Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
Nel corso degli ultimi venti anni in molte regioni dell'emisfero nord-occidentale sono riemersi quei movimenti politici a base etnica il cui declino era sembrato ineluttabile dopo la ridefinizione dei confini nazionali seguita alle due guerre mondiali. Tali movimenti hanno perseguito obiettivi diversi da un caso all'altro — dalla difesa della lingua regionale alla richiesta dell'autonomia politica, all'indipendenza — e talvolta anche divergenti tra le diverse componenti del medesimo schieramento. Nonostante le differenze essi sono stati contrassegnati da una comune caratteristica: quella di rivalorizzare attributi culturali oggettivi condivisi dai loro militanti — la razza, la lingua, la religione, l'insediamento in un determinato territorio, il riferimento a precedenti istituzioni, simboli, tradizioni storiche. Questi attributi sono serviti ad alimentare processi di identificazione politica che ai governi centrali è stato richiesto di riconoscere. Tuttavia, sebbene l'esistenza di attributi culturali oggettivi comuni ai membri di gruppi etnici sia stata una condizione necessaria del riemergere dei movimenti, non ne ha però costituito il fattore decisivo.
1 Allardt, E., Le minoranze etniche nell'Europa occidentale: una ricerca comparata , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», XI (1981), pp. 91–136; Horowitz, D.L., Patterns of Ethnic Separatism, in «Comparative Studies in Society and History», XXIII (1981), pp. 165–195; Hechter, M., Internal Colonialism. The Celtic Fringe in British National Development 1536–1966, London, Routledge and Kegan, 1975 (trad. it. Il colonialismo interno, Torino, Rosenberg & Sellier, 1978); Gourevitch, P.A., The Re-emergence of ‘Peripheral Nationalism’: Some Comparative Speculations on the Spatial Distribution of Political Leadership and Economic Growth, in «Comparative Studies in Society and History», XXI (1979), pp. 303–322; Bell, W. and Freeman, W. (a cura di), Ethnicity and Nation Building: Comparative, International and Historical Perspectives, Beverly Hills, Sage, 1974; Krejci, J., Ethnic Problems in Europe , in Giner, S.M. e Archer, S. (a cura di), Contemporary Europe: Social Structure and Cultural Patterns, London, Routledge and Kegan, 1978, pp. 124–171; Linz, J., Early State Building and Late Peripheral Nationalism against the State , in Eisenstadt, S.N. Rokkan, S. (a cura di), Building States and Nations, Beverly Hills, Sage, 1973, pp. 32–112; Urwin, D.W. e Rokkan, S. (a cura di), The Politics of Territorial Identity: Studies in European Regionalism, Beverly Hills, Sage, 1982; Anderson, M., The Renaissance of Territorial Minorities in Western Europe, in «West European Politics», I (1978), pp. 128–143; Smith, A.D., The Ethnic Revival, Cambridge, Cambridge University Press, 1981 (trad. it. Il revival etnico, Bologna, Il Mulino, 1984); Melucci, A. e Diani, M., Nazioni senza stato. I movimenti etnico-nazionali in Occidente, Torino, Loescher, 1983.Google Scholar
2 In una minoranza tra le più militanti, quale è quella dei baschi spagnoli, solo il 21,7% (1975) degli individui appartenenti al gruppo etnico conosce e sa parlare la propria lingua, l'euskera. Cfr. Siadeco, , Conflicto lingüistico en Euskadi , Bilbao, Euskaltzaindia, 1979, p. 68.Google Scholar
3 Intendiamo con centro le sedi delle decisioni politiche ed economiche rilevanti per la collettività, spazialmente distinte dalla periferia, cioè dalla regione, interna ai confini dello stato nazionale, interessata all'insorgere di un movimento a base etnica. I due concetti si trovano utilizzati in modo simile in Gourevitch (cfr. nota 1). Ma centro e periferia possono anche coincidere nella medesima regione. Cfr., a riguardo, il caso del Quebec in Fenwick, R., Social Change and Ethnic Nationalism: An Historical Analysis of the Separatist Movement in Quebec , in «Comparative Studies in Society and History», XXIII (1981), pp. 196–216.CrossRefGoogle Scholar
4 Ci riferiamo alle province di Alava, , Guipùzcoa, e Vizcaya, , comprendenti una popolazione di 2.135.000 abitanti (1981), che nel 1978 sono state riconosciute dallo stato spagnolo quali Comunitad autònoma vasca con un proprio statuto ed un'assemblea regionale eletta per la prima volta nel 1980. Va ricordato che il movimento etnico basco è stato significativamente presente anche nella provincia della Navarra, la quale, comunque, non è entrata a far parte della compagine autonomistica e presenta tradizioni e istituzioni politiche locali distinte (v. nota n. 9). Nella lingua basca il nome dei Paesi Baschi è Euskadi.Google Scholar
5 Tra i più significativi lavori che riflettono questa prospettiva si vedano Almond, G.A. e Coleman, J.S., The Politics of the Developing Areas , Princeton, Princeton University Press, 1960; Apter, D.A., The Politics of Modernization, Chicago, Chicago University Press, 1967; Pye, L. (a cura di), Communications and Political Development, Princeton, Princeton University Press, 1963; Deutsch, K.W., Social Mobilization and Political Development, in «American Political Science Review», LV (1961) (tr. it. parziale in Sartori, G. (a cura di), Antologia di scienza politica, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 461–474).Google Scholar
6 Cfr. Melson, R. e Wolpe, H., Modernization and the Politics of Communalism: A Theoretical Perspective , in «American Political Science Review», LXIV (1970), pp. 1109–1121: Hechter, , op. cit. ; Horowitz, , op. cit. ; Chirot, D., Social Change in the Twentieth Century, New York, Harcourt Brace Janovith, 1977; Wallerstein, I., Semi-Peripheral Countries and the Contemporary World Crisis, in «Theory and Society», III (1976), pp. 461–481.Google Scholar
7 Cfr. Payne, S.G., Catalan and Basque Nationalism , in «Journal of Contemporary History», VI (1971), pp. 15–51.Google Scholar
8 Sul movimento nazionalista catalano si vedano in particolare, Sole Tura, J., Catalanismo y revoluciòn burguésa , Madrid, Edicusa, 1974 e Balcells, A., Cataluña contemporanea (1900–1939), Madrid, Siglo XXI, 1981.Google Scholar
9 Il movimento carlista (dal nome di Don Carlos di Borbone fratello di Ferdinando VII) nacque dal conflitto insorto sulla successione al trono di Spagna tra due rami dei Borboni all'inizio del terzo decennio del XIX secolo. Esso trovò nei Paesi Baschi, e in particolare in Navarra, la sua più cospicua base di massa. Le due guerre civili del 1833–37 e del 1872–76 lasciarono nella regione uno strascico di risentimenti e memorie che influenzarono sensibilmente gli atteggiamenti politici della popolazione autoctona verso il centro. Sul carlismo si veda Oyarzun, R., Historia del cartismo , Madrid, 1965 e Cover-dale, J.F., The Basque Phase of Spain's Civil War, 1833–1835, Princeton, Princeton University Press, 1984.Google Scholar
10 L'industrializzazione assume caratteri dirompenti tra il 1876 e il 1900. Interessò soprattutto la Vizcaya — in particolare la zona di Bilbao — e solo in misura minore la Guipùzcoa, mentre l'Alava e la Navarra rimasero sostanzialmente ai margini delle trasformazioni economiche. In Vizcaya l'industrializzazione produsse un grande e incontrollato incremento demografico — sensibile anche in Guipùzcoa — che provocò un rapido deterioramento delle condizioni di vita sociale della regione e, soprattutto, della città di Bilbao. Cfr. de Echevarria, M., Higienizaciòn de Bilbao , Bilbao, (senza editore), 1984.Google Scholar
11 Cfr. Corcuera Atienza, J., Origenes, ideologia y organizatión del nacionalismo vasco, 1876–1904 , Madrid, Siglo XXI, 1979.Google Scholar
12 Ibidem , p. 60.Google Scholar
13 Ibidem , p. 62.Google Scholar
14 Sul nazionalismo basco in questo periodo si vedano, Elorza, A., Ideología del nacionalismo vasco, 1876–1937 , Sebastian, S., Haranburu, 1978; «Beltza», El nacionalismo vasco, 1876–1936 , Sebastian, S., Txertoa, 1976; Payne, S., El nacionalismo vasco, Barcelona, Dopesa, 1974.Google Scholar
15 Sullo sviluppo economico della Spagna in questi anni, cfr. Carr, R. e Fusi Aizpurua, J.P., Spain, Dictatorship to Democracy , London, Allen & Unwin, 1979 (trad. it., La Spagna da Franco ad oggi, Bari, Laterza, 1981), pp. 49–78; Esteban, J., The Economic Policy of Francoism: an Interpretation , in Preston, P. (a cura di), Spain in Crisis. The Evolution and Decline of Franco Regime, Hassocks, Harvester Press, 1976 (trad. it., Le basi autoritarie della Spagna democratica, Torino, Rosenberg e Selier, 1978), pp. 82–100.Google Scholar
16 Il saldo migratorio nei Paesi Baschi superò, tra il 1951 e 1970, le 300.000 unità ed interessò prevalentemente la Vizcaya. Cfr. AA.VV., Abertzales y vascos , Madrid, Akal Universitaria, 1982, pp. 126 e 129. Nel 1970, ben il 30% della popolazione residente in Euskadi era nata fuori dai Paesi Baschi. Cfr. Nuñez, L., Clases sociales en Euskadi, San Sebastian, Txertoa, 1977, p. 163.Google Scholar
17 All'inizio degli anni settanta, solo in 8 dei 168 caseríos del comune di Fuenterabbia in Guipùzcoa c'era un erede disposto a subentrare nella gestione. Cfr. Greenwood, D.J., Tourism as an Agent of Change: a Spanish Basque Case , in «Ethnology», XI (1972).Google Scholar
18 L'esistenza di una contemporanea presenza di frammentazione della struttura produttiva e di reti di solidarietà subculturale è riscontrabile anche nel caso italiano. Cfr. Trigilia, C., Le subculture politiche territoriali , in «Quaderni della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli», 1981, n. 16, pp. 3–174.Google Scholar
19 È importante sottolineare che la religione cattolica è particolarmente radicata nei Paesi Baschi. Per esempio, la percentuale di presenza alla messa domenicale della popolazione superiore ai sette anni di età è, nel 1971, del 71%, cioè il doppio della media nazionale. Ancora, il numero di sacerdoti su 1.000 abitanti è di 1,8 contro lo 0,8 della media nazionale. Cfr. Nuñez, L., La sociedad vasca actual , San Sebastian, Txertoa, 1977, pp. 65 e 83.Google Scholar
20 Cfr. Payne, , Catalan and Basque Nationalism , cit., p. 49.Google Scholar
21 Sull'attività del PNV in esilio, cfr. «Beltza», El nacionalismo vasco en el exilio 1937–1960 , San Sebastian, Txertoa, 1977.Google Scholar
22 Nel 1957 si formarono i primi gruppi studenteschi di opposizione al regime che, tra il 1963 e il 1965, nel corso di un lungo periodo di agitazione, chiesero il riconoscimento di un sindacato democratico. Cfr. Giner, S., Power, Freedom and Social Change in the Spanish University, 1939–75 , in Preston, , op. cit. , pp. 183–211.Google Scholar
23 La dittatura vietò ogni uso pubblico della lingua basca, le pubblicazioni in euskera e il suo insegnamento a scuola. Una martellante propaganda invitava la popolazione a parlare il castigliano anche in famiglia. Intervista dell'11 luglio 1983.Google Scholar
24 Numerosi sacerdoti militarono in ETA, altri simpatizzarono con la sua attività. Cfr. Garmendia, J.M., Historia de ETA , San Sebastian, Haranburu, 1979, vol. 1, p. 91.Google Scholar
25 Analogo a quello di opportunità politico-organizzative è il concetto di struttura delle opportunità politiche, utilizzato da Tarrow. Per un'ampia discussione sull'argomento, si veda: Tarrow, S., Struggling to Reform: Social Movements and Political Change During Cycles of Protesty Ithaca, Center for International Studies, Cornell Western Societies Papers n. 15, s.d., in particolare le pp. 26–34; e inoltre, Tarrow, S., Movimenti e organizzazioni sociali: che cosa sono, quando hanno successo, in «Laboratorio politico» II (1981), pp. 121–153.Google Scholar
26 La Vizcaya e la Guipùzcoa registrarono, nel 1964, il 38% della conflittualità sul lavoro di tutto lo stato spagnolo. Cfr. Nuñez, , Clases sociales en Euskadi , cit., p. 198. Nel 1967 in Vizcaya ebbe luogo il famoso sciopero degli operai delle Lamination de Bandas Echevarri, durato ben cinque mesi e conclusosi con la proclamazione dello stato di emergenza. Questa agitazione ricevette l'appoggio di tutta la popolazione della regione. Cfr. Nuestra huelga, Paris, Ruedo Iberico, 1968, scritto dagli operai di quella fabbrica. Sull'esperienza delle CCOO, cfr. Almendros Morcillo, F. et al., El sindacalisme de clase en Espana (1939–1977), Barcelona, Peninsula, 1978, pp. 39–81; Ariza, J., CCOO, Comisiones Obreras, Barcelona-Madrid, Arave Mañana, 1976; Calamai, M., Storia del movimento operaio spagnolo dal 1960 al 1975, Bari, De Donato, 1975.Google Scholar
27 Sindacati cattolici nacquero negli anni sessanta, spesso come diretta filiazione delle organizzazioni apostoliche che il regime franchista, per i rapporti privilegiati che aveva con la Chiesa, era stato costretto a tollerare.Google Scholar
28 Sull'evoluzione ideologica di ETA nei primi anni della sua attività, si veda l'approfondita analisi di Jauregui Bereciartu, G., Ideología y estrategia de ETA. Análisis de su evolutión entre 1959 y 1968 , Madrid, Siglo XXI, 1981. Sulla storia di ETA in questa prima fase della sua esistenza si veda anche Onaindia, M., La lucha de clases en Euskadi 1959–1980, San Sebastian, Hordago, 1979.Google Scholar
29 Sui concetti di crisi e mutamento di regime, si veda Morlino, L., Come cambiano i regimi politici , Milano, Angeli, F., 1980, pp. 119–145.Google Scholar
30 Tra il 1967 e il 1970 furono proclamati sei stati d'emergenza, di cui tre interessarono la Guipùzcoa, uno la Vizcaya e due l'intero territorio nazionale. Cfr. Nuñez, , La sociedad vasca actual , cit., p. 126.Google Scholar
31 Sulle conseguenze politiche dell'omicidio di Carrero Blanco, si veda Preston, P., The Anti-Francoist Opposition: the Long March to Unity , in Preston, , op. cit. , pp. 125–156; inoltre, Agirre, J., Operation Ogro, New York, Ballantine, 1975.Google Scholar
32 Onaindia, M., op. cit. , p. 84.Google Scholar
33 La struttura organizzativa di ETA nei primi anni della sua esistenza testimonia di un'attenzione prevalentemente rivolta ad obiettivi di carattere culturale. Dei sei «rami» in cui l'organizzazione era divisa, due si occupavano della stesura e diffusione di documenti, uno dell'insegnamento dell'euskera, un altro dell'organizzazione di gruppi di studio e solamente due dell'organizzazione dell'azione di propaganda verso l'esterno. A partire dal 1967, ai «rami», vennero, invece, sostituiti i «fronti»: politico, culturale, militare e operaio. Ben presto rimasero operanti solo questi ultimi due. Il modello organizzativo adottato era basato su una struttura centralizzata di cellule territoriali. Cfr. Latemendia, F., Breve historia de Euskadi. De la prehistoria à nuestros dias , pp. 244–279, passim. Google Scholar
34 Interviste del 19 e del 27 luglio 1983.Google Scholar
35 Nel 1966 abbandonarono l'organizzazione i militanti di ETA-Berri (ETA-nuova), che diedero vita nel 1970 al Movimiento comunista d'España (MCE). Ancora, nel 1970 le Cellulas rojas (Cellule Rosse) di ETA fondarono il gruppo Soioak; nel 1972 da ETA VI-Asemblea nacque un gruppo trotskista (LKI); nel 1974 il Frente Obrero diede origine ad un'organizzazione nazionalista di sinistra (LAIA).Google Scholar
36 Nel 1968, a seguito di un avvenimento quasi casuale — un conflitto a fuoco con le forze dell'ordine che costò la vita ad un militante del gruppo e ad una guardia civile — la scelta dell'azione terrorista trovò applicazione nell'uccisione del commissario di polizia Manzanas, accusato di praticare la tortura durante gli interrogatori.Google Scholar
37 Un'indagine condotta tra il 1974 e il 1980, con interviste in profondità a militanti dell'ETA o a loro parenti e amici e utilizzo di dati ufficiali, presenta informazioni sulla biografia e la composizione sociale di 447 presunti appartenenti all'organizzazione. Il 93% sono uomini, con una età media al momento dell'adesione di 25 anni. Solo il 16% proviene da famiglie di immigrati, le quali costituiscono il 41% delle unità familiari residenti nei Paesi Baschi. Per quanto riguarda la provenienza geografica, il 45% è originario di comuni nei quali oltre il 40% della popolazione parla l'euskera. Va sottolineato che in questa fascia di comuni ricade appena il 19% del totale dei centri urbani baschi. Il 40% dei militanti di ETA è nato in comuni di dimensioni comprese tra i 10.000 e i 50.000 abitanti, cioè di un'ordine di grandezze che comprende solo il 25% dei comuni di Euskadi. Le informazioni sulle origini sociali, disponibili per 81 casi, indicano che il 31% dei militanti è di estrazione operaia, il 12% di estrazione piccolo-borghese, il 30% di provenienza dalle classi medie e il 18% costituito da studenti e sacerdoti. Nell'articolo si evidenzia, inoltre, il ruolo svolto dalle cuadrillas e dai gruppi sportivi nel facilitare il processo di reclutamento dell'organizzazione. Clark, R.P., Patterns in the Lives of ETA Members , in «Terrorism: an International Journal», VI (1983), pp. 423–454. Su questi temi, utili informazioni sono contenute nella biografia di un militante di ETA, cfr. Amigo, A., Pertur. ETA 1971–1976, San Sebastian, Mordago, 1978; si veda anche Wieviorka, M., Vie et mori de Pertur, militant basque, in «Passé-present», 1984, n. 3, pp. 183–199.Google Scholar
38 La rilevazione è stata condotta tramite lo spoglio delle informazioni biografiche dei militanti di ETA contenute nel settimanale «Punto y hora», nelle annate dal 1977 al 1982, e in due supplementi del quotidiano «Egin», Euskadi: 1977–1982 e Euskadi: 1982. Le informazioni sulla professione riguardano 55 casi; quelle sul luogo di nascita 74.Google Scholar
39 Nei Paesi Baschi fu costituita una Plataforma de convergencia democrática che comprendeva essenzialmente il PSOE e il PNV. Ad essa si contrapposero l'Asamblea democrática de Guemika, promossa dal PCE, e la Koordinadora abertzale socialista (KAS), appoggiata da ETA.Google Scholar
40 Nonostante l'ovvia difficoltà a raccogliere informazioni affidabili sulla consistenza numerica di ETA, si possono citare i seguenti dati. Secondo un do-cumento redatto da ETA, alla fine del 1975 risultavano incarcerati 500 militanti e numerosi erano i membri dell'organizzazione in esilio. Secondo dati forniti dagli organi di polizia, nel 1978 erano attivi 70 commandos di ETA, ciascuno composto da 4 o 5 militanti (Muñoz Alonzo, A., El terrorismo en España , Barcelona, Coleciòn Tablero, 1982, p. 147). È probabile che ETA superasse, dunque, negli anni settanta il migliaio di militanti, una cifra molto alta se considerata in relazione al totale della popolazione della regione.Google Scholar
41 Nel corso di manifestazioni pubbliche e controlli di polizia vennero uccise tra il 1974 e il 1975, 36 persone, di cui 22 nei Paesi Baschi. Cfr. Castells Arteche, M., Radiografia de un modelo represivo , San Sebastian, Ediciones Vascas, 1982, p. 82.Google Scholar
42 Formazioni clandestine della destra si sono rese responsabili, tra il 1976 e il 1981, di 39 omicidi di militanti della sinistra o presunti tali. Cfr. Arteche, Castells, op. cit. , p. 78.Google Scholar
43 Tra il 1974 e il 1976, ETA si rese responsabile di 14 omicidi, cifra limitata se si guarda all'escalation degli anni successivi, ma molto elevata se si considera che nel corso dell'attività precedente l'organizzazione si era resa protagonista di soli due assassini premeditati (v. Fig. 1).Google Scholar
44 Più avanti, nel settembre 1982, a seguito delle pressioni di EE, ha abbandonato la lotta armata un gruppo cospicuo di militanti di ETApm. Cfr. Euskadi: 1982 (supplemento del quotidiano «Egin»), p. 103.Google Scholar
45 Cfr. Cordiera Atienze, J. e Garcia Herrera, M.A., Sistema de partidos, istituciones y comunidad nacionalista en Euskadi , in «Revista de politica comparata», n. 2, 1980, pp. 172–174.Google Scholar
46 «El País», 27 febbraio 1984.Google Scholar
47 Da un'indagine del 1980 risulta che il 32,7% di 468 elettori dei tre partiti nazionalisti (PNV, HB e EE) è favorevole all'indipendenza politica della regione basca. Cfr. AA.VV., Abertzales y Vascos , cit., p. 86. È stata riscontrata, inoltre, una correlazione positiva tra uso della lingua regionale e opzione indipendentista tra i basco-parlanti molto più forte di quella registrata in Catalogna. Cfr. Shabad, G. e Gunther, R., Language, Nationalism, and Political Conflict in Spain, in «Comparative Politics», XIV (1982), pp. 446–456.Google Scholar
48 Nel nuovo clima di crescente tensione creatosi tra nazionalisti radicali e PSOE, Eta ha assassinato, per la prima volta, un deputato socialista nel febbraio del 1984. Cfr. «El País», 23 febbraio 1984.Google Scholar
49 Intervista del 21 luglio 1983.Google Scholar
50 Cfr. «Lanten» (organo dell'ELA-STV), 1982.Google Scholar
51 Cfr. Gourevitch, , op. cit. , p. 312.Google Scholar
52 Cfr. Hetcher, , op. cit. Google Scholar
53 Smith, , op. cit. , pp. 267–280.Google Scholar
54 Cfr. Allardt, , op. cit. , p. 120.Google Scholar
55 Ibidem , p. 101.Google Scholar
56 Ibidem , p. 102.Google Scholar
57 Sul terrorismo nell'Irlanda del Nord, si veda Crenshaw, M., The Persistence of IRA Terrorism , cicl, 1979.Google Scholar