazzola, F. e Morisi, M., op. cit. Google Scholar
46 Su questi punti si veda l'ampia analisi di Palma, Di, op. cit., specie cap. II.Google Scholar
47 Cfr. i dati relativi in La Camera dei Deputati dalla I alla VIII legislatura. Note statistiche ed illustrative , Roma, Camera dei Deputati - Ufficio stampa e pubblicazioni, 1985.Google Scholar
48 La vicenda del «patto» coalizionale intervenuto durante la nona legislatura è emblematica. Il patto della «staffetta» è stato ampiamente condannato dalle forze politiche esterne alla coalizione e da larghi settori della stampa come lesivo delle istituzioni. Ma quel che più conta una parte della stessa maggioranza ha potuto ad un certo punto impugnarlo facendosi scudo proprio di questa diffusa opinione della sua «illegittimità».Google Scholar