Published online by Cambridge University Press: 17 July 2018
In un sistema d'alternanza, un tipico esito elettorale è quello in virtù del quale il partito o la coalizione vincente accede alle funzioni di governo grazie ad un margine di voti esiguo, sufficiente tuttavia a fare la differenza rispetto alla coalizione avversaria e, magari, rispetto al proprio risultato delle elezioni precedenti. Se, tuttavia, i punti percentuali che una coalizione acquista (o perde) da un'elezione all'altra sono attribuibili a una pluralità di fattori (dal ricambio generazionale degli elettori, alla multidirezionalità dei flussi di voto, al peso di volta in volta variabile dell'astensionismo) più complessi di quelli rilevabili con una semplice operazione algebrica (del tipo: «35% all'elezione e, 40% all'elezione e2, uguale 5% di nuovi elettori»), resta però assai plausibile che le differenze percentuali tra una coalizione e l'altra ad un dato scrutinio possano essere determinate dal comportamento di una minoranza di elettori «marginali». E ciò è tanto più plausibile quanto più decisivi si rivelano quei seggi aggiudicati alla coalizione vincente, collegio per collegio, sulla base di pochi voti di scarto, sovente frutto di scelte effettuate da elettori rimasti indecisi fino all'ultimo momento.
In a roughly bipolar political system, the national election outcomes often depend on the behavior of a minority of «marginal» voters who make their decisions at the very moment of voting and/or choose a candidate who belongs to the opposite political camp with respect to their previous choice. These segments of the electoral market are the natural target of political strategists and campaigners, whose goal is to reach and persuade a majority of potential voters using an essentially media-based communications strategy. This article inquires into the attitudes of marginal voters towards politics, their ideological beliefs, as well as their basic sociological features. After drawing the portrait of a citizen who seems mostly apathetic towards the political process, the author discusses the implications of this empirical evidence in relation to the individual logic of voting. In order to explain the electoral choice of marginal voters, the author sketches the theoretical outlines of a new «impressionist» hypothesis as a viable alternative to the traditional explanatory models of electoral behavior based either on «determinist» or on «rationalist» assumptions. The empirical analysis focused on 1996 Italian and 1997 French national elections.