Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
La progressiva attenzione della scienza politica per le tematiche organizzative sembra essere una tendenza incontrovertibile. Gli attori politici collettivi sono visti sempre meno come delle «scatole nere», dei semplici canali di trasmissione di domande e interessi, e si sottolinea, invece, sempre più come essi siano delle organizzazioni complesse la cui condotta è regolata da meccanismi ed imperativi specifici ed autonomi e come, di conseguenza, l'individuazione di queste dinamiche organizzative contribuisca in modo determinante alla comprensione del funzionamento del sistema politico nel suo complesso. La configurazione di una organizzazione politica non è un fatto meramente «tecnico» o «ingegneristico», e men che meno «formale», ma determina l'autonomia e la discrezionalità di cui gode il gruppo dirigente nel ridefinire gli interessi dei gruppi sociali rappresentati e nel «guidare» la membership verso determinate mete collettive. Una delle acquisizioni più rilevanti che sono state fatte in questo campo di indagine è che per spiegare le caratteristiche strutturali di una organizzazione politica occorre risalire al modo in cui essa è nata, si è formata e si è consolidata. Il concetto di struttura, infatti, appartiene ad una classe di concetti utilizzati nelle scienze sociali — i cosiddetti time oriented concepts — che assumono significato solo in un orizzonte temporale diacronico (Rosenthal 1978). Ciò che si percepisce come «strutturale» al tempo T sono modelli di comportamento e interazioni sociali che sono perdurati e si sono stabilizzati al tempo T-1, T-2, T-3, … T-n, e che per questo motivo diventano elementi costitutivi di quella relazione sociale. Quella che potremmo chiamare la fallacy of synchronic reductionism porta a «fotografare» una organizzazione in un dato momento e a considerare tutti i suoi caratteri strutturali in un orizzonte atemporale. Invece, le proprietà strutturali di una organizzazione sono il risultato di scelte organizzative e di processi di adattamento che si sono verificati in momenti e fasi differenti della vita dell'organizzazione e i cui risultati si sono poi «congelati», «sedimentati», «stratificati» nel tempo. Una semplice analisi del contesto ambientale in cui opera un'organizzazione, come suggerisce l'approccio contingency, non è sufficiente in quanto organizzazioni con «storie» differenti potranno dare differenti risposte, in termini di proprietà organizzative, agli identici imperativi posti in un dato momento dallo stesso ambiente. Per spiegare le proprietà strutturali di una organizzazione politica occorre quindi integrare opportunamente l'analisi strutturale-morfologica, basata sull'ipotesi che le organizzazioni tendano ad adattarsi razionalmente alla struttura del loro ambiente, con l'analisi storico-genetica, in base alla quale la razionalità degli attori organizzativi è vincolata dalle loro esperienze passate, dalla storia dell'organizzazione e, in particolare, dal modo in cui l'organizzazione stessa è nata e si è formata. L'approccio genetico ha trovato ampie applicazioni nello studio di vari tipi di organizzazioni politiche: i partiti, i sindacati dei lavoratori, i gruppi di interesse, i movimenti collettivi, le organizzazioni terroristiche. Con questo articolo mi propongo di estendere l'utilizzazione, e di dimostrare l'utilità, di questo approccio anche per quanto riguarda l'analisi di un tipo particolare di organizzazioni politiche, che solo recentemente sono diventate oggetto di studio, cioè le associazioni imprenditoriali. In particolare, mi occuperò delle peak associations, cioè delle confederazioni nazionali intersettoriali, come la confindustria e le sue omologhe in altre nazioni. Nella prossima sezione traccerò una tipologia delle peak associations sulla base del loro «modello originario», cioè del modo in cui sono nate, e del loro grado di istituzionalizzazione; nella seconda sezione verificherò la validità di questa tipologia attraverso l'analisi storico-comparata: illustrerò un «modello a dicotomie successive», costruito alla luce dell'evidenza empirica disponibile, per l'analisi dei processi di formazione delle associazioni imprenditoriali, mettendo in evidenza come a diversi processi di formazione siano corrisposti differenti «modelli originari». Nelle sezioni finali, infine, esaminerò i fattori esplicativi che hanno determinato il prevalere di uno o dell'altro dei vari processi di formazione.