Hostname: page-component-586b7cd67f-gb8f7 Total loading time: 0 Render date: 2024-11-23T01:10:27.722Z Has data issue: false hasContentIssue false

The genetics of the Australian aborigines

Published online by Cambridge University Press:  01 August 2014

Summary

Core share and HTML view are not available for this content. However, as you have access to this content, a full PDF is available via the ‘Save PDF’ action button.

In this genetical study of crosses between the Australian aborigines and Whites, in which the Áranda (Arunta) tribe at Alice Springs, in the desert heart of Australia, were mostly involved, many families were studied and their physical characters recorded. These include many F1s, also an F2 family and back-crosses to White, to aborigine, and to mixed. These studies provided an exceptionally wide basis for interpretation of the genes. It is evident that reciprocal crosses produce similar results.

Depression of the nasal root, a characteristic of the aboriginal skull, in crosses with the high European nose, probably involves not more than two or three cumulative genes. Sometimes the high, narrow European nose appears to be dominant (Fig. 15). High nasal bridge and narrow nose may be due to linked genes or to genes which affect both height and breadth of the nose. The brow ridges are an equally marked feature of the male skull, but they are frequently absent or much less noticeable in the female, so the manner of inheritance is not yet known. Wide nostrils of the aborigines again appear to depend on a small number of additive genes compared with the narrow nose of the white man. The lips of the aborigines tend to be thick throughout, but generally not everted. Eversion of the lower lip alone, especially in the central part, appears to depend on a single gene effect which is more marked in the homozygous than the heterozygous condition. This gene also occurs in Europeans and is anatomically quite distinct from the everted lips of the Negro.

In Tables I to VII about 15 physical characters are recorded for parents and children. Eye colour, skin colour, hair colour and form, colour of eyelashes and eyebrows, depression of nasal root, sunken orbits, width of nostrils, lips, length and breadth of head, cephalic index, car size and earlobes are included. The colour of hair, eyelashes and eyebrows may all be different in the same individual, the eyelashes tending to be darkest and eyebrows lightest of the three. Hair form ranges from near straight, through wavy to curly, the number of genes involved being very small.

Skin colour of the F1 is remarkably near the white, and when the F1 (male or female) is back-crossed to White the children mostly have white skin (Figs. 15-17). Some are near-white like the F1; but none darker than either parent have been seen. Study of the various crosses leads to the conclusion that a single main gene for melanin in the skin is present in the aborigines, together with a minor gene which alone produces brunet-white skin colour. The aboriginal skin, which is normally reddish mahogany or chocolate brown (not black, except perhaps in some northern tribes), is very subject to tanning (see Fig. 15) and evidently contains much less melanin than the full black Negro skin. The genetics of skin colour in the aborigines is thus very different from that of the African races. Both the skin colour and facial features in the hybrids are much akin to the Caucasian race, substantiating the view of anthropologists that such a relationship exists.

The skull is markedly dolichocephalic and about 20% smaller in cranial capacity than the European. It has two special archaic features — heavy brow ridges and the nasal notch. The latter involves a retreating glabella as well as a depressed root of the nose and sunken orbits. The Mongolian race has the nasal root depressed as in Neandertal man, but no nasal notch. These two, heavy brows and nasal notch, are the most persistent features in aboriginal hybrids. The skull most closely resembles some of the Mount Carmel Neandertaloids with a nasal notch, but the Australian race is neanthropic and not Neandertal, the Neandertals of S. Europe not having the nasal notch, and a low, sloping forehead being exceptional in the aboriginal.

The aborigines, especially those of SE Australia, with relatively hairy bodies, show relations with the Ainu, as well as with the jungle tribes of India. The Negrito element in N. Queensland is considered elsewhere (Gates 1959a). The gene (mutation) for tawny hair, especially in the children, probably originated in Central Australia and may be still spreading. Whether this is from a single event or from repeated mutations is uncertain.

The aborigines are similar to the Papuans in skin colour genetics (published later). Some Papuans show the nasal notch of the Australians. The overhanging nasal tip of the Papuans may occasionally be seen in the Australians. Miscegenation between aborigines and Australians is not a serious problem because (1) the two races are mutually friendly, (2) the number of full-blood aborigines is only 0.5%, (3) the half-caste married to White generally produces children with a white or near-white skin and near-European features.

Archaeological excavations show probably four successive culture levels, the oldest having a radiocarbon date of 8700 years. Whether the earliest entrance of man into Australia was during the last glaciation, when land bridges with New Guinea and Tasmania developed, remains uncertain.

Riassunto

RIASSUNTO

In questo studio genetico degli incroci fra gli aborigeni australiani ed i bianchi, nel quale figura per la maggior parte la tribù Aranda (Arunta) a Alice Springs, nel cuore deserto dell'Australia, molte famiglie furono studiate ed i loro caratteri fisici notati. Queste comprendono molte F1, una famiglia F2 ed anche reincroci coi bianchi, cogli aborigeni, e coi misti. Questi studi hanno provveduto una base eccezionalmente larga per l'interpretazione dei geni. È evidente che gl'incroci reciproci producono risultati analoghi.

La depressione della radice nasale, caratteristica del cranio aboriginale, negli incroci colnaso alto europeo, probabilmente comprende non più di due o tre geni cumulativi. Qualche volta, il naso europeo, alto e stretto, sembra essere dominante (fig. 15). L'alto osso nasale e il naso stretto possono essere dovuti a geni legati o ai geni che influiscono sull'altezza come sulla larghezza del naso. La fronte prominente è un tratto caratteristico ugualmente notevole del cranio maschile, però è frequentemente assente o molto meno notevole nella femmina, cosicchè il modo dell'eredità rimane ancora ignoto. Le narici dilatate degli aborigeni sembrano ancora una volta dipendere dal piccolo numéro dei geni [additive] in confronto al naso stretto dell'uomo bianco. Le labbra degli aborigeni tendono ad essere spesse ma in génère non everse. L'eversione del labbro inferiore specie nella parte centrale, sembra dipendere dall'effetto di un solo gene, il quale è più marcato nella condizione omozigote che non in quella eterozigote. Questo gene si trova anche negli Europei ed è anatomicamente ben diverso dalle labbra everse del Negro.

Nelle Tavole I a VII, sono riportati circa 15 caratteri fisici per i genitori e per i figli. Color degli occhi e della pelle, color e forma dei capelli, color délie ciglia e délie sopracciglia, depressione della radice nasale, orbite incassate, dilatazione delle narici, larghezza delle labbra, lunghezza e larghezza della testa, indice cefalico, grandezza dell'orecchio, e lobi dell'orecchio vi sono tutti compresi. Il colore dei capelli, delle ciglia e delle sopracciglia può essere diverso nello stesso individuo, il colore delle ciglia tendendo ad essere più scuro e quello delle sopracciglia più chiaro di tutti e tre. La forma dei capelli va da quelli quasi lisci, a quelli ondulati, fino a quelli ricci, il numéro dei geni in questo caso essendo molto piccolo.

Il color della pelle della F1 si avvicina notevolmente al bianco e quando la F1 (maschio o femmina) è reincrociata al Bianco, si trova che la maggior parte dei figli hanno la pelle bianca (fig. 15-17). Alcuni sono quasi bianchi come la F1, ma non si è mai visto nessuno di loro più scuro di qualsiasi dei genitori. Lo studio degli incroci rari porta alla conclusione che un solo gene principale per la mela-nina nella pelle è présente negli aborigeni, assieme con un gene minore il quale solo produce il color di pelle bruno chiaro-bianco. La pelle aboriginale, la quale è normalmente di color rossa-stro-mògano ? cioccolato-marrone (non nero, eccetto forse fra alcune tribù settentrionali) è molto suscettibile all'abbronzamento (vedi fig. 15) e contiene evidentemente molto meno melanina che la pelle carica e nera del Negro. La genetica del colore di pelle negli aborigeni è in questo modo molto diversa da quella delle razze africane. Tanto il color di pelle, quanto le fattezze del volto negli ibridi sono molto simili alla razza caucasica, ciò che dà fondamento alla credenza degli antropologhi che esista una tale parentela.

Il cranio è accentuatamente dolicocefalo ed è del 20% più piccolo nella capacità cranica di quello europeo. Esso ha due speciali caratteristiche arcaiche — le sopracciglia pesanti e l'in-dentatura nasale. Questa comprende non solo una glabella sfuggente ma anche una radice depressa del naso e le orbite incassate. La razza mongolica ha la radice nasale depressa corne nel-l'uomo Neanderthal, ma non ha l'indentatura nasale, Queste due fattezze, le sopracciglia pesanti e l'indentatura nasale, costituiscono i tratti caratteristici più persistenti degli ibridi aboriginali. Il cranio rassomiglia di più ad alcuni dei Neandertaloidi di Monte Carmel coll'indentatura nasale, ma la razza Australiana è neantropica e non dcve niente al Neanderthal, dato che quest'ultimo, europeo, ha l'indentatura nasale, e che la fronte bassa e inclinante non si trova che eccezionalmente nell'aboriginale.

Gli aborigeni, specie quelli dell'Australia sud-orientale col corpo relativamente peloso, mostrano dei rapporti e con gli Ainu, e con le tribù della giungla dell'India. L'elemento Negritico nel N. Queensland è trattato altrove (Gates 1959). Il gene (la mutazione) per i capelli fulvi, specie fra i bambini ebbe origine probabilmente nell'Australia centrale e forse si sta ancora diffondendo. È incerto se questo provenga da un solo evento e da mutazioni ripetute.

Gli aborigeni rassomigliano ai Papuani nella genetica del color di pelle (da essere pubblicato più tardi).

Alcuni dei Papuani mostrano l'indentatura nasale degli Australiani. La punta adunca del naso che si trova fra i Papuani, si può ve-dere occasionalmente negli Australiani. I matrimoni fra gli aborigeni e gli Australiani non rappresentano un problema grave perché 1) le due razze sono mutualmente amichevoli, 2) il numéro degli aborigeni di puro sangue non è che del 0.5%, 3) quelli di razza mista sposati coi Bianchi producono generalmente dei figli colla pelle bianca o quasi bianca, e colle fattezze del volto quasi europee.

Gli scavi archeologici mostrano probabilmente quattro livelli successivi di cultura, fra i quali il più antico porta una data radio-carbonica di 8700 anni. Rimane dubbio se il primo ingresso dell'uomo abbia avuto luogo durante l'ultimo periodo glaciale, allorchè si svi-lupparono ponti di terra con la Nuova Guinea e con la Tasmania.

Résumé

RÉSUMÉ

Dans cette étude génétique sur le croisement entre les indigènes d'Australie et les Blancs, concernant en particulier la tribu des Arandas (Aruntas) à Alice Springs, dans le centre du désert d'Australie, on a étudié beaucoup de familles et enregistré leurs traits physiques. Parmi elles se trouvent beaucoup de F1s, une F2 ainsi que des recroisements avec des Blancs des indigènes et des métis. Ces recherches fournissaient une très large base pour l'interprétation des gènes.

La dépression de la racine nasale, trait caractéristique du crâne des indigènes d'Australie par opposition au nez haut de l'Européen, probablement n'engage plus que deux ou trois gènes cumulés. Quelques fois le nez haut et étroit de l'Européen paraît être dominant (Fig. 15). La hauteur du dos nasal et l'étroitesse du nez se doivent aux gènes liés ou bien aux gènes qui affectent la hauteur ainsi que la largeur du nez. Les arcades sourcilières sont aussi un trait caractéristique du cräne masculin, mais comme elles manquent fréquemment ou sont moins perceptibles dans le cräne féminin, la manière de transmission n'est pas encore connue. Les narines larges des indigènes paraissent dépendre d'un petit nombre de gènes additifs comparées au nez étroit du Blanc. Les lèvres des indigènes tendent à l'épaisseur partout sans être éversives. Seulement l'éversion de la lèvre inférieure, spécialement à la partie centrale, paraît dépendre de l'effet d'un seul gène qui est plus marqué sous la condition homozygotique que hétérozygotique. Ce gène figure aussi chez les Européens et les Chinois et est anatomiquement complètement différent des lèvres éversives du nègre.

Dans les Tables de I à VII sont enregistrés à peu près 15 traits physiques pour parents et enfants; y sont inclus: la couleur des yeux, la couleur de la peau, la couleur et la forme des cheveux, la couleur des sourcils et des cils, la dépression de la racine nasale, l'enfoncement des orbites, la largeur des narines, les lèvres, la longuer et la largeur de la tête, l'indice cépha-lique, la grandeur des oreilles et les lobes des oreilles. La couleur des cheveux, des cils et des sourcils peut différer dans le même individu, les cils ayant la tendance à être les plus foncés et les sourcils à être les plus clairs. Les cheveux peuvent être presque plats, ondulés et frisés, avec un très petit nombre des gènes dans ce dernier cas.

La couleur de la peau de la F1 (masculin ou féminin) s'approche remarquablement à celle du Blanc, et si croisée au Blanc, les enfants pour la plupart ont la peau blanche (Fig. 17). Quelques-uns sont presque blancs comme la F1, mais aucun n'est plus foncé que l'un ou l'autre des parents. La recherche des croisements divers mène à la conclusion qu'un seul gène principal pour la mélanine est présent dans la peau des indigènes à côté d'un gène secondaire qui seul produit la couleur foncéclaire de la peau. La peau des indigènes étant en général rougeâtre acajou ou brune chocolat (pas noire, à l'exception peut-être de quelques tribus du nord) est très susceptible à être hâlée (cf. Fig. 15) et contient évidemment beaucoup moins de mélanine que la peau noire foncée du nègre. La composition génétique de la couleur de la peau dans les indigènes est donc très différente de celle des races africaines. La couleur de la peau ainsi que les traits du visage chez les hybrides sont étroitement apparentés à la race caucasienne, confirmant l'opinion des anthropologistes à l'égard de l'existence d'un tel rapport.

Le crâne est en haut dégré dolichocéphalique et a une capacité cranienne à peu près de 20% plus petite que celle de l'Européen. Il possède deux caractéristiques spéciales archaïques — la protubérance sourcilière et la coche nasale. La dernière emporte une glabella fuyante ainsi qu'une racine nasale dépressée et des orbites enfoncées. La race mongolienne a la racine nasale dépressée comme l'homme de Neandertal, mais sans la coche nasale. La protubérance sourcilière et la coche nasale sont les deux traits les plus persistants qui figurent chez les hybrides indigènes. Le crâne a la plus forte ressemblance à quelques-uns des Neandertaloïdes à la coche nasale de Mont Carmel, mais la race australienne est néanthropique et non pas Neandertaloïde puisque les Neandertal de l'Europe du Sud n'ont pas de coche nasale, et le front bas et fuyant représente une exception chez les indigènes d'Australie.

Les indigènes, en particulier ceux du Sud-Est de l'Australie, au corps relativement velu, montrent une rélation avec les Ainus, aussi bien que avec les tribus de la jungle de l'Inde. L'élément negritoïde dans le Queensland du Nord est considéré ailleurs. Le gène (mutation) pour les cheveux fauves, spécialement chez les enfants, a probablement son origine dans l'Australie centrale et il se peut qu'il s'étend encore. Il est incertain, si ce phénomène tire son origine d'une seule source ou d'une mutation répétée.

Les indigènes ressemblent aux Papouasiens dans leur constellation génétique de la couleur de la peau (la publication va paraître). Quelques Papouasiens laissent voir la coche nasale des indigènes. Le bout du nez en surplomb des Papouasiens peut être observé parfois chez les Australiens. Le croisement des races entre les indigènes et les Australiens n'est pas un problème sérieux parce que 1) les deux races ont des rapports amicaux, 2) le nombre des indigènes de sang pur n'est que de 0.5%, 3) le métis marié avec un Blanc produit en général des enfants à la peau blanche ou presque et aux traits presque européens.

Selon toute apparence, les fouilles archéologiques montrent quatre couches sucessi-ves de culture, la plus ancienne ayant une date de radio-carbon de 8.700 ans. Il est incertaine si la première entrée de l'homme en Australie ait eu lieu pendant la dernière période glaciaire quand les ponts de terre se développaient entre la Nouvelle-Guinée et la Tasmanie.

Zusammenfassung

ZUSAMMENFASSUNG

Diese genetische Forschung über Kreuzungen zwischen der australianischen Urbevölkerung und Weissen, hauptsächlich unter Mitwirkung des Stammes Aranda (Arunta) aus Alice Springs, im wüstenreichen Zentrum Australiens enthält die Untersuchung vieler Familien und die Aufzeichnung ihrer Körpermerkmale. Sie umfasst viele F1s und auch eine F2 Familie, sowie Rückkreuzungen mit Weissen, mit Urbewohnern und Mischlingen. Diese Studien bieten eine ausserordentlich breite Basis für die Deutung der Gene. Es ist klar, dass gegenseitige Überkreuzungen ähnliche Ergebnisse herbeiführen.

Die eingedrückte Nasenwurzel, ein Kennzeichen der einheimischen Schädelform, umfasst bei Kreuzung mit der hohen europäischen Nase nicht mehr als zwei oder drei Kumulativgene. Manchmal scheint die schmale, europäische Nase zu dominieren (Abb. 15). Ein hoher Nasenknochen und eine schmale Nase können durch verkettete Gene oder durch Gene bedingt sein, die sowohl die Höhe als die Breite der Nase beeinflussen. Die hervortretenden Augenbrauen sind ebenfalls ein deutliches Kennzeichen des männlichen Schädels, aber bei den Frauen fehlt es häufig oder ist nur wenig ausgeprägt, sodass der Erbgang davon noch nicht bekannt ist. Die weiten Nasenlöcher der Urbevölkerung scheinen wiederum auf einer im Vergleich zur engen Nase der Weissen kleinen Anzahl zusammenwirkender Gene zu beruhen. Die Lippen der Urbewohner sind durchwegs eher dick, aber meistens sind es keine Schwulstlippen. Eine nach aussen gestülpte Oberlippe, besonders in deren Mitte, scheint durch die Einwirkung eines einzelnen Gens bedingt zu sein, die sich mehr bei Homozygoten als bei Heterozygoten zeigt. Diese Gen kommt auch bei Europäern vor und ist anatomisch von dem der Schwulstlippen der Neger völlig verschieden.

In den Tabellen I bis VII wurden etwa 15 Körpermerkmale für Eltern und Kinder notiert, darunter: Augenfarbe, Hautfarbe, Haarfarbe und -Form, Farbe der Augenwimpern und -Brauen, Eindrückung der Nasenwurzel, Einsenkung der Nasenwurzel, Weite der Nasenlöcher, Lippen, Kopflänge und -Breite, Schädelindex, Ohrengrösse und Ohrläppchen. Die Farben von Kopfhaar, Augenwimpern und Augenbrauen können alle in ein und derselben Person verschieden sein, wobei die Augenwimpern gewöhnlich am dunkelsten und die Augenbrauen am hellsten sind. Die Haarform geht von fast glatt über gewellt bis zu kraus, wobei recht wenig Gene beteiligt sind.

Die Hautfarbe von F1 nähert sich merklich der weissen und bei Rückkreuzung von F1 (männlich oder weiblich) mit Weissen sind die Kinder meistens weisshäutig (Abb. 15-7). Manche sind fast-weiss wie F1 aber keins ist dunkler als einer der Eltern. Die Untersuchungen über die verschiedenen Kreuzungen führen zu der Schlussfclgerung, dass bei der Urbevölkerung, zugleich mit einem Nebengen, welches allein eine brunette-weisse Hautfarbe hervorruft, ein Hauptgen für Melanin vorhanden ist. Die Haut der Urbevölkerung, die gewöhnlich Mahagonirot oder Schokoladenbraun (nicht schwarz, mit Ausnahme vielleicht eniger nördlicher Stämme) ist, bräunt sich sehr leicht (S. Abb. 15), wahrscheinlich enthält sie viel weniger Melanin als die vollschwarze Negerhaut. Die Genetik der Hautfarbe bei der Urbevölkerung unterscheidet sich somit sehr von der der afrikanischen Rassen. Die Hautfarbe sowie die Gesichtszüge der Mischlinge ähneln sehr der kaukasichen Rasse, was den Standpunkt der Anthropologie über die Existenz solcher Beziehungen bekräftigt.

Der Schädel ist sichtlich dolichocephalisch und ungefähr 20% geringer im Volumen als bei den Europäern. Er hat zwei besondere archaische Merkmale: die hervortretenden Augenbrauen und die Nasengrube. Letztere bringt die zurückweichende Glabella, die eingedrückte Nasenwurzel, sowie die eingesunkenen Augäpfel mit sich. Die mongolische Rasse hat eine eingedrückte Nasenwurzel, wie der Neandertaler Mensch, aber keine Nasengrube. Die beiden Merkmale – die hervortretenden Augenbrauen und die Nasengrube — lassen sich bei den Mischlingen der Urbevölkerung fast ausnahmslos beobachten. Der Schädel erinnert stark an einige der Neandertaler mit Nasengrube vom Berg Carmel, aber die australianische Rasse ist neantropisch und nicht neandertalisch, während die Neandertaler Südeuropas keine Nasengrube und eine niedrige fliehende Stirn haben, die bei der Urbevölkerung eine Ausnahme darstellt.

Die Urbevölkerung, besonders in SO-Australien, mit verhältnismässig behaartem Körper, zeigen Ähnlichkeit mit den Ainu, sowie mit den Dschungel-Stämmen Indiens auf. Das Negrito-Element in Nordqueensland wurde an anderer Stelle erörtert (Gates 1959). Das Gen (Mutation) für rötliches Haar, besonders bei den Kindern, nimmt wohl seinen Ursprung in Zentralaustralien und dürfte sich noch weiter verbreiten. Es ist ungewiss, ob es sich dabei um einen einmaligen Vorgang oder um wiederholte Mutationen handelt.

In Bezug auf die Hautfarbengenetik (später veröffentlicht) ähnelt die Urbevölkerung den Papua. Einige Papua haben die Nasengrube der Australianer. Manchmal sieht man bei den Australianern die herunterhängende Nasenspitze der Papua. Rassenmischungen zwischen der Urbevölkerung und den Australianern stellen kein ernsthaftes Problem dar, da 1) die beiden Rassen gegenseitig freundschaftliche Beziehungen unterhalten, 2) der Anteil der reinrassigen Urbevölkerung nur 0,5% beträgt, 3) die halbblütigen Urbewohner, die mit Weissen verheiratet sind, gewöhnlich Kinder hervorbringen, die fast-weisse oder gar weisse Haut und europäische Gesichtszüge aufweisen.

Archäologische Ausgrabungen zeigen, dass man vier aufeinanderfolgende Kulturschichten annehmen kann, von denen die älteste, radio-karbonisch betrachtet, 8700 Jahre zurückliegt. Es bleibt allerdings noch ungewiss, ob der früheste Einbruch des Menschen in Australien während der letzten Eiszeit stattfand, als das Land Brücken zu Neu-Guinea und Tasmanien bildete.

Type
Research Article
Copyright
Copyright © The International Society for Twin Studies 1960

References

Abbie, A. A. 1951a: The Australian aborigine. Oceania, 22: 91100.Google Scholar
Abbie, A. A. 1951b: A new outlook on physical anthropology. Rept. Austr. & N. Z. Assoc. Adv. Sci., 28: 5263.Google Scholar
Abbie, A. A. 1957: Metrical characters of a Central Australian tribe. Oceania, 27: 220243.Google Scholar
Abbie, A. A. 1958: The original Australians. The Leech (Johannesburg) 28: 120130.Google Scholar
Abbie, A. A. & Adey, W. R. 1953: Pigmentation in a central Australian tribe with special reference to fair-headedness. Am. J. Phys. Anthrop., 11: 339360.Google Scholar
Abbie, A. A. & Adey, W. R. 1955: The non-metrical characters of a Central Australian tribe. Oceania, 25: 198207.Google Scholar
Allciiin, B. 1957: Stone industries of Australia past and present. J. Roy. Anthrop. Inst. 87: 113136.Google Scholar
Bassedow, H. 1929: The Australian Aboriginal. Adelaide, pp. 422.Google Scholar
Birdsell, J. B. 1950: Some implications of the genetical concept of race in terms of spatial analysis. C. S. H. Symposia on Quant. Biol., 15: 259314.Google Scholar
Birdsell, J. B. 1957: Some population problems involving Pleistocene man. Cold Spring Harbor Symp. 22: 4769.Google Scholar
Broom, R. 1926: Mental capacity of Australian aborigines. Nat. History, 26: 104–5.Google Scholar
Burkitt, A. St. N. & Hunter, J. I. 1922: The description of a Neandcrtaloid Australian skull, with remarks on the production of the facial characteristics of Australian skulls in general. J. Anat. 57: 3154.Google Scholar
Campbell, T. D. & Hackett, C. J. 1927: Descriptive and anthropological observations. Trans. Roy. Soc. S. Austr., 51: 6575.Google Scholar
Noone, H. V. V. 1943: Australian microlithic stone implements. Rec. S. Austr. Mus., 7: 281307.Google Scholar
Casley-Smith, J. R. 1958: The haematology of the Central Australian aborigine. I. Haemoglobin and erythrocytes. Austr. J. Exptl. Biol. & Med. Sci., 36: 2337.Google Scholar
Cleland, J. B. & Hackett, C. J. 1927: Observations on a new-born Australian aboriginal infant. Trans. & Proc. Roy. Soc. S. Australia, 51: 141143.Google Scholar
Cunningham, D. J. 1907: The head of an Australian aboriginal. J. Roy Anthrop. Inst. 37: 4757.Google Scholar
Curr, E. M. 1886: The Australian Race. Melbourne & London. 4 Vols.Google Scholar
Davenport, C. B. 1925: Notes on physical anthropology of Australian aborigines and black-white hybrids. Am. J. Phys. Anthrop., 8: 7394.Google Scholar
Davidson, D. S. & McCarthy, F. D. 1957: The distribution and chronology of some, important types of stone implements in West Australia. Anthropos, 52: 390458.Google Scholar
Elkin, A. P. 1945: Aboriginal Men of high Degree. Sydney, pp. 148.Google Scholar
Elkin, A. P. 1954: The Australian Aborigines: how to understand them. Sydney, pp. 349.Google Scholar
Fry, H. K. & Pulleine, R. H. 1931: The mentality of the Australian aborigine. Austr. J. Exp. Biol. & Med. Sci., 8: 153167.Google Scholar
Galloway, A. 1937: The nature and status of the Florisbad skull as revealed by its non-metrical characters. Am. J. Phys. Anthrop., 23: 116.Google Scholar
Gates, R. R. 1956: Studies in race crossing. IV. Crosses of Chinese, Amerindians and Negroes, and their bearing on racial relationships. Z. Morph. Anthrop., 47: 233315.Google Scholar
Gates, R. R. 1957a: Records of Y-inhcrited hairy ears in India. Acta Genet. Med. et Gcmell., 6: 103108.Google Scholar
Gates, R. R. 1957b: Forms of hair in South African races. Man, 57: 8183.Google Scholar
Gates, R. R. 1958: The African Pygmies. Acta Genet. Med. et Gemell., 7: 159218.Google Scholar
Gates, R. R. 1959a: Racial elements in the aborigines of Queensland, Australia. Zeit. Morph. Anthrop. 50:Google Scholar
Gates, R. R. 1959b: Race Crossing (in press.).Google Scholar
Gill, E. D. 1951: New evidence from Victoria relative to the antiquity of the Australian aborigines. Austr. J. Sci. 14: 6973.Google Scholar
Hale, H. M. & Tindale, N. B. 1930: Notes on some human remains in the Lower Murray Valley, South Australia. Rec. S. Austr. Mus., 4: 145218.Google Scholar
Hooton, E. A. 1946: Up from the Ape., McMillan, New York, pp. 788.Google Scholar
Howells, W. W. 1937: Anthropometry of the natives of Arnhem Land and the Australian race problem. Papers of Peabody Museum, Harvard, 16: 197.Google Scholar
Ivinskis, V., Kooptzoff, O., Walsh, R. J. & Dunn, D. 1956: A medical and anthropological study of the Chimbu natives in the Central highlands of New Guinea. Oceania, 27: 143157.Google Scholar
Kooptzoff, O. & Walsh, R. J. 1957: The blood groups of a further series of Australian aborigines. Oceania, 27: 210213.CrossRefGoogle Scholar
McCarthy, F. D. 1943: An analysis of the knapped implements from eight Elouera industry stations on the south coast of NSW. Rec. Austr. Mus., 21: 127153.Google Scholar
McCarthy, F. D. 1947: An analysis of the large stone implements from five workshops on the North coast of NSW. Rec. Austr. Mus. Sydney., 21: 411430.Google Scholar
McCarthy, F. D. 1953: The Oceanic and Indonesian affiliations of Australian aboriginal culture. J. Polyn. Soc., 62: 243261.Google Scholar
McCarthy, F. D. 1958: Culture succession in SE. Australia. Mankind, 5: 177190.Google Scholar
McCarthy, F. D., Brameli, E. & Noone, H. V. V. 1946: The stone implements of Australia. Mem. Austr. Mus., 9: 194.Google Scholar
McCown, T. & SirKeith, A. 1939: The Stone Age of Mount Carmel. Oxford University Press, Vol. II. pp. 390.Google Scholar
MacIntosh, N. W. G. 1952: Stature in some aboriginal tribes in South-West Arnhem Land. Oceania, 22: 208215.Google Scholar
Mahony, D.J. 1943: The problem of the antiquity of man in Australia. Mem. Nat. Mus. Melbourne, No. 13, pp. 156.Google Scholar
Rev.Matthew, J. 1889: The Australian aborigines. J. Roy. Soc. N. S. W., 23: 335449.Google Scholar
Mountford, C. P. 1954: Aboriginal paintings, Arnhem Land., New York. Pls. 31.Google Scholar
Mourant, A. E. 1954: The Distribution of the Human Blood Groups. Oxford Univ. Press., pp. 438.Google Scholar
Movius, H. L. Jr. 1944: Early man and Pleistocene Stratigraphy In Southern and Eastern Asia. Papers Peabody Museum, Harvard Univ. Vol. 19, No. 3, pp. 125.Google Scholar
Noetling, F. 1910: The antiquity of man in Tasmania. Proc. Roy. Soc. Tasmania, pp. 231278.Google Scholar
Noone, H. V. V. 1943: Some aboriginal stone implements of Western Australia. Rec. S. Austr., Mus., 7: 271280.Google Scholar
Piggott, S. 1950: Prehistoric India, London, pp. 293.Google Scholar
Porteus, S. D. 1933: Mentality of Australian aborigines. Oceania, 4: 3036.Google Scholar
Porteus, S. D. 1937: Primitive Intelligence and Environment, New York pp. 325.Google Scholar
Reay, M. 1951: Mixed-blood marriage in north-western New South Wales. Oceania, 22: 116129.Google Scholar
Roth, W. E. 1910: North Queensland ethnography. Records Austr. Mus., 8: 1106.Google Scholar
Schwartz, C.J. & Casley-Smith, J. R. 1958: Atherosclerosis and the serum mucoprotein levels of the Australian aborigine. Austr. J. Exptl. Biol. & Med. Sci., 36: 117120.Google Scholar
Schwartz, C.J., Day, A.J. Peters, J. A. & Casley-Smith, J. R. 1957: Serum cholesterol and phospholipid levels of Australian aborigines. Austr. J. Exptl. Biol. & Med. Sci., 35: 449456.Google Scholar
Simmons, R. T., Semple, N. M., Cleland, J. B. and Casley-Smith, J. R. 1957: A blood group genetical survey in Australian aborigines at Haast's Bluff, Central Australia. Am. J. Phys. Anthrop. 15: 547553.Google Scholar
Simpson, C. 1951: Adam in Ochre, Sydney & London, pp. 221.Google Scholar
Smyth, R. B. 1878: The aborigines of Victoria, London, pp. 483.Google Scholar
Spencer, B. & Gillen, F. J. 1899: The Native Tribes of Central Australia, London, pp. 671.Google Scholar
Rev.Taplin, George, & Others. 1879: The native tribes of South Australia, Adelaide, pp. LII+316.Google Scholar
Taylor, G. & Jardine, F. 1924: Kamilaroi and white: a study of racial mixture in New South Wales. J. Proc. Roy. Soc. NSW, 58: 268294.Google Scholar
Thomas, N. W. 1906: Natives of Australia, London, pp. 256.Google Scholar
Tindale, N. B. 1940: Distribution of the Australian aboriginal tribes: a field survey. Trans. Roy. Soc. S. Austr., 64: 140231.Google Scholar
Tindale, N. B. 1941a: Distribution of Australian aboriginal tribes: a field survey. Adelaide, pp. 231.Google Scholar
Tindale, N. B. 1941b: Survey of the half-caste problem in South Australia. Proc. Roy. Geogr. Soc, S. Austr. Branch, Session 1940-41, pp. 66161.Google Scholar
Tindale, N. B. 1941c: Antiquity of man in Australia. Australian J. Sci., 3: 144–7.Google Scholar
Tindale, N. B. 1947: Subdivision of Pleistocene time in South Australia. Rec. S. Austr. Mus., 8: 619652.Google Scholar
Tindale, N. B. 1953: Tribal and intertribal marriage among the Australian aborigines. Hum. Biol., 25: 169190.Google Scholar
Tindale, N. B. 1957. Culture succession of South Eastern Australia from Late Pleistocene to the Present. Rec. S. Austr. Mus., 13: 149.Google Scholar
Tindale, N. B. & Birdsell, J. B. 1941: Tasmanoid tribes in North Queensland. Rec. S. Austr. Mus., 7: 19.Google Scholar
Topinard, P. 1872: Etude sur les races indigènes de l'Australie. Paris, pp. 120.Google Scholar
Topinard, P. 1875: Note sur les métis d'Australiens et d'Européens. Rev. d'Anthrop., 3: 243249.Google Scholar
Verhoeven, T. 1958: Proto-Negrito in den Grotten auf Flores. Anthropos, 53: 229232.Google Scholar
Wood Jones, F. 1921: The status of the dingo. Trans. Roy. Soc. S. Austr. 45: 254263.Google Scholar
Wood Jones, F. 1932: A small-headed type of female Australian. Man, 32: 3840.Google Scholar
Zaborowski, M. 1907: Métis d'Australiens et d'Anglais. Bull, et Mem. Soc. d'Antrop. de Paris, 8: 384393.Google Scholar