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COME SPIEGARE LA MOBILITÀ ELETTORALE IN ITALIA
Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
Introduzione
Specialmente a partire dalla metà degli anni ‘70, la mobilità elettorale è stata una delle tematiche su cui maggiormente si è concentrata l'attenzione di studiosi e osservatori del sistema politico italiano. Uno dei principali motivi di questa particolare attenzione sta nel fatto che proprio il fenomeno del mutamento della scelta di voto è stato da molti considerato all'origine degli incrementi — o dei decrementi —, assai più consistenti in questi ultimi anni che nei periodi precedenti, della quota di voti di alcuni partiti da una elezione all'altra.
- Type
- Ricerche
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- Italian Political Science Review / Rivista Italiana di Scienza Politica , Volume 16 , Issue 1 , April 1986 , pp. 45 - 80
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- Copyright © Società Italiana di Scienza Politica
References
1 È aperto a questo proposito, un dibattito sulla natura più o meno «nuova» del fenomeno della mobilità elettorale individuale o, meglio, della sua intensità negli ultimi dieci anni. A fronte di chi ha ipotizzato un incremento sostanziale nella quota di elettori mobili, a partire dalla seconda metà degli anni 70 (per tutti si veda Ghini, C., Il terremoto del 15 giugno , Milano, Feltrinelli, 1976) vi è chi ha sostenuto (cfr., ad esempio, Barbagli, M., Corbetta, P., Parisi, A., Schadee, H., Fluidità elettorale e classi sociali in Italia, Bologna, Il Mulino, 1979), l'inesistenza di differenze ampie tra la quota di mobili di questo periodo e quella degli anni precedenti. In questo scritto, dedicato all'analisi delle caratteristiche degli elettori mobili più che alla stima della loro numerosità, non entreremo nel merito di questo dibattito. Per una discussione su questa tematica ci si consenta di rinviare a Allum, P., Mannheimer, R., Electoral volatility in Italy: 1945-1983 , in Crewe, I. e Denver, D. (a cura di), Electoral Change in Western Democracies, London, Croom Helm, 1985, pp. 287-318.Google Scholar
2 Tra queste Sani, G., Political Traditions as Contextual Variables: Partisanship in Italy , in «American Journal of Political Science», 3, 1986, pp. 375–405 e Corbetta, P., La mobilità elettorale a Bologna nel dopoguerra e sue caratteristiche individuali, in Anderlini, Corbetta, Schadee, Comportamento elettorale città e territorio, Bologna, CLUEB, 1981.Google Scholar
3 In questo senso cfr. Ardigò, A., Il volto elettorale di Bologna , in Spreafico, A., La Palombara, I., Elezioni e comportamento politico in Italia , Milano, Comunità, 1963, pp. 801–849 e Sivini, G., I mutamenti di voto e l'interesse politico, in «Quaderni di Sociologia», 3-4, 1966, pp. 310-322. Risultati di questo tipo trovano conferma anche nel recente studio di Corbetta, cit.Google Scholar
4 Fin dalle prime indagini sul comportamento elettorale (ad esempio Campbell, A., Converse, A.P., Miller, W.E., Stokes, D.E., The American Voter , New York, Wiley, 1960) l'elettore americano che cambia il proprio voto viene descritto come un individuo poco istruito, con basso status sociale, scarsamente interessato e informato della politica. Analisi condotte più di recente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna offrono un quadro tendenzialmente diverso rimettendo in discussione metodologie, indicatori e conclusioni delle ricerche ‘classiche’ e mostrando l'esistenza di elementi di alta partecipazione politica tra gli elettori mobili di questi paesi. In questo senso vedi, ad esempio, Benewick, J., Birch, A.H., Blumer, J.G., Ewbank, A., The Floating Voter and the Liberal View of Representation, in «Political Studies», 2, 1969, pp. 193-195; e Dobson St. Angelo, D., Party Identifications and the Floating Vote: Some Dynamics, in «American Political Science Review», LXIX (1975), p. 488.Google Scholar
5 L'indagine è stata condotta su di un campione casuale di 1961 elettori, di età superiore ai 18 anni compiuti. Le interviste sono state effettuate nei mesi di aprile e maggio 1984, a cura della Doxa. I dati sono stati elaborati presso il calcolatore dell'Istituto Superiore di Sociologia di Milano, a cura di Roberto Biorcio e Laura Solzi. In diverse fasi dell'analisi ci si è potuti avvalere dei suggerimenti di Roberto Biorcio, Mario Caciagli, Mauro Calise, Miriam Golden, Peter Lange, Scipione Novelli, Gianfranco Pasquino, Giacomo Sani, Chiara Sebastiani, Sidney Tarrow, Douglas Wertmann che desideriamo qui ringraziare. La responsabilità di quanto affermato nello scritto rimane naturalmente dell'autore.Google Scholar
6 Sulla rilevanza, nello studio sul comportamento elettorale, negli atteggiamenti di disponibilità al voto e sulle relazioni su quest'ultima e il comportamento effettivo di voto cfr. Sani, G., The Evolution of the Italian Party System, paper, presentato all'Annual Meeting of the American Political Science Association, Washington, 1984, pp. 15–16.Google Scholar
7 Preferiamo utilizzare qui l'espressione ‘elettori mobili’ in luogo di quella ‘classica’ di ‘elettori fluttuanti’, in quanto quest'ultima — come peraltro rilevato già da Sivini, cit., evoca solo il comportamento di chi muta in continuazione o abitualmente la propria scelta, ‘fluttuando’ da un partito all'altro e non anche il comportamento di chi cambia una sola volta (per la verità l'espressione ‘elettori fluttuanti’ è talvolta usata — in modo a nostro avviso improprio — per indicare assieme i due comportamenti). Data la particolare formulazione della domanda inserita nel questionario dobbiamo qui considerare ‘elettori mobili’ gli attori di entrambi i comportamenti sopra descritti, malgrado essi siano differenti per contenuto e caratteristiche di chi li compie e tali da richiedere uno studio separato. Una tipologia più precisa e un'analisi in questo senso, per il caso della città di Bologna, è quella offerta da Corbetta, cit., che suddivide i possibili spostamenti degli elettori ‘mobili’ in ‘conversione’, ‘spostamenti temporanei’ e ‘instabilità’.Google Scholar
8 Ciò ci ha costretti a prendere in considerazione esclusivamente coloro che hanno o avrebbero potuto partecipare alle ultime tre consultazioni elettorali: 1485 intervistati, pari al 75,7% del campione complessivo. È esclusivamente a costoro che ci riferiremo, pertanto, nello studio della mobilità elettorale effettiva. La conseguenza più rilevante di questa limitazione consiste nel non aver potuto considerare, nell'analisi di questo tipo di mobilità, la coorte dei più giovani. Di ciò occorrerà tenere il dovuto conto nell'interpretazione dei nostri risultati.Google Scholar
9 In questo senso si vedano Himmeltweit, H., Biberion, M. e Stockdale, J., Memory for Past Vote: Implications of a Study of Bias in Recall , in «British Journal of Political Science», VIII (1978); Waldahl, R., Can we Trust Recall-data?, in «Scandinavian Political Studies», V (1982), pp. 101-116; Weir, B., The Distorsion of Voter Recall, in «American Journal of Political Science», XIX (1975).Google Scholar
10 La domanda era così formulata: «Per quali di questi partiti potrebbe votare, perché hanno qualcosa di buono, di valido?». Nell'analisi delle risposte a questa domanda — e dunque nello studio della mobilità elettorale potenziale — abbiamo naturalmente considerato il campione nel suo complesso, compresa la coorte dei più giovani. Come misura della mobilità elettorale potenziale, abbiamo adottato il numero dei partiti indicati come possibili scelte elettorali, con l'esclusione del partito votato.Google Scholar
11 La elevata differenza tra la quota di effettivamente mobili e potenzialmente mobili può essere messa in relazione ad una particolare caratteristica dell'elettorato italiano il quale rivelerebbe così una considerevole disponibilità al cambiamento di voto, non «realizzata» per mancanza di un'« offerta» adeguata, cioè di alternative valide alla propria scelta precedente. In questo senso cfr. Parisi, A., Mobilità non significa movimento , in Parisi, A. (a cura di), Mobilità senza movimento, Bologna, Il Mulino, 1980, pp. 35–36.Google Scholar
12 Per una discussione sui diversi tipi di fattori determinanti il comportamento elettorale e sulla loro importanza relativa cfr. Sani, G., Fattori determinanti delle preferenze partitiche in Italia , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1973), pp. 129–143.Google Scholar
13 Abbiamo considerato come «effettivamente mobili» quegli intervistati che hanno dichiarato di avere mutato almeno una volta la propria opzione di voto nelle ultime tre elezioni politiche: come si è visto la quota percentuale di costoro è pari al 18,8%. Nella costruzione delle tavole abbiamo cercato di evidenziare la diversa presenza di elettori «effettivamente mobili» tra le varie categorie di intervistati. A questo fine abbiamo considerato la differenza tra la quota di effettivamente mobili, rilevata separatamente per ciascuna categoria di intervistati, e quella relativa al campione nel suo insieme. Così, ad esempio, essendo la quota di elettori mobili rilevata tra gli intervistati maschi pari al 20,1, la «casellina» dei maschi si trova, nel grafico 1 in corrispondenza alla posizione + 1,3 (20,1 − 18,8 = 1,3). La quota di effettivamente mobili relativa al campione nel suo complesso (18,8%), corrispondente nella rappresentazione grafica alla posizione O, è indicata con un asterisco.Google Scholar
14 Nei «non attivi» sono compresi studenti, casalinghe, e pensionati: costoro costituiscono complessivamente il 44,7% del campione intervistato e il 47% del subcampione considerato per l'analisi della mobilità elettorale effettiva. Negli «attivi» sono comprese tutte le altre categorie, inclusi, beninteso, i disoccupati.Google Scholar
15 La ripartizione tra attività professionali di fascia «alta» e di fascia «bassa» — che, come specificato nel testo, si riferisce esclusivamente agli attivi — è stata operata cercando, tra l'altro, di suddividere il campione in due parti grossomodo eguali, per facilitare la comparazione con altre dicotomie. La fascia «bassa» è costituita dai lavoratori manuali nell'industria e nei servizi, dai salariati agricoli, dai coltivatori diretti e dai disoccupati: complessivamente costoro rappresentano il 42,5% degli attivi intervistati (il 40,1% nel subcampione considerato per l'analisi della mobilità effettiva). La fascia bassa è costituita dalle restanti categorie di attivi, vale a dire: imprenditori, dirigenti, liberi professionisti, insegnanti, impiegati, commercianti, artigiani.Google Scholar
16 Sono state effettuate le ricodifiche seguenti: — Età «bassa»: sino ai 49 anni; — Titolo di studio «basso »: fino alla licenza elementare.Google Scholar
17 Per misurare il livello di significatività delle relazioni esaminate, abbiamo utilizzato il chi2, i cui livelli di significatività sono stati così rappresentati: Per una misura più efficace della associazione, abbiamo utilizzato l'indice tau b di Kendall (i cui livelli di significatività sono rappresentati in modo analogo al chi2) e l'indice gamma di Kruskal e Goodman. Per una descrizione delle caratteristiche di questi indici e del loro impiego nelle scienze sociali, cfr. Perrone, L., Metodi quantitativi per la ricerca sociale, Milano. Feltrinelli, 1977, pp. 245–248.Google Scholar
18 Tra coloro che posseggono titoli di studio più elevati, invece, il ruolo di età e condizione professionale è nullo, tant'è vero che, in questo sottogruppo, si riscontra una quota lievemente più elevata di effettivamente mobili tra i più anziani e tra i non attivi. È bene sottolineare, tuttavia, che queste ultime differenziazioni non soddisfano i requisiti della significatività statistica.Google Scholar
19 Per la misurazione della mobilità elettorale potenziale abbiamo considerato come potenzialmente mobili coloro che dichiarano di poter prendere in considerazione il voto a almeno due partiti oltre a quello votato. Come si è detto la quota di costoro in tutto il campione corrisponde al 47,2%. Nelle diverse tavole, pertanto, analogamente a quanto visto per la mobilità effettiva, l'asterisco corrisponde a questo valore e la posizione delle «caselline» dei sottogruppi, relativi alle varie categorie delle variabili considerate, corrisponde alla differenza della quota di potenzialmente mobili in questi sottogruppi dalla quota rilevata per il campione nel suo complesso.Google Scholar
20 È questa la definizione, che ne dà H. Mc Closky nella voce Political Participation dell'Enciclopedia of Social Sciences, p. 256. La letteratura sul concetto e sulle componenti della partecipazione politica è molto vasta. Per diverse definizioni interpretative cfr., tra gli altri, Barnes, S.H., Kaase, M., Political Action: Mass Participation in Five Western Democracies , Beverly Hills, Sage, 1979, p. 42; Pizzorno, A., Introduzione allo studio della partecipazione politica, in «Quaderni di Sociologia», 3-4, 1966, p. 255; Sani, G., Partecipazione politica, in Dizionario di Politica, Torino, Utet, 1983, p. 785; Urbani, G., Partecipazione, in Enciclopedia del '900, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1981, vol. 5, p. 92; Verba, S., Nie, N.H., Kim, J., Participation in America: Social Equality and Political Democracy, New York, Harper and Row, 1972, pp. 2-2; e la successiva versione in Verba, S., Nie, N.H., Kim, J., Participation and Political Equality, Cambridge, Cambridge University Press, 1978, p. 1. Una discussione critica sui possibili significati attribuiti al concetto di partecipazione politica si trova in Musk, J.G., Political Participation in America: a Review Essay, in «American Political Science Review», 70, 1976, pp. 583 e segg. Sul punto si veda anche A. Melucci, Sistema politico, partiti e movimenti sociali, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 177. È importante ricordare che il concetto stesso di partecipazione politica acquista contenuti differenti in relazione al contesto sociale cui si riferisce. A questo riguardo cfr., oltre a Pizzorno, cit., pp. 238-248, Cotta, M., Il concetto di partecipazione politica, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», IX (1979), pp. 205-214 e 224 e Urbani, cit., p. 94.Google Scholar
21 A questo riguardo cfr. specialmente Milbrath, L.N., Political Participation, Chicago, Rand Mc Nally & C., 1965.Google Scholar
22 La tipologia di componenti della partecipazione politica qui impiegata si differenzia da quella ‘classica’, di derivazione parsonsiana, proposta da Almond e Verba e ripresa in diverse ricerche italiane sul tema, tra cui quella citata in Martinatti, Le caratteristiche dell'apatia politica , in «Quaderni di Sociologia», 3-4, 1966, p. 291–294. Come gli stessi Almond e Verba sottolineano, la loro tipologia è diretta principalmente all'analisi degli orientamenti (orientation) verso gli oggetti politici e distingue infatti fra «cognitive orientation», «affective orientation» e «evaluational orientation». (Almond, G.A., Verba, S., The Civic Culture, Princeton, Princeton University Press, 1963, p. 15). L'oggetto della nostra analisi, che riguarda solo marginalmente la cultura politica, ha suggerito l'adozione della tipologia ricordata nel testo.Google Scholar
23 Riteniamo utile riportare in dettaglio le modalità di costruzione dei diversi indici. Per misurare la partecipazione politica, abbiamo sommato i punteggi delle risposte ai seguenti quesiti (dopo ogni modalità di risposta è indicato il punteggio attribuito): «Alcuni si occupano molto di politica. Altri non ne hanno il tempo o preferiscono non occuparsene. A lei capita per esempio di: — tenersi informato sugli avvenimenti politici? mai (1) / di rado (2) / qualche volta (3) / spesso (4); — leggere le notizie politiche sui giornali? (come la precedente)». «Quale di queste frasi esprime meglio il suo modo di pensare e di comportarsi nei confronti della politica? — io mi considero politicamente impegnato (4) / — io mi tengo al corrente della politica, ma senza parteciparvi personalmente (3) / — io penso che bisogna lasciare la politica a persone che hanno più competenza di me (2) / la politica non mi interessa (1) / — la politica mi disgusta (3) / — non so (1)». «Negli ultimi tre mesi, Lei personalmente ha partecipato qualche volta (cioè più di una o due volte) all'attività di organizzazioni politiche? sì (1) no (0)». «Qual è il nome del presidente del Consiglio dei Ministri? (risposta corretta (1) altra risposta (0))».Google Scholar
24 Un'analisi delle relazioni di ciascuna componente della partecipazione politica con il comportamento di chi cambia voto si trova in Mannheimer, R., Partecipazione politica , in Bilanci sociali di area , Comune di Milano, Milano, 1984, (mimeo), pp. 85–93. Inoltre, per un esame degli effetti dell'esposizione ai media sul «floating vote», cfr. Dobson St. Angelo, cit., p. 487.Google Scholar
25 Si vedano a questo proposito le indagini citate in Eldersveld, S.J., The Independent Vote: Measurement Characteristic and Implication for Party Strategy , in «American Political Science Review», XLVI (1952), pp. 732–753.CrossRefGoogle Scholar
26 Cfr. Campbell, A., Gurin, G., Miller, W.E., The Voter Decides, Evanstone, Row Peterson and Co., 1952.Google Scholar
27 Come è noto, la domanda impiegata negli Stati Uniti per misurare la Party Identification è grossomodo la seguente: Generally speaking, do you usually consider yourself a Republican, a Democrat, an Indipendent, or what? Google Scholar
28 Per rilevare l'attaccamento emotivo al partito votato abbiamo costruito un indice composito sulla base delle due domande seguenti: — Quando viene criticato (o attaccato) il partito per cui ha votato nelle ultime elezioni politiche di solito cosa fa, e cioè come reagisce? Di solito me la prendo, come se si criticasse anche me / di solito non me la prendo, ma mi dispiace / di solito resto indifferente, non me la prendo. — Lei approva o disapprova ciò che ha fatto negli ultimi tempi il partito per cui ha votato nelle ultime elezioni politiche nel giugno 1983? Nell'analisi abbiamo considerato come «maggiormente attaccati al partito votato» coloro il cui punteggio risultava superiore a quello medio rilevato per il campione nel suo complesso.Google Scholar
29 Cfr., ad esempio, Feldman, S., Zuckerman, A.S., Partisan Attitudes and the Vote , in «Comparative Political Studies», XV (1984), pp. 197–222.Google Scholar
30 Per una discussione sul concetto di «party identification» e sulla sua applicazione in diversi contesti nazionali, cfr. Budge, I., Crewe, J., Fairlie, D., Party Identification and Beyond, London, Wiley, 1976.Google Scholar
31 È chiaro inoltre che il nostro indicatore risente in buona misura del tipo di personalità dell'intervistato. In definitiva il nostro indicatore di attaccamento al partito votato va ancora considerato come sperimentale, in vista di una adeguata misurazione di questo concetto anche nel nostro paese.Google Scholar
32 La figura è stata costruita con la tecnica già illustrata per i caratteri socioeconomici: così, ad esempio, la casellina «PP A» (partecipazione politica alta) è posta in corrispondenza del valore ottenuto calcolando la differenza tra la quota percentuale di effettivamente mobili rilevata nel sottogruppo in questione (di coloro cioè per cui si rileva un livello «alto» di partecipazione politica) e la quota percentuale di effettivamente mobili rilevata per il campione nel suo complesso (18,8%) e rappresentata, nella figura, dall'asterisco.Google Scholar
33 È facile notare infatti come il livello di mobilità rilevato tra coloro che hanno sia alta partecipazione politica che basso attaccamento al partito è ancora superiore al livello già alto visto precedentemente per l'intero sottogruppo di alta partecipazione politica e così analogamente — naturalmente in senso inverso — per coloro che mostrano scarsa partecipazione politica ed elevato attaccamento al partito.Google Scholar
34 In particolare è a questo ordine di concetti che, sostanzialmente, si rifà l'interpretazione del comportamento elettorale in Italia in Capecchi, V., Cioni Polacchini, V., Galli, G., Sivini, G., Il comportamento elettorale in Italia , Bologna, Il Mulino, 1968. Il medesimo modello esplicativo è poi confermato in contributi di numerosi studiosi. Tra gli altri cfr. Barnes, S.H., Italy Religion and Class in Electoral Behaviour , in Rose, R. (a cura di), Electoral Behaviour: a Comparative Handbook, New York, The Free Press, 1974, p. 313; Bartolini, B., Insediamento subculturale e distribuzione dei suffragi , in Parisi, A., Pasquino, G. (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1977, p. 140; Sani, G., Fattori determinanti delle preferenze partitiche in Italia, cit., e The Italian Electorate in the Mid-1970's: Beyond Tradition? , in Penniman, H.R. (a cura di), Italy at the Polls, Washington, American Enterprise Institute, 1977, pp. 81-122. Per una rassegna di questa tradizione di studi cfr. Mannheimer, R., Gli studi sul comportamento elettorale, in La Scienza Politica in Italia: materiali per un bilancio, Milano, Franco Angeli, 1984, pp. 274-277.Google Scholar
35 I problemi legati alla costruzione di indicatori efficaci per l'appartenenza subculturale e, in generale, per la persistenza di tradizione politica sono illustrati in Sani, G., Political Traditions …, cit., pp. 376–378.Google Scholar
36 Gli indici di appartenenza subculturale sono stati costruiti considerando comportamenti, atteggiamenti e tradizioni familiari dell'intervistato. Per la appartenenza cattolica le domande utilizzate sono state le seguenti: Domande concernenti comportamenti: — La prego di pensare a ciò che ha fatto al sabato pomeriggio o alla domenica, negli ultimi tre mesi. Con quale frequenza ha potuto assistere alla Messa in Chiesa? — Negli ultimi tre mesi lei personalmente ha partecipato qualche volta (cioè più di una o due volte) all'attività di organizzazioni religiose (della parrocchia, ecc.)? — E qualcuno dei suoi familiari ha partecipato negli ultimi tre mesi più di una o due volte all'attività di organizzazioni religiose? Domande concernenti atteggiamenti: — La prego di dare un giudizio su ciò che fa la Chiesa, con un voto compreso tra un minimo di 1 a un massimo di 9, come si fa a scuola. — Se le chiedessero a quale di queste categorie lei sente di appartenere, quale indicherebbe per prima, in ordine di importanza? / Veniva rilevata la risposta: i cattolici. Domande relative a tradizione familiare: — Se lei dovesse definire il partito o l'area politica alla quale, quando era ragazzo suo padre si sentiva più vicino, quale indicherebbe? / Veniva rilevata l'area cattolica. Per la appartenenza socialista le domande erano le seguenti: Domande relative a comportamenti: — Lei è iscritto ad un sindacato? (se sì) A quale? / veniva rilevata l'iscrizione alla CGIL / — E qualcuno dei suoi familiari è iscritto a un sindacato? / Come dom. prec. Domande relative ad atteggiamenti: — La prego di dare un giudizio su ciò che fa la CGIL, con un voto compreso fra un minimo di 1 e un massimo di 9, come si fa a scuola. — Se le chiedessero a quale di queste categorie lei sente di appartenere, quale indicherebbe per prima, in ordine di importanza? / Veniva rilevata la risposta: la classe operaia. Domande relative a tradizione familiare: — Se lei dovesse definire il partito o l'area politica alla quale, quando era ragazzo suo padre si sentiva più vicino, quale indicherebbe? / Veniva rilevata l'area social-comunista. Per il calcolo dell'indice di appartenenza subculturale è stato attribuito un «peso» analogo a ciascuna delle domande qui elencate, con l'eccezione del quesito relativo alla partecipazione ad organizzazioni religiose da parte dei familiari e di quello concernente l'iscrizione alla CGIL dei familiari il cui «peso» corrispondeva alla metà di quello attribuito agli altri quesiti. Analogamente a quanto fatto in precedenza, nell'analisi sono considerati come «più appartenenti» alla subcultura coloro che hanno un punteggio superiore a quello mediano registrato per il campione nel suo complesso.Google Scholar
37 Ad esempio in Sani, G., Fattori determinanti , cit., pp. 138–139 e Political Traditions …, cit., pp. 384-387.Google Scholar
38 Va sottolineato tuttavia che questa relativa debolezza causale attribuibile alle appartenenze subculturali necessita di verifiche approfondite in occasione di altre analisi successive. Quanto da noi rilevato può dipendere infatti, almeno in parte, dalla inadeguatezza degli indicatori adottatisi che, pur individuando correttamente coloro che si possono definire come appartenenti all'una o all'altra subcultura, non ci paiono cogliere ancora il fenomeno subculturale nella sua interezza e complessità.Google Scholar
39 Ciò si può peraltro verificare anche confrontando gli stessi grafici che mostrano come la «distanza» dalla media del campione della quota di mobili rilevata tra coloro che posseggono più alti titoli di studio è assai maggiore di quella riscontrabile per i più partecipi politicamente o i meno identificati con un partito (ma non, è il caso di notarlo, di quella riscontrabile tra coloro che sono al tempo stesso più partecipi e meno identificati).Google Scholar
40 È utile ricordare che sono stati qui analizzati solo alcuni caratteri politici, trascurandone altri quali, ad esempio, quelli concernenti le preferenze degli elettori, in termini di autoposizionamento sul continuum destra-sinistra o di scelta di partito vera e propria. A questo riguardo va sottolineato che, considerando la conformazione dello schieramento partitico italiano, la mera collocazione di un elettore in termini di preferenze politiche può comportare in molti casi un numero diverso di partiti potenzialmente «vicini» e, di conseguenza, una mobilità potenziale probabilmente più elevata.Google Scholar
41 Nell'analisi abbiamo potuto considerare le motivazioni della scelta del voto e non quelle specifiche del mutamento del voto che, per motivi tecnici, non hanno potuto essere rilevate con il questionario. Si può ragionevolmente ipotizzare, tuttavia, che le motivazioni di scelta del partito votato costituiscano un elemento assai rilevante nella formazione della decisione concernente il mutamento del voto stesso.Google Scholar
42 Il testo della domanda era: «Le persone come Lei possono decidere di votare per un partito perché? (testo dell'item). Quanto è importante che … (testo dell'item)? Molto, abbastanza, poco o per niente? (Gli intervistati dovevano esprimere il proprio giudizio su ciascun item). La lista degli items proposti è ricavabile dalla tav. 2. Attraverso questa domanda abbiamo tentato di verificare l'esistenza e la importanza di una serie di motivazioni di voto da noi ipotizzate come rilevanti. È evidente che quelle da noi proposte rappresentano solamente una parte delle possibili motivazioni soggettive, di voto e che se ne possono pertanto ipotizzare diverse altre, non comprese tra quelle da noi sottoposte agli intervistati e riguardo alle quali questi ultimi non hanno avuto alcuna possibilità di esprimersi. Il sondaggio — in questo come nella gran parte degli altri casi di ricerca empirica — ha dunque l'unica funzione di verifica delle nostre ipotesi e non di «scoperta» di tutte le possibili motivazioni di voto o del complesso delle relazioni partiti-elettori.Google Scholar
43 Come è noto, l'analisi dei fattori permette, a partire da una lista iniziale di items (o di altre misure), l'individuazione di raggruppamenti omogenei, formati da quelli più strettamente intercorrelati e la conseguente eventuale attribuzione di dimensioni esplicative comuni. Per l'analisi dei fattori abbiamo utilizzato il programma FACTOR di SPSS (Statistical Package for the Social Sciences), applicando il metodo PA2 e il procedimento di rotazione VARIMAX. Ai tre fattori estratti è attribuibile complessivamente il 55,5% della varianza totale. Per una illustrazione delle potenzialità e dei limiti dell'analisi dei fattori cfr. Marradi, A., Concetti e metodi per la ricerca sociale, Firenze, La Giuntina, 1980 (II ediz.: 1984), pp. 73–78.Google Scholar
44 Parisi, A., Pasquino, G., Relazioni partito-elettori e tipi di voto , in Parisi, A., Pasquino, G. (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1977, p. 226.Google Scholar
45 Entrambe le tipologie — quella qui descritta e quella di Parisi e Pasquino hanno peraltro diversi elementi in comune con quella già proposta da Pomper, G., Voter's Choice. Varieties of American Electoral Behaviour, New York, Dodd Co., 1978, pp. 5–12, che distingue la figura del «dependent voter» da quella del «responsive voter».Google Scholar
46 Parisi, e Pasquino, , op. cit. , p. 220.Google Scholar
47 L'adesione ad uno dei tre tipi di motivazioni soggettive della scelta di voto è stata misurata attraverso il procedimento seguente: a) alla risposta a ciascun item (vedi lista items in tav. 2) è stato assegnato un punteggio 5 per «molto importante», 4 per «abbastanza importante», 3 per «non so, dipende», 2 per «poco importante», 1 per «per niente importante». (Ricordiamo che gli intervistati dovevano esprimere il proprio giudizio su ciascun item). b) sono stati eliminati dall'analisi i casi in cui gli intervistati hanno attributo il medesimo grado di importanza a TUTTI gli items. c) per ogni intervistato è stato poi calcolato il «punteggio medio individuale», corrispondente alla media aritmetica dei punteggi relativi al grado di importanza attribuito ai 9 items e, successivamente, l'« indice di preferenza» per ciascun item, costituito dalla differenza tra il punteggio attribuito all'item e il punteggio medio individuale. Abbiamo così cercato di costruire un indice di preferenza RELATIVA per ciascun item, che risultasse depurato dall'eventuale tendenza individuale a dare sempre risposte molto positive o molto negative. d) l'adesione a ciascun tipo di motivazioni soggettive è stata poi misurata calcolando, per ciascun intervistato, la media aritmetica degli indici di preferenza relativi agli items compresi in ciascuna delle tre «aree» di motivazioni (vedi tav. 2). Sono stati considerati come aderenti a ciascuna area e, di conseguenza, a ciascun tipo di motivazioni soggettive, coloro la cui media così calcolata risultava superiore al valore mediano rilevato per l'intero campione.Google Scholar
48 Sani, , Political traditions …, cit., p. 381.Google Scholar
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- Cited by